Ambigue Utopie

Ambigue Utopie – Intervista a Gian Filippo Pezzo e Walter Catalano

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La Fantascienza è evasione pura o deve veicolare un messaggio sociale, quando non politico? Qual è il significato della Fantascienza “socialmente impegnata” al giorno d’oggi? è ancora possibile? Ne vale la pena?

In un periodo politicamente molto duro della storia d’Italia, alcuni autori affermati, insieme a esordienti, offrono il loro contributo letterario a una legittima aspirazione alla libertà di cui la vita quotidiana del Paese sembra essere carente.

Ambigue utopie: diciannove racconti di fantaresistenza è la nuova antologia di storia alternativa appena pubblicata da Edizioni Bietti, e contiene 19 racconti di altrettanti autori di FS.

Ne abbiamo incontrato i curatori, Gian Filippo Pizzo e Walter Catalano, che ci hanno raccontato come il progetto è nato e cresciuto.

Francesco Troccoli | Cari Gian Filippo e Walter, come è nata l’idea di una raccolta come Ambigue utopie?

Gian Filippo Pizzo | In modo semplicissimo: Walter Catalano aveva pubblicato un libro presso un editore di estrema sinistra e io gli proposi – visto che aveva questo aggancio – di sondare per verificare la possibilità di pubblicare qualcosa di Fantascienza che avesse anche un impatto politico. Ovviamente eravamo spinti, oltre che dalla nostra passione per la SF, dalla situazione che l’Italia sta attraversando… L’idea fu accettata, ma in seguito le cose non andarono come preventivato e dovemmo cercare un altro editore, trovando infine Bietti.

Walter Catalano | L’intenzione originaria era rivolgerci a un pubblico generalista attraverso una casa editrice non specialistica: presentare la Fantascienza italiana nella sua dimensione impegnata socialmente. Le vicissitudini editoriali hanno fatto sì, invece, che il volume diventasse una sorta di appello, di inventario – rivolto principalmente ai cultori e ai vecchi affezionati – delle tematiche e degli autori che hanno agitato in senso ribellistico, critico, politicizzato, nel mondo del Fantastico dagli anni Settanta ad oggi. Ho rilevato un certo sapore di “come eravamo” in molte recensioni del volume: segno che il libro è stato colto soprattutto in uno dei suoi possibili livelli di lettura (e forse non quello che ci stava più a cuore). In ogni caso è piacevole sentirsi “insieme” a condividere una visione (questo, sì, si era perso negli ultimi anni): la visione di una possibile rinascita politica e culturale di questo Paese. Noi c’eravamo e ci siamo ancora e la Fantascienza, come sempre, traccia mappe, prospetta possibilità, lancia allarmi…

FT | Edizioni Bietti: una casa editrice, non a caso, molto attiva nella saggistica politica, che invece si cimenta con la Fantascienza…

GFP | In realtà la Bietti da qualche anno non è più quella di prima, fortemente caratterizzata politicamente a destra (si può notare consultando i siti web: la “vecchia” Bietti è www.bietti.it, quella nuova www.edizionibietti.it). Anche se non ho capito in che rapporto stiano tra loro… Comunque, non è il primo libro di SF che pubblicano: hanno pubblicato due romanzi di Pierfrancesco Prosperi, uno di Carlo Bordoni e ne dovrebbe essere appena uscito uno di Errico Passaro. Più che sulla Fantascienza in genere credo siano orientati verso il filone utopico/ucronico, che è forse più accettabile per un editore generalista, ma staremo a vedere…

WALTER C | Bietti dimostra, se ce ne fosse bisogno, che sono i piccoli editori coraggiosi e originali gli unici capaci di rischiare, di mettersi in gioco davvero, di credere in un progetto e di determinare un orizzonte culturale reale. Forse questo Paese, che non fa niente per incoraggiarli e premiarli, non li merita.

FT | Voi due siete i curatori della raccolta. Su quali basi è stata effettuata la selezione dei 19 autori? Inoltre, qual è il legame fra il filo conduttore della raccolta e il pensiero o l’esperienza letteraria degli autori?

GFP | Non è stata fatta una selezione di autori, ma di racconti. Ho semplicemente contattato tutti quelli che ho potuto, anche grazie ai suggerimenti degli autori stessi (in particolare quelli di Vittorio Catani, che mi ha messo in contatto con due o tre scrittori che non conoscevo). Poi, a mano a mano che i racconti arrivavano, li leggevamo e li giudicavamo, a volte discutendone animatamente. Ne abbiamo rifiutato molti, qualcuno perché non all’altezza, altri perché non in tema; alcuni li abbiamo fatti riscrivere o revisionare. Sono particolarmente contento del fatto che Valerio Evangelisti abbia aderito entusiasticamente, di aver persuaso Daniele Ganapini a riprendere in mano la penna dopo aver abbandonato la scrittura da quasi un trentennio, di aver convinto Vittorio Curtoni a riproporre un suo racconto già pubblicato addirittura nel 1972, di aver tolto dal cassetto un racconto di Claudio Asciuti che lui non riusciva a pubblicare (almeno credo), di avere inserito due scrittori semi esordienti ma validi come Piero Cavallotti e Umberto Rossi. Ma sono forse più contento di coloro che, non avendo niente di adatto nel cassetto, hanno voluto scrivere appositamente per l’antologia, dimostrando di aver capito alla perfezione lo spirito di questa iniziativa. Alludo particolarmente ad Alessandro Vietti e a Milena Debenendetti, che è l’unica donna presente (ma non per colpa nostra, ne avevamo contattate diverse). Personalmente, sono lieto del fatto di aver interrotto io stesso un silenzio ventennale in ambito narrativo: non avrei dovuto essere presente come autore, ma poi, stimolato dalla lettura degli altri racconti, mi è venuta l’idea…

Tutto ciò è avvenuto essenzialmente sotto l’influsso della passione politica, e con questo credo di aver risposto anche alla seconda domanda.

WALTER C | Gli autori sono stati scelti soprattutto per contiguità ideologica: non ci interessavano ovviamente Farneti o De Turris, volevamo gente di sinistra. L’abbiamo detto a priori: facciamo della partigianeria un vanto. Come ha scritto il nostro migliore scrittore del Novecento, Beppe Fenoglio, “Partigiano, come poeta, è parola assoluta, senza gradazioni”. Vecchi o giovani, i nostri collaboratori condividono (con varie differenze e sfumature, ovviamente) la nostra visione e la nostra storia: è stato un piacevole incontro di amici, anzi – mi si passi il termine oggi sgradito ieri abusato – “compagni”. E tutti sono stati molto pazienti: non hanno guadagnato niente, qualche volta hanno riscritto, limato, modificato i loro testi secondo le nostre indicazioni e, soprattutto, hanno sempre creduto in questo progetto e ci hanno incoraggiato sempre. Per questo siamo loro grati.

FT | Diciannove racconti di “fantaresistenza“. Una parola affascinante. Dunque l’utopia si colloca necessariamente a sinistra?

GFP | Decisamente sì. Ma non lo diciamo solo noi, è già stato sostenuto da Maurice Renard (l’autore di Le Mani di Orlac, recentemente pubblicato) già nel 1928, poi da Darko Suvin e altri critici.

WALTER C | Oggi più che mai in Italia bisogna resistere. Stiamo vivendo una nuova incarnazione del fascismo e il nostro paese attraversa una deriva distopica. I nostri incubi di qualche anno fa oggi ci circondano. La fantascienza può contribuire a darci segnali e indicazioni: le armi della critica, come scriveva Marx. Speriamo non arrivi il tempo anche della critica delle armi .

FT | Potete spiegarci la presenza dell’aggettivo “ambigue”, nel titolo?

GFP | In realtà il titolo va letto tutto insieme, Ambigue Utopie, perché fa riferimento alla rivista degli anni Settanta “Un’ambigua utopia”, la prima ad occuparsi in Italia del rapporto tra SF e politica, che a sua volta riprendeva il sottotitolo del romanzo di Ursula K. Le Guin I Reietti dell’Altro Pianeta. Comunque il fatto è che, al contrario della destra, che è granitica nelle sue convinzioni, la sinistra si rende conto di quanto possa essere difficile e complessa la ricerca di una vera giustizia sociale, e di come l’equilibrio tra le varie componenti della società possa essere instabile anche in regimi di sinistra. Almeno così la vedo io. In ogni caso, questo non è un trattato di politica, ma una antologia di racconti, quindi finzione narrativa: che è per definizione ambigua perché suscettibile di diverse interpretazioni.

WALTER C | Ambigue Utopie: la tradizione filosofica e sociale della migliore Fantascienza, ma “ambigua”. Ambiguità per noi non significa tenere i piedi in due staffe: ambiguità è sinonimo di autocritica. Una delle maggiori qualità della sinistra è – a nostro parere – la consapevolezza dei propri limiti, la capacità di interrogarsi perennemente, di mettersi in discussione. Questo per noi è ambiguo. Certo non è ambigua la destra con le sue incrollabili certezze e con le sue soluzioni semplicistiche: gli immigrati? Sbattiamoli fuori. La criminalità? Rimettiamo la pena di morte… ecc. Viva l’ambiguità !

FT | Quali indicazioni avete fornito a ciascun autore in merito al contenuto del proprio racconto?

GFP | Assolutamente nessuna. Abbiamo solo chiesto bei racconti, scritti bene e con un chiaro significato politico, ma abbiamo lasciato liberi gli autori di individuare loro i contenuti. (Tanto è vero che il racconto scritto da me lo è stato in parte per colmare una lacuna tra i temi affrontati, quello del rapporto con la Chiesa.) Un altro motivo di grossa soddisfazione è stato che gli scrittori , pur mantenendo l’unità dell’idea di base, il concetto originario, hanno svariato lungo scenari tra loro differenti e con toni diversi che vanno dalla satira al dramma, dall’avventura al racconto psicologico o d’atmosfera. Credo che trovare un equilibrio simile sia il sogno di ogni curatore di antologie!

WALTER C | Di scrivere belle storie e di non trascurare i personaggi in nome della trama…

FT | La scelta del tema dell’utopia, e quindi della proposizione di scenari alternativi della storia d’Italia e del mondo, sembra voler compensare una carenza di spirito di innovazione, e la crisi di valori che affliggono la sinistra di oggi. Se la realtà attuale italiana fosse stata descritta vent’anni fa, si sarebbe trattato di un ottimo esempio di distopia…

GFP | Certamente. Però andrei un po’ più indietro, di venti anni, secondo me la svolta che ha portato a questo assetto sociale è stata la nascita delle televisioni private, o meglio la loro aggregazione in reti nazionali: in quel momento si poteva prevedere quello che è accaduto.

WALTER C | Proprio per questo, come dicevo prima, ritengo sia importante che libri come questo vedano la luce e che più lettori possibile possano fruirne.

FT | Nella vostra accezione la Fantascienza è sempre strumento di impegno politico, o vi trovate a vostro agio anche nelle sue declinazioni più disincantate e di evasione?

GFP | La Fantascienza, la narrativa in genere e tutte le manifestazioni artistiche devono innanzi tutto essere intelligenti e spontanee, oltre che ben realizzate tecnicamente. Non devono essere “costruite”, se non nella misura in cui lo è per forza ogni realizzazione umana. Dopo viene lo scopo per cui sono state concepite, che può essere di far ridere o piangere, riflettere o divertire. Io cerco soprattutto l’onestà intellettuale da parte dell’autore. Non vedo la narrativa, fantascientifica o meno, come esclusivo strumento di impegno politico, e quindi leggo anche opere di pura evasione. Però in genere preferisco quelle che mi fanno pensare, per i risvolti sociali, psicologici o altro, insomma quella che si definisce normalmente letteratura impegnata. Probabilmente dopo l’adolescenza o la prima giovinezza non avrei continuato a leggere SF se la SF non si fosse trasformata in narrativa adulta grazie ad autori come Dick, Ballard, Silverberg e altri. Però non mi rifiuto certo di leggere autori divertenti e appassionanti come Heinlein o Fredric Brown.

WALTER C | In campo fantascientifico, come in ogni altra forma letteraria, prediligo i testi che veicolano un messaggio forte, non importa se politico. Una visione del mondo, una proposta di vita. In ogni caso questo messaggio può essere trovato anche in autori apparentemente molto lontani dalle nostre premesse ideologiche: chi l’ha detto che Heinlein o Fredric Brown stiano su un altro fronte, chi ha stabilito che Lovecraft non sia dei “nostri”?

FT | Prevedete la possibilità di traduzione e commercializzazione in altri paesi?

GFP | Io lo spererei, non fosse altro che per propagare l’idea, ma la cosa riguarda essenzialmente l’editore e i suoi rapporti con editori esteri.

WALTER C | Perché no? Magari! Io penso che potrebbe interessare a parecchi: l’Italia è uno strano Paese adesso, governato da un mutante… perché non leggere cosa ha da raccontare chi ci vive dentro, chi vede ogni giorno schiudersi I “baccelloni”, proliferare gli ultracorpi… Ci troviamo nel cuore di un laboratorio dove un laido mad doctor sta conducendo insani esperimenti sulla nostra pelle…

FT | Perché un lettore di Fantascienza dovrebbe comprare Ambigue Utopie?

GFP | Per tutto quello che ho detto finora: è una buona antologia, con autori di tutto rispetto, contiene racconti dagli argomenti più vari e si può leggere anche senza riferimento al tema della raccolta, che più che altro è un filo conduttore. Ci sono racconti ambientati nello spazio, nel futuro, nel passato, in un presente alternativo, in Italia e fuori; ci sono robot, poteri paranormali, alieni, realtà virtuali; ci sono insomma comunque tutti gli stilemi della science fiction. In più c’è l’aspetto politico, la critica sociale al sistema di vita occidentale, la critica alla società italiana, il giudizio non tenero sulla stessa sinistra “ufficiale”. Come ho scritto nel saggio introduttivo, il nostro obiettivo era di fare un passo in più rispetto all’accettazione che ormai la Fantascienza ha anche a livello accademico: dimostrare che la SF, oltre a non essere più il genere che si occupa solo di “mostri, astronavi e robot”, è un genere che si può occupare anche di società, di politica, e soprattutto può farlo nei riguardi della situazione contemporanea, anche italiana. E crediamo di essere riusciti a dimostrarlo.

WALTER C | Perché è un bel libro, venuto come volevamo venisse, e pieno di bei racconti.