Nel tranquillo villaggio di Senfe scende la sera e il giovane Geshwa si ritira in camera per ascoltare la nonna raccontargli una storia; ma è quando si spengono le luci che l’avventura ha inizio.
Mentre il sonno sta per sopraggiungere, il giovane sente dei rumori sotto la finestra: è il suo migliore amico Nargolian, detto Nar, che lo invita a seguirlo. Geshwa non se lo fa ripetere due volte e in pochi istanti si cala giù dalla finestra.
Il manto scuro della notte li protegge, mentre i ragazzi si avviano verso la vallata. Nar ha infatti notato qualcosa di strano in quella direzione e cosa può esserci di più entusiasmante dell’imbattersi in qualche mistero da risolvere?
Raggiunta la zona prescelta, il sentiero termina bruscamente lasciando spazio alle insidiose paludi di Sobis, una terra estremamente pericolosa dove non vi sono altro che rovine e desolazione. Nar e Geshwa si guardano attorno: le nubi in cielo riflettono uno strano gioco di luci proiettando sul terreno ombre spaventose, e i due si accorgono che si tratta di magia, una magia potente dalla quale è meglio stare alla larga.
Impauriti e allo stesso tempo eccitati, i ragazzi se la danno a gambe, promettendosi poi di non dire una sola parola su quella nottata: non sono certi di quanto hanno visto, e confessare la loro piccola fuga potrebbe inoltre costargli una punizione.
Ciò che ancora non sanno è che quella notte sarà l’ultima della loro infanzia, l’ultima passata tra scherzi e fughe silenziose. Gli insoliti avvenimenti cui hanno involontariamente assistito modificheranno la loro vita in un modo che nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare.
Già la mattina seguente nulla è più come prima. In casa, Geshwa nota una strana agitazione e quando, poco dopo, suo padre gli annuncia un’imminente partenza il ragazzo la accetta come un piacevole diversivo. Invece il viaggio riserverà molte sorprese, e non sempre piacevoli. La strada per raggiungere la lontana casa della Zia si rivelerà costellata di insidie e misteri cui il giovane tenterà, senza mai riuscirvi del tutto, di dare una spiegazione.
I punti fermi della sua esistenza inizieranno improvvisamente a traballare: una tragedia si abbatterà sulla sua casa coinvolgendo la madre e la nonna, e il padre scomparirà improvvisamente. Nar, compagno di tutta l’infanzia, gli annuncerà di voler studiare la magia, una strada lungo la quale lui non si sentirà di seguirlo. Geshwa stesso non rimarrà immune al cambiamento: l’attimo in cui il destino busserà alla sua porta è molto vicino e lui ha tutta l’intenzione di farsi trovare pronto.
La quarta di copertina fa pensare a una storia entusiasmante ma, a libro finito, volendo usare un’analogia cinematografica, non si può che giudicarla alla stregua di un trailer fuorviante, un montaggio di scene eccitanti per promuovere un film che dimostra invece la carica e il coinvolgimento di un documentario sui lombrichi.
Il romanzo, 311 faticose pagine, racconta le insolite vicende di un ragazzo nato e cresciuto in un mondo che l’autore, Fabrizio Valenza, delinea appena, tracciandone i confini senza spessore né carattere. Questa lacuna si riscontra anche nei personaggi: siano essi protagonisti o semplici comparse, l’autore non riesce a caratterizzarli con efficacia o quantomeno a farne emergere la personalità. Geshwa stesso è un giovane uguale a tanti altri, un personaggio senza infamia e senza lode che si perde con facilità nell’anonimato della trama.
Il prologo, lungo circa due pagine, è il momento più interessante dell’intero romanzo: una lotta tra maghi – ognuno dei quali padroneggia un’arte particolare – pervasa da un alone di mistero che invoglia il lettore a saperne di più. Purtroppo, subito dopo, il racconto si sposta sulla vita di Geshwa, e dei maghi non si ha più notizia. Da lì in poi la magia appare solo marginalmente; l’autore ne fa brevi accenni per cercare un po’ di suspense, riferendosi ad avvenimenti che, in realtà, non si manifestano mai.
Le stesse avventure vissute da Geshwa lasciano un po’ perplessi.
Nella foresta, il giovane – in viaggio con suo padre per motivi che questi si rifiuta continuamente di spiegare – s’imbatte in un orco dopo essersi perso. A parte il modo banalmente scontato in cui finisce nelle grinfie del mostro – che pascola indisturbato in un bosco dove potrebbe capitare chiunque –, sconcerta come il ragazzo riesca poi facilmente a fuggire: la malvagia creatura lo lascia andar via senza battere ciglio, spaventata da non si saprà mai cosa.
Non pago di essersi cacciato nei guai ed esserne uscito indenne per grazia divina, il nostro eroe, dopo aver ritrovato il genitore – che gli raccomanda calorosamente di non perderlo ancora di vista –, si smarrisce di nuovo nello stesso bosco, dove a questo punto il lettore lo abbandonerebbe volentieri e per sempre!
La narrazione invece prosegue permettendo al ragazzo “perso” di assistere, non visto, a un incontro apparentemente segreto tra il padre e alcune strane piccole creature che abitano un palazzo sotterraneo. In tutto questo insolito succedersi di eventi il genitore sembra noncurante del fatto che il figlio sia sparito, e vien da chiedersi se quel suo misterioso colloquio avrebbe avuto ugualmente luogo se Geshwa fosse stato presente. Naturalmente non ci è dato saperlo: anche questa volta l’autore non fornisce spiegazioni e all’episodio non viene più fatto accenno.
Infine padre e figlio riescono a uscire dall’infida foresta e raggiungono la casa della Zia dove scoprono che il “consulente magico” della suddetta è un personaggio inquietante (non si sa bene chi o cosa sia ma ricorda molto la figura del medico di famiglia) che tiene in gabbia nel fienile una terribile creatura appena catturata, l’anguana.
A proposito di nomi di esseri fantastici, c’è da dire che Valenza dimostra un gusto “particolare”, visto che quasi nessuno di essi è pronunciabile da lingua umana né tanto meno facile da ricordare.
Tornando alla nostra orrenda creatura, viene spiegato che l’anguana è una sorta di serpente con il busto e il viso di donna, la cui voce melodiosa è in grado di far impazzire. Per questo motivo è un’ottima idea tenerla chiusa in gabbia all’interno di un fienile dove chiunque può entrare e udirla. Del resto c’è il consulente magico che pensa a tutto, ed è proprio per le sue strabilianti doti che l’anguana a un certo punto fugge.
Nel frattempo, in barba alle raccomandazioni di zii e genitori, Geshwa e Nar (anche quest’ultimo giunto alla fattoria), decidono di fare un’incursione in un buco scavato nel terreno (probabilmente si annoiano anche loro), che si rivela essere il nascondiglio di un potente mago, il quale, guarda caso, è giusto alla ricerca del ragazzo. La sua soddisfazione nel vederselo piombare proprio dentro casa quasi non si può descrivere: quanta fatica risparmiata! Ma quello che lo sprovveduto incantatore non sa (si vede che era nelle intenzioni dell’autore creare un mago non molto sveglio), è che il suo brillante nascondiglio altro non è che la tana dell’anguana! La povera bestiola arriva a casa proprio quando Geshwa e Nar stanno per soccombere sotto gli incantesimi del perfido stregone, dando ovviamente loro la possibilità di salvarsi sul più bello.
In tutto questo gran daffare per cavarsi da guai cercati col lumicino, Geshwa non si procura mai nemmeno un graffio, anzi rimane talmente in forma da riuscire perfino a riportare in braccio a casa il compagno ferito.
In sostanza, l’impressione globale che Geshwa Olers e il Viaggio nel Masso Verde fornisce è quella di uno sconnesso susseguirsi di circostanze improbabili costruite su elementi inflazionati, senza un briciolo di originalità né un margine di miglioramento, visto che ogni vicenda descritta parte male e finisce peggio. L’unica nota positiva in questo sfacelo fantasy è lo stile dell’autore, fresco e semplice: dispiace vederlo sprecato in una storia che al massimo può appassionare un bambino, a patto che non abbia mai sentito parlare di Cappuccetto Rosso o di Biancaneve, protagoniste di vicende ben più eccitanti.
Nel complesso, si tratta di un’opera molto acerba, adatta a un pubblico giovane e possibilmente digiuno di Fantasy, perché il lettore più esperto non riuscirebbe a digerire una lettura così desolatamente priva di contenuto.
La domanda che ci si pone non è molto lusinghiera ma sintetizza bene le idee circa questo libro: può un fantasy mancare di fantasia?