Il Fantasma di Canterville è un classico della letteratura ed è stato proposto in decine di adattamenti cinematografici e teatrali, più o meno fedeli. Nel 1996 il regista Syd Macartney ha realizzato la sua trasposizione per la televisione statunitense.
Il regista si attiene al testo originario, mantenendo inalterato l’intreccio e molte battute. L’aderenza all’originale è solo apparente, perché lo spirito che anima le sequenze è molto distante dalla sensibilità di Oscar Wilde. La disillusione della società moderna, incapace di credere a fantasmi e profezie, il pragmatismo contrapposto alla sensibilità romantica, la perdita dell’innocenza sono temi ben analizzati nelle pagine di Wilde. Il Fantasma di Canterville racconta con toni ironici lo scontro tra mentalità diverse e distanti, quella degli Inglesi superstiziosi, con loro leggende, e quella degli Yankee, cresciuti nel culto della razionalità e del danaro. Il romanticismo di Wilde è cosa ben diversa dagli amoreggiamenti adolescenziali, e affonda le radici nella tradizione del romanzo gotico. L’autore ironizza sulla letteratura del passato, e tra le righe affiora il rimpianto per quel mondo fatto di cupi castelli e miti, fantasmi e nebbie, e sentimenti esasperati. La redenzione di Sir Simon (il fantasma) giunge attraverso la scoperta dell’amore più puro, distaccato dalla fisicità e donato per libera scelta senza attendersi un tornaconto.
In Fantasma per Amore, Virginia (Neve Campbell) soffre per Sir Simon (Patrick Stewart), salvo apprezzare le pudiche avance del ricco rampollo vicino di casa: un bel giovanotto, un visino fresco, ma scialbo, privo del fascino del fantasma – in alcune trasposizioni, giovane e fantasma sono impersonati dallo stesso attore, suggerendo una continuità tra il sentimento provato per il fantasma e quello ritrovato nella realtà.
Il regista sceglie di mettere in secondo piano ogni riflessione sul valore dei sentimenti o sulla modernità, la componente ironica velata dal rimpianto e dalla malinconia sbiadisce, e i rari spunti divengono innocui siparietti introdotti qua e là, pur di mantenere il legame con il testo. È evidente che Macartney parteggia per la mentalità concreta incarnata dagli Otis, la famiglia di Virginia. Anche le parti ‘gotiche’, con dettagli horror, vengono sminuite: Sir Simon non spaventa Hiram Otis e non fa batter ciglio agli spettatori adulti, il viaggio tra le anime della coraggiosa Virginia si risolve in pochi secondi, tra ragnatele e scenografie degne di un luna park di provincia. La profezia si compie… perché quello è l’epilogo previsto dal copione; il regista sceglie di rivolgersi ai più giovani, e suscitare qualche risata facile in una platea familiare, evitando qualsiasi rilettura cupa o parodistica.
Lo spettatore si trova così ad assistere a uno spettacolo innocuo e prevedibile, un film superfluo e privo di qualsiasi pretesa. Si può dare parte della colpa alla censura americana, che ieri come oggi regolamenta la produzione televisiva e cinematografica obbligando i registi a edulcorare i dettagli più crudi, almeno nelle produzioni destinate ai grandi network e alle fasce orarie pomeridiane e serali. Sulla pellicola gravano anche le ristrettezze che condizionano gli effetti speciali. I trucchi sono sotto tono, rozzi rispetto a quanto viene mostrato nei film destinati alle sale. Purtroppo gli artifici vengono esibiti con fastidiosa insistenza e la sceneggiatura fa ben poco per limitare i danni o proporre soluzioni creative. Un peccato, perché in casi come questo, inquadrature ben studiate e un montaggio accorto accompagnato a una rilettura del testo migliorano il risultato. Ci sono produzioni coeve e analoghe che di certo non hanno goduto di maggiori sovvenzioni, ma che hanno scelto di osare, nella forma e nei contenuti, e di affrontare i tabù dell’America puritana sopperendo con creatività ai mezzi limitati. È una questione di stile, più che di danaro, una lezione di fiction che Syd Macartney ha ignorato. Ha trasformato un classico del fantastico in una commedia romantica, scorrevole e leggera leggera, adatta ai giovanissimi.
Dalla placida piattezza della pellicola emerge il bravissimo Patrick Stewart, attore britannico specializzato in ruoli shakespeariani e noto per aver impersonato il capitano Jean-Luc Picard nella serie Star Trek: the Next Generation. Il film si regge tutto sull’abilità di Stewart, i comprimari sono presenze dimenticabili e si limitano a ripetere con impaccio quanto altri hanno detto prima di loro. Le performance sciatte ricordano le recite dei liceali o quelle delle compagnie filodrammatiche. Se la pellicola avesse alle spalle un soggetto poco noto, le interpretazioni di mestiere potrebbero passare inosservate, ma davanti a un capolavoro della letteratura, ben conosciuto in tutto il mondo, le aspettative sono ben diverse. I personaggi scorrono da una scena all’altra, immortalati da una fotografia tanto stereotipata da far dimenticare la bella dimora, gli esterni curati, la campagna. Sembra la pubblicità di un resort di campagna, realizzata per un network locale.
Se lo scopo della pellicola fosse stato quello di avvicinare nuovi lettori a un testo poco conosciuto, forse avrebbe potuto funzionare. In questo caso, la vicenda è nota e la riproposizione banalizza la pagina. Sembra quasi una versione pop, ma nell’accezione peggiore del termine. Fantasma per Amore è il titolo adottato per la distribuzione italiana, e rende a pieno lo spirito del film. La scelta di evitare il riferimento diretto al classico letterario dovrebbe essere un campanello di allarme, per quanti si attendono una trasposizione fedele e rispettosa del testo. Lo spettatore trova un buon prodotto per famiglie, piacevole e prevedibile, visivamente e ideologicamente (quasi) innocuo.
Tit. originale: The Canterville Ghost
Anno: 1996
Nazionalità: USA
Regia: Syd Macartney
Autore: Robert Benedetti (sceneggiatura) | Oscar Wilde (racconto: Il Fantasma di Canterville)
Cast: Neve Campbell (Virginia ‘Ginny’ Otis), Patrick Stewart (Sir Simon de Canterville), Joan Sims (Mrs. Umney), Donald Sinden (Mr. Umney), Cherie Lunghi (Lucille Otis), Leslie Phillips (Hiram Otis)
Fotografia: Dennis C. Lewiston
Montaggio: Jim Oliver, Paul Martin Smith
Musiche: Ernest Troost
Rep. scenografico: Peter Mullins (production design) | David Minty (art direction)
Costumi: Howard Burden
Produttore: Robert Benedetti | Brent Shields (coproduttore) | Richard Welsh, Brent Shields (esecutivi) | Malcolm J. Christopher (line prod. )
Produzione: Anasazi, Signboard Hill Productions