Addio Babilonia

Addio Babilonia

“Ahi Babilonia”: due sole parole al termine di un cablogramma. Eppure Randy Braggs comprende immediatamente che, da quel momento in poi, nulla sarebbe stato come prima: se il fratello Mark, ufficiale del controspionaggio americano, gli ha mandato un messaggio del genere, è perché teme che tutto stia per volgere al peggio. Due sole parole, l’allusione fatidica a un versetto dell’Apocalisse di Giovanni, 18, 9-10: “Ahi Babilonia, la grande città, la possente città! In un’ora sola è giunta la tua condanna!”. Nel codice che hanno concordato, questo è l’annuncio che sta per scoppiare la terza guerra mondiale. Improvvisamente, una giornata come tante altre si trasforma in un incubo.

L’unica speranza è che Fort Repose, la cittadina nella quale vive Randy, priva del minimo valore strategico e lontana dai grandi centri, venga risparmiata. Ma la casa di Randy, dove presto giungerà la famiglia di Mark, non ha rifugi antiatomici, e mancano provviste sia di cibo sia di medicinali adeguate per far fronte all’emergenza. Organizzarsi è una lotta contro il tempo, nella consapevolezza che ogni sforzo potrebbe essere vano, perché non è possibile prepararsi alla fine del mondo.

Nel 1959, ben sei anni prima della pubblicazione di Cronache del dopobomba di Philip K. Dick, Harry Hart Frank (alias Pat Frank), giornalista, scrittore e consigliere del governo americano, pubblica il suo Addio Babilonia (Alas, Babilonia). Alcune delle tematiche affrontate dai due romanzi coincidono: il bombardamento atomico, le vicende di un gruppo di sopravvissuti, l’obiettivo focalizzato su una singola comunità (in Dick situata nella California Settentrionale, in Frank in Florida, in una cittadina dove le distinzioni razziali contano ancora molto: l’immaginaria Fort Repose, modellata sulla realmente esistente Mount Dora).

Le differenze sono però marcate.

Sulla causa scatenante della distruzione nucleare i due romanzi già divergono: in Cronache del dopobomba non è dato sapere nulla riguardo i reali responsabili; in Addio Babilonia, invece, la genesi del conflitto è raccontata dettagliatamente. Il grande nemico è la Russia Sovietica, la cui espansione sembra inarrestabile. Proprio nel momento di massima tensione, un missile convenzionale lanciato da un aereo americano provoca la reazione russa su scala mondiale e il ricorso alle armi atomiche.

Nazionalità del nemico, occasione del conflitto e sua conclusione hanno tuttavia ben poca importanza nella struttura delle due opere, e ancor meno ai fini di una loro corretta lettura (significativa a questo riguardo la conclusione di Addio Babilonia, dove l’esito della guerra comunicato ai sopravvissuti viene espressamente definito irrilevante).

Molto più importante è volgere lo sguardo ai protagonisti dei due romanzi e in particolare alla comunità nella quale si trovano a muoversi.

Il romanzo di Dick, nel quale hanno fondante rilievo personaggi dotati di poteri sovrannaturali, è privo di eroi veramente positivi, e alla distruzione atomica segue la ricostruzione di una società che non si è liberata di nessuna delle sue colpe, che non progredisce, che non supera le originarie discriminazioni ma semplicemente le traveste: il diverso, prima, era il negro; dopo la pioggia atomica è lo straniero, il mutante.

Addio Babilonia, al contrario, ha i suoi eroi: sono coloro che, all’indomani dello scoppio delle bombe atomiche che hanno ucciso milioni di persone, raso al suolo tutte le città più importanti e popolose e, di fatto, cancellato gli Stati Uniti come realtà politica e sociale, si riuniscono intorno a Randy Braggs, un uomo come tanti, diversamente dai personaggi di Dick, senza nulla di soprannaturale, non un genio e neppure una carismatica guida.

Prima di quello che verrà definito semplicemente “il Giorno”, Randy Braggs è infatti soltanto un avvocato di provincia che, per le sue idee troppo progressiste in materia razziale, ha visto miseramente fallire il proprio tentativo di scendere in politica e ha attirato su di sé l’antipatia dei suoi concittadini.

Successivamente all’attacco nucleare russo, Randy si ritrova però, suo malgrado, responsabile della vita di tutti coloro che si sono trasferiti in casa sua: i pochi parenti superstiti, la sua fidanzata, uno dei suoi più cari amici. Il nuovo ruolo lo costringe per la prima volta a prendere davvero in mano le redini della sua vita. E Randy, sorprendendo persino sé stesso, risulterà all’altezza delle aspettative di tutti.

Fuori dalle mura di casa, intanto, il mondo muta radicalmente e con esso la società: il denaro perde ogni valore, merci da sempre considerate di uso quotidiano divengono rare e preziose, il cibo e l’acqua scarseggiano; iniziano i saccheggi, giungono in città i primi profughi colpiti dalle radiazioni; i vecchi e i malati cronici, privi delle cure necessarie, muoiono.

La mano di Pat Frank, con brevi descrizioni e toni asciutti, spesso con ritmo incalzante, è abile nel tratteggiare qui un quadro assolutamente credibile e convincente, sia nella descrizione delle conseguenze immediate dell’esplosione, sia nell’analisi delle dinamiche sociali che vengono successivamente a crearsi.

Quando i banchieri si suicidano perché il denaro non conta più; quando il maneggiare oro e preziosi produce rischi mortali, posto che i gioielli dei profughi sono radioattivi; quando, simbolicamente, due fontanelle dei giardini pubblici di Fort Repose, l’una con la scritta “Solo Bianchi” l’altra con quella “Solo gente di colore”, smettono entrambe di funzionare, ci si accorge che molte differenze, un tempo marcate, non hanno più senso: ricchi possidenti e nullatenenti, bianchi e neri devono oramai collaborare per avere qualche speranza di sopravvivere. E quando finalmente i bambini torneranno a scuola, neri e bianchi siederanno su banchi vicini.

Sotto questo specifico aspetto (la riconciliazione razziale) Addio Babilonia anticipa di ben cinque anni il Civil Rights Act del 1964 e risulta essere molto più positivo del pressoché coevo Il buio oltre la siepe (1960) di Harper Lee, dove nella comunità della piccola provincia sconvolta dalla colpa, da un omicidio, il pur innocente uomo di colore non conosce la salvezza.

Dall’espiazione nucleare parrebbe quantomeno sorgere dunque una società più giusta, più equa.

Addio Babilonia rifugge tuttavia dai facili moralismi e dal lieto fine tranquillizzante. Se l’esplosione della bomba atomica catalizza l’attenzione del lettore e le vicissitudini narrate rendono interessante l’evolversi della storia, le ansie e le meschinità del quotidiano, con le quali anche i più puri dei sopravvissuti dovranno confrontarsi, rimangono le vere protagoniste.

Certo, nella piccola comunità di Randy, che da subito racchiude una famiglia di colore e che viene a costituire un immediato modello di come dovrebbe essere la società nuova, tutto sembra andare per il meglio pure tra le mille difficoltà: le piantagioni di famiglia, risparmiate dal fallout, fornisco un minimo sostentamento; un acquedotto di fortuna garantisce l’indispensabile rifornimento d’acqua; le batterie delle macchine vengono convertite in alimentatori per l’unica radio ancora funzionante in grado di captare i bollettini del governo provvisorio; quando merci essenziali vengono a mancare, vengono trovati adeguati sostituti; per far fronte agli assalti dei razziatori viene istituita una forza di sicurezza.

Ma nulla garantisce che l’esempio possa essere esportato su ampia scala.

In effetti la società nuova, dove i più deboli sono destinati a morire, è più dura, non necessariamente più pulita: neppure la distruzione nucleare può eliminarne totalmente e in un sol momento tutti i lati oscuri.

Addio Babilonia (Alas, Babylon) - Copertina

Tit. originale: Alas, Babylon

Anno: 1959

Autore: Pat Frank, (pseudonimo di Harry Hart Frank)

Edizione: Mondadori (anno 2010) Collana “Urania Collezione” #91

Traduttore: Romolo Minelli

Pagine: 369

Dalla copertina | Guai, guai immensa Babilonia, possente città: in un’ora solo è giunta la tua condanna!” Così la Bibbia, al capitolo 18,10 dell’Apocalisse. Quando Randy Braggs, in un giorno come tanti altri, riceve dal fratello un messaggio contenente la fatidica allusione, capisce immediatamente la gravità del problema. Perché il fratello lavora per il controspionaggio e Babilonia non rappresenta solo una città ma una condizione del vivere umano, l’orgoglio stesso della civiltà. Non è un caso che i militari l’abbiano scelta per il loro codice: Alas, Babylon significa semplicemente che sta per scoppiare la prima guerra totale.