Gli Invasori

Gli Invasori

The Invaders è una serie televisiva americana, andata in onda dal gennaio del 1967 al marzo del 1968. È giunta in Italia all’inizio degli anni Ottanta col titolo Gli Invasori, trasmessa delle nascenti reti locali. Si compone di 2 stagioni, la prima di 17 puntate, la seconda di 26, tutte della durata di circa cinquanta minuti.

La serie narra le disavventure dell’architetto David Vincent, alle prese con una cospirazione extraterrestre. L’uomo, durante un lungo viaggio in auto, fermatosi per riposare in un viottolo in aperta campagna, assiste all’atterraggio di un disco volante. Alieni provenienti da un pianeta morente sbarcano, assumono sembianze umane e vanno poi a sostituirsi ai terrestri.

David cerca di dare notizia del pericolo, ma è davvero difficile credergli. Gli invasori spaziali sono pressoché identici ai terrestri, a parte un dito deformato ed emozioni quasi assenti, e solo un esame medico può smascherarli (sono privi di cuore e di sangue). Quando muoiono, inoltre, i loro corpi avvampano in una forte luce rossa per poi disintegrarsi: quindi niente resta a testimoniare la loro esistenza.

Simili creature rappresentavano un’invenzione originalissima per l’epoca, e avevano il pregio di non richiedere spese per gli effetti speciali e i trucchi di scena: niente goffi mostri di gommapiuma, costumi impegnativi o protesi elaborate. Ne conseguivano scene, come sparatorie e inseguimenti, del tutto analoghe per tecnica di riprese e montaggio (e costi) a quelle girate nei polizieschi e nei film d’azione. Perfino le tecnologie extraterrestri venivano presentate all’insegna del minimalismo più estremo: speciali dischi (simili ai meccanismi delle cornette telefoniche) che, appoggiati sul collo, provocano emorragie cerebrali; pistole somiglianti a lettori di codici a barre; computer che occupano intere pareti, pieni di pulsanti luminosi e leve, ma privi di tastiere e monitor; cilindri trasparenti rigeneranti che possono accogliere un corpo, e via dicendo… Gli abiti indossati dagli spaziali, poi, sono tute da metalmeccanico. Senza dubbio tutti gli oggetti di scena sono stati costruiti con materiale di recupero e tanta creatività. In quanto agli UFO, alle astronavi vere e proprie, compaiono ogni tanto, e di rado li vediamo in azione.

Oltre a ridimensionare i costi, l’idea di alieni quasi indistinguibili dai terrestri esaspera il clima di cospirazione. Anche Don Siegel ne L’Invasione degli Ultracorpi aveva immaginato qualcosa del genere, ma la forte componente horror aveva in quel caso il sopravvento. Le creature generate dai baccelli extraterrestri si limitavano a replicare i corpi degli umani, simulandone i ricordi e sostituendosi a loro in grande numero; gli avversari di David Vincent sono invece esseri molto più complessi: possono avere un proprio carattere e mantenere un lavoro, conoscono e imitano i terrestri con successo, relazionandosi con essi per periodi prolungati. Pertanto il nemico questa volta è nascosto in seno alla società yankee, ha volti familiari, non è più qualcosa di ‘alieno’ e facilmente riconoscibile. La serie gioca la carta della paranoia più estrema.

L’architetto Vincent, bersaglio degli alieni che sono consapevoli di essere stati da lui scoperti, è costretto a fuggire. Lo scontro viene sviluppato di puntata in puntata, si arricchisce di dettagli attraverso le piccole vittorie e le sconfitte, ereditando trame e complotti dai film di spionaggio.

In netto contrasto con i baldi protagonisti dei film di fantascienza visti fino ad allora, David Vincent è un eroe dolente e tormentato, e i suoi successi, ottenuti tra l’altro a caro prezzo, sono piccola cosa rispetto al pericolo che incombe sull’umanità. Il nostro protagonista può ritenersi fortunato quando esce illeso dalle sue disavventure e non viene preso per folle.

Scopriamo a poco a poco quanto la sua vicenda lo allontani da una vita normale e da affetti stabili, condannandolo all’isolamento sociale. Le sue opinioni troppo radicali gli procurano ostilità ed emarginazione, e intanto il pericolo a cui si espone si fa sempre più concreto: gli invasori gli sparano più volte, lo sottopongono a crudeli esperimenti, lo mandano fuori strada mentre sta guidando, lo narcotizzano col gas, lo picchiano… riescono addirittura ad ucciderlo, salvo poi ‘resuscitarlo’ con una delle loro apparecchiature per barattare la sua vita con quella di un leader alieno ostaggio dei terrestri.

Come Kenny di South Park, il bambino povero che muore in modo diverso in ogni puntata dello sboccatissimo cartoon, David Vincent potrebbe scadere nel ridicolo, ma evita questo rischio grazie a valide sceneggiature che mettono in luce il contrasto tra le sue esigue forze e i grandi poteri dei nemici scesi sulla Terra. Conscio di riuscire solo in rari casi a impedire il peggio, consapevole di esporsi al dileggio da parte degli stessi increduli che vorrebbe proteggere, Vincent è un valoroso in confronto al quale l’Uomo Ragno, con tutti i suoi guai, sembrerebbe poco più che uno yuppie.

Il telefilm risulta assai innovativo anche nel modo di sviluppare la trama. Il tema dominante, che unifica le varie vicende, è l’invasione aliena testimoniata dal malcapitato architetto. Gli eventi sono narrati in puntate autoconclusive, ma spesso le conseguenze dei singoli episodi vanno poi a influire sull’evoluzione della storia generale. Nonostante i ritmi tipici delle produzioni televisive, la suspense e i colpi di scena non mancano. Con l’eccezione di qualche ottimo titolo britannico come Doctor Who, per ritrovare una struttura analoga bisognerà attendere gli anni Novanta con l’acclamato X Files, che eredita le migliori atmosfere proprio da The Invaders, rompendo la consuetudine delle serie votate all’one shot tipiche degli anni Settanta e Ottanta, dove il finale di ogni episodio riporta i protagonisti nella situazione d’equilibrio iniziale, immutabile.

Bellissima serie, dunque, The Invaders; eppure a suo tempo qualcosa non funzionò. Dopo due stagioni la produzione si fermò. Può darsi che l’idea di base fosse troppo in anticipo sulle fobie degli spettatori; o troppo in ritardo rispetto alle paure della Guerra Fredda. Oppure le variazioni sul tema del poveretto che vuole avvertire di un pericolo e non viene creduto si erano ormai esaurite. Forse i mutati gusti del pubblico imponevano eroi rassicuranti, sempre sorridenti, socialmente utili. O piuttosto, sotto l’aria innocua da telefilm di fantascienza, c’erano idee politiche pericolose, di contestazione: era il 1968… Più verosimilmente, a causa del budget irrisorio, le guest star erano rare apparizioni e gli effetti speciali artigianali convincevano troppo poco. Con mezzi esigui è difficile tenere alta l’attenzione degli spettatori.

Qualsiasi sia stata la causa della breve vita, The Invaders è oggi divenuto un cult, un reperto significativo di un’epoca storica. Dal punto di vista formale, è molto datato. La fotografia presenta colori troppo squillanti, gli effetti speciali come si è detto sono vistosamente artigianali, e le auto, gli abiti e le acconciature subito ci catapultano indietro di decenni. I vari capitoli in cui si divide ogni episodio, la voce narrante, ricordano l’esigenza di riassumere gli eventi dopo l’inserimento di  pause pubblicitarie.

La serie può testimoniare molto sulla società del periodo, sui timori, i vizi, gli stili di vita: più di quanto non ci raccontino le ‘serie’ pellicole di indagine, costruite per sostenere tesi. Appoggiato da un miliardario che crede in lui, e lo finanzia, David Vincent attraversa l’America che di solito Hollywood mette da parte, quella della provincia rurale. L’architetto viaggia in un mondo fatto di case isolate e prefabbricati, di silos persi in mezzo a ettari di granturco, di rivendite d’auto usate, di squallide tavole calde, di cittadine cresciute come funghi durante il boom economico, di uffici popolati da anonimi impiegati in giacca e cravatta. Trapela una scomoda opinione sul fallimento dell’American Way of Life, incapace di rendere veramente felici i cittadini, o di garantire sicurezza e benessere a tutti. È la stessa America di Martin Luther King e Muhammad Alì; una persona che per qualche verso dissente dal pubblico consenso può venire aggredita in un bar, lasciata esanime o gettata in prigione, senza che nessuno muova dito per accertare colpe o prestare soccorso, come vediamo nell’episodio ‘Nightmare’. Né l’Autorità, rappresentata da poliziotti, militari e burocrati, merita sempre la fiducia.

The Invaders, anche se afflitto da ritmi lenti, è meno ingenuo di quanto non parrebbe a uno sguardo distratto; può appassionare anche quanti ritengono la Fantascienza un genere solitamente infantile o superficiale.