Secondo alcuni, lo scadente risultato è dovuto alla presenza di JEREMY IRONS, particolarmente infelice nella scelta delle produzioni cinematografiche a cui ha preso parte negli ultimi anni.
Altri sostengono che lo stesso JOHN MALKOVICH, dopo aver girato le poche scene in cui era coinvolto, se la sia svignata alla chetichella prendendo le distanze dalla pellicola.
Malelingue, forse: ai botteghini il film sembra aver registrato un successo tale da rendere probabile la realizzazione del seguito e, addirittura, di una serie animata. Discordanti paiono comunque le voci di quanti hanno avuto occasione di vedere il film al cinema o in dvd. Soprattutto se si prende in considerazione il parere di chi ha letto il libro da cui è tratto.
Realizzato sull’onda del successo riscosso dall’omonimo romanzo di CHRISTOPHER PAOLINI, il film narra le avventure del giovane Eragon.
Durante una battuta di caccia notturna nelle foreste della Grande Dorsale, questi raccoglie una misteriosa pietra blu cobalto, piovuta dal cielo. Il quindicenne cacciatore di Carvahall, un piccolo paesino situato nel nord del continente di Alagaësia, scopre in seguito che la pietra è in realtà un uovo di drago: ben presto il guscio gli si schiude dinanzi, liberando Saphira, un cucciolo dalle squame color zaffiro e due occhioni violacei. Una creatura magica, di una specie leggendaria creduta ormai estinta.
Il destino del ragazzo viene così segnato: scelto dal drago come suo cavaliere, riceve in dono una sorta di marchio argenteo sul palmo della mano, il gedwëy ignasia. Da quel momento le loro vite saranno indissolubilmente legate, in un modo tanto entusiasmante quanto profondo da vivere e difficile da accettare.
Da semplice cacciatore, il giovane si ritrova “Cavaliere di drago”, catapultato incontro ad eventi ben più grandi di lui.
I “Cavalieri di drago”, in passato guerrieri formidabili, esperti conoscitori della magia e abili amministratori del potere e della giustizia, furono traditi e uccisi dall’unico rimasto di loro: il malvagio tiranno Galbatorix, proprietario dell’uovo da cui è nata Saphira.
Intenzionato a mantenere ben saldo il proprio potere su tutta Alagaësia, il despota mobilita eserciti formati da Urgali – nel libro demoni infernali dotati di corna, nel film tribù barbariche dedite alla guerra – per recuperare l’uovo sottratto ed impedire così la nascita di un nuovo “Cavaliere di Drago” che possa, un giorno, minacciare la sua incolumità.
Grazie all’aiuto di Brom, un sedicente cantastorie, Eragon riesce ad eludere la caccia di Galbatorix e a fuggire da Carvahall per cercare i Varden, i ribelli che si oppongono alla tirannia. Il viaggio tuttavia è irto di pericoli: dagli inquietanti Ra’Zac, macabre creature di cui non si riesce a scorgere il volto, alle armate guidate dal perfido Spettro Durza. Non mancheranno comunque gli incontri che porteranno Eragon a crescere e maturare, e a partecipare attivamente alla lotta contro l’oppressore: l’elfa Arya, l’enigmatico Murtagh, i ribelli del Surda e lo stesso Brom che si rivelerà un ex Cavaliere di Drago scampato alla strage perpetrata da Galbatorix.
Incontri, questi, che tendono per lo più a richiamare gli eventi narrati nel testo originale visto che, pur cercando di rispettare il romanzo, la trasposizione cinematografica tende a rendere ben poca giustizia all’opera di Paolini.
Proposta sfruttando il successo di saghe fantasy come Il Signore degli Anelli, Le Cronache di Narnia e Harry Potter, purtroppo la pellicola non riesce a risultare convincente, soprattutto a causa di una narrazione sbrigativa e di una regia ansiosa e imperfetta.
Sono numerosi gli stacchi troppo bruschi e le sequenze concitate, che tendono a disorientare lo spettatore. Senza contare poi i rimandi espliciti, sia per trama che per scenografia e scelta di trucco e costumi, ad altre grandi produzioni hollywoodiane.
Bisogna ammettere che lo stesso Paolini ha preso come modelli di riferimento Il Signore degli Anelli e Guerre Stellari per scrivere la Trilogia dell’Eredità – basti pensare ad alcune “strane” coincidenze: una principessa da salvare che, di fatto, rappresenta l’unico contatto con i ribelli; un ex cavaliere jedi/di drago che vive nei pressi del villaggio del protagonista; il fatto che il nemico principale sia un cavaliere corrotto dal lato oscuro del potere.
Nemmeno la presenza di attori esperti e di indubbie capacità come Malkovich e Irons riesce a risollevare le sorti della pellicola che, purtroppo, propone allo spettatore numerose ingenuità e storpiature.
Solo la realizzazione del drago Saphira appare ben riuscita, probabilmente la voce più significativa tra i costi dell’intera produzione. Eppure, nonostante la gradevolissima resa grafica, l’incanto visivo scema non appena la creatura magica cerca di esprimersi: ai ruggiti gutturali ed al timbro assai cavernoso uditi pochi attimi prima, fa eco una scelta vocale a dir poco sconcertante se associata ad un essere che dovrebbe apparire antico, misterioso, magico. Senza nulla togliere alla voce della presentatrice scritturata (ILARIA D’AMICO), ovviamente.
Senza dubbio Saphira si differenza dai “colleghi alati” che compaiono in molti altri film: è dotata di personalità e molto più senziente rispetto ai rettili presenti ne Il Regno del Fuoco, un prodigio di introspezione se confrontata con i bestioni di Dungeons & Dragons, sfortunata produzione che annovera nel cast lo stesso Jeremy Irons.
Molto più somiglianti a quelli del sensibile Draco, protagonista digitale di Dragonheart, i pensieri e i sentimenti fin troppo umani di Saphira si differenziano soprattutto per il loro carattere “femminile” e meno marziale.
Un animale che vive e rielabora esperienze non necessariamente riconducibili all’ambito militare e guerresco, certamente un essere fuori dall’ordinario ma con poco spazio per dimostrare la propria interiorità, a differenza di quanto invece accade nel libro. Considerando che la figura del drago è uno degli elementi chiave dell’intera narrazione, già dalla trasposizione di Saphira si intuisce come molti siano stati gli aspetti del film poco curati. Esseri dotati di poteri al di là della comprensione umana, possenti creature che assieme al proprio cavaliere possono portare giustizia e ordine oppure caos e tirannia, vengono sminuiti al ruolo di bestie dotate di parola, in grado di volare e di sputare fuoco.
Il rapporto che lega cavaliere e drago, e che dovrebbe rasentare la simbiosi, una sorta di fusione magica a livello emotivo e cognitivo, viene poi liquidato con superficialità. Deludente anche l’iniziazione alla magia di Eragon, da parte di Irons-Brom: il potere sovrannaturale viene presentato come una forza pericolosa, difficile da apprendere, delicata nell’impiego e per la quale è necessaria una solida conoscenza della lingua antica: ma a tanta valida premessa segue un utilizzo spavaldo e gratuito, proprio nel covo del nemico di turno!
Sorge poi il dubbio sul senso dell’utilizzo di certi poteri, ovvero sul controllo di armi di distruzione – come i draghi, per certi versi, potrebbero esser intesi. Forse è solo il contesto contemporaneo che mi porta a divagare verso un ignominioso off-topic, eppure tra le tante immagini che Eragon lascia passare vi è quello sputare fuoco da parte di Saphira all’interno di un territorio assediato.
Un po’ come un moderno bombardamento su suolo afgano cinematograficamente trasfigurato per funzionare anche in contesto fantasy, il fatto – tra l’altro inventato di sana pianta rispetto a quanto narrato nel libro – si traduce in rapide passate sul campo di battaglia, col rischio di colpire innocenti e alleati; col rischio di ammaestrare lo spettatore a non porsi scomode domande, tipo se gli Urgali, che in fin dei conti nel film sono uomini del sud (del mondo?), siano davvero così malvagi e meritevoli di subire tali attacchi.
Ma tante altre sono le banalizzazioni dovute alle diversità nella trasposizione, per esempio la resa approssimativa del luogo in cui vivono e si allenano i Varden. Sulla pagina scritta è una fortezza scavata nelle montagne grazie al paziente e millenario lavoro dei nani, impreziosita da una gemma, la Isidar Mithrim, capace di simulare il cielo tanto grande è il suo splendore. Ecco, sullo schermo si riduce a poco più di un rifugio per profughi, in cui convivono amabilmente umani e nani “giocatori di basket”, tutti depauperati di ogni dignità di eroi fantasy. Sono assenti inoltre personaggi molto importanti come il gatto mannaro Solembum, i “gemelli”, il re dei nani Rothgar, la strega Angela (che dopo una breve apparizione, in cui compare molto ringiovanita, si dilegua nel nulla). Altre creature vengono leggermente appiattite e semplificate, come Murtagh o Arya, l’elfa dai capelli biondi (corvini nel libro), oppure Roran, fratello di Eragon.
Probabilmente tanta leggerezza rispecchia i tempi molto ristretti in cui si è scelto di sviluppare le vicende: inseguimenti e attacchi e assedi che danno l’impressione di entrare in un mini appartamento caotico piuttosto che in uno sconfinato mondo di fiaba.
Uno spettacolo che snatura ciò che invece il libro mira a descrivere, ma che tuttavia è riuscito a riscuotere un discreto successo, a convincere numerosi spettatori, anche se forse di gusti poco esigenti.
Ciò è dovuto in primis alla possibilità di sognare e di evadere che questo tipo di fantasy promette alla platea. E, magari, questa è l’ottica con cui si dovrebbe assistervi, con l’entusiasmo di quanti si lasciano trasportare da sequenze visive di forte impatto come quelle del volo a cavallo di Saphira o dello scontro finale contro Durza, in cui gli effetti speciali si sprecano e avvincono comunque lo spettatore.
Forse, risparmiando sui gradevoli miracoli digitali che ammaliano e che distraggono, si sarebbe potuto confezionare un prodotto meno ricco di soluzioni e sequenze poco felici e credibili. Che qui abbondano, purtroppo.
In conclusione, un film trainato dal forte impatto pubblicitario, da vedere, sì, ma senza troppe pretese. Senza aver letto il libro da cui è tratto possibilmente, anche perché in questo caso sarebbe davvero problematico accettare il finale e impossibile immaginare la realizzazione del suo proseguimento.
Tit. originale: Eragon
Anno: 2006
Nazionalità: USA | UK | Ungheria
Regia: Stefen Fangmeier
Autore: Peter Buchman (sceneggiatura) | Christopher Paolini (romanzo)
Cast: Ed Speleers (Eragon), Jeremy Irons (Brom), Sienna Guillory (Arya), Robert Carlyle (Durza), John Malkovich (Galbatorix), Garrett Hedlund (Murtagh), Alun Armstrong (Zio Garrow), Christopher Egan (Roran), Gary Lewis (Hrothgar), Djimon Hounsou (Ajihad), Richard Rifkin (Horst), Steve Speirs (Sloan), Joss Stone (Angela), Caroline Chikezie (Nasuada)
Fotografia: Hugh Johnson
Montaggio: Roger Barton, Masahiro Hirakubo, Chris Lebenzon
Musiche: Patrick Doyle,
Rep. Scenografico: Wolf Kroeger (production design) | Michael Diner, Jonathan Hely-Hutchinson, Helen Jarvis, Stuart Kearns, Tibor Lázár, Stuart Rose (art direction) | Elli Griff, Sandy Walker, Simon Wakefield (set decoration)
Costumi: Kym Barrett
Produttore: John Davis, Wyck Godfrey | Adam Goodman (), Roger Barton, Kevin Halloran (co-produttore) | Kevin Richard Buxbaum (associato) | Gil Netter, Chris Symes (esecutivo)
Produzione: Fox 2000 Pictures, Davis Entertainment, Dune Entertainment, Ingenious Film Partners, Major Studio Partners, Mid Atlantic Films, Twentieth Century Fox Film Corporation