Torna in libreria, per merito della FANUCCI, uno dei capolavori di maggior successo nella storia dell’heroic fantasy: la Saga di Elric di Melniboné. Il corposo ciclo, che vide la luce nei primi anni Sessanta, è opera di un autore degno di essere annoverato, senza alcuna esitazione, tra i grandi classici della letteratura fantastica del secondo Novecento: l’inglese MICHAEL JOHN MOORCOCK.
Elric di Melniboné, il tormentato negromante albino protagonista della saga, comparve per la prima volta nel racconto Dreaming City pubblicato nel 1961 su New Worlds, rivista di cui lo stesso Moorcock diverrà direttore a partire dal 1964 e che costituirà poi, grazie al deciso cambio di rotta da lui stesso promosso, un fondamentale punto di riferimento per tutta la Science Fiction britannica. New Worlds comincerà infatti a dare ampio spazio alle avanguardie, alle nuove voci del Fantasy e della Fantascienza contemporanea, in un coacervo di grande qualità dal quale emerse proprio il personaggio creato dalla fantasia dell’allora giovane direttore.
Le prime storie di Elric ebbero una risonanza così vasta, un tale successo di pubblico da spingere lo stesso Moorcock a riorganizzarle e in parte a riscriverle, per dar vita a un grande ciclo fantasy il cui primo celebratissimo volume usci nel 1972. La saga è stata poi approfondita e ampliata attraverso successivi romanzi fino agli anni Novanta, mentre la prima traduzione italiana risale al 1978.
L’iniziativa della Fanucci rappresenta quindi una gradita opportunità di assaporare nuovamente l’opera del grande narratore inglese in una riedizione integrale dell’intero ciclo, ma costituisce soprattutto una grande occasione per chi volesse scoprirla per la prima volta, attraverso un’edizione curata, completa e per di più tascabile.
CENNI SULLA TRAMA
Elric è l’imperatore dell’antichissimo e glorioso impero di Melniboné, l’Impero Fulgido ormai ridotto a una pallida effige dell’incontrastabile e potente apparato di un tempo; i Regni Giovani, premono ai confini guadagnando lentamente, ma inesorabilmente, terreno. Gli stessi Melniboneani, che hanno costruito la grandezza del loro regno sulla crudeltà e la ferocia, si stanno illanguidendo, e il cinismo ha lasciato spazio all’indolenza. Soltanto i draghi, fedeli e secolari alleati, e l’appoggio delle divinità del Caos (primo fra tutti Arioch, Duca delle Sette Tenebre) permettono all’impero di reggere l’urto limitando i danni.
Su questo scenario, che Moorcock affresca in modo esemplare dando vita a un mondo cupo capace di riportare alla mente le ambientazioni di EDGAR RICE BURROUGHS e, soprattutto, del grande padre dell’heroic fantasy, ROBERT ERWIN HOWARD, si muove la personalità scissa e tormentata di Elric. L’imperatore albino, fiaccato e indebolito nel fisico come lo è la struttura dell’impero che governa, è costretto ad assumere droghe, a ricorrere a oscuri preparati per sostenere il corpo debilitato. La sua mente è però sorretta da una sensibilità e da un’intelligenza che non hanno eguali tra i rappresentanti del suo popolo; è questo che spinge Elric a ripensare, a mettere in discussione la stessa cultura e le tradizioni che sostengono l’impero melniboneano, delle quali lui stesso è frutto. Assistito da una solidità interiore appena mascherata dai dubbi e dall’apparente debolezza, Elric si troverà a lottare sia contro la sua stessa famiglia per il controllo dell’impero, sia contro i Giovani Regni per il mantenimento della solidità dei confini. Sarà costretto alla guerra per conquistare la splendida Cymoril, e a compiere imprese mirabolanti per giungere in possesso del libro del Dio Morto, in una fantasmagorica serie di avventure descritte con un ritmo incalzante e uno stile vigoroso.
UN PROTAGONISTA ORIGINALE
La figura del protagonista costituisce l’asse portante dell’opera del narratore inglese: la sua ambiguità, il suo dramma interiore simboleggiato dal rapporto con Stormbringer, la spada-demone che lo guida in battaglia assetata delle anime dei nemici, e lo rende invincibile ma spingendolo anche a perpetrare atroci delitti, il suo ribellarsi interiormente a un destino che non può effettivamente contrastare, tutto questo rende Elric un personaggio affascinante, unico nel panorama della letteratura fantasy, che poco ha del cavaliere valoroso, impavido e incrollabile nella sua missione. Siamo piuttosto di fronte a un antieroe corrotto nelle membra come nell’anima, a un volto oscuro che però lascia trapelare, dalle profondità di uno sguardo sfuggente, la luce ferma della saggezza, a volte addirittura della pietà.
Questa intima e irrisolvibile scissione rende Elric più umano di tanti altri eroi della letteratura di ogni epoca, ce lo avvicina nella sua fallibilità, nel suo essere vessillo della finitudine, della limitatezza intrinseca a ogni essere umano e del costante sforzo compiuto da ognuno per oltrepassarla.
L’UNIVERSO SECONDO MOORCOCK
In questo suo confronto titanico però, il negromante albino è, in realtà, pedina inconsapevole su una scacchiera ben più vasta e importante di quella che concerne solamente il suo impero. Questa considerazione conduce a parlare della vasta e dettagliata cosmologia ideata da Moorcock, che lascia facilmente spazio a considerazioni di natura religiosa e filosofica.
Il tema classico della contrapposizione eterna tra Bene e Caos è infatti riletto all’interno di una concezione relativistica, nella quale le stesse forze del Bene non combattono per la vittoria, ma soltanto per assicurare il mantenimento dell’equilibrio; il Caos costituisce un elemento ineliminabile, imprescindibile per la stessa esistenza del Multiverso, ossia l’infinita, inesauribile realtà nella quale trovano posto tutti i mondi e le epoche esistenti. Questo cosmo multiprospettico è il teatro dello scontro universale, ed Elric, eroe corrotto dal Caos, altri non è che l’ennesima palingenesi del Campione Eterno, l’entità che in ogni mondo e in ogni epoca costituisce il punto focale, l’ago della bilancia di questa lotta infinita. La corruzione è necessaria all’esistenza del Campione come lo è al mantenimento dell’equilibrio che sostiene il Multiverso, ed Elric è, in questo senso, l’incarnazione dell’equilibrio stesso, e della sofferenza, dell’inevitabile travaglio connesso al suo mantenimento.
Ogni evento, la vita e la morte, la guerra e la pace, la sconfitta e la vittoria, ma anche ciò che a prima vista può apparire insignificante, vanno ricondotti al tutto, riconsiderati alla luce di un ben preciso quadro metafisico; esso rappresenta il senso ultimo dell’universo moorcockiano e, anche e soprattutto, la solida nervatura che percorre la totalità dei suoi scritti restituendoceli come all’interno di una vasto puzzle, dove ogni frammento deriva il suo significato da tutti gli altri.
Questa chiave di lettura mostra la profonda unità di tutta la saga e ne costituisce al contempo un ulteriore elemento di originalità e di interesse; un altro tassello che aggiunge forza al complessivo invito ad accostarsi a un’opera di sicuro interesse, non solo per i più fedeli appassionati di letteratura fantasy.