C’era una volta… un re guerriero, abituato a sottomettere regni e popoli con la forza e con il potere di un anello magico. Una notte, dopo l’ennesima battaglia, trova in un bosco una bambina allevata dai lupi. Decide di adottarla, la chiama Selvaggia e la porta a corte, dove lo aspettano la consorte e la figlia Desideria. Le due principesse crescono insieme, sviluppando caratteri diametralmente opposti. Nel corso degli anni Selvaggia fa di tutto per allontanare Desideria dall’amore dei genitori, fino a soppiantare la primogenita. A poco a poco Desideria si ribella, fino a rifiutare le nozze impostale dal padre, che l’ha promessa in sposa al vincitore di un torneo cavalleresco. Desideria è innamorata di un principe, un uomo fiero che è stato sconfitto e gettato in carcere. Riesce a farlo evadere, viene scoperta e deve scappare. Aiutata dagli incantesimi di un pupazzo magico donatole dalla balia, Desideria lotterà per riportare la giustizia nel regno e difendere il proprio amore…
SPAGHETTI FANTASY
Il successo della serie televisiva Fantaghirò produsse a suo tempo diversi emuli: La principessa e il povero, Sorellina e il Principe del Sogno,e questo Desideria e l’Anello del Drago. Anche se non si tratta di uno spin-off vero e proprio, il mondo di Desideria sembra far parte dello stesso universo fatato in cui si muove la principessa guerriera della più celebre saga. Ci sono animali parlanti e draghi, e gli spiriti della natura popolano le grotte, i laghi e le cascate. La magia è potente, può essere usata per scopi nobili o per soddisfare l’egoismo e le più bieche brame. È insomma un mondo fantasy variopinto e semplice, come quello delle fiabe, dove il Bene trionfa sempre.
Le analogie con Fantaghirò nascono dall’intento di rinnovarne il successo: protagonista è una giovane che si ribella alle convenzioni e lotta contro le ingiustizie sfruttando al meglio le armi di cui dispone, vive in un reame fantastico dominato dalla magia, è aiutata da teneri personaggi secondari e insegue il suo sogno d’amore senza cedere a compromessi.
La somiglianza tra le due opere è garantita dal fatto d’essere state dirette dallo stesso regista: Lamberto Bava. È il figlio del compianto Mario, che negli anni Cinquanta e Sessanta diede vita all’horror italiano, proponendo film caratterizzati da erotismo e tensione, da effetti speciali fatti in casa e dal contenuto per l’epoca trasgressivo. Sulle orme del padre, Lamberto Bava ha reinventato il genere fiabesco, lasciandosi influenzare dall’esperienza del peplum anni Sessanta, ispirandosi alle Fiabe Italiane di Italo Calvino e ai rari titoli di genere prodotti nel nostro Paese. Certo… Bava non è Alessandro Blasetti, e Desideria e l’Anello del Drago non è La corona di ferro.
Purtroppo le ristrettezze si nascondono male, in questo tipo di pellicole: il fantasy basa il proprio fascino sul senso di meraviglia, e, specie dove la storia stupisce poco, presuppone almeno effetti speciali sorprendenti, difficili da realizzare senza ricorrere alle grafica digitale. Come Mario Bava a suo tempo, il figlio ha comunque usato con creatività il linguaggio cinematografico e, valorizzando le risorse di cui disponeva, ha risolto molte situazioni con un’inventiva sconosciuta per esempio a gran parte degli autori di Hollywood. Gli effetti speciali sono appunto vistosamente artigianali, realizzati da Fabrizio Sforza e Sergio Stivaletti, due abili professionisti che hanno lavorato con passione e serietà in tempi in cui la grafica digitale muoveva i primi passi ed era una prerogativa di pellicole destinate alle sale. A distanza di tanti anni, i trucchi possono apparire rozzi, ma a ben vedere anche i più facoltosi coetanei hollywoodiani sono irrimediabilmente datati.
Quando invece si parla di scenografie, non c’è sempre la scusante dell’evoluzione tecnologica a giustificare le mancanze. Gli artigiani hanno fatto meraviglie con i mezzi a loro disposizione, ma la povertà si vede. Gran parte delle scenografie sono state realizzate in cartapesta e compensato, e allestite in studio.
Le sequenze con soldati a cavallo sono state girate in scarse location, le scene di battaglia sono state realizzate con pochi figuranti, e il temibile l’esercito del Re è formato sì e no da una quindicina di cavalieri. Con intelligenza, le sequenze mostrano piccoli gruppi impegnati in combattimento, lasciando immaginare allo spettatore il resto della battaglia.
Un po’ Carnevale di Venezia, un po’ rievocazione pseudo storica i costumi sono appariscenti, reinventano il Medioevo con un occhio alla moda del momento. D’altra parte il mondo di Desideria è un universo fiabesco, quindi è giusto che l’estetica prevalga su qualsiasi verosimiglianza, valorizzando il fascino di Anna Falchi (Desideria) e Sophie Von Kessel (Selvaggia). Peccato solo per le armature; è comprensibile che un corpetto di cuoio, per quanto realizzato con inventiva, non accontenti l’occhio quanto un’armatura di metallo. Lo stesso Re in persona scende in battaglia coperto da un luccicante pettorale di pura plastica, e Anna Falchi sembra una cosplayer intenta a impersonare un mecha della serie Gundam… Se come guerriera era già poco credibile l’eterea Alessandra Martinez, Anna Falchi sfida il ridicolo, e naturalmente perde, specie se si pensa alla recitazione.
INNOVAZIONI DI CONTRABBANDO
A dispetto di tutti i limiti insiti in una produzione televisiva, i personaggi sono ben caratterizzati, e non del tutto stereotipati. Selvaggia è un’antagonista oppressa da un destino infausto, deve impossessarsi dell’anello del Drago per poter far tornare uomini i lupi del suo branco. La sua cattiveria ha una motivazione più profonda dell’ennesima brama di potere, è mossa dal senso di dovere verso i genitori e il clan. Il sovrano pure è un personaggio interessante, un uomo abituato a gestire il regno con il pugno di ferro e naturalmente poco amato dai sudditi; usa la violenza per sottomettere i rivoltosi, opera perché regni la discordia tra i principi vinti e fa in modo che si massacrino tra loro nel torneo. Vuole assicurare un avvenire glorioso alla sua discendenza e mal tollera le insubordinazioni della figlia. Desideria invece è un personaggio assai più piatto, troppo bona… buona, ma di una bontà che sconfina nell’ingenuità infantile e nel capriccio. Ben gli sta alla fine di sposare il principe Victor, bel giovane impetuoso pronto a crollare sotto qualsiasi incantesimo.
L’epilogo è dolceamaro, un falso lieto fine che appare tale solo se lo si contempla con lo sguardo innocente di un giovanissimo. Nessuno punisce il Re, che può soltanto arrendersi davanti alla verità dei fatti, quando si rende conto dei poteri magici di Selvaggia e scopre le motivazioni del suo agire.
E che dire del destino del popolo di Selvaggia, condannato a restare lupo
Questi e altri dubbi possono cogliere un adulto disincantato, mentre ai bambini e agli inguaribili sognatori non resta che godersi un bel viaggio senza pretese nel mondo della fantasia.