Città di Fuoco (City on Fire, di Walter Jon Williams)

Città di Fuoco

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Anteprima testo

La carrozza sfreccia nel tunnel InterMet, volando sotto la città-mondo come se fosse spinta dal fiato di un dio. Assopita nella metropolitana che vola sotto il mondo, Aiah sogna l’Uomo di Fuoco.

S’innalza più alto degli edifici intorno, una figura di fiamma. Lo circondano un turbine di vento, una foschia a spirale di aria tormentata, detriti volanti, un mulinio di cenere. Mentre si avvicina ha luogo l’olocausto; i palazzi esplodono in fiamme al suo solo passaggio. Dalle dita gli prorompe un torrente di fuoco che carbonizza tutto quello che tocca.

Contro la sua volontà, incapace di trattenersi, sapendo in qualche modo che è un dovere, Aiah si avvicina all’Uomo di Fuoco. Dalla gola strozzata le esce un urlo, un grido di terrore e rabbia insieme, e comprende che la figura gigantesca è una donna.

Quando arriva un po’ più vicino, guarda bene in viso la furia e vede che la Donna di Fuoco è lei stessa.

Si sveglia di soprassalto e si accorge di essere in movimento, nella carrozza pneumatica che corre sibilando sotto il mondo. Il sudore le incolla il colletto alla nuca. Si asciuga la gola con un fazzoletto e chiude di nuovo gli occhi. Il fuoco le pulsa all’interno delle palpebre.

Il tunnel pneumatico diritto come una freccia è avvolto dal peso eterno della città… pietra e mattoni, acciaio e ferro, cemento e vetro che s’innalzano dalle fondamenta e si allungano verso lo Scudo, lontano in alto. La massa di tutto questo va oltre ogni comprensione. E così l’energia che crea.

“Tutto ciò che è umano è un generatore”, ciascun edificio, ogni fondamenta, ogni condotto o fognatura o ferrovia sopraelevata. Tutto il mondo-città, con ogni sua pietra e struttura, produce e immagazzina il plasma, il fondamento dell’energia geomantica.

Energia che, in un attimo di illuminazione, Aiah aveva avuto nella mente. Aveva goduto delle sue potenzialità e glorie. Aveva sentito che la cambiava, aveva sentito se stessa cambiare il mondo. Ne aveva sperimentato le fiamme che bruciavano i nervi.

Ora queste certezze erano svanite, sostituite da confusione, esitazione e paura. “Se anche solo per un momento avesse riavuto quel potere” pensa “tutto le sarebbe stato chiaro.”

Se.

Se.

Se in qualche modo avesse potuto riavere il potere.

LA LEGGE MARZIALE È SEMPRE IN VIGORE

DALL’ESILIO I KEREMATH SOPRAVVISSUTI DENUNCIANO

UN COLPO DI STATO

Al momento del suo arrivo a Caraqui, Aiah ha quasi cambiato opinione. È stato stupido, ha pensato, abbandonare la sua casa a Jaspeer, stupido fuggire, stupido credere che il nuovo governo di Caraqui le potesse trovare una sistemazione. Qui non ci sono Barkazil, si sentirà ancora più straniera che a Jaspeer. E Constantine non le darà nulla; lui non l’amava, l’aveva solo usata per quello che gli poteva dare, le chiavi del potere, e non poteva nutrire più nessun interesse nei suoi confronti.

Ma la polizia, quei vermi dell’Autorità del Plasma, le dava la caccia, e prima o poi avrebbe trovato qualcosa per farla finire in prigione. Era giunto il momento di lasciare Jaspeer. Nella sua mente aveva già scavalcato un centinaio di confini; superarli fisicamente era quasi un fatto secondario. E una volta esiliata, una volta compiuto quel passo, in quale altro posto poteva andare?Caraqui. Dove la Città Nuova, consegnata alle ceneri anni prima, poteva trovare un’imprevista rinascita.

Caraqui. Dove l’aspetta il suo futuro.

Ammesso, naturalmente, che sia da qualche parte ad aspettarla.

IL SIGNORE DELLA CITTA NUOVA BATTE OGNI RECORD

TERZO FINE SETTIMANA DISASTROSO PER LA BIO-CHROMO

La forza di gravità comprime l’orecchio interno di Aiah mentre l’InterMet frena, esce dal sistema e si ferma accanto alla banchina con un ronzio elettromagnetico. Un manifesto imbrattato di lettere rosse è appeso sopra un mosaico brillante in fondo alla banchina.

“Benvenuti nella Libera Caraq…” Le ultime lettere sono nascoste dall’angolo superiore che si è staccato e ricade penzoloni sopra la scritta.

E questo è tutto. Sulla banchina non c’è nessuno, solo il messaggio del manifesto.

Aiah si era aspettata di più.

Un sibilo d’aria, e le porte della vettura si aprono. Gli altri due passeggeri scendono; Aiah si alza, prende la sua sacca dalla reticella, e la posa sul marciapiede. La sacca è leggera: quando è scappata ha lasciato tutto quello che aveva, e ha comprato qualcosa a Gunalath, durante il viaggio. Dentro c’è solo una cosa pesante: un libro, rilegato in finto cuoio rosso con lettere dorate. La sua eredità per la nuova patria.

Mentre passa accanto al mosaico realizza che è di soggetto politico, un uomo dall’aria nobile con indosso una sorta di uniforme e lo sguardo perso in lontananza. “Mio padre ha fatto la rivoluzione politica” dichiara. “Io farò quella economica.”

Adesso è coperto dal manifesto della vera rivoluzione.

Non sa esattamente chi rappresenti in realtà la figura del mosaico, ma sa che deve essere uno dei Keremath, la famiglia che ha governato Caraqui per generazioni. La promessa di una rivoluzione economica era stata una bugia: negli anni in cui erano stati al potere i Keremath avevano dominato come una cleptocrazia, un governo di gangsterdedito al saccheggio della propria economia e del proprio popolo.

Ormai erano morti quasi tutti, i Keremath. Li aveva uccisi la rivoluzione di Constantine, e Aiah era stata quella che, infrangendo la legge, gli aveva dato il plasma necessario per portare a termine la sua distruzione.

E questione non da poco scoprire quanto Constantine saprà dimostrarsi riconoscente. Soprattutto perché adesso lei non ha nulla da offrirgli, e l’unica cosa che può aspettarsi è la gratitudine.

Il libro che ha nella sacca le sbatte contro l’anca mentre percorre un breve corridoio tappezzato di pubblicità: i familiari manifesti del nuovo cromofilm dei Fratelli Lynxoid, della Lotteria Intermetropolitana, delle scarpe Gulman (“Per fare strada”), tutti affiancati da avvisi più stravaganti della Motoscafi Maghi del Mare e della Società Idrogeno Nuova Teoria. Poi, di colpo, si trova fuori dal tunnel e nella parte centrale della stazione, e il suo cuore ha un sobbalzo quando vede dei soldati con i giubbetti antiproiettile e i fucili spianati, occhi che la fissano da dietro le visiere. “Mercenari” pensa “perché metà di loro ha la pelle nera dei reduci Cheloki esiliati che avevano appoggiato Constantine per anni.”

Gli occhi mascherati passano oltre Aiah senza fermarsi. A loro non interessano quelli che arrivano. Sono raggruppati intorno alle banchine delle partenze.

A loro interessa la gente che cerca di fuggire.

Ci sono gli sportelli dei funzionari della dogana per interrogare i passeggeri in arrivo, ma non c’è nessuno: forse non si sono presentati al lavoro. All’esterno Aiah si ritrova su un’alzaia che dà su un canale. Una coppia di asceti, barbuti e sudici, seduti su letti di chiodi e con le ciotole per l’elemosina. Uno di loro brandisce un manifesto fatto a mano sull’unire il tutto. L’acqua del canale è color verde chiaro per le alghe; ci sono sale nell’aria e rifiuti che galleggiano nell’acqua. Caraqui, a parte qualche striscia di terraferma qua e là e alcune isole, è costruita sul mare, sopra enormi e vecchi pontoni di cemento, tutti collegati da ponti, cavi e ancoraggi.

Da sopra il consunto parapetto della passeggiata alcune statue allegoriche in bronzo, corrose dal tempo e bucherel-late, fissano Aiah con facce devastate e occhi bovini. Si sente a disagio, sotto il loro sguardo, ma non sa bene da che parte andare.

Guarda in alto la scritta in brillanti lettere blu-argento che attraversa il cielo grigio: non c’è bisogno di allarmarsi. tutti i combattimenti sono finiti. il coprifuoco è cessato. il governo rivoluzionario esorta i cittadini a ritornare alle loro normali attività.

Un’anziana venditrice di biglietti della lotteria, che si sta occupando della sua “normale attività”, si trascina verso Aiah con i piedi nudi e gonfi. Probabilmente vendeva i biglietti anche quando imperversava la battaglia. Aiah ne compra uno.

“Porta fortuna” pensa.

C’è un cartello che indica dei gradini, dice taxi acquatici. Lo segue.

Il taxi è un piccolo fuoribordo con un telo sbrindellato di plastica rossa, pilotato da un uomo di mezz’età segnato dal tempo. Alla mano che allunga per prendere la sua sacca mancano due dita. Un cartello improvvisato avvisa che si accetta la valuta estera.

Aiah ha letto una guida di Caraqui sul “Wire”, e conosce il nome di un albergo vicino al Palazzo del Governo. Aveva cercato di telefonare per prenotare, ma la linea non funzionava.

— Hotel Ladaq — dice.

Il vecchio l’aiuta a salire a bordo con la sua mano ad artiglio. — Non posso, signorina — le risponde. — L’hotel Ladaq è pieno di soldati.

— Conosce qualche altro albergo in quella zona?

— Tutti pieni di soldati, signorina.

— Mi porti il più vicino possibile al Porto Statale. Fa partire il tassametro. — Subito, signorina.

Ma non avviene subito. Il pilota molla l’ormeggio, ma poi non riesce ad avviare il motore, e mentre il vento spinge il fuoribordo lungo il canale deve togliere il carter del motore e armeggiarci sopra, cerca quindi di farlo partire, poi…

Città di Fuoco - Copertina

Tit. originale: City on Fire

Anno: 1997

Autore: Walter Jon Williams

Ciclo: Metropolitan (Metropolitan Series) #2

Edizione: Mondadori (anno 2001), collana “Urania” #1427

Traduttore: Roberto Marini

Pagine: 318

Dalla copertina | La grande città futura o “laterale” alimentata dall’energia del Plasma e descritta fin nei minimi dettagli da Walter Jon Williams è già nota ai lettori di “Urania”, che ne hanno seguito la fondazione in Metropolitan, uno dei romanzi più apprezzati della sf contemporanea. Ora, in Città di fuoco, è il momento di tornare a Caraqui. Constantine e Aiah hanno rovesciato la corrotta amministrazione della città-pianeta e hanno preso il potere, ma per difendere il nuovo regime devono sconfiggere la minaccia della Mano d’Argento e infrangere la misteriosa barriera che separa la città dallo spazio. Il rischio maggiore sarà per Aiah, che deve prepararsi a un’impresa difficilissima, la prima di una nuova serie di folgoranti avventure.