Dice un noto proverbio che la speranza è l’ultima a morire. Cioè che la speranza dura anche quando le cose si mettono male, anche quando tutto sembra perduto. Un tifoso spera fino all’ultimo minuto che la sua squadra possa ribaltare l’esito dell’incontro, anche se tutto lascia pensare il contrario: ognuno di noi avrebbe tanti di quegli esempi da portare che si potrebbero scrivere libri, persino enciclopedie, su questo proverbio.
Eppure, la speranza di avere tra le mani una storia decente, per chi dovesse leggere questo Addio alle armi, svanirebbe già a pagina 7 (su 72), quando l’unico personaggio di sesso femminile si rivolge al protagonista facendogli notare che “in giro si dice che sei diventato un investigatore privato”. Dopo tre sole vignette dalla precedente osservazione arriva “tu vai a sbattere contro il mondo da quando ti conosco”, seguito dall’agghiacciante risposta “non è colpa mia, è lui che non si sposta”; la misura è già colma e il lettore si domanda se davvero era necessario scrivere una storia sull’ennesimo investigatore privato amante della bottiglia, delle scazzottate, dei casi senza speranza e – tanto per mettere la ciliegina sulla torta – con un passato oscuro i cui fantasmi sono pronti a riaffiorare.
Mettere insieme un po’ di Humphrey Bogart e un po’ di Bruce Willis (anche nel nome: il nostro investigatore si chiama Harrison Willis) non basta a creare un personaggio degno dei suoi predecessori. Ma a crearne una brutta copia, più ridicola che efficiente, basta e avanza. Sta di fatto che, come era prevedibile sin dalle prime vignette, il ‘nostroh’ riceve il solito incarico dalla belloccia di turno (belloccia un po’ sfiorita, peraltro), incarico che consiste nello scoprire cosa sia accaduto al defunto marito di lei, nonché vecchio amico e compagno d’armi di lui in quel passato oscuro pieno di fantasmi eccetera eccetera. Al solito gli altarini finiscono per essere scoperti, i fantasmi pure, i cattivi gettano la maschera, e dopo un epico(?) massacro finale il ‘nostro’ ne esce ‘vincitore amareggiato’, in puro stile Bogart, senza donna, senza amici e con tante di quelle ferite da essere ampiamente morto e sepolto, ma che un’ennesima bottiglia e qualche cerotto bastano a far guarire nel giro di pochi secondi.
Travolto da una massa infinita di stereotipi come pure da un eccesso di battute che vorrebbero essere memorabili o epiche, e invece sono solo ridicole (come quella sopracitata), Addio alle armi si chiude senza aver fornito al lettore un solo spunto originale. O almeno ben realizzato. Ispirato vagamente a Sin City, ne ricorda in qualche punto l’ambientazione (quartieri malfamati), il proliferare di villains quasi in ogni pagina, la stessa rassegnazione del protagonista. Il quale tenta, invano, di recitare nello stesso tempo la parte di Marv (senza averne la possanza fisica), di Hartigan (che affronta ben altri nemici) e di Dwight (ma è troppo vecchio). Soprattutto, manca un Frank Miller che sappia trasformare un’idea, non necessariamente originale, in una storia degna di questo nome.
L’elemento fantascientifico è tale solo sulla carta. A parte qualche taxi volante (omaggio al Bruce Willis de Il quinto elemento), esiste solo il riferimento a una guerra combattuta su Marte in uno scenario che non sembra affatto diverso da un comune deserto terrestre (compresa l’atmosfera, visto che vi si respira normalmente), senza ‘marziani’ né altro di strano. L’uso massiccio degli zombi, da parte dei cattivi di turno (gli immancabili militari sempre alla ricerca di nuove armi), se da un lato ricorda vagamente Robocop, dall’altro farebbe storcere il naso non solo a Romero, ma anche ai suoi emuli di minor fama, come Fulci o Gordon, e ha comunque ben poco di fantascientifico. Il solo elemento interessante compare nelle prime vignette, quando un gruppo di teppisti picchia un robot, a quanto pare per motivi razziali, e il protagonista corre in sua difesa. Incomprensibilmente, di robot e di razzismo non si parlerà più nel corso della storia, e sì che di pestaggi e di morti ammazzati il lettore finisce per stancarsi presto: la storia non è in grado di offrire niente altro.
Il disegno, tipicamente bonelliano-crudo-realista, si direbbe a prima vista ricco di influenze argentine, con un tratteggio fitto e irregolare tipico di autori come Breccia e Solano Lopez. Ma a seconda vista ci si rende conto che rimane proprio ancorato ai canoni bonelliani (al meglio può ricordare Alessandrini), e che il tratteggio serve a solo a mascherarne le evidenti carenze dal punto di vista espressivo e dinamico. Appena passabili gli ambienti, di qualche efficacia l’uso del bianco e nero, più vicino alla scuola argentina che ai contrasti esasperati di Sin City.
Un fumetto da dimenticare, quindi? Probabilmente sì. Ma un’ultima chicca finale gli dà quel tocco di unicità che, nel bene come nel male, lascia un segno incancellabile nel lettore. Chi fra cinquanta o sessant’anni dovesse cimentarsi nell’improbabile compito di raccontare la trama di Addio alle armi a qualche nipotino, sentirà ancora un brivido inconfondibile risalirgli lungo la schiena ogni volta che dovrà pronunciare (a bassa voce, ovviamente), il nome del supercattivo di turno: ‘Spread’. Leggere per credere.
Dalla scheda stampa VILLAIN COMICS
GLI AUTORI
Soggetto e sceneggiatura di Addio alle Armi sono di Francesco Trentani e Giulio Antonio Gualtieri. Trentani, dopo aver curato per quindici numeri la rivista Omniverso ospitata dal sito Panini Comics, ha pubblicato per Double Shot (Nuovi Mondi) e Tunué (Mono). Attualmente collabora con la Kawama, realizzando storie per la rivista iComics. Gualtieri, docente di sceneggiatura presso la Scuola Internazionale di Comics di Jesi, ha scritto per BD (Homo Homini Lupus), Tunué (Mono), Kawama (iComics, con R.Torti) e Aurea editoriale (John Doe 16 con L.Bartoli e Caravaggio, per l’amore dell’arte scritto con R.Recchioni e pubblicato su Skorpio con cadenza quindicinale). Entrambi sono tra i fondatori della etichetta indipendente Villain Comics. Valerio Nizi ha esordito con una illustrazione per El Brujo Grand Hotel (Cut-Up) e ha poi pubblicato storie brevi sulla rivista Denti (Inkiostro) e sull’antologia Schegge (Delos Book). Attualmente collabora con l’Aurea Editoriale, per la quale ha realizzato i numeri 7 e 11 di John Doe.
LA STORIA
Futuro prossimo venturo.Harrison Willis è un ex militare che si è reinventato detective in una metropoli fredda, grigia e violenta. Ma non è solo un cielo costantemente plumbeo a gravare sulle spalle del protagonista: Harry ha infatti un passato doloroso che torna a tormentarlo, portando con sé nuovi e vecchi orrori…
L’AMBIENTAZIONE
L’ambientazione è sicuramente legata alle atmosfere evocate da Blade Runner, che gli autori cercano però di coniugare con nuovi stimoli dando vita a uno scenario retro-futuristico in cui convivono tecnologie avanzate e suggestioni Anni ‘40. Il gusto per la contaminazione è evidente anche nella trama vera e propria. Addio alle Armi non è infatti soltanto una storia fantascientifica, ma la rappresentazione di un futuro prossimo che si combina fin dalle prime pagine con una trama noir affiancata da una divertita rilettura di alcuni elementi tipici del genere horror.
INFORMAZIONI SUL VOLUME
Brossurato, 17×24 b/n euro 8,00, ordinabile sul sito http://www.villaincomics.it/ e acquistabile in fumetteria ( per il momento ci trovate a Roma, da Forbidden Planet e da Topaja Town, presto saremo anche in altre librerie specializzate).