UN GIORNO COME LA NOTTE E UNA NOTTE COME IL GIORNO…
“Nell’anno mille duecento trentanove
quando giugno cominciava, il terzo giorno
Il Sole si oscurò, il suo disco coperto dalle tenebre
In pieno giorno il Sole restò senza luce.
Per un’intera ora il Sole fu morto e lontano da noi.
Questa meravigla avvenne il sesto giorno della settimana.”
Questi versi tratti dagli Annales Caesenates si riferiscono all’eclissi totale di Sole del 14.5.1239 corrispondente all’attuale 3.6.1239.
Introduzione
L’eclissi, come abbiamo visto, gioca un ruolo determinante nella storia di Ladyhawke. Per noi, uomini cresciuti nell’epoca delle conquiste spaziali, è un meraviglioso spettacolo della Natura. Ricordiamo bene l’eclissi totale di Sole dell’11 agosto 1999, e ciò che colpì fu lo scendere del silenzio a mano a mano che il Sole si oscurava. Gli antichi dovevano provare profondo timore di fronte a un’eclissi, il nome stesso lo attesta: “eclissi” deriva dal termine greco “abbandono”. Per capire quanto, prima dell’avvento della scienza moderna, le eclissi fossero legate al mondo del magico, basta leggere questo racconto.
CRISTOFORO COLOMBO, GRANDE SCIAMANO
Nel quarto viaggio verso il nuovo Mondo, Cristoforo Colombo dovette cambiare rotta per attraccare e consentire la riparazione della sua nave. Oggi il posto dove attraccò è conosciuto come la Baia di S.Anna, in Giamaica. Vi dovette restare più di un anno, ma poiché l’indisciplina della ciurma aveva reso ostili gli isolani, che provvedevano a fornire a Colombo e ai suoi uomini il cibo, il navigatore genovese dovette inventarsi un’abilità di sciamano. Così, organizzò un incontro per le ore subito antecedenti il tramonto del 29 febbraio 1504 e qui annunciò che l’Onnipotente non gradiva il modo come venivano trattati Colombo e la sua ciurma, sicché Iddio aveva deciso di rimuovere la Luna permanentemente, in segno di ostilità. Non passò molto tempo e una Luna nera sorse nel cielo; il cielo si fece buio, la luna rossa e intorno splendevano le stelle. I nativi erano terrorizzati, e promisero di dare al navigatore genovese e ai suoi uomini tutto ciò che volevano, a patto che restituisse loro la Luna. In un momento di altissima tensione, Colombo chiese di potersi ritirare per conferire con l’Onnipotente (il navigatore genovese, essendo necessariamente un ottimo astronomo, sapeva che si stava svolgendo un’eclissi e ne conosceva la durata, n.d.t.). Sicché, poco prima che finisse l’eclissi, Colombo tornò e annunciò che l’Onnipotente aveva perdonato gli Indiani e avrebbe consentito alla Luna di riapparire. Così avvenne. Pare che da allora né gli indiani né la ciurma cercarono più di infastidire Colombo, credendo che egli avesse un collegamento privato con il cielo. Tratto da “How the Shaman stole the moon” di William H. Calvin, vedi http://williamcalvin.com, la traduzione è dell’Autore.
Colombo non disponeva dei metodi di calcolo astronomico odierni, né delle tabelle con le “circostanze” delle eclissi; per la mentalità degli indiani, aveva dimostrato qualità sciamaniche. In realtà l’ammiraglio genovese poteva contare su un almanacco nautico che lo informava che la sera del 29 febbraio 1504 doveva esserci una eclissi totale di Sole sopra la Giamaica (in effetti le tabelle di Fred Espenak – GSFC – NASA riportano un’eclissi alle ore 00:42 di Londra del 1° marzo 1504, pari alle 19:42 del giorno prima in Giamaica).
Le eclissi nella storia
Il sapere di Colombo era lo stesso di chi aveva compilato il suo almanacco nautico. Si tratta di un sapere antico, da sempre usato per redigere i calendari. Nell’antichità i calendari si basavano sui mesi lunari, determinando un anno di tredici mesi (il mese lunare è in realtà pari a 29,53 giorni). E già nella preistoria pare esistessero calendari, magari fatti coi megaliti.
Un esempio eclatante può essere rappresentato da Stonehenge, complesso megalitico edificato intorno al 3.000 a.C., dai popoli del Neolitico che abitavano quella che oggi è Salisbury Plain, località del Wiltshire, Regno Unito. Si ritiene che in questo sito si compissero riti religiosi legati, in qualche modo, ai movimenti del Sole e della Luna. All’interno dell’anello megalitico, delimitato da un fossato, è presente un terrapieno con 56 buche, dette Buche di Aubrey, disposte lungo il confine circolare del sito, distanziate in modo uniforme l’una dall’altra. Tra le buche di Aubrey e la struttura in pietra ci sono altri due cerchi di buche: uno ne conta 30, l’altro 29 (ricordiamo i giorni del mese sinodico sono esattamente 29,50)..
Utilizzando 4 indicatori, a segnare Sole, Luna e i due nodi, sistemando il Sole nella prima buca di Aubrey, la Luna nella buca 28, i nodi nelle buche 14 e 42, e spostando in senso orario ogni 13 giorni l’indicatore del Sole di due buche, la Luna di due buche al giorno e i nodi in senso antiorario di 3 buche all’anno, è effettivamente possibile simulare una previsione di eclissi: evento rappresentato nel giorni in cui Sole, Luna e uno dei due nodi dovessero trovarsi nella medesima buca.
Molto poco si sa di Stonehenge, ma un “meccanismo” così sofisticato, e con tali “corrispondenze” astronomiche, lascia supporre, da parte di chi l’ha eretto, un grande interesse verso l’ordine cosmico e una sorprendente (per l’epoca) conoscenza della materia.
Stonehenge, del resto, avrebbe potuto essere anche un luogo di culto dedicato ad una divinità draconitica (un dio serpente o dragone); il dio serpente, nella mitologia, è l’essere che ingoia periodicamente la Luna. Il tempo che impiega la Luna a ritornare a uno dei due nodi è detto mese draconitico e dura 27,21 giorni.
Delle eclissi ci giungono notizie fin da tempi antichissimi (in Cina quella del 2169 a.C., e i Maya addirittura registrarono quella del 3379 a.C.), ma fu presumibilmente il popolo babilonese il primo a tenere nota del fenomeno con rigore astronomico, se ne hanno registrazioni scritte a partire dall’VIII secolo a.C. Ad essi, o ai Caldei (popolo stanziato in Mesopotamia, che si ritiene aver costituito la classe sacerdotale babilonese, ossia quella a cui era demandata l’osservazione del cielo), si deve anche la scoperta del cosiddetto saros, il ciclo di 223 mesi in cui le eclissi si ripetono. Probabilmente parte della conoscenza babilonese fu trasmessa agli Egizi, ma le tracce scritte andarono probabilmente distrutte insieme alla Biblioteca di Alessandria d’Egitto.
Il primo documento da cui risulti un metodo per prevedere con discreta approssimazione una eclissi di Sole o di Luna fu Hè Megalè Syntaxis di Tolomeo (II sec. a.C.), tradotto e poi diffuso dagli Arabi con il nome di Almagesto. Proprio un arabo, il grande matematico Al-Khwarazmi, sviluppò le prime tavole trigonometriche (esatte fino alla quinta cifra decimale) che consentirono poi a Muhammad al-Batani, matematico di Antiochia, di ricalcolare nell’850 d.C. le precessioni degli equinozi e le tavole astronomiche. I libri arabi giunsero in seguito in Europa tradotti dagli amanuensi. Prima di allora le registrazioni delle eclissi nei paesi europei rimasero cura dei monasteri benedettini, soprattutto quelli legati all’Abbazia di Cluny, in Borgogna. I monaci medioevali annotavano puntualmente i fatti straordinari che accadevano in cielo ed erano visibili ad occhio nudo. Non si trattava però di osservazioni scientifiche.
Il Cronachista Andrea da Bergamo riportò una vivace descrizione di un’eclissi avvenuta nel maggio dell’anno 840: «Nella terza indizione (cioe il sole fu oscurato e le stelle apparvero in cielo al terzo giorno precedente – 5 maggio 840, ndr) nell’ora nona delle litanie del Signore per circa mezz’ora. Ci fu grande sgomento tra la gente e molti cominciarono a temere che questa nostra era fosse giunta alla fine. Ma mentre si scambiavano simili ingenui pensieri riprese nuovo splendere sfuggendo all’ombra prima l’aveva avvolto». (…) «Questi fu un eclissi del Sole si tremendo e oscuro, che nel mancar della luce s’impossessarono in modo inusitato le tenebre, e apparirono nel piu’ bello del giorno chiaramente le Stelle.»
Ai tempi di Andrea da Bergamo si pensava che la Terra fosse immobile al centro dell’Universo, e la Luna e il Sole ruotassero attorno ad essa. Il calcolo delle eclissi avveniva secondo le regole ricavabili dal trattato “De Natura Rerum Liber” di Beda il Venerabile, e dagli scritti del monaco Dungal, irlandese – divenuto poi il corrispondente all’attuale carica di Rettore dell’Università di Pavia – che spiegavano il fenomeno dimostrando di conoscere bene gli aspetti geometrici che lo caratterizzavano.
Con le attuali conoscenze scientifiche, che sfruttano le leggi fisiche scoperte da Keplero, Newton ed Einstein in tempi assai più recenti rispetto a quelli di Andrea da Bergamo, è possibile stabilire che l’eclissi di Sole del 5 maggio 840 fu totale a Bergamo intorno alle 13,25 ora locale (corrispondente all’ora ottava e non alla nona). Questo perché il giorno siderale era più corto di 20 millesimi di secondo rispetto alla durata odierna di 23 ore, 56 minuti e 4 secondi (la durata di 24 ore del giorno è convenzionale). La discrepanza, tenuto conto della traiettoria dell’ombra, risulta essere di circa 2.000 secondi, per cui l’osservazione di Andrea da Bergamo fu accuratissima.
L’eclissi totale dell’840, così come il passaggio nell’837 di una cometa (quella oggi chiamata di Halley), furono interpretati come presagi di sventura, che nell’immaginario poplare di allora trovarono concretezza con la morte dell’Imperatore Lodovico, avvenuta il 20 giugno 840 presso Magonza. Le cronache italiane sono ricche di rapporti sulle eclissi, spesso associate a disordini o calamità. Tra gli eventi più importanti si possono ricordare, oltre all’eclissi di Andrea di Bergamo, quella del 19 Luglio 939 a Pisa, del 18 Marzo 1010 a Montecassino, del 2 Agosto 1133 (Montecassino, Hildesheim) e così via.
Il rapporto tra eclissi e presagi di sventura fu particolarmente stretto intorno all’anno 1000 – presunta data della fine del mondo – quando il fenomeno veniva vissuto addirittura con terrore. Nel Medioevo i contadini erano convinti che le eclissi fossero causate da certe parole magiche pronunciate da streghe cattive; queste parole avevano il potere di “ipnotizzare” la Luna, obbligandola ad avvicinarsi alla Terra per deporre una schiuma sulle erbe che poi sarebbero servite alle fattucchiere per compiere i loro sortilegi. Per impedire alle streghe di operare, all’inizio dell’eclissi, in molte località si usava organizzare delle battute di disturbo, durante le quali i villici si riunivano correndo sui campi facendo un fracasso infernale, agitando campanacci da mucca, martellando lastre di rame e di bronzo, percuotendo incudini e urlando come pazzi.
Si dovettero attendere i vari Copernico, Keplero, Tyco Brahe e Newton per fare giustizia di queste superstizioni.
Einstein nel 1915 con la Teoria della Relatività Generale provò che un raggio di luce in presenza di una sorgente di gravità si curva. Proprio l’eclissi totale di Sole del 29 maggio 1919 fu decisiva confermare di tale teoria.
Il genio di Ulm aveva previsto che un raggio di luce dovesse subire un incurvamento del proprio percorso nel transitare in prossimità di un campo gravitazionale come quello prodotto da una stella, deviando verso il corpo celeste: in modo un po’ semplicistico, potremmo immaginare come se lo spazio intorno a una stella s’incurvasse (un lenzuolo teso – lo spazio – con sopra una boccia di metallo – la stella – può essere un buon esempio). In base alla sua teoria, Einstein sosteneva che questa deflessione dovesse essere per metà dovuta alla forza di gravità e metà alla curvatura dello spazio, cioè alla sua modificazione geometrica (per inciso, gli autori di Star Trek fanno riferimento proprio a questo fenomento quando parlano di “velocità curvatura”). Come conseguenza, la posizione apparente delle stelle doveva essere diversa da quella realmente determinata dalla luce emessa.
Per verificare la teoria di Einstein occorreva un controllo sperimentale, che poteva realizzarsi solamente durante un’eclissi totale di Sole, ossia nell’unico momento in cui il Sole lascia visibili le stelle prospetticamente ad esso vicine, e può così evidenziare la curvatura della loro luce determinata dall’influenza della sua enorme massa.
Sir Arthur Eddington guidò la spedizione della Royal Astronomical Society, che effettuò a Sobral (Brasile) e Isola Principe (Africa) le necessarie rilevazioni fotografiche. Le misurazioni confermarono la teoria in modo più che soddisfacente, confermando la teoria della relatività generale.
Le eclissi totali di Sole come fenomeno astronomico
In un’eclissi totale di Sole, la Luna, che è un corpo celeste relativamente piccolo ma molto vicino alla Terra, appare dello stesso diametro del Sole, immensamente più grande ma assai più lontano, oscurandone la vista alla Terra (o a una parte della sua superficie), esattamente come potrebbe fare una enorme e opaca nuvola di passaggio.
L’eclissi totale di Sole si manifesta man mano che la Luna attraversare il disco solare; inizialmente un piccolo “morso” del satellite appare sul lato occidentale del Sole, via via cresce e, solo negli ultimi minuti che precedono la totalità dell’eclissi, la luce solare svanisce molto rapidamente, finché il cielo si oscura completamente. Questa fase dura circa un’ora.
L’effetto è impressionante! Inizia a vedersi la corona solare, una luce madreperlacea che si staglia come un’aura introno al sole “nero”, e l’assenza della luce diretta consente anche di osservare le stelle e i pianeti. Il buio dell’eclissi somiglia molto alla notte, e piante ed animali si regolano di conseguenza, finchè l’ombra lunare passa, e ritorna la luce: ecco il perché del silenzio di così grande suggestione.
Per determinare quando accadrà un’eclissi occorre svolgere dei calcoli, ma qui alla matematica vorremmo privilegiare la logica (e la geometria) che sta dietro di essi. Perché si verifichi un’eclissi occorre che la Luna giaccia in linea retta con il Sole e la Terra cioè passi direttamente tra di essi; in questo caso nella zona che si trova “in asse” tra Sole e Luna l’eclissi sarà totale, cioè la Luna proietterà la sua ombra sulla Terra.
La periodicità e il ricorrere delle eclissi è governato da un ciclo detto Saros, e già noto ai Caldei come accennato in precedenza. Il Saros mette d’accordo i tre periodi orbitali della Luna, il periodo sinodico (tempo che trascorre tra due lune nuove: 29,53059 giorni), il periodo draconico pari a 27,21222 giorni, e il periodo anomalistico che va da perigeo a perigeo e che dura 27,55455 giorni. I necessari calcoli portano a un valore del Saros pari a 6585,3 giorni, cioè poco più di 18 anni.
Per capire quando inizia il Saros occorre ricordare che l’orbita della Luna interseca l’Eclittica (l’orbita apparente del Sole) in due punti che si chiamano Nodi Lunari: esiste un Nodo Lunare ascendente e un Nodo Lunare discendente. Se l’eclissi avviene quando la Luna si trova vicino al Nodo discendente, l’ombra della Luna passerà circa 3.500 km sotto la Terra e provocherà un’eclissi parziale; al ritorno, l’ombra passerà 300 km più vicino alla Terra stessa.
Dopo dieci o undici cicli Saros (pari a circa 200 anni), la prima eclissi totale si verificherà nei pressi del Polo Sud, e, nei successivi 950 anni, ogni qual volta si verificherà un’eclissi totale, questa avverrà sempre 300 km più a Nord della precedente, fino a concludersi al Polo Nord.
Si è detto che un ciclo Saros completo dura 6585,3 giorni. Questo significa che ogni 6585 giorni si svolge un’eclissi allo stesso Nodo Lunare (cioè nella stessa posizione dell’orbita della Luna), alla stessa distanza dalla Terra e nello stesso periodo dell’anno. L’avanzo di 0,3 giorni, sposterà l’eclissi di 115° verso ovest. Pertanto, un’eclissi di Sole si ripeterà nello stesso luogo una volta ogni 54 anni e 34 giorni.
Uguale comportamento, ma movimento contrario, si ha invece se le eclissi di Sole hanno luogo vicino al Nodo Lunare ascendente. Complicato? Già, oltretutto ci sono almeno da due a cinque eclissi di Sole all’anno, quindi almeno 40 Saros in svolgimento. Nella prima metà del XX secolo ce ne sono state 41 serie, e di queste 26 hanno prodotto eclissi totali. Per esempio, le dieci eclissi totali verificatesi negli anni: 1891, 1909, 1927, 1945, 1963, 1981, 1999, 2017, 2035, 2053 fanno parte del Saros 145 (cfr. Espenak, NASA, Goddard Space Flight Center). Questa serie cominciò con un’eclissi al Polo Nord nel 1639. L’eclissi dell’11 agosto 1999 è la 21° della serie, che si concluderà nel 3009.
Al momento di una eclissi, l’osservatore posto all’Equatore vedrebbe a mezzogiorno il disco della Luna avvicinarsi a quello del Sole da Ovest verso Est, con una velocità angolare tale da far descrivere al bordo della Luna tutto il disco solare di 32’ in circa 62 minuti, per cui la durata del fenomeno è pari a poco più di due ore, anche se la fase di effettiva totalità si può stimare in pochi minuti.
L’ombra proiettata dalla Luna si muove per l’osservatore equatoriale a 0,47 km/sec, sempre da Ovest verso Est. Se poi il Sole fosse un punto luminoso posto all’infinito, l’ombra sarebbe larga quanto il diametro lunare, quindi circa 3.480 km.
Il calcolo di tutte le caratteristiche di un’eclissi porta a questo esempio (fig. pag. precedente) calcolato dal ricercatore Fred Espenak (Planetary Systems Laboratory – NASA Goddard Space Flight Center) per l’eclissi totale di Sole dell’11 agosto 1999.
Bibliografia
La citazione degli Annales Caesenates proviene dal sito Internet “The Sun-Eating Dragon” e fa riferimento al libro Historical Eclipses and Earth’s Rotation, by F Richard Stephenson, Cambridge University Press, 1997, pag. 399. La traduzione è degli Autori.
Cesare Barbieri, Lezioni di Astronomia, Zanichelli – Albert Einstein, Relatività – esposizione divulgativa – Bollati-Boringhieri