Masahiko Kogure è un giovane giapponese che, abbandonata la famiglia a causa di forti contrasti con il padre, vive a Tokyo facendo da autista per escort di lusso.
Una notte, riceve la telefonata di una sconosciuta che lo informa di una terribile disgrazia: sua sorella Asami si è tolta la vita.
Tornato a casa, dai propri familiari, il ragazzo raccoglie l’ultimo cd che la giovane ha fatto suonare prima di darsi la morte e, dopo averlo ascoltato, vive un’esperienza extracorporea: sulle note di quella che poi si scoprirà essere un’esecuzione mai pubblicata di Albert Ayler, Masahiko riesce a uscire dal proprio corpo sotto forma di spirito astrale.
Sospettando che sua sorella possa aver vissuto qualcosa di analogo senza poi riuscire a tornare nel proprio involucro mortale, il ragazzo inizia a indagare e scopre che Asami frequentava chat e spazi web appositamente dedicati ad aspiranti suicidi. Intanto cresce il suo interesse riguardo le esperienze extracorporee, che nel corso della narrazione lo porteranno a varcare nuove dimensioni, costringendolo a rivedere il senso profondo dell’esistenza e a confrontarsi con altri spiriti a lui affini in grado di esistere anche sul piano etereo. Tra questi ci sono Misa, una ragazza di cui finirà per innamorarsi, l’anziano vagabondo Zampanò, il mostro Melmoso e un uomo “bidimensionale” uscito da un libro di illustrazioni di Francis Bacon.
Durante l’indagine, Masahiko verrà a conoscenza di un progetto denominato “Astral Project” a cui lavorano ricercatori e studiosi americani in collaborazione con un uomo misterioso di nome Shiga che, in passato, aveva avuto a che fare con Asami…
Commento
Pubblicato e distribuito in Italia dalla promettente J-Pop, Astral Project (Astral Project – Tsuki no Hikari) è una mini serie edita in Giappone nel 2005 costituita da 4 volumetti, e rappresenta una piccola perla nell’immenso oceano di pubblicazioni che mensilmente invadono gli scaffali di edicole e fumetterie.
Disegnato da Syuji Takeya e sceneggiato da Marginal (vero nome Garon Tsuchiya, già autore di Oldboy), il manga appartiene al genere thriller destinato a un pubblico adulto. Le tematiche trattate e il ritmo narrativo caratterizzano l’opera come un prodotto maturo, senza dubbio lontano dalle ambientazioni fantastiche e dalla concitata azione pirotecnica presente in numerosi manga prevalentemente pensati per un pubblico giovane.
Lo stile grafico è discreto e abbastanza efficace, migliora a mano a mano che la narrazione procede, assestandosi su un livello medio. Il tratto è deciso e ben marcato, semplice ma non troppo. Per l’uso ridotto di tecniche che utilizzano il PC, la grafica del manga sembra discostarsi da quelle di opere moderne che tendono invece a coniugare tavole particolareggiate e uno stile molto pulito ma sofisticato (si pensi ad esempio a Hiroya Oka e al suo Gantz oppure a Kazushi Hagiwara, autore di Bastard!!).
Ciononostante il realismo ricreato dal disegnatore è più che convincente, impreziosito da alcuni dettagli su cui, con passione, sembra indugiare: gli album di Albert Ayler, i poster dei film di Federico Fellini o le solitarie ambientazioni spaziali da cui Melmoso e “l’uomo” di Francis Bacon osservano la Terra sono solo alcuni esempi.
Gli argomenti sopperiscono all’aspetto grafico portando il lettore a riflettere sui concetti di vita e morte, di esistenza e alienazione. Elementi molto presenti e oppressivi nell’attuale società giapponese di cui, comunque, vengono presentati gli aspetti più nascosti e meno noti.
Assieme a Masahiko, un ragazzo apatico e distaccato, quasi insensibile alla vita e a ogni stimolo in generale, il lettore entra in contatto con una realtà immateriale che continuamente alimenta tensione e inquietudine. Ogni certezza viene messa a dura prova dalla scoperta di strati e strati di esistenza invisibile nel mondo etereo, che le persone comuni nemmeno percepiscono. La vita moderna – questa una delle denunce che lo sceneggiatore e disegnatore sembrano lanciare – porta infatti ad assuefarsi a dinamiche meccaniche e a cedere a impulsi primordiali legati alla sopraffazione e al consumismo. I bisogni indotti dal sistema economico, la frenesia del presente, la degenerazione dei costumi, la solitudine e la pressione che la società riversa sugli individui, rendono insensibili e incapaci di cogliere una qualsiasi spiritualità.
In tutto questo, la scelta di un anti-eroe come Masahiko, quasi alieno e inumano, un automa privo di sentimenti e pulsioni, perfino di natura sessuale, risulta abbastanza azzeccata nel portare via via il lettore a scontrarsi con aspetti caratteristici della moderna realtà, quali l’eccessiva dipendenza dalla tecnologia, la solitudine, la corruzione, il vizio, il degrado. Sfaccettature della società attuale che, più o meno consapevolmente, condizionano e cambiano le persone.
L’illustrazione fuoriuscita dal libro di Francis Bacon e il mostro Melmoso (in origine un modellino di un otaku), i due personaggi inanimati che diventano compagni di Masahiko nel suo viaggio astrale, ammiccano alla credenza giapponese che anche gli oggetti possano venir posseduti, e in qualche modo rappresentano una sorta di provocazione nei confronti di chi, anziché vivere, esiste e basta. La loro condizione e il loro punto di vista “inumano” risultano funzionali all’autore per introdurre riflessioni sull’evoluzione della società, sui tempi moderni e sulle abitudini che si vanno imponendo.
Si potrebbe quasi dire che quella tratteggiata tramite questi due personaggi atipici sia un’umanità vista dal di fuori, attraverso gli occhi di un alieno.
Zampanò, anziano e disadattato con una vita ai margini della società, e la giovane esuberante Misa contribuiscono invece a far risaltare l’indifferenza e il carattere solitario e indipendente di Masahiko. Il ragazzo ha raggiunto uno status sociale sufficiente a garantirgli tranquillità e benessere, eppure la sua appare come una sorta di non vita, una perenne condizione di vuota apatia sospesa tra un mondo che conosce ma verso cui non prova nulla e un altro di cui ignora tutto.
La musica è un ulteriore elemento che caratterizza fortemente Astral Project e, per certi versi, rappresenta un fattore di novità per come viene presentato: l’ambientazione è Tokyo ma, anziché giovanissime idol o gruppi j-rock, è il jazz di Albert Ayler a trovarsi al centro del fenomeno che Masahiko sperimenta. Pare che questa scelta faccia riferimento alla capacità di alcune canzoni del noto sassofonista di evocare il concetto di solitudine, oltre al fatto che proprio nel 2004 è uscita una raccolta contenente alcuni suoi brani inediti. Il titolo di una delle sue opere più note, “Ghosts”, ricorda infine la condizione in cui vengono a trovarsi i corpi astrali.
L’elemento musicale, di pari passo con gli accenni al pittore figurativo Francis Bacon o alle opere di Fellini – Zampanò è il nome del personaggio interpretato da Anthony Quinn ne La Strada – può essere visto come un tocco di eclettismo e un invito degli autori a cercare nuovi riferimenti, nuovi stimoli, nuovi interessi.
Anche al di fuori del contesto culturale giapponese, se non di se stessi.
Il concetto di corpo astrale, di lunga tradizione, nato con Platone e affrontato in tempi più recenti da studiosi quali Freud e Jung, è in quest’opera più un espediente per creare mistero e introdurre elementi occulti, con la possibilità al contempo di coinvolgere questioni filosofiche, politiche e sociali.
Astral Project ci sottolinea uno dei maggiori rischi moderni, quello di omologazione; oggi le “imposizioni” piovono dal “sistema”, spesso attraverso i media, rendendoci incapaci di decisioni realmente autonome, o costringendoci a trovare riparo in interessi alienanti e privi di spessore. Tendenze che portano all’appiattimento individuale e globale, a una sorta di condizione di morte apparente da cui si può e si deve sfuggire. Astraendosi da tutto ciò per cercare sentimenti e sensazioni vitali e autentiche. Reali.