Anteprima testo
Quando scopri di essere un serial killer ti passano per la testa alcune domande. “Sono più cattivo di Ted Bundy?” è una di queste. “Andrò a finire su Fox Crime?” è un’altra. Ma sono soprattutto il chi, il cosa, il quando e il perché ad assorbire completamente i tuoi pensieri. Dunque, cominciamo:
«Mi chiamo Baxter Zevcenko. Ho sedici anni. Frequento il liceo Westridge di Città del Capo e non ho amici. Ho ucciso delle persone. Un sacco di persone. Brutalmente. Perlomeno così dicono, che fossero persone. A me sembravano più dei mostri. Comunque, non vi annoierò con i dettagli. Se vi interessa, guardate su internet.
«Dicono che sono malvagio, ma non è vero. Ho visto delle cose. Ho visto il grande Dio Mantide africano combattere contro una creatura degli abissi primordiali in una guerra millenaria, finché la Mantide ha respinto la convulsa creatura dall’alto dei cieli alle profondità più oscure. Ho osservato il passato attraverso l’Occhio, e non era una bella visione. Era intriso di sangue e di morte, e filtrato da un velo di lacrime. Ho visto l’abisso sotto la città con piume, squame e artigli, che sudava, grugniva, gracchiava, graffiava, sanguinava, guaiva. E credetemi se vi dico che non è una cosa piacevole…»
«Baxter», mi interrompe il mio psichiatra, «credevo che fossimo d’accordo che queste fissazioni sono controproducenti?»
Prendo un respiro e scaccio quelle immagini dalla mia mente. «Niente di tutto questo ha importanza. Non c’è nessuna Mantide e nessuna misteriosa creatura primordiale. Non c’è nessun ideatore di armi chimiche, nessun cacciatore di taglie e nessuna fidanzata da salvare. Ci sono solo io, e sono malato. In fondo siamo tutti vittime delle nostre percezioni, ragazzino. Spero che tu lo capisca».
«Bene», dice il mio psichiatra mentre spegne la telecamera. «Vedo che stai facendo progressi».
1. IMPERMEABILI E LOSCHI TRAFFICI
«Charlie, Delta, Niner, messaggio ricevuto», borbotta Rafe nella sua ricetrasmittente CB. Ho ancora dieci minuti prima di dover uscire per andare a scuola. I miei genitori mi costringono ad andarci a piedi anche quando piove. Sta piovendo. La ricetrasmittente sibila, scoppietta e scricchiola come fosse la colonna sonora di un film horror su un computer posseduto dal demonio che considera l’umanità una forma di intelligenza inferiore e come tale deve essere eliminata.
Sto disteso nel nostro salotto, sul ruvido tappeto color ruggine, così vecchio da essere stato rétro già due volte. Rafe, mio fratello più grande di due anni, ha la sua ricetrasmittente CB portatile posizionata strategicamente sul rotondo tavolino di vetro vicino alla televisione. Ingegnoso, perché lui è il Sun Tzu del fastidio, e la ricetrasmittente vibra sul vetro e riproduce esattamente la frequenza della morte cerebrale. Mi scanso la lunga frangia dagli occhiali e fisso con sguardo torvo il retro della sua testa.
«Spegnilo», gli dico. Lui gira quella testa di cazzo dai capellacci rossi e mi fissa con l’occhio onnisciente. Sento la rabbia crescere dentro di me come un’onda nera.
L’occhio onnisciente è un’arma tramandata di generazione in generazione nella mia famiglia. Mio nonno da parte di mio padre ce l’ha. Sospetto sia stato questo a portare mia nonna all’alcolismo e alla dipendenza sessuale, prima di disintossicarsi, divorziare da mio nonno e unirsi a una comune razzista nella provincia del Capo Settentrionale. Questo e il fatto che mio nonno crede esistano dei giganti Corvi mutanti che vogliono catturarlo.
L’occhio ha saltato una generazione e adesso l’ha ereditato Rafe, il figlio maggiore. Con un solo sguardo può guardarti dentro come una radiografia e scoprire i tuoi punti più vulnerabili, i tuoi segreti più intimi.
Rafe mi ignora e apre di scatto uno dei suoi stupidi libri di Storia sudafricana. A quanto pare, la maggior parte delle persone affette da una lieve forma di autismo sono ossessionate da qualcosa. Nel caso di Rafe è la Storia sudafricana. Possiede un intero scaffale di libri che consulta continuamente, come se stesse cercando di trovare il filo della nostra confusa eredità coloniale intrisa di sangue. È proprio un tipo strano. Come se già non bastasse l’intromissione della sua mente alterata nella mia vita quando sono sveglio, adesso la sua strana ossessione per i carri di buoi e per i boeri si sta insinuando anche nei miei sogni.
Si gira verso di me, apre il libro su un racconto di due pagine di qualche battaglia dei boeri contro gli inglesi che nessuno ricorda e ci picchietta sopra insistentemente con il dito, come se stesse cercando di insegnare a una scimmia a leggere. È come far dondolare un bambino davanti a un pitbull. È più forte di me. L’onda nera mi travolge. Ringhiando di rabbia, mi alzo da terra e salto sulla schiena di Rafe, gli stringo il collo in una presa da wrestler e lo butto a terra.
So per esperienza che ho soltanto pochi secondi a disposizione per fargli più male possibile prima che arrivi mia madre a separarci. Ringhio e sibilo per la rabbia, prendendolo a pugni sui reni come un martello pneumatico, mentre lui cerca disperatamente di divincolarsi. Non basta, ma almeno è qualcosa. Sento i passi di mia madre che scende le scale. Mi stacco da Rafe e gli do una pacca amichevole sulla spalla.
«Stavamo solo giocando a fare la lotta, mamma», le dico mentre entra nel salotto.
«Baxter, ma perché diavolo ti comporti così?», mi domanda incenerendomi col suo sguardo di fuoco. Chiaramente non si è bevuta la vecchia scusa della lotta.
«L’occhio…», inizio a dire, prima che mia madre mi interrompa.
«Hai sedici anni, santo cielo. Pensi di comportarti da fratello prendendotela con Rafe?»
È una domanda retorica, ma non posso evitare di farle notare la sua erronea supposizione che io voglia comportarmi veramente da fratello. È come suonare The Number of the Beast degli Iron Maiden al catechismo.
Il punto è che Rafe frequenta una scuola speciale perché ha delle difficoltà di apprendimento e per questo motivo è esonerato da tutte quelle rotture di scatole come il dover essere ragionevoli e responsabili delle proprie azioni.
«Non me la stavo prendendo con lui…»
«Non lo fa apposta», sussurra concisa.
È una partita persa in partenza, e io so quando arrendermi. Io e mia madre finiremo per essere d’accordo sul fatto che non siamo d’accordo riguardo alle capacità cognitive di Rafe. Lei crede che sia una specie di super ritardato, totalmente inconsapevole del fastidio che mi spara addosso come un raggio laser, ma io non sono d’accordo. Non lo fa apposta, è vero. È che il suo unico scopo nella vita è quello di farmi diventare clinicamente pazzo.
«Chiedete scusa», dice mia madre, sollevando uno dei suoi fini sopraccigli.
«Scusa», borbottiamo entrambi dandoci una debole stretta di mano. Mi giro, prendo lo zaino ed esco sotto la pioggia dalla porta principale, ignorando mia madre che mi porge l’ombrello.
Cammino a fatica sotto il diluvio. Non è giusto. Rafe mi rovina la vita. Spiccica a malapena qualche parola, e quando lo fa sono solo su generali boeri, campi di sterminio inglesi e mitologia san (per quanto ne so, la loro mitologia segue la regola d’oro dei riti religiosi, il che è veramente assurdo. Il dio Mantide mutaforma si è innamorato di un’antilope, e ha creato la luna e un mucchio di mostri strani perché, ehi, sono un dio mutaforma, perché non dovrei? Sembra assolutamente legittimo). Vorrei che i miei genitori lo facessero curare e basta. Ma la vita è ingiusta; è come in quel gioco che si fa da piccoli alle feste di compleanno, dove i bambini si passano dei pacchi regalo finché si ferma la musica, e allora aprono quelli che hanno in mano. La madre di turno trucca sempre il gioco per far vincere il premio al bambino che preferisce.
Mi ricordo come funziona. Il regalo lo vincono sempre i bambini biondi con la faccia da angioletto e il cervello lento come una connessione internet via modem (zzrrgggkkkk eeeee zrgggkkkk). Da piccolo sono andato a un centinaio di feste, e non ho mai vinto. È un evento statisticamente improbabile, e posso attribuirlo solamente al fatto che non piacevo a nessuna delle mamme.
È perché ero uno di quei bambini che fanno piangere i compagni, un talento naturale che non potevo fare a meno di esercitare. Ma se ci sono due cose che piacciono alle mamme sono Josh Groban e i bambini che non piangono, e visto che Josh fa solo un disco ogni due anni, finiscono per concentrarsi troppo sui bambini che non piangono.
Il cielo è quasi dello stesso grigio del polmone malato di un fumatore da due pacchetti al giorno. Mi fa venire voglia di una sigaretta. Lascio la trafficata strada principale e vado verso il sottopassaggio vicino alla stazione dei treni, la grotta segreta e schifosa dove io e la mia fidanzata Esmé ci incontriamo per scambiarci il fumo e la saliva prima che comincino le lezioni.
Il sottopassaggio serpeggia sotto i binari come una sudicia catacomba, e i graffiti caotici sembrano ossa di draghi dalle molteplici tonalità seppellite nelle mura. Metto le mani a coppa per accendermi una sigaretta, mi appoggio al muro e osservo la spirale di fumo attorcigliarsi come fossero due giganti che combattono. I miei occhi vagano sul muro di fronte, pieno di scarabocchi e firme lasciate dagli studenti che passano sotto il tunnel ogni giorno.
Riconosco la firma dello Sniffatore, il disegno stilizzato di una bomboletta spray con la “S” scarabocchiata vicino in un blu accesso. Alcuni dei graffiti che ha fatto lungo i binari del treno sono abbastanza belli, anche se in modo distorto e allucinatorio. Esce col gruppo di writer soltanto perché gli offrono una scorta regolare di bombolette da sniffare, ma non è niente male a dire la verità.
“Tammy Laubscher fa dei pompini schifosi” è scarabocchiato con un pennarello a punta spessa vicino al disegno di un pene con una croce sopra. A detta di tutti, pare proprio che sia così; sembra che la causa sia un dente sporgente che interferirebbe con i suoi progressi come “fellatrice”. Di seguito c’è la scritta in rosso: “Se cerchi un po’ di divertimento chiama la signora Jones. 076 924 8724”. A quanto pare la nostra insegnante di Geografia deve aver preso uno dei writer per il verso sbagliato, perché posso confermare che si tratta davvero del suo numero.
Un frammento piccolo e vivace del murales attira la mia attenzione. È un occhio rosso e gonfio dal quale sembra gocciolare della vernice gialla, come se fosse pus. Sotto appaiono cinque parole agghiaccianti. “Baxter Zevcenko è un assassino”. Un brivido freddo mi percorre dalla testa ai piedi. Cazzo. Kyle deve aver detto a qualcuno dei miei sogni. Evidentemente la riservatezza tra amici non va più di moda.
Ricordo ancora nitidamente il viaggio della notte scorsa nel mio caotico e insensato mondo dei sogni. L’odore del muschio nero e umido nella foresta era fortissimo, i pini ondeggiavano nel vento come i preti di un’antica religione dimenticata. La luna era una crudele falce argentata che risplendeva nel cielo, e tutto era immobile.
Ero sulla mia bici BMX e avanzavo lentamente, ascoltando il rumore dei battistrada di gomma che scricchiolavano sugli aghi di pino. Poi l’ho vista davanti a me: l’enorme mantide con la schiena verde smeraldo ondeggiava elegantemente nel vento come fosse ubriaca, sembrava che stesse facendo Tai Chi. Ha abbassato l’enorme testa a forma di piramide rovesciata e dispiegato le sue ali diafane e scintillanti prima di cominciare a danzare, in un modo comico e terrificante allo stesso tempo. Ha girato la testa e mi ha guardato con l’occhio onnisciente, ma era orribile, sembrava Sauron con un’infezione all’occhio che grondava sangue e lava nel mio cervello. Ho cercato di scappare, ma l’occhio mi ha trapassato la fronte con il suo fuoco.
Dopodiché, l’unica cosa che riuscivo a vedere erano carri di…
Tit. originale: Apocalypse Now Now
Anno: 2013
Autore: Charlie Human
Edizione: Gargoyle (anno 2015)
Traduttore: Michela Candi
Pagine: 349
ISBN: 8898172311
ISBN-13: 9788898172313
Dalla copertina | Baxter Zevcenko non è proprio un comune liceale: certo, è imbevuto di cultura pop come gli altri, ma lui è a capo di una gang clandestina che vende materiale pornografico nel cortile della scuola ed è assillato da inquietanti visioni di inaudita violenza. Eppure i profitti crescono, le altre gang gli girano alla larga e ha una ragazza, Esmé, fatta apposta per lui. Ma quando Esmé viene rapita e tutti gli indizi inducono a credere che siano coinvolte forze soprannaturali, la situazione comincia a farsi davvero troppo strana. L’unica persona abbastanza fuori di testa da aiutare Baxter nella ricerca della ragazza è un cacciatore di taglie del mondo soprannaturale che lo trascinerà nella bizzarra realtà ultraterrena di Città del Capo. In un viaggio ai limiti dell’impossibile, i due affronteranno orrendi incubi pur di riportare a casa Esmé, fino a diventare gli inconsapevoli ingranaggi di un diabolico piano. Un urban fantasy dissacrante, folle ed energico, con una vivace vena sarcastica…