Fantasmi III – Lord of the Dead
Nonostante la lunga attesa e il palpabile entusiasmo per il ritorno del Tall Man sul grande schermo, il secondo capitolo di Phantasm non ebbe un eccellente riscontro al botteghino. Perlomeno il riscontro non fu quello che la Universal si attendeva. Così, quando sei anni più tardi venne alla luce il terzo capitolo, la voce ‘spese’ era tornata a gravare praticamente intera sulle spalle di Don Coscarelli, che dovette mettere mano a tutti i suoi precedenti guadagni per poter regalare ai fan una nuova ‘fantasmatica’ avventura.
Sebbene il budget fosse comunque nettamente superiore a quello del primo capitolo, gli spettatori più attenti non poterono fare a meno di notare gli innumerevoli stratagemmi messi in atto per risparmiare qualche soldo qua e là: la colonna sonora, per dirne una, non cambiò di una virgola (mentre abitualmente nelle saghe succede che nuovi arrangiamenti vengano introdotti di capitolo in capitolo, anche se il tema rimane sempre uguale).
Fantasmi III: Lord of the Dead, lo diciamo subito a scanso di equivoci, per chi scrive rappresenta il punto più basso della serie. Se già il secondo film aveva fatto storcere il naso a qualcuno, questo terzo riuscì a far imbestialire anche molti dei fan più accaniti. Una sceneggiatura inverosimile, dei dialoghi imbarazzanti, l’introduzione di nuovi personaggi fuori da ogni grazia di Dio avrebbero davvero potuto decretare la definitiva morte della saga.
Passando al cast… Angus Scrimm e Reggie Bannister erano ormai imprescindibili, e infatti li ritroviamo precisi, solo un po’ più invecchiati. James Le Gros, l’attore che fu imposto a Coscarelli dalla produzione sei anni prima, non venne riconfermato e al suo posto, nella parte di Mike, ritroviamo un volto storico, quello di Michael Baldwin, che già aveva interpretato il protagonista tredicenne del 1979.
È un Mike decisamente migliore quello che ritroviamo: il suo personaggio, ormai adulto, è malinconico, riflessivo, quasi perso tra le sue fantasie, in poche parole molto più in linea con il mood del capitolo originale. Coscarelli, che evidentemente aveva ripreso il controllo totale della situazione, richiamò anche l’altro grande assente di Fantasmi II, vale a dire Bill Thornbury, a cui venne riassegnata la parte di Jody (nota: il fatto che Jody fosse morto alla fine del primo capitolo venne ritenuto un dettaglio secondario).
Forse allo scopo di strizzare di nuovo l’occhio al mainstream, al gruppo storico si aggiunsero Gloria Lynne Henry nella parte di Rocky, una ragazza afroamericana esperta di arti marziali a metà strada tra Grace Jones e Blade, e Kevin Connors nella parte di Tim, un ragazzino talmente odioso che lo spettatore inizia a sperare possa morire ammazzato già cinque minuti dopo la sua prima apparizione.
La storia inizia esattamente dal punto in cui si era interrotta alla fine del film precedente, ma lo fa spiazzando lo spettatore con una serie di incredibili contraddizioni. Avevamo lasciato Reggie morente sull’asfalto e miracolosamente lo troviamo in piedi come se nulla fosse, armato del suo classico fucile a quattro canne (di cui si era liberato tempo prima e che ora gli riappare in mano).
Neanche il tempo di versare una lacrima per la defunta Liz e si passa subito oltre. Per inciso, della poveretta intravediamo solo una testa bionda staccata dal collo (senza spiegazione alcuna), poi il personaggio scompare dalla storia senza lasciare traccia. Non verrà più menzionata, quasi non fosse mai esistita, ed è un peccato visto che, nel secondo capitolo, era stata ampiamente ventilata la possibilità che il suo ruolo fosse ben più importante di quello di una semplice comprimaria.
Lasciamo per un attimo Mike, che non sta passando un bel momento (lo ritroviamo in stato comatoso e poi prigioniero del Tall Man), e seguiamo le vicissitudini di Reggie lungo le polverose strade americane alla ricerca del malvagio becchino. Questa è forse la parte più interessante del film: ci troviamo immersi in un’atmosfera quasi apocalittica, tra paesaggi desolati e decadenti città vuote alla The Walking Dead. Reggie metterà insieme uno scalcinato gruppo di ‘guerrieri’ assieme a Tim, il già citato ragazzino, che vive in solitudine in una grande casa riempita di trappole come quelle di Mamma Ho Perso l’Aereo (ma un po’ più letali), e a Rocky, la ragazza armata di flagello che si negherà ai maldestri approcci di Reggie per tutto il resto del film. Anche Jody rientrerà nel gruppo, ritornando dall’aldilà sotto forma di angelo custode imprigionato in una delle sfere del Tall Man. Se poi ci infiliamo dentro anche tre zombi bislacchi abbiamo chiuso il cerchio. Nemmeno il becchino, se vogliamo proprio dirla tutta, si salva dallo scempio di questo terzo capitolo, parlando troppo e perdendo in tal modo gran parte della sua allure.
Un sequel terribile, caricato con troppi personaggi fastidiosi che non aggiungono nulla; una pellicola che oscilla tra momenti splatter e umorismo da quattro soldi, il tutto per raccontare una storia incoerente che non conduce da nessuna parte. È un po’ lo stesso destino che ha avuto La Casa di Sam Raimi, un grande cult trascinato nel baratro dai suoi sequel demenziali.
Ma non è tutto da buttare in questo Fantasmi III: un suo motivo d’interesse lo trova nel fatto di aggiungere diversi tasselli al puzzle. Scopriamo per esempio che le sfere metalliche sono in parte anche organiche, perché contengono il cervello di quei cadaveri che furono trafugati dal Tall Man (i cui corpi, come sappiamo, sono ridotti alla dimensioni di nani privati della coscienza). Bella l’idea, ripresa dal primo film, di utilizzare come scenario dello scontro finale un mausoleo dove il nostro gruppo di improvvisati eroi decide, genialmente, di nascondersi (anche se tutto è reso in modo meno claustrofobico e, di conseguenza, meno adrenalinico). Ma soprattutto cominciamo a renderci davvero conto che il rapporto di Mike con il Tall Man è molto più profondo di quanto poteva apparire, il che ci spalanca nuovi inaspettati (ed entusiasmanti) scenari. Mike è forse un predestinato, come il cattivo cerca più volte di suggerirci/gli? Resta un mistero anche il perché il Tall Man, dopo aver rapito il giovane, si limiti a tenerlo prigioniero e, quando gli viene chiesto “Fammi uscire di qui”, risponda “Tu sai qual è l’uscita”. C’è qualcosa che non sappiamo di Mike? Oppure è ancora una volta un’insinuazione al fatto che tutto quello a cui stiamo assistendo non è altro che un parto dell’immaginazione del ragazzo? E ancora: qual è il segreto del Tall Man? Chi è davvero quell’inquietante individuo che nel primo capitolo ritenevamo potesse essere un alieno in cerca di schiavi? Qual è il suo obiettivo, che in questo terzo episodio ci appare più ampio, quasi fosse quello di conquistare tutti gli anfratti del tempo e dello spazio?
Un finale di nuovo aperto e che più aperto non si può ci proietta prepotentemente verso quello che sarà il migliore dei sequel, Phantasm IV: Oblivion, per spessore addirittura paragonabile al suo capostipite.
Il capitolo fantasma
Il terzo capitolo di Phantasm, pur con tutte le sue pecche, ha lasciato i fan in un punto maledettamente cruciale. Mike aveva abbandonato Reggie nel timore che qualcosa dentro di sé stesse cambiando, più di una sensazione viste le trasformazioni anche fisiche che aveva cominciato a notare sul suo corpo. Reggie, dal canto suo, era ancora una volta alla prese con il Tall Man e le con le sue terrificanti sfere metalliche, quando i titoli di coda avevano interrotto improvvisamente la narrazione.
Don Coscarelli aveva insomma elargito nuovi ed entusiasmanti spunti alla saga, ma sul più bello aveva deciso di rimandare la conclusione a un eventuale capitolo successivo. Intanto però gli anni passavano uno dopo l’altro inesorabili, e i fan erano sempre più impazienti. Il silenzio più completo tuttavia non faceva presagire nulla di buono, anzi si andava diffondendo sempre di più la voce che il terzo capitolo fosse destinato a rimanere l’ultimo della serie. Coscarelli si diceva avesse voluto mollare tutto dopo essere caduto in depressione a causa delle pesanti critiche piovutegli addosso per la scelta di inserire elementi umoristici nel terzo capitolo. Una voce probabilmente infondata, visto che basterebbe dare un’occhiata alla filmografia del regista per rendersi conto di come sia solito far trascorrere non meno di sei o sette anni tra un film e l’altro; ma, se si fosse rivelata vera, gli appassionati si sarebbero trovati di fronte a un numero spropositato di questioni irrisolte.
Fu così che un imprecisato giorno, tra il 1995 e il 1996, uno dei fan più accaniti di Phantasm telefonò a Coscarelli e gli disse più o meno: “Ehi Don! Mi chiamo Roger Avary. Ho qui pronta una sceneggiatura per te. Ci sto lavorando da tempo, spesso tralasciando i miei tanti impegni di lavoro, ma ho deciso che dovevo portarla a termine nonostante tutto, perché credo più al mio cuore che alla mia testa. Questa è la sceneggiatura di Phantasm IV. Quando cominciamo a girare?”.
Si trattava di QUEL Roger Avary che solo l’anno prima aveva scritto Pulp Fiction per Quentin Tarantino, portandosi a casa l’Oscar per il miglior soggetto originale. Mica pizza e fichi.
Il progetto scaturito dalla mente di Avary non si realizzò mai, ma quei pochi che ebbero la fortuna di leggere la sua sceneggiatura riferiscono che si sarebbe trattato di qualcosa di incredibile. Avary aveva immaginato uno scenario postapocalittico globale, sul genere di Dawn of the Dead, in cui le uniche due città risparmiate dal caos e dalla distruzione sarebbero state New York e Los Angeles, due supermetropoli cinte da mura altissime, dove tutto ciò che restava del genere umano viveva nel terrore di ciò che era rimasto fuori. Oltre le mura, tutto il mondo era regno incontrastato del Tall Man e dei suoi malefici nani servitori. Tutto il mondo era ridotto a un cumulo pestilenziale di macerie, le tombe erano state scoperchiate e la morte aveva trionfato ovunque. Il destino aveva separato Reggie e Mike: mentre il primo aveva trovato rifugio nella Grande Mela, il secondo sopravviveva a stento nella Città degli Angeli. Sebbene si fosse ormai quasi completamente impadronito del mondo, il Tall Man non aveva ancora rinunciato al suo proposito originale, quello di continuare a tormentare il povero Mike.
Reggie, in seguito a un incubo (o forse a un contatto telepatico) si sarebbe convinto che Mike fosse in pericolo e, impavido, avrebbe deciso di abbandonare la relativa sicurezza offerta da New York per raggiungere l’amico in California, affrontando un viaggio ai limiti dell’impossibile. Sulle sue tracce si sarebbe inevitabilmente gettato il Tall Man con le sue orde di non-morti. La resa dei conti, si sussurra, sarebbe avvenuta oltre il portale, nella dimensione extraterrestre del Tall Man.
Il film si sarebbe dovuto intitolare ‘Phantasm 1999 A.D.’ oppure ‘Phantasm 2012 A.D.’ oppure ancora ‘Phantasm’s End’ e, si dice, fu anche offerto un ruolo importante a Bruce Campbell, l’eroe de La Casa di Sam Raimi. Purtroppo tutto finì in niente. Per mettere in scena un progetto così importante sarebbe stata necessaria una somma spropositata di denaro (vennero stimati circa dieci milioni di dollari), e non ci volle molto per rendersi conto che nessuno avrebbe mai tirato fuori un centesimo per produrre il quarto capitolo di una saga che era già stata dichiarata spacciata dal grande pubblico. Fu così che Coscarelli e Avary si salutarono, entrambi con un grande amaro in bocca (Avary apparirà tuttavia in un cameo del vero Phantasm IV). Ma anche dell’esperienza più negativa è possibile trovare il lato positivo e, in questo caso, la buona notizia fu che Coscarelli era stato risvegliato dal suo tradizionale torpore. Ancora solo un po’ di pazienza e sarebbe sul serio giunto il momento di un quarto episodio.