Bem, il Mostro Umano
Nati in laboratorio da non meglio specificate sostanze, Bem, Bera e Bero sono tre forti mostri dotati della capacità d’assumere fattezze umane. Addolorati dalla loro condizione bestiale, perennemente osteggiati dagli uomini che non sanno vedere oltre l’aspetto fisico, i tre sono comunque animati da un forte senso di giustizia, e, desiderando diventare umani ma sapendo di non poterlo fare, volgono la loro esistenza ad aiutare questi ultimi, affrontando i mostri e gli spiriti che quotidianamente li vessano…
Pur con tutto il suo innegabile carisma, è dannatamente difficile consigliare a chicchessia la visione di Bem il Mostro Umano (Yōkai Ningen Bem), preistorica serie televisiva del 1968 famosissima in madrepatria (uno share settimanale medio che si aggirava tra il 24 e il 30%!1), venerata e citata in ogni dove (un esempio anche per lo spettatore italiano: l’episodio 11 della serie TV del 1998 Le Situazioni di Lui e Lei), addirittura tirata a lucido in occasione di un remake del 2006, ma invecchiata così male che guardarla oggi è solo una lunga, interminabile sofferenza che trascende storicità e contestualizzazione. Il suo genere trova lontane origini nel 1965, anticipato dal buffo fantasmino protagonista della serie Obake no Q-Taro: pochi anni dopo nei circuiti televisivi giapponesi scoppia lo yokai boom (letteralmente: boom dei fantasmi), le serie di background orrorifico ed ectoplasmatico dove spiriti, oni e mostriciattoli del folklore nazionale sono di scena nell’ambito di storie tenebrose e soprannaturali, comiche o serie che siano – pur con un ovvio occhio di riguardo verso il loro target, quello dei giovanissimi. A dare il via alle danze è il successone di Gegege no Kitaro del 1968, basato sul popolarissimo manga di Shigeru Mizuki, per poi passare alla prima serie di Kaibutsu-kun (1968), a Dororo to Hyakkimaru (1969) di Osamu Tezuka, e quindi proseguire nel tempo con Devilman (1972) e finire poi con Dororon Enma-kun (1973). Fra tutte queste opere è tuttavia Bem, il Mostro Umano della Daichi Doga a spiccare indelebile, la più famosa in assoluto in quegli anni insieme a Kitaro (trasmesso in contemporanea), e arrivata anche in Italia.
La sinossi sopra riportata è ben esemplificativa dei contenuti: in ogni episodio il più piccolo del gruppo, Bero, dalle sembianze di un bambino, stringe amicizia con un umano (spesso giovane come lui), interessandosi ai suoi problemi, sempre legati alla presenza di qualche spirito che lo tormenta. Indagando a rischio della vita, Bero scopre l’arcano lasciando poi agli adulti Bem e Bera l’onere di sconfiggere il mostro di turno. A fine puntata, i tre si incamminano verso il tramonto, diretti incontro alla loro successiva avventura.
Non si può negare che non manchi una gran varietà alle disavventure del trio: vascelli maledetti, assassini psicopatici, paludi infestate, sirene carnivore, oni e spiriti di ogni risma, specchi posseduti, raggelanti burattini, adoratori del demonio e ogni altra aberrazione iconografica sono i nemici e le situazioni quotidianamente affrontati dagli eroi, in vicende e suggestioni ispirate dalle migliori pellicole di genere. Non mancano neppure temi insolitamente adulti e dalle sfumature ‘psicologiche’, come la clonazione e la superstizione religiosa. L’intrattenimento è infantile fino allo sfinimento, ma talvolta riesce anche a inquietare, pur senza il minimo artifizio di splatter o effetti sanguinolenti (banditissimi dalla produzione2). La morale degli umani incapaci di cogliere le buone intenzioni dei protagonisti a causa dell’aspetto, e di come, nonostante questo, Bem, Bera e Bero perseguano comunque il bene senza aspettarsi ringraziamenti, è molto positiva per l’audience di bambini.
Bem è onesto ed educativo, fatto col cuore: lo si nota benissimo nel suo inimitabile feeling visivo, dato da disegni sgraziatissimi ma tetri, un intenso accompagnamento musicale (ora jazz, ora teatraleggiante, con flauti e sassofoni che richiamano le colonne sonore dei grandi film di paura Universal/Hammer), taglio espressionista delle inquadrature e curati fondali lugubri. Ha un suo preciso carisma visivo. Si capisce chiaramente, quindi, come mai sia tuttora considerato in patria un’opera di culto; basta ascoltare la sigla strepitosa per riscoprire l’iconicità di Bem.
Esaurita la lista dei pregi della serie, bisogna purtroppo dire che sotto ogni altro aspetto Bem è inguardabile. Le reazioni emotive/psicologiche di tutti i personaggi, eroi come comprimari, non sono mai, mai verosimili, sempre irrealistiche e prive di fondamento, come irrealistico è il modo in cui Bero e compagni arrivano a scoprire i misteri che stanno dietro alle disgrazie dei loro amici. Nessuna verosimiglianza in pressoché nulla: l’intera storia si basa su un concatenarsi di azioni incoerenti, ingenuità colossali e dialoghi assurdi e infantilissimi; senza contare l’obbligo della produzione di inserire in ogni puntata dei bambini petulanti a interagire con Bero, mossa ben profetica dell’ammasso di miele e buoni sentimenti che addirittura lo staff (!) è arrivato a ripudiare3. Il micidiale schema narrativo dato da 26 puntate autoconclusive senza continuity, fondamentalmente identiche l’una all’altra, prive di una conclusione e che ripetono all’infinito la stessa struttura, è il colpo di grazia. Nemmeno una gran confezione tecnica potrebbe salvare lo spettatore odierno dalla noia, e qui non c’è dal momento che la produzione è molto povera per la sua epoca: fatta con pochi soldi, è addirittura tra le primissime, se non la prima in assoluto, ad affidare colorazioni e animazioni a un economico studio coreano4. Lo si nota fin troppo bene nelle movenze scattosissime dei personaggi e nelle rozzissime e antiestetiche sproporzioni corporali – e se in qualche modo alimentano l’atmosfera horror, è un effetto non intenzionale.
Nessuno mette in dubbio la dignità e l’importanza rivestite dall’opera in questione, ma Bem, oggi, può solo appigliarsi all’impatto visivo, povero ma bizzarro. Ci sono serie di quegli anni ancora godibilissime, ma questa, sfortunatamente, non rientra nella categoria.
L’edizione italiana, curata nel 2002 da Dynamic Italia ed ereditata da Dynit, è buona, salvo una esagerata serializzazione in ben 9 dischi e un brutto effetto ghosting nel video (dovuto probabilmente alla non perfetta conoscenza del supporto, parliamo di una delle prime opere riversate in DVD). Per l’occasione, Bem ha potuto usufruire di un nuovo doppiaggio, più fedele all’originale rispetto a quello storico italiano del 1982 (comunque anch’esso incluso). Un corposo numero di approfondimenti e interviste è presente in fascicoletti allegati; il nono disco comprende i primi due episodi realizzati da Daichi Doga per una mai prodotta seconda serie, trasmessi in Giappone solo nel 2015. Nonostante il nuovo doppiaggio sia recitato a livelli altissimi, addirittura da film cinematografico, paradossalmente le voci sono così sovraccaricate e seriose da provocare lo strano effetto di sembrare ‘fuori posto’ con quei disegni e quei dialoghi infantili. Per questo consiglio, in alternativa, la visione in lingua originale più sottotitoli.
FONTI
1 Fascicolo 3 di “Anime Horror” (allegato al terzo DVD di “Bem il mostro umano”, Dynamic Italia, 2002), “Il planning originale di Bem II”
2 Fascicolo 2 di “Anime Horror” (allegato al secondo DVD di “Bem il mostro umano”, Dynamic Italia, 2002), “Il planning originale di Bem”
3 Fascicolo 5 di “Anime Horror” (allegato al quinto DVD di “Bem il mostro umano”, Dynamic Italia, 2002), “Intervista a Kazuo Kusano – Seconda parte”
4 Come sopra
5 Jonathan Clements & Helen McCarthy, “The Anime Encyclopedia: Revised & Expanded Edition”, Stone Bridge Press, 2012, pag.426-427