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Incantesimi
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Nei sogni di Controllo è mattina presto, il cielo blu profondo con appena un fremito di luce. Da una scogliera sta osservando un abisso, una baia, un’insenatura. Non è mai la stessa cosa. Lo sguardo può spaziare per chilometri in fondo alle acque tranquille. Vede mostri oceanici scivolare come sottomarini o orchidee a forma di campana o scafi di grandi navi, silenziosi, sempre in movimento. La loro mole trasmette un senso di potenza tale che il caos del loro passaggio lo raggiunge anche lassù. Per ore osserva le forme, i movimenti, ascolta i sussurri che giungono come echi… e poi cade. Lentamente, troppo lentamente, cade senza rumore nell’acqua buia, non solleva schizzi né onde. E continua a cadere.
A volte gli capita da sveglio, come se fosse soprappensiero, poi ripete in silenzio il proprio nome finché non torna al mondo reale.
001: Caduta
Primo giorno. L’inizio della sua ultima occasione.
– Sono le sopravvissute?
Controllo era accanto alla vicedirettrice della Southern Reach: dietro lo specchio unidirezionale pieno di ditate, osservava le tre persone sedute nella sala interrogatori. Quelle tornate dall’ultima spedizione nell’Area X. La prima della dodicesima serie, o X.12.A, per essere precisi.
La vicedirettrice – una donna di colore alta, snella, sulla quarantina – non gli rispose, ma Controllo non se ne stupì. Da quando era arrivato al mattino, dopo essersi preso il lunedì libero per sistemarsi, non aveva sprecato una sola parola con lui. Né lo aveva degnato di una sola occhiata se non quando aveva chiesto, a lei come a tutti gli altri, di chiamarlo «Controllo» anziché «John» o «Rodriguez». Era rimasta un attimo in silenzio, poi aveva risposto: – Quand’è così chiamami Pazienza anziché Grace, – fra le risatine soffocate dei presenti. Lo scambio del nome vero con un altro non meno significativo gli era sembrato interessante. – Non c’è bisogno, – le aveva detto. – Grace va più che bene, – sicuro che le avrebbe dato fastidio. Lei aveva parato il colpo indicandolo continuamente come «direttore ad interim». Ed era vero: fra la gestione di Grace e l’ascesa di Controllo c’era un intervallo, una vallata di tempo e moduli da riempire, procedure da osservare, personale da assumere e tagliare. Fino ad allora, la questione dell’autorità rischiava di essere poco chiara.
Ma Controllo preferiva considerare Grace poco paziente e poco graziosa. Preferiva considerarla un’astrazione se non un’ostruzione. Gli aveva già propinato un vecchio video di orientamento sull’Area X, sapendo di sicuro che era schematico e datato. Gli aveva già fatto capire che il loro rapporto si sarebbe basato sull’ostilità. Se non altro da parte di lei.
– Dove le hanno trovate? – le domandò, ma in realtà avrebbe voluto chiedere perché le avevano tenute separate. Sarà perché sei priva di disciplina, perché il tuo dipartimento è invaso dai topi? Adesso sono nel seminterrato, che rosicchiano tutto. Magari hanno già aggredito le pareti.
– Leggiti i fascicoli, – disse lei, tanto per fargli capire che avrebbe dovuto averli già letti.
Poi uscì dalla sala.
Lo lasciò da solo, a contemplare i fascicoli sul tavolo e le tre donne dall’altro lato dello specchio. Ovviamente aveva già letto i fascicoli ma sperava di prendere la vicedirettrice alla sprovvista, magari di estorcerle un parere. Aveva dato una scorsa anche al fascicolo di Grace ma non aveva ancora inquadrato il personaggio, se non rispetto alle reazioni nei suoi confronti.
La sua prima giornata completa era iniziata solo da quattro ore e già si sentiva contaminato da quell’edificio lugubre e bizzarro con la moquette verde consumata, dalle opinioni antiquate del personale che aveva incontrato. Tutto era pervaso da una sensazione di peggioramento, perfino il sole che entrava a malincuore dalle alte finestre rettangolari. Controllo indossava il solito blazer nero con pantaloni in tinta, camicia bianca e cravatta celeste, scarpe nere che aveva lucidato al mattino. Si chiese chi glielo avesse fatto fare. Gli dispiaceva avere certi pensieri perché non si sentiva al di sopra della situazione – anzi, c’era immerso fino al collo – eppure era difficile reprimerli.
Si prese un po’ di tempo per osservare le tre donne, anche se il loro aspetto non gli diceva granché. A tutte era stata fornita la stessa generica uniforme, un po’ da soldato e un po’ da inserviente. Avevano tutte il cranio rasato, come se fossero state colpite da un’epidemia di pidocchi, anziché da qualcosa di più inspiegabile. Avevano tutte la stessa espressione, o meglio, non ne avevano nessuna. Quando pensi a loro non usare i loro nomi, si era detto sull’aereo. Basati solo sulla loro funzione, all’inizio. Il resto lo aggiungerai poi. Ma Controllo non era mai stato bravo a tenere le distanze. Gli piaceva scavare, attingere a un livello in cui i dettagli lo illuminavano senza abbagliarlo.
La topografa era stata trovata a casa, seduta su una sdraio in veranda.
L’antropologa era stata trovata dal marito, aveva bussato alla porta del suo studio medico.
La biologa era stata trovata a diversi isolati da casa, sguardo fisso su un muro diroccato in uno spiazzo invaso dalle erbacce.
Allo stesso modo dei colleghi della spedizione precedente, nessuna di loro ricordava come avesse attraversato il confine invisibile per uscire dall’Area X. Nessuna sapeva come avesse eluso i blocchi, le recinzioni e altri ostacoli che l’esercito aveva eretto intorno al confine. Nessuna sapeva cosa fosse accaduto alla quarta componente della spedizione: la psicologa che, in realtà, dirigeva la Southern Reach e aveva guidato la spedizione in incognito, nonostante i pareri contrari.
Nessuna di loro sembrava ricordare qualcosa.
Quel mattino, mentre faceva colazione in mensa, Controllo aveva osservato dalla finestra panoramica a riquadri l’abbondanza di tavoli in pietra all’esterno, poi i dipendenti che facevano la fila – troppo pochi, gli sembrava, per un edificio così grande. Aveva chiesto a Grace: – Perché non sono contenti che la spedizione sia tornata?
Lei gli aveva rivolto uno sguardo rassegnato, come se fosse uno scolaro decisamente tardo in una classe di sostegno. – Secondo te, Controllo? – Era riuscita già a dare una connotazione ironica al suo nome e lui si era sentito come il piombo di una canna da pesca del nonno, destinato a restare nella melma in fondo a decine di laghi. – Ci siamo già passati con la spedizione precedente. Li abbiamo sottoposti a nove mesi di domande senza scoprire mai niente. E intanto loro stavano morendo. Come ti farebbe sentire una cosa del genere? – Lunghi mesi di smarrimento, poi il decesso a causa di una forma particolarmente aggressiva di cancro. Tra l’altro, all’inizio sembravano in salute.
Lui aveva annuito lentamente. Ma certo, aveva ragione lei. Il padre di Controllo era morto di cancro. Non gli era passato per la testa che un fatto del genere potesse turbare il personale dell’agenzia. Per lui continuava a essere un’astrazione, parole di un resoconto che aveva letto in aereo.
In mensa la moquette diventava verde scuro con un motivo di frecce stilizzate verde chiaro, tutte puntate dal cortile verso l’interno.
– Perché non c’è più luce qui dentro? – aveva chiesto. – Dove va a finire tutta la luce?
Ma per il momento Grace non avrebbe risposto ad altre domande.
Quando una delle tre – la biologa – girò un pochino la testa verso lo specchio come se potesse vederlo, Controllo abbassò gli occhi con una specie di imbarazzo tardivo. Il suo sguardo era impersonale, professionale, ma probabilmente non faceva quell’effetto, anche se loro sapevano di essere osservate.
Non lo avevano avvisato che avrebbe trascorso il primo giorno a interrogare tre donne disorientate appena reduci dall’Area X, eppure alla Centrale dovevano saperlo quando gli avevano offerto quel posto. Le tre donne erano state prelevate quasi sei settimane prima, sottoposte a un mese di controlli presso un centro analisi al Nord e infine mandate alla Southern Reach. Proprio come avevano mandato lui alla Centrale, dove si era sorbito due settimane di riunioni e lunghi momenti di vuoto, giornate intere scivolate nell’oblio senza che accadesse nulla di particolare, come se avessero sempre voluto seguire quel ritmo. Poi c’era stata un’accelerazione, che gli aveva dato un’impressione di urgenza.
Questi i dettagli che fra gli altri lo avevano inutilmente esasperato, o contrariato fin dall’arrivo. La Voce, il suo principale contatto nelle alte sfere, aveva lasciato intendere durante un abboccamento iniziale che si trattava di un incarico facile, considerati i suoi trascorsi. La Southern Reach si era trasformata in un ente obsoleto, una palude che custodiva un segreto dormiente di cui ormai non si preoccupava più nessuno, dato che erano tutti concentrati sul terrorismo e sul collasso ecologico.
La Voce, in tono sbrigativo, gli aveva descritto la sua missione dicendo che «all’inizio» avrebbe dovuto «ambientarsi, valutare, analizzare, e poi scavare più a fondo», istruzioni che negli ultimi tempi non gli capitava più di ricevere.
Controllo aveva iniziato la sua carriera, da lui stesso ritenuta altalenante, come agente sul campo, infiltrato nelle cellule terroristiche interne. Poi lo avevano promosso a sintesi dei dati e analisi organizzativa – una ventina di casi banali nelle loro analogie, di cui gli era proibito parlare. Casi invisibili al pubblico: la storia segreta del nulla. Ma con il passare del tempo era diventato il risolutore, soprattutto perché sembrava molto più bravo ad analizzare i problemi specifici altrui che a gestire i suoi in generale. A trentotto anni era conosciuto solo per questo, ammesso che lo conoscessero per qualcosa. Significava che non dovevi restare fino all’ultimo, anche se al momento era proprio quello che voleva: portare a termine un compito. Il guaio era che i risolutori non piacevano a nessuno – «Aspetta un po’ che ti spiego dove sbagli» – soprattutto se li credevano incapaci di risolvere le proprie magagne.
Cominciava sempre bene, ma poteva anche finire male.
La Voce tra l’altro si era dimenticata di informarlo che l’Area X si trovava oltre un confine invisibile che, dopo trent’anni, sfuggiva ancora alla comprensione di chiunque. Se n’era accorto rivedendo i fascicoli e tramite le inutili ripetizioni del video di orientamento.
Né poteva immaginare che Grace lo avrebbe odiato così tanto per aver preso il posto della direttrice scomparsa. Comunque c’era da aspettarselo: stando alle poche informazioni contenute nel suo fascicolo, era cresciuta in un ambiente piccolo borghese, aveva frequentato una scuola pubblica, aveva dovuto sgobbare come pochi per conquistare la posizione che occupava attualmente. Invece Controllo, secondo le voci che avevano accompagnato il suo arrivo, apparteneva a una specie di dinastia invisibile, e questo per forza di cose suscitava rancori. Era un fatto innegabile, anche se, a ben vedere, la dinastia somigliava più a un marchio trasferibile.
– Sono pronte. Vieni con me.
Grace, apparsa di nuovo come per magia, gli aveva impartito l’ordine dalla porta.
C’erano, come sapeva, diversi metodi per vincere l’ostilità o la volontà di un collega. Probabilmente avrebbe dovuto provarli tutti.
Controllo prese due dei tre fascicoli dal tavolo e, sguardo fisso alla biologa, li strappò a metà, sentendo la torsione nei palmi, poi li lasciò cadere nel cestino della carta straccia.
Sentì un rumore alle spalle, una specie di verso strozzato.
Si voltò… e si scontrò con la…
Tit. originale: Authority
Anno: 2014
Autore: Jeff VanderMeer (Jeffrey Scott VanderMeer)
Ciclo: Trilogia dell’Area X (Southern Reach Trilogy) #2
Edizione: Einaudi (anno 2015), collana “Supercoralli”
Traduttore: Cristiana Mennella
Pagine: 288
ISBN: 8806218298
ISBN-13: 9788806218294
Dalla copertina | Se non avete mai sentito parlare dell’Area X è merito della Southern Reach. Da trent’anni un fenomeno dall’origine sconosciuta sta alterando l’ecosistema costiero di un territorio nel Sud degli Stati Uniti. Cosa (o chi…) ha generato l’Area X, cosa avviene all’interno del confine impenetrabile che la divide dal resto del mondo, quale destino attende chi decide di esplorarla? Sono domande a cui, da trent’anni, tenta di rispondere la Southern Reach, un’agenzia governativa segreta incaricata di studiare il fenomeno. Senza risultati, almeno finora. Alla Southern Reach c’è un nuovo direttore: John Rodriguez, anche se tutti lo chiamano Controllo. Eppure quello che sembra mancargli è proprio il controllo sulle cose. A cominciare dalla struttura che è stato chiamato a dirigere, dove tutti perseguono i loro scopi, tanto segreti quanto personali. La sua vice, per esempio, ancora legata alla direttrice precedente e forse a conoscenza dei veri motivi che hanno spinto l’ex capa a prendere parte alla dodicesima missione nelle vesti della psicologa. O i membri della sezione scientifica con i loro terribili e pericolosi esperimenti con i conigli. O Whitby che sembra sapere troppe cose per un semplice “tuttofare”. A Controllo basterà poco per capire che i misteri della Southern Reach sono altrettanto numerosi e pericolosi di quelli dell’Area X. Qual è il vero scopo della Southern Reach? Chi la comanda?