Chobits

Chobits

Siamo nel prossimo futuro, e uno dei principali passi avanti nel recente progresso tecnologico è stato l’introduzione sul mercato dei personal computer di forma umana. Questo tipo di PC può non solo replicare qualunque funzione di uno degli obsoleti modelli da scrivania, ma può interagire con il suo proprietario quasi come un comune essere umano.

Nella nostra storia i PC di forma umana sono di uso comune, e in città è un’immagine frequente vederli accompagnare le persone.

Sulla scia dei modelli umanoidi, sono diffusi computer portatili dall’aspetto di bambolotti in grado di entrare in uno zaino, e cellulari dalla forma di piccoli pupazzetti di formato tascabile. Ben poco è rimasto immune a questa rivoluzione informatica, men che meno i rapporti tra gli esseri umani.

Su questo panorama si apre Chobits, un fumetto opera delle CLAMP, ormai affermatissimo gruppo di quattro disegnatrici giapponesi, autrici di diversi manga di grande successo (Cardcaptor Sakura, Magic Knight Rayearth, X/1999 e molti altri).

Il protagonista è Hideki Motosuwa, un ronin (uno studente che non è riuscito a superare l’esame di ammissione all’università, e si prepara per sostenerlo l’anno successivo) che desidererebbe tanto un PC tutto per sé, ma non ha i soldi per poterselo permettere.

La sua vita subisce una svolta inaspettata quando trova, tra i rifiuti del vicolo dietro il locale presso il quale svolge un lavoro part-time, un PC abbandonato dall’aspetto di una bellissima ragazza.

Questo (o questa) si rivela essere un oggetto molto speciale: sembra rifiutare l’installazione di qualunque software ma in compenso riesce ad apprendere in base alle sue esperienze.

Chii (questo il nome datole da Hideki, l’unica sillaba che è inizialmente in grado di pronunciare) non ha né memoria né ricordi della sua ipotetica vita passata, e, mentre il suo nuovo proprietario s’industria per insegnarle le nozioni più basilari, iniziano a contornarsi le ombre delle sue misteriose origini. Man mano che la storia procede, infatti, sempre più indizi sembrano indicare che Chii sia uno dei favoleggiati Chobits, PC artigianali dalle capacità misteriose che molti nella grande rete considerano soltanto una leggenda. Questo porterà Hideki e Chii ad affrontare molte avventure, alcune delle quali influenzeranno i rapporti tra i due protagonisti e i loro compagni, vecchi e nuovi.

Alcuni hanno definito Chobits uno “shoujo per ragazzi”, (n.d.a: vengono chiamati shojo 少女 i manga mirati ad un pubblico femminile piuttosto giovane, che tipicamente ruotano attorno alle disavventure della protagonista, normalmente una ragazza adolescente dalla vita tormentata; alcuni esempi possono essere fumetti come Candy Candy o Maison Ikkoku) il fulcro di questo fumetto è infatti rappresentato dalle relazioni interpersonali, molto spesso di carattere sentimentale. Per quanto la trama sia inizialmente molto semplice, e il numero di personaggi limitato, con il procedere della storia aumenta la complessità, e i nuovi protagonisti si aggiungono come tessere di un mosaico andandosi ad incastrare in modo certosino le une con le altre, fino a creare un’immagine ricca e piuttosto avvincente.

Uno dei temi principali del fumetto è il rapporto tra gli esseri umani e i PC di forma umana. Questi ultimi sono, in teoria, semplicemente oggetti e, sebbene imitino le persone nella forma e nei modi, si muovono, parlano e agiscono solo in base alla loro programmazione.

Tuttavia sembrano persone, e la loro somiglianza è tale che fin troppo facilmente gli abitanti di questo prossimo futuro finiscono per illudersi di avere trovato nel proprio computer antropomorfo un perfetto compagno, un amico, un amante, un fratello, una sorella o un figlio, arrivando a preferirlo a un vero essere umano, rispetto al quale offre il vantaggio di poter essere riprogrammato eliminando qualunque difetto o caratteristica sgradita.

E così, attraverso i personaggi la cui vita s’intreccia con quella del protagonista, assistiamo a drammi come quello della giovane insegnante di Hideki, Takako, abbandonata dal marito che preferisce dedicare le proprie attenzioni a un PC; o quello di Minoru, che ha rimodellato uno dei suoi PC in modo da replicare e prendere il posto della sorella morta, e si tortura perché per quanto questi possa sembrare la sorella non potrà mai esserlo realmente.

Per quanto riguarda il disegno, le autrici hanno usato per questo manga, rispetto ad altre opere come ad esempio Magic Knight Rayearth, un tratto più netto e morbido, molto gradevole, e i personaggi femminili ne risultano assolutamente deliziosi (in particolare Sumomo e Kotoko, i due PC portatili).

Chobits è lontano dall’essere un fumetto graficamente ricco e dettagliato, o realistico, e a evidenziare subito questa mancanza sono gli sfondi, molto poveri nei migliori dei casi, e fin troppo spesso completamente assenti. Sebbene ciò abbia il pregio di mettere in risalto le figure – in particolare il viso dei personaggi – molto centrali in quest’opera, tradisce le aspettative per quello che sarebbe potuto essere un manga di qualità decisamente superiore.

A riparare in qualche modo il difetto, si ritagliano uno spazio tutto loro i vestiti incredibilmente elaborati, tra lo stile goth e la lingerie in pizzo e merletto (accostamento che ho scoperto chiamarsi Gothic-Lolita, o gothloli) visibile di quando in quando addosso a Chii, con sommo imbarazzo del “padrone” Motosuwa.

Il fumetto non manca di grosse ingenuità, soprattutto in campo scientifico. Una delle sue travi portanti è l’idea che, come gli esseri umani cercano nei PC antropomorfi (termini come “robot” o “androide” non vengono mai usati) qualcosa, o per meglio dire qualcuno, con cui interagire come con una persona, capace non solo di comportarsi come tale, ma di provare emozioni e sentimenti, allo stesso modo queste macchine, diventando sempre più complesse, sentono di bisogno, anche se non riescono a riconoscerlo, di diventare qualcosa di più, un partner a tutti gli effetti per il “proprio” essere umano.

Il “come” ciò sia possibile, dal punto di vista elettronico e informatico, resta comunque completamente inspiegato, un aspetto che – è piuttosto evidente – alle autrici non interessa approfondire. Chobits apparirebbe così più una fiaba di ambientazione futuristica che un racconto di fantascienza, ma questa è una delle concessioni che vengono tacitamente richieste al lettore.

Una menzione a parte la merita una sorta di “storia nella storia”, una fiaba illustrata dal titolo “La città deserta” che Motosuwa compra in una libreria e decide di regalare a Chii, e della quale possiamo vedere le tavole man mano che il fumetto prosegue e Motosuwa continua a comprare i libri successivi. Fin dall’inizio è chiaro che i riferimenti alle vicende vissute dai due protagonisti sono troppi per essere casuali, ma chi sia l’autore di questi volumi resta uno dei misteri che verranno svelati soltanto con il procedere della storia. I disegni sono semplici e molto diversi da quelli normalmente usati nel resto del fumetto, ma devo ammettere che proprio la loro semplicità e il tono ingenuo e fiabesco mi hanno profondamente affascinato.

Prima di concludere, trovo doveroso fare qualche commento ai riferimenti ad altri fumetti che si trovano in Chobits. A parte i toni (e i temi), che mi hanno ricordato a più riprese il bellissimo Video Girl Ai di MASAKAZU KATSURA, quest’opera ha legami con almeno altri due manga.

Il primo, che risulterà chiaro fin dall’inizio a qualunque lettore conosca questo titolo, è il celeberrimo Maison Ikkoku di RUMIKO TAKAHASHI. Motosuwa, infatti, non solo è un ronin come Godai (il protagonista del fumetto della Takahashi) ma vive in una stanza in affitto nella periferia di Tokyo, tenuta da un’amministratrice che, oltre a essere un’avvenente e giovane vedova, possiede molti tratti che richiamano non poco la bella Kyoko Otonashi.

Il secondo manga con il quale Chobits è legato a doppio filo è Angelic Layer, sempre delle Clamp. Diversi personaggi secondari appaiono in entrambi i fumetti. La sorella maggiore di Minoru, Kaede Saitou, è uno dei protagonisti di Angelic Layer, e altri se ne possono vedere sullo sfondo nel flashback nel quale si assiste alla morte della ragazza, o in piccole apparizioni nell’uno o nell’altro fumetto, senza legare narrativamente le due storie ma dando al lettore uno stuzzicante senso di continuità.

In definitiva, ho trovato Chobits un fumetto gradevole, senza troppe pretese, ma che proprio per questo mantiene pienamente le sue promesse. Certo non ci si trova di fronte a un’opera d’arte; ad esempio Video Girl Ai, il manga a cui a mio giudizio è più naturale paragonare Chobits, è secondo me decisamente superiore, come storia, come caratterizzazione dei personaggi, come disegno. Tuttavia, in un arco narrativo relativamente modesto (otto volumetti) le Clamp sono riuscite a dare vita a una storia interessante e, a tratti, molto divertente, che credo non lascerà affatto delusi gli amanti del genere e gli appassionati di queste quattro brave autrici.