Mi sono avvicinato a questo libro un po’ per caso, un po’ sull’onda delle voci in merito alla sua recente trasposizione cinematografica e un po’ perché consigliato da alcuni amici. Mi ci sono avvicinato di soppiatto, muovendomi contro vento per non rivelare troppo presto la mia presenza. E l’ho preso.
Non ha nemmeno opposto resistenza. Questo è stato un bene: non mi piace ricorrere alla violenza per domare libri imbizzarriti. A dire il vero mi sarei aspettato una copertina un tantino differente, più varia e dettagliata: di certo qualcosa di più ricco rispetto alla sola effige di un drago dalle scaglie blu.
D’altro canto, un libro non va giudicato solo dalla copertina: certe finiscono con l’ingannare i lettori mentre certe altre proprio non c’azzeccano con il romanzo su cui stanno attirando l’attenzione. Nel caso di Eragon tuttavia – ma è una considerazione che ho maturato solo dopo averlo letto – trovo che la scelta si sia rivelata indovinata e che in realtà la copertina suggerisca molto del libro e di ciò che narra.
Mi riferisco principalmente al fatto che si tratta di un romanzo, a mio avviso, semplice e in cui si parla di draghi. Come non intuirlo dal titolo dopotutto? Basta mettere una F al posto della E… no, aspetta… una Z forse… com’era? Mannaggia! Ieri lo sapevo…
In breve, la trama dell’opera di PAOLINI è la seguente. Eragon è un ragazzo di circa quindici anni che vive con lo zio e il cugino Roran nel piccolo villaggio di Carvahall sperduto tra i monti nella zona nord-occidentale del continente di Alagaësia. Il nostro protagonista è coraggioso e abile nel cacciare; proprio durante una battuta di caccia notturna sulle montagne della Grande Dorsale un evento imprevisto cambia la sua vita: un oggetto misterioso, una grossa pietra blu cobalto, piove dal cielo. Una pietra che in realtà si rivela essere un uovo di drago che un gruppo di elfi, braccati dallo spettro Durza e dai suoi demoniaci Urgali, ha cercato di sottrarre a un triste destino. In Alagaësia infatti i draghi sono creature praticamente estinte, sterminati dal malvagio tiranno Galbatorix, un tempo potente cavaliere del drago.
Si scoprirà in seguito che l’uovo che Eragon ha raccolto è stato sottratto dai ribelli a Galbatorix in persona, il quale sperava, custodendo le ultime uova di drago rimaste, di evitare che nuovi cavalieri sorgessero a contrastarlo.
Ma il destino sembra avere progetti assai diversi per il futuro del regno e, quando l’uovo blu si schiude e la “draghessa” che ne nasce sceglie proprio Eragon come suo cavaliere, la vita del giovane viene profondamente stravolta. In seguito alla morte dello zio ad opera dei Ra’zac, temibili quanto inquietanti sicari di Galbatorix, il ragazzo è costretto a lasciare il proprio villaggio. Da quel momento in avanti la sua vita diverrà una costante sfida per la sopravvivenza, un susseguirsi di scontri contro Durza e i Ra’zac e un succedersi di incontri che lo porteranno infine a comprendere e ad accettare la propria missione, ovvero addestrarsi per divenire un cavaliere del drago alla guida dei ribelli Varden contro il malvagio tiranno. Ad aiutarlo in questo suo difficile cammino ci sarà Brom, saggio cantastorie di Carvahall, un tempo egli stesso cavaliere del drago, nonché altri alleati che il ragazzo conoscerà nel corso della storia, personaggi quali Murtagh, la strega Angela e la bella Arya. Molti saranno anche i pericoli che dovrà affrontare.
Nelle circa 600 pagine del libro Eragon acquisirà maggior padronanza di sé, del potere che gli deriva dal legame con il proprio drago, Saphira, e di ciò che essere un cavaliere comporta: divenire sovrumano paladino della giustizia.
Come suggerito dal drago azzurro della copertina del libro, grande importanza nella storia la riveste il personaggio di Saphira. Essa sarà dapprima un cucciolo da accudire e poi inseparabile compagna, confidente ed amica del ragazzo. Una creatura magica e leggendaria il cui potere è misterioso tanto per gli umani quanto per le altre creature che popolano il continente fantasy ideato da Paolini.
Il drago proposto dall’autore, similmente ad altri nel panorama letterario e cinematografico, è qualcosa di più che una semplice bestia – nonostante sia spesso usato come cavalcatura. Saphira è un personaggio alla pari di altri, con un suo carattere e una personalità definita. Un essere che vive solamente in virtù del patto che la lega al proprio cavaliere senza il quale non potrebbe sopravvivere. E questo legame, che nel romanzo è presentato per lo più come un dato di fatto, in me ha suscitato alcune perplessità, soprattutto considerando il potere che la stirpe dei draghi sembra possedere – che a rigor di logica dovrebbe metterla al riparo da certe conseguenze – e la non equa reciprocità del vincolo. I cavalieri infatti possono sopravvivere alla morte del proprio drago, magari riportando qualche problema a livello emotivo o psichico, ma non fisico, come se nel loro caso la forza e la profondità del legame fossero meno consistenti, più innocue nonostante le numerose volte in cui nel libro – e ancor di più nel seguito, Eldest – questo rapporto venga descritto come indissolubile e sacro. Ma in fondo queste sono scelte dell’autore, che in un certo senso giustificano alcuni comportamenti del tiranno, e sulle quali più di tanto credo non mi sia concesso sindacare.
Sebbene la storia sia godibile, si notano qua e là delle ingenuità probabilmente dovute alla giovane età di Paolini al momento della stesura del romanzo, abilmente e copiosamente promosso grazie a un paio d’anni di presentazioni e incontri presso scuole, librerie e centri di cultura statunitensi. Ad esempio, ho trovato eccessivo, durante il viaggio per giungere al covo dei ribelli capeggiati da Ajihad, il far decidere ai protagonisti di attraversare il deserto: una scelta da parte loro poco credibile. La situazione in cui si trovano a quel punto della storia non è certamente delle più rosee (braccati da Durza e dalle sue orde di Urgali) ma, come soluzione, in luogo di altre a mio avviso più coerenti – soprattutto considerando che le spie dei ribelli Varden, e quindi possibili aiuti, sono un po’ ovunque nel regno – Eragon e il compagno Murtagh optano per la traversata di un luogo inospitale e ostico. Oltretutto dovendosi preoccupare di un’elfa, Arya, gravemente ferita, incosciente e per di più vittima di un veleno letale. E se a questo si aggiunge il fatto che loro tre più Saphira necessitano di acqua e viveri, e che le uniche speranze di reperirli sono riposte nell’ottimismo e nelle acerbe conoscenze magiche acquisite dal giovane cavaliere – che ha iniziato ad apprendere i primi incantesimi solo qualche settimana prima, ricordiamolo – beh, credo non serva aggiungere altro…
Allo stesso tempo, sempre in tema di ingenuità, mi hanno fatto un po’ sorridere – particolare notato da numerosi lettori in realtà – i molti parallelismi con il primo film di Guerre Stellari. Il primo della trilogia iniziale intendo. Nei pressi del luogo in cui vive il protagonista, per esempio, dimora casualmente un ex cavaliere del drago così come Obi Wan Kenobi, cavaliere jedi praticamente in pensione, abita vicino a Luke Skywalker. E analogie del genere si ripetono spesso: la spedizione per salvare una principessa della cui cattura si ha notizia tramite una visione (o grazie ad ologrammi nel caso del film di GEORGE LUCAS), o il breve addestramento alla magia prima della morte (violenta) del proprio mentore. Per non parlare poi di altri particolari rivelati in Eldest ma che non posso citare in questa occasione.
Ad ogni modo, il libro rappresenta un discreto prodotto, una lettura piacevole, che tuttavia non introduce particolari novità nel panorama fantasy. L’idea di avere un drago tra i protagonisti, di per sé tutt’altro che originale, sarebbe risultata migliore se meno scontata nel suo sviluppo. Il modo di pensare, di agire, di parlare di Saphira è troppo “umano” rispetto a ciò che ci si potrebbe aspettare da una creatura che rappresenta il magico, la mitologia, l’antichità di un regno fantasy come dovrebbe essere il continente di Alagaësia.
Per citare un paragone, Agradeleous della seconda “Trilogia del Demone” di R.A. SALVATORE è già meno prevedibile ed esterna atteggiamenti più da drago che da umano (la ferocia che possiede, il potere che manifesta, i tesori che nasconde…).
Eragon rimane quindi un libro che mi sento di consigliarvi – raccomandandolo a tutti coloro che hanno avuto la… possibilità (stavo per usare un’altra parola) di vedere il film – ma senza illudervi in merito a contenuti insoliti o innovazioni letterarie. Va ricordato comunque che si tratta del primo di una trilogia che si potrà giudicare con completezza probabilmente solo una volta terminata. Di certo, leggendo il seguito Eldest (volume con un drago rosso in copertina… mi spiace per i daltonici), si notano miglioramenti e una maggior maturità nella caratterizzazione dei personaggi e nell’intreccio proposto. Quindi, mi sento di ipotizzare che l’ultimo capitolo della trilogia – “Il ritorno dello Jedi”? – potrà presentare un ulteriore salto di qualità come regalo ai numerosi fan di questa saga.