Joseph Sheridan Le Fanu (1814-1873) è noto principalmente per Carmilla, pubblicato nel 1872, cinquantatré anni dopo Il Vampiro di John Polidori (1819, ritenuto l’iniziatore di quello che sarebbe divenuto un vero e proprio genere), ma ben venticinque prima del celeberrimo Dracula di Bram Stoker (1897).
Il racconto della contessa dalla pelle chiarissima e dai capelli scuri, misteriosa, sfuggente e inquietante, notte tempo spietata assassina che dissangua le proprie vittime, si connota in effetti per la presenza di tutti quegli elementi che saranno ben più che di semplice ispirazione per il Dracula di Stoker: il fascino decadente e ammorbante del mostro immortale che ammalia l’ingenua e candida fanciulla; la discesa in un incubo che sembra non avere fine, in cui ogni scoperta conduce a un nuovo e angosciante orrore; la ricerca dell’esperto risolutore e poi la caccia senza tregua, sino alla distruzione purificatrice. In una cinquantina di pagine, Le Fanu rievoca e riassume con abilità e consapevolezza il tema del vampiro, riportando per primo (come nota Gianni Pilo nella prefazione all’antologia Carmilla e altri racconti di fantasmi e vampiri) la tradizione del risurgente nel suo territorio d’origine.
Proprio l’attenta lettura e rievocazione delle antiche leggende, con approfondita ricerca delle fonti, è punto focale non solo di Carmilla, ma dell’intera opera di Le Fanu, in particolare della maggioranza dei suoi racconti che, contrariamente ai convincimenti e forse le speranze del loro autore, gli diedero ben più lustro e fortuna dei suoi non pochi ma totalmente dimenticati romanzi.
I racconti di Le Fanu attingono in effetti all’inesauribile tradizione dell’immaginario fantastico della sua natia Irlanda, dove le banshee (letteralmente: donna-fata) accompagnano le più antiche e nobili famiglie e elevano il loro straziante canto quando una morte prematura è prossima; dove tra montagne disabitate e castelli in rovina può accadere di incontrare il pooka, robusto destriero che parla con voce umana e che, interrogato, può dare responsi sui giorni futuri; e dove, in particolare, gli spiriti dei defunti si mostrano ai vivi e con essi interagiscono per i fini più vari, non sempre comprensibili, di rado commendevoli, ma spesso interpretabili alla luce di un disegno superiore che proprio per loro intervento viene a delinearsi.
Nel racconto Il testamento del gentiluomo Toby, che Le Fanu scrisse nel 1868, il più giovane di due fratelli, dopo la morte improvvisa del nobile Toby, padre severo e collerico, accoglie nella casa di famiglia, ereditata con pregiudizio ai diritti del primogenito, un bulldog dall’atteggiamento strano che sinistramente rievoca, per espressione e temperamento, proprio l’immagine del defunto. Il giovane signore viene presto tormentato da oscuri incubi nei quali l’inquietante animale, da prima amato e poi sempre più temuto e odiato, assume proporzioni gigantesche e a più riprese lo ammonisce del prossimo castigo, laddove al torto patito dal primogenito non si ponga rimedio. Lo spirito del padre che ritorna sotto forma animale tanto impaurisce e tormenta, quanto consiglia e avverte, perché la verità sia disvelata e un male peggiore scongiurato; mentre il tono cupo della narrazione lascia subito intuire che al monito non verrà dato ascolto.
Alla rivelazione di una verità, crudele e terribile, è anche volta l’apparizione dello spettro ne Il fantasma della signora Crowl (1870): una fanciulla viene catapultata nella realtà di un’antica magione dove, accanto alla zia, dovrà badare all’anziana padrona inferma, depositaria unica di un inconfessabile segreto.
Ne Il gatto bianco di Drumgunniol (1870) la misteriosa apparizione di un animale, un gatto bianco appunto, preannuncia invece la prossima morte di colui che ha la sfortuna di vederlo. Protagonista della storia è infatti una banshee legatasi alle tristi vicende di una famiglia.
Ne I racconti di fantasmi della Tiled House è la persecuzione dei vivi lo scopo ultimo della presenza ultraterrena: non vi sono torti da riparare o futuri eventi oscuri sui quali mettere in guardia. Il Male si presenta sotto forma di una mano spettrale che inutilmente i proprietari cercano di tenere fuori dalla propria casa e lontana dal lettino del loro piccolo.
E il tormento di chi impunemente sceglie di vivere in quella che fu la sua casa è l’unico fine anche del fantasma di un giudice suicida protagonista oscuro di Cronaca di alcune stranezze occorse in Augier Street (1851). Due giovani studenti cercano la tranquillità e la comodità di una casa in affitto a buon prezzo e a poca distanza dall’università. La notte sarà insonne per entrambi, a causa di incubi inquietanti, apparizioni sconvolgenti, suoni angoscianti.
Il tormento come punizione ed espiazione è invece il tema centrale di La persecuzione: un giovane capitano di mare, appena fidanzatosi, viene inseguito di notte in una strada deserta da passi che non paiono avere una fonte nota. Inutile tornare indietro, inutile scrutare le ombre. L’evento si ripete più volte, fin quando il tormentatore non assume una figura e una fisionomia definita. Ma in quel momento le cose volgeranno al peggio e un passato che si credeva dimenticato ritornerà per gustare un’agognata vendetta. Non vi sarà contromisura efficace, non l’allontanamento volontario, l’affetto di amici, la chiusura di porte e finestre, il ritiro in luoghi angusti senza vie di accesso.
Il dolore, l’angoscia, il supplizio che gli spiriti arrecano ai vivi, per il tramite di apparizioni aberranti e rumori sinistri, non sono in realtà che il riflesso di ciò che gli spettri stessi patiscono in ragione della turpe condotta della loro biasimevole vita, talché il loro manifestarsi è anche doloroso e raccapricciante monito. Il tema (ben presente, come accennato, ne Il testamento del gentiluomo Toby) viene ampiamente trattato ne Il dissoluto capitano Walshawe di Wauling (1864), ma se ne ha la realizzazione più compiuta e convincente ne Il Giudice Harbottle (racconto comparso nella raccolta In a Glass Darkly, l’ultima pubblicata da Le Fanu, nel 1872), per la tante somiglianze probabilmente inteso quale seguito e rivisitazione di Cronaca di alcune stranezze occorse in Augier Street.
Il dissoluto capitano Walshawe di Wauling, benché di poche pagine, ha una struttura articolata. La voce narrante inizia col riportare brevemente la storia del capitano Walshawe, il quale, dedito a ogni sorta di turpe attività, aveva dilapidato l’ingente patrimonio di cui era venuto in possesso e si era reso responsabile della triste vita della moglie. Di tanta insensibilità era capace che, nella notte del precoce trapasso della consorte, il capitano strappava dalle mani della defunta la candela santa che avrebbe dovuto accompagnarne l’anima in cielo, un atto così empio che una delle anziane monache che vegliavano la salma si lascia sfuggire una maledizione: “che tu possa venir chiuso nello stoppino di quella candela finché non brucerà completamente”. La vita dedita a vizi si chiude con la vecchiaia e una congerie di malanni che prima deturpano il capitano e poi lo costringe su una sedia a rotelle, senza però indurlo ad alcun ravvedimento, tanto che la morte lo coglie ancora impenitente. Dopo questa lunga premessa, la voce narrante dà conto di quanto uno zio ebbe a raccontargli in merito alla notte trascorsa nella sinistra abitazione del capitano Walshawe successivamente alla dipartita di quest’ultimo. Lo zio era giunto nella vecchia casa in tempo per il funerale e si era trattenuto, su invito dell’avvocato incaricato della successione, per risolvere talune problematiche afferenti a dei contratti di locazione che non sembravano trovarsi in nessun luogo. Costretto a fermarsi la notte e rimasto al buio, lo zio raggiunge il salotto dove ricordava di aver visto “un mozzicone di candela”, raggiunge la sua stanza e si prepara al meritato riposo. Le sue buone speranze verranno tuttavia sinistramente disattese…
Il racconto lega indissolubilmente fede e superstizione, cristianità e paganesimo: le monache non sono tanto spose di Cristo, quanto sinistre fattucchiere (e come tali vengono descritte), capaci di terribili maledizioni, come condannare le anime a rimanere prigioniere del mondo dei vivi.
L’incontro di superstizione e fede è un tratto saliente dell’opera di Le Fanu, che non sembra vedervi alcuna reale e radicale incompatibilità, non escludendo la sussistenza dell’una quella dell’altra: il mondo dei vivi è nelle sue opere in egual misura aperto a esperienze di fede come di orrore sovrannaturale, pericolosamente danzando l’uomo, quale un funambolo, sullo scivoloso crinale tra salvezza e dannazione eterna.
Significativamente, in alcuni racconti (Il sogno dell’ubriaco, Il fantasma e il conciaossa), a essere indagatore e testimone affidabile del manifestarsi del sovrannaturale – da intendersi come l’insieme di quegli eventi che la scienza non è in grado di spiegare interamente, se non con approssimazioni, comodi silenzi o sviste – è proprio un reverendo, Francis Purcell.
La coesistenza non implica tuttavia, come ovvio, pari dignità, rivestendo il sovrannaturale un ruolo meramente servente rispetto alla superiore dimensione della religione e risultando il suo operare, per quanto misterioso e terribile, comunque interpretabile alla luce di un superiore disegno (con rare eccezioni: I racconti di fantasmi della Tiled House). Icasticamente il Vampiro cede di fronte alla Vera Fede di chi impugna un crocifisso, e il Fantasma si dissolve se viene in contatto con l’acqua santa.
Il sovrannaturale al servizio di una Giustizia superiore è il tema portante del racconto Il Giudice Harbottle (traduzione non troppo felice di Mister Justice Harbottle, dato che il protagonista non è un giudice ma un avvocato della pubblica accusa). Harbottle è un individuo abbietto e senza scrupoli, fatto già di per sé grave, ma ancor più se riguarda un uomo di Giustizia. Cosa può dirsi di un pubblico accusatore che crea ad arte le prove per incastrare un innocente, e tutto ordisce affinché quest’ultimo venga condannato a morte? Quale pena dovrebbe patire? Prima ancora, i meno ingenui dubiterebbero della possibilità che effettivamente costui subisse la giusta pena: Harbottle è benestante, ha senza dubbio amici importanti e, soprattutto, conosce la Legge e sa sfruttare i suoi cavilli. Tuttavia una serie di inquietanti eventi faranno vacillare la sua sicumera.
Per primo giunge uno sconosciuto a metterlo in guardia sull’esistenza di una congiura che ha lui come bersaglio. Poi, mentre è in udienza, l’immagine dell’uomo che ha fatto impiccare gli compare a poca distanza, mostrandogli i segni ben visibili lasciati dal cappio intorno al collo. Da quel momento, per Harbottle la discesa nel sonno equivarrà al precipitare in un incubo che nemmeno il risveglio riuscirà più a dissolvere. E finalmente, per tutti i torti arrecati in vita, subirà la giusta punizione.
Ma se superstizione e fede hanno un loro equilibrio, con la scienza e con la ragione il loro rapporto è più conflittuale. La scienza può spesso smascherare i truffatori e può facilmente dileguare le ombre che la paura ha fatto sorgere dal nulla: è la più immediata lettura de Una notte alla Locanda della Campana, dove la ricerca e la riflessione trasformano, per il tramite di una piana e di una (deludente) spiegazione empirica, l’evento apparentemente straordinario in uno assolutamente banale, per quanto improbabile; accade anche ne La contessa assassinata, dove la tenacia di una fanciulla, escludendo il coinvolgimento di qualsivoglia forza ultraterrena, saprà far luce sul mistero del ricorrente tema giallo di un omicidio compiuto in una stanza chiusa e fatto passare per suicidio.
La scienza tuttavia non è sempre in grado di risolvere ogni mistero.
Vi è in effetti qualcosa oltre la semplice porta che sbatte, l’improvvisa corrente fredda, il rumore di passi in stanze vuote… qualcosa tale da sfuggire alla normale percezione e da poter essere compresa solo abbandonando gli usuali cammini e avventurandosi in quel mondo oscuro che è ben più vicino di quanto non si pensi: dietro le nostre spalle in una via desolata (La persecuzione), nel frutteto e nei giardini della casa in cui abitiamo (I racconti di fantasmi della Tiled House), addirittura in un’alcova nella stanza accanto (Cronaca di alcune stranezze occorse in Augier Street). Qualcosa che, se d’immediato offende vista e udito, dolorosamente ben di più colpisce mente e anima.
L’arrestarsi della scienza è riconoscimento di un limite e al contempo affermazione di una vastità sempre disorientante, spesso annichilente.
All’evidenza, quello di Le Fanu è un mondo cupo e sinistro, costellato di case maledette e infestate, tormentato da vendette oltre la morte e anime in pena; all’apparenza e il riflesso letterario dell’angoscia interiore dell’autore che, privato della vicinanza dell’amata sorella morta improvvisamente nel 1841, e della moglie, venuta a mancare a seguito di una grave malattia nel 1858, sarà spesso preda di autodistruttive crisi depressive.
Così non andrà via via sparendo ogni traccia di quell’ironia scaltra e sorniona propria de Il fantasma e il conciaossa, il primo racconto pubblicato da Le Fanu e apparso sul Dublin University Magazine nel numero di gennaio 1838. Qui un medico viene curiosamente costretto alla veglia da uno spirito disceso dalla cornice di un quadro con il fine di farsi curare una gamba dolorante. Sarà una insensata distrazione dello spirito, che scambia per liquore una bottiglia di acqua santa, a porre un inaspettato termine alla vicenda.
Torneranno variamente declinate e con i vari accenti le tematiche lì già presenti, e si avrà sempre cura di recuperare la tradizione, percepita come perfettamente compatibile con la risalente fede cristiana; ma i toni saranno ben diversi, adeguati alla realtà descritta nei racconti: accanto alla luce, esiste un’ombra eterna innanzi alla quale la mente dello sprovveduto come quella del saggio non può che vacillare.
È il tema che H.P. Lovecraft porterà al suo parossismo: il disorientamento di chi vive il quotidiano e si trova improvvisamente di fronte all’irrazionale diverrà follia, l’orrore sovrannaturale acquisirà dimensione cosmica e la fragilità umana verrà spogliata anche dell’ultima difesa di una fede in una divinità salvifica.
Di fronte ad un avversario di tale natura, gli eroi romantici senza macchia e senza paura sono evidentemente inadeguati. E così nei racconti di Le Fanu i protagonisti sono prevalentemente uomini di cultura, equilibrati, saggi (esattamente come nelle opere di Lovecraft) e pienamente attendibili (tali, per loro stessa natura, da conferire credibilità a storie immaginarie). Destinati tuttavia, una volta posti di fronte al sovrannaturale, a trasformarsi.
Fra i personaggi di Le Fanu merita un particolare rilievo il dottor Hesselius: le storie riunite da Le Fanu nell’antologia In a Glass Darkly (tra le quali: La persecuzione, Il patto col Diavolo, Il Giudice Harbottle, Carmilla) prendono tutte l’avvio dalle ricerche di questo medico esoterista che, ponendosi di fronte all’apparentemente inspiegabile con spirito prettamente analitico, divide le implicazioni soprannaturali da quelle ordinarie, formulando ipotesi, comprovando teorie, arrestandosi solo là dove alla scienza non è consentito procedere oltre.
Come ricorda Gianni Pilo, il dottor Hasselius diede origine “ad un vero e proprio topos nell’ambito della narrativa fantastica” e servì da modello in Inghilterra per il Carnacki di William Hope Hodgson, l’Antiquario di Montague Rhodes James e, soprattutto, per il John Silence di Algernon Blackwood. In America fu modello di figure popolarissime come il Dottor Jules de Grandin di Seabury Quinn.
A Le Fanu devono quindi ritenersi inscindibilmente legati la nascita della figura dell’investigatore dell’occulto, l’approfondito sviluppo del tema della sopravvivenza nel contemporaneo degli antichi mali, nonché l’evoluzione e la compiuta costruzione del mito dei vampiri.
Non pare dunque certo errare l’editore Derleth (lo stesso di Lovecraft e fondatore, non a caso, della casa editrice Arkham House) quando, presentando Le Fanu (senza per il vero aver allora compiuto le pur doverose e opportune ricerche in ambito critico-letterario), lo descrive come “l’equivalente britannico di Poe, in quanto ha avuto un influsso determinante sugli autori successivi”.
E l’antologia Carmilla e altri racconti di fantasmi e vampiri ne fornisce fulgidi esempi.
Tit. originale: Carmilla (racconto)
Anno: 1872
Autore: Joseph Sheridan Le Fanu
Edizione: Newton Compton (anno 2010), collana “Grandi Tascabili Economici”
Traduttore: Gianni Pilo, Roberta Formenti
Pagine: 303
ISBN: 885412186X
ISBN-13: 9788854121867
Dalla copertina | Avvolti in atmosfere sinistre e inquietanti, popolati da creature sospese tra la vita e la morte, assetate di sangue e portatrici di sciagure, questi 15 racconti di Joseph Sheridan Le Fanu hanno profondamente influenzato la narrativa fantastica e dell’orrore. Da Il testamento del gentiluomo Toby ai Racconti di fantasmi della Tiled House, da La cugina assassinata a Una notte alla “Locanda della Campana, fino al celebre Carmilla, la fantasia di Le Fanu risveglia invincibili paure ancestrali, creando un uniiverso oscuro e sconvolgente.