Hunger Games romanzo

Hunger Games (romanzo)

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Quando ho cominciato a leggere questo libro, avevo in mente diverse cose: reality show come “Il Grande Fratello” e “L’Isola dei Famosi”, ma anche film del calibro di Live! e My little eye; nonché il libro La lunga marcia di Stephen King.

Devo dire che Hunger Games è una buona commistione tra tutti questi elementi. Troviamo la crudezza e il cinismo del libro di King, la denuncia tra le righe già vista in Live! e l’orrore e l’inquietudine suscitati da My little eye. Ma dei reality, quelli veri che tanto vanno di moda oggi in Italia e nel mondo, c’è soltanto una patina opaca. Fin da subito appare chiaro l’intento dell’autrice, ovvero fare di quest’opera un simbolo di denuncia sociale, un avvertimento che sembra gridarci forte nelle orecchie: “Ehi! Se continuiamo così, sarà questo il nostro futuro!”

La storia è ambientata a Panem, ossia ciò che resta degli Stati Uniti dopo un passato di guerre e distruzione, in un ipotetico e quanto mai cinico futuro. La società è dominata da un’autorità pressoché invisibile, che ha sede a Capitol City, metropoli baluginante e chiassosa che ricorda tanto una Londra disinibita e futuristica. Il resto del territorio è suddiviso in dodici Distretti, ognuno dei quali dedito a una specifica attività (miniere, agricoltura, ecc.).

Annualmente, ogni Distretto è obbligato a offrire due Tributi – vale a dire due giovani al di sotto della maggiore età – in quella che viene chiamata la Mietitura. I prescelti – estratti a sorte ovviamente – vengono mandati a disputarsi gli “Hunger Games”, una sfida all’ultimo superstite seguita in presa diretta sugli schermi di tutti i Distretti. Gli Hunger Games servono a ricordare ai Distretti che Capitol City non ha dimenticato l’epoca in cui essi si ribellarono; la rivolta fu soppressa nel sangue e da allora ogni Distretto è obbligato a pagare i suoi Tributi in questo modo. Eterna schiavitù è ciò che spetta a ogni abitante al di fuori di Capitol City.

Katniss Everdeen è una ragazza sveglia, sa cacciare e ha un carattere irascibile. Costretta a offrirsi “volontaria” agli Hunger Games per salvare la sorellina Prim (ingiustamente estratta), si ritrova precipitata in un incubo senza fine, dove gli amici smettono di essere tali, dove i nemici diventano belve assetate di sangue, dove anche l’amore deve fermarsi di fronte all’inevitabilità della competizione.

Il viaggio di Katniss passa dal dietro le quinte al campo di battaglia; dalle interviste pre-reality al dolore delle ustioni e delle ferite; dall’odio verso il mentore ubriacone Haymitch al disperato desiderio di ricevere il suo aiuto; dal disprezzo per Capitol City alla gioia di assaggiare il suo cibo e indossare i suoi abiti.

Attraverso un’analisi fredda e distaccata – inframmezzata da sprazzi di inquietudine e disperazione – l’autrice Suzanne Collins ci pone al fianco di Katniss in questa traversata infernale. La “ragazza in fiamme”, come viene soprannominata grazie agli abiti pirotecnici del sensibile stilista Cinna, è a tratti spietata, dolce, gelida, malinconica, rabbiosa, innamorata, scossa dai sentimenti più alti o più turpi. Letteralmente travolta dagli eventi, si troverà a dover fingere i propri sentimenti per accattivarsi la simpatia del pubblico, per ottenere i favori degli sponsor, per sopravvivere, finché lei stessa non sarà più in grado di distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è.

La lotta per la vita la costringe a temere e a diffidare anche di coloro che, in altri frangenti, potrebbero essere al suo fianco. Questo vale per Peeta, l’altro Tributo del Distretto 12, che ha un’autentica adorazione per lei, e per Rue, ragazzina fragile e sfuggente, capace di cantare con gli uccelli e di portare serenità nel cuore di Katniss.

Ma negli Hunger Games, nessuno può avere amici.

Le righe finali sembrano comporre una domanda: chi è davvero Katniss? Oppure, se fossimo noi al suo posto: chi sono davvero io? Cosa avrei fatto nei suoi panni?

Cosa faremmo, adesso, se anche per noi iniziassero gli Hunger Games?