Caltiki – Il Mostro Immortale
Se si parla di produzione cinematografica di fantascienza, immediatamente pensiamo ai film USA, da 2001: Odissea nello spazio a Blade Runner, da Guerre Stellari ad Alien, da Star Trek (nelle sue discusse evoluzioni) a Il Pianeta delle Scimmie, oppure a qualche film europeo, come i francesi Farenheit 451 del 1966 o Viaggio nella Luna, addirittura del 1902, o i russi Solaris del 1973 o Areograd, del 1935.
La produzione italiana viene quasi costantemente ignorata, soprattutto in patria. Eppure, anche se con budget inferiori e quindi con effetti speciali non più evoluti delle rocce di polistirolo della TOS (Star Trek: The Original Series, 1966), anche qui da noi c’è stato un tentativo di sviluppare temi riguardanti alieni o mostri venuti dallo spazio, piogge di asteroidi o fantastiche escursioni sui pianeti del Sistema Solare.
I nostri albori vedono film più fantastici che fantascientifici, come Un matrimonio interplanetario del 1910 o 1000 km al minuto del 1939, dove il regista MARIO MATTOLI propone un fantasioso viaggio verso Marte. Ma è del 1958 un film che segna l’ingresso italiano nella cinematografia di fantascienza: diretto da HEUTSCH, con la fotografia di BAVA, La morte viene dallo spazio: un missile diretto sulla Luna si schianta su una fascia di asteroidi, e la deflagrazione che ne consegue ne modifica la traiettoria, portando una seria minaccia alla Terra; ovviamente un’idea geniale salverà il pianeta.
Del 1959 è il film Caltiki, il mostro immortale, che ho scelto di “recensire”.
Anche qui la fotografia è di MARIO BAVA (con lo pseudonimo di John Foam), come gli effetti speciali (pseudonimo Marie Foam). La regia è di RICCARDO FREDA (Robert Hampton) e la sceneggiatura di FILIPPO SANJUST (Philip Just). È una pellicola che inaugura la moda anglofila che impererà negli anni Sessanta (più che altro si sperava di poter rendere il film vendibile per il mercato statunitense) e il cast, composto da dignitosissimi attori italiani, vede il solo JOHN MARIVALE di effettiva origine canadese. La nostra DIDI PEREGO è diventata Didi Sullivan, DANIELE PITANI è Daniel Vargas, ARTURO DOMINICI invece Arthur Dominick . Vi risparmio ogni altro buffo pseudonimo. Nel cast figurano anche GIACOMO ROSSI STUART (padre dell’ex idolo delle adolescenti, Kim Rossi Stuart) e DANIELA ROCCA, la baffuta moglie di Mastroianni in Divorzio all’italiana, qui naturalmente bella e prosperosa, nella parte di una messicana, Linda.
Brevemente la trama, ispirata a un’antica leggenda messicana: il biologo John Fielding si trova nella giungla dello Yucatan, con la moglie Ellen (una giovane e praticamente irriconoscibile Didi Perego) e l’assistente Max Gunther, per scoprire le tracce dell’antica civiltà dei Maya. Improvvisamente un componente della spedizione scompare e un altro impazzisce dopo una breve escursione nell’entroterra. John e Max decidono di scoprire le cause di questi avvenimenti e in una grotta rinvengono la statua di Caltiki, la dea della morte. Davanti alla statua c’è una pozza d’acqua semi-putrida dalla quale, improvvisamente, emerge un mostro orribile (assemblato da Bava, a quanto pare, con frattaglie di maiale, cibo per gatti, che gli danno un effetto viscido e schifoso), che afferra un braccio di Max. John riesce a malapena a strappare l’assistente dalla voracità del mostro e lo conduce poi a Città del Messico dove un’equipe medica riesce a staccare dal braccio un brandello della “carne” che lo aveva avviluppato, scoprendo che costituisce una gigantesca cellula primordiale, sviluppatasi sotto influssi radioattivi.
John si porta a casa l’organismo unicellulare, per poterlo studiare comodamente ma, durante una sua assenza, il passaggio di una cometa radioattiva risveglia le energie latenti in quella massa mostruosa che incomincia a crescere e a moltiplicarsi (una specie di Blob di interiora). La casa viene quasi fagocitata dal mostro, che ingloba, divorandolo, Max, il quale, impazzito, si era recato dall’amico per rapirne la moglie. Al suo ritorno, John si rende conto che la situazione è critica e chiede un intervento militare: viene inviato un reparto scelto, con lanciafiamme e carri armati. Il mostro, che stava per dare l’assalto alla città, viene distrutto (ovviamente, siamo negli anni del lieto fine). Solo a questo punto John riesce a riabbracciare la moglie, che ha vissuto con la sua bambina lunghe ore d’angoscia.
Uno dei punti di interesse di questo film è che fu completato proprio da Bava (il quale successivamente realizzerà altri sci-fi movie come Terrore nello spazio del 1965), dopo l’abbandono di Freda, che mollò tutto in seguito a una discussione con la produzione.
La bravura di Bava, noto ai più come maestro dell’horror, è evidente nella fotografia, molto curata e d’atmosfera, con un forte contrasto bianco/nero, e negli effetti speciali. Alcuni detrattori del film, e di tutta la filmografia horror, fantascientifica e fantastica degli anni 50/60, sostengono che senza l’apporto di Bava nessuno avrebbe notato Caltiki.
Ciononostante la struttura del film resta opera di Riccardo Freda. Nel suo libro Divoratori di celluloide, parla dell’orrore come “espressione storica del terrore che l’uomo ha incamerato durante l’epoca buia della preistoria, quando le fiere facevano sentire i loro ruggiti sinistri nel buio, e le tempeste atterrivano gli uomini accucciati nelle caverne”. Questo è il terrore che Freda vorrebbe trasmettere al pubblico, e in Caltiki ricorre alla figura del mostro per riuscirci.
In un’intervista a Tornatore, spiegò “che la sua inclinazione per l’horror affondava le sue radici nel cinema tedesco dell’espressionismo” (Il Golem, Nosferatu, aprirono la strada alla sua creatività cinematografica). Con Bava, che iniziò a collaborare con lui, ebbe ottimi risultati, sia negli effetti speciali (anche se il mostro di Caltiki in fondo non era che un ammasso di trippa di maiale), che nella fotografia; pare che per riprendere una casa mentre infuriava un temporale usassero una foto: vi facevano scorrere dell’acqua e l’illuminavano a sprazzi, simulando i lampi.
Prima di Caltiki, Bava lavorava come direttore della fotografia per PIETRO FRANCISCI, e, benché fosse lui a scegliere le inquadrature, a creare gli effetti, a decretare il successo dei film diretti da Francisci (Orlando e i Paladini di Francia, Le Fatiche di Ercole, Ercole e la Regina di Lidia), quest’ultimo ne parlava malissimo, alle spalle. Freda, venutolo a sapere, pensò di reclutare l’amico proprio per Caltiki.
Quali sono gli elementi che rendono questo film appartenente al filone “fantascienza”, anziché relegarlo a quello “horror” (sebbene l’uso del termine “relegare” potrebbe apparire denigratorio per il genere, che ha moltissimi cultori e appassionati)?
Se dovessimo ascoltare la definizione dello “Zingarelli-Zanichelli” (Fantascienza – sf -”interpretazione fantastica ed avveniristica delle conquiste della scienza e della tecnica che entra come componente essenziale in un particolare genere di letteratura, spettacoli e sim.”) il film non rientrerebbe nei parametri.
Già il “Webster Dictionary” apre delle possibilità: “narrativa di genere altamente immaginativo o fantastico, coinvolgente un qualche fenomeno scientifico reale o immaginato”.
Frankenstein, della SHELLEY, viene considerato un precursore della letteratura fantascientifica: perché allora una creatura monocellulare che giace in letargo dalla notte dei tempi e inizia a crescere (pensate anche un po’ a Blob) fino a fagocitare ogni organismo che le capiti a tiro non può rientrare, anche se con margine abbondante, nel genere? Se vogliamo (ricordiamo che è un film del 1959), possiamo accreditare Caltiki, il mostro immortale come un film che ha tratti di Fantascienza, Fantastico e Horror, un mix che per l’epoca era considerato “fantascienza”. Adesso pare che non esista Fantascienza senza un’astronave, senza degli alieni che interagiscono, positivamente o meno, con gli umani. Oggi il termine “mostro” non definisce il genere se il mostro non è alieno.
Comunque se MONGINI lo ha inserito nella Guida al Cinema di Fantascienza per fantascienza.com, io mi fiderei.