LE ORIGINI
I dinosauri costituiscono senza alcun dubbio la più imponente e scioccante prova che la vita sulla Terra non ha preso forme a noi familiari se non negli ultimi 65 milioni di anni. Prima di allora, i continenti, i cieli e le acque del pianeta erano abitati da creature dalle forme bizzarre e grandiose che oggi cerchiamo di rievocare tramite gli scavi fossili e gli studi paleontologici.
I mammiferi, che avrebbero in seguito occupato ogni settore dell’ecosistema e da cui si sarebbe sviluppato il genere umano, erano all’epoca relegati ad un ruolo di comparsa.
I dinosauri appartenevano alla classe dei Rettili (quantunque oggi si propenda per circoscriverli in una classe a sé stante), evolutisi fino ad occupare ogni possibile nicchia ecologica e vissuti come dominatori per un periodo molto lungo, all’incirca 160 milioni di anni. L’era dei dinosauri, il Mesozoico, inizia infatti tra i 230-225 milioni di anni fa per terminare con la loro estinzione, databile a circa 65 milioni di anni fa. In effetti, essi si sono evoluti tra due ere di mammiferi, quella tuttora in corso e una precedente che aveva visto la nascita e la crescita dei Terapsidi, ibridi tra mammiferi e rettili caratterizzati da grandi dimensioni e forme atipiche e corazzate.
Cosa differenziava un dinosauro da un rettile? Prima di tutto, la postura: gli arti erano posizionati sotto il corpo, mentre nei rettili si trovano lateralmente. Il dinosauro, pertanto, possedeva zampe capaci di stendersi in tutta la loro lunghezza, consentendogli una camminata ben diversa dallo strisciare ventre a terra. Per fare un paragone, nelle specie quadrupedi l’andatura era più simile a quella degli odierni rinoceronti o elefanti che ad un’iguana. I dinosauri, inoltre, erano animali esclusivamente terrestri. Le creature volanti (Pteranodon e simili) e acquatiche (Plesiosauri) appartenevano a rami separati di rettili, come del resto coccodrilli e tartarughe, anch’essi presenti nel periodo d’oro dei dinosauri.
I dinosauri avevano dimensioni estremamente varie; da piccoli come tacchini (i Compsognathus) a giganti lunghi 40 metri come i Supersaurus. Erano animali ovipari: deponevano un numero variabile di uova e le covavano con attenzione, cercando di tenerne lontani i predatori (ne esistevano di specializzati in questo genere di razzia, gli Oviraptor). La lunghezza della loro vita dipendeva probabilmente dal metabolismo, accelerato negli esseri più piccoli e rallentato in quelli giganteschi. Emettevano suoni piuttosto differenziati, come sembrerebbero dimostrare gli studi compiuti sui fossili, e probabilmente la loro pelle coriacea era variamente colorata.
Se siano stati animali a sangue freddo o caldo è ancora oggi oggetto di discussione. Sembra comunque che alcuni dinosauri avessero man mano sviluppato un sistema a sangue caldo, e che altri cambiassero metabolismo durante la crescita.
L’evoluzione dei dinosauri si protrasse per tutto il periodo Mesozoico, correndo in parallelo con il mutare delle condizioni climatiche e con la frammentazione del continente Pangea, da cui sono poi nati i continenti che noi oggi conosciamo. Questa lunga era viene suddivisa in tre periodi ben distinti da caratteristiche peculiari.
Il primo periodo, che vide la nascita dei dinosauri e la loro prima espansione, ha nome Triassico (248-213 milioni di anni fa), e dalle analisi scientifiche è emerso che si trattò di un’era piuttosto arida e secca, difficile. Pangea era ancora unito in un unico blocco, perciò i dinosauri poterono occuparlo nella sua interezza. Gli spostamenti dei dinosauri erbivori, in cerca di zone umide in cui trovare vegetazione commestibile, erano affiancati da quelli dei dinosauri carnivori, la cui sopravvivenza derivava dalla presenza di prede. In questo lasso di tempo nacquero le diverse morfologie delle specie.
Il secondo periodo, il Giurassico (213-144 milioni di anni fa), visse un importante cambiamento climatico. I livelli di ossigeno e anidride carbonica nell’aria crebbero, favorendo una rigogliosa crescita della vegetazione e la nascita di nuove specie di piante (in maggioranza felci, cicadine e gimnosperme). I rettili si adattarono benissimo al nuovo ambiente, raggiungendo spesso dimensioni gigantesche. Per i dinosauri fu l’età dello splendore.
Il terzo periodo, il Cretaceo o Cretacico (144-65 milioni di anni fa), fu soprattutto un periodo di differenziazione delle specie, dovuto al frazionamento ormai importante di Pangea (divisosi in Laurasia e Gondwana) e all’affermarsi di variazioni climatiche che originarono un sistema a fasce molto simile a quello oggi esistente. I dinosauri erano ormai giunti ad un punto cruciale della loro evoluzione, che la brusca (in termini geologici) estinzione troncò di netto.
LE SPECIE
I dinosauri possono essere divisi in due grandi ordini: Ornitischi e Saurischi. Questa suddivisione nasce dall’osservazione della forma delle ossa del bacino da un punto di vista laterale. I Saurischi avevano ilio, ischio e pube che puntano in tre direzioni diverse, come aprendo pollice, indice e medio per indicare il numero tre. Gli Ornitischi, invece, possedevano un bacino che aveva la forma di una mano mimante una pistola a canna doppia: pube ed ischio sono uniti.
Ai Saurischi appartenevano i dinosauri carnivori (Teropodi) e i dinosauri erbivori di maggiori dimensioni (Sauropodi). Sono questi, in linea generale, i dinosauri tanto cari all’immaginario d’infanzia e cinematografico.
Tra i giganti erbivori ricordiamo l’Apatosaurus (22 metri di altezza, noto anche col nome “revocato” di brontosauro), il Diplodocus (26-27 m) e l’Ultrasaurus (oltre 30 m), veri record della natura che vengono di volta in volta declassati dalla scoperta di nuovi giganti. Essi possedevano un corpo massiccio poggiante su zampe a colonna, ed un lunghissimo collo dalle molte vertebre, controbilanciato da una coda a sua volta molto lunga. La testa era estremamente piccola in proporzione al resto del corpo, ed esistono teorie che ipotizzano la presenza di un secondo cervello all’interno della colonna vertebrale di questi Sauropodi, allo scopo di controllare con più reattività un corpo tanto grande. Il gigantismo garantiva a questi dinosauri erbivori una relativa sicurezza dai predatori.
Le tracce rinvenute comunicano che si muovevano in branco, prestando particolare cura alla protezione dei cuccioli, come si riscontra oggigiorno nel comportamento degli elefanti. Per nutrirli occorreva un’enorme quantità di cibo, e ciò spiega perché il Giurassico, con la sua esplosione di vita vegetale, sia stato per loro un periodo di splendore. I dati delle ricerche mostrano che, allo stesso modo di alcuni mammiferi odierni, essi ingerivano sassi (chiamati gastroliti) per facilitare la macinazione dei vegetali all’interno dello stomaco.
Ai Teropodi appartenevano invece il Tirannosaurus Rex, l’Allosaurus e il Velociraptor, evolutisi in periodi diversi e con abitudini differenti.
Le prime due specie presentavano caratteristiche simili: si trattava di dinosauri giganteschi (il T-Rex misurava fino a 14 m), bipedi, con zampe posteriori poderose dalla muscolatura molto sviluppata e zampe anteriori minuscole, quasi atrofizzate nel caso del Tirannosaurus Rex. L’Allosaurus era inoltre caratterizzato da due creste verticali sul muso. La loro testa era molto grossa e massiccia, la dentatura adatta a strappare la carne, che veniva ingoiata a pezzi, e la muscolatura del collo era potenziata per dare al morso la maggiore efficacia possibile. Perfino l’articolazione della mandibola si era evoluta in maniera tale da consentire un allargamento consistente per facilitare il passaggio del boccone. La caccia avveniva in solitudine, utilizzando forse l’agguato.
Il Velociraptor, invece, apparteneva ad una razza di carnivori specializzata nella caccia di gruppo. Le dimensioni erano medio-piccole, ma questi rettili erano in grado di spacciare dinosauri molto più grandi di loro, quando non c’erano prede altrui di cui approfittare. Il loro punto di forza era l’agilità. Erano veloci e scattanti, dotati di un’intelligenza di branco micidiale. Le zampe posteriori erano caratterizzate dalla presenza di un lungo artiglio a falcetto, adattissimo al loro sistema di caccia.
Simili per abitudini, anche se dalle fattezze meno specializzate e di dimensioni leggermente più grosse, erano i Deinonychus.
All’ordine degli Ornitischi, appartengono tutti gli altri dinosauri erbivori, caratterizzati da becchi cornei adatti a strappare i vegetali. Essi possono essere a loro volta suddivisi in diversi sottordini e famiglie, facilmente riconoscibili dalle caratteristiche fisiche: ne fanno parte i Ceratopi, gli Stegosauri, gli Anchilosauri, gli Ornitopodi e i Pachicefalosauri.
Ai Ceratopi appartengono i famosi Triceratops, Styracosaurus, Torosaurus e tutti i loro simili. Questi dinosauri erano caratterizzati da corpo massiccio e grossa testa protetta da creste a scudo anche molto ampie, e da corna. Il muso aveva una forma a becco e anch’esso poteva essere protetto da un ulteriore corno come per i rinoceronti odierni.
Gli Stegosauri erano dinosauri erbivori di grandi dimensioni che avevano sviluppato sul corpo placche ossee e spine allo scopo in alcuni casi di disperdere il calore corporeo, in altri di scoraggiare i predatori e limitare al minimo le zone vulnerabili a denti e artigli. Queste placche, in doppia fila sopra la schiena, partivano dal collo per arrivare quasi in fondo alla coda, raggiungendo l’apice di grandezza più o meno al centro del dorso. Sulla coda erano poi presenti due o quattro grosse spine, che potevano essere usate anche come arma d’offesa. Il Kentrosaurus, appartenente alla stessa famiglia, aveva sviluppato spine anche ai lati del corpo.
Seguendo un modello evolutivo molto simile, gli Anchilosauri si presentavano come tozzi dinosauri dalla schiena supercorazzata a forma di barcone rovesciato. Questa corazza si estendeva fino alla parte superiore della calotta cranica. La coda era spesso dotata di armi d’offesa, tra cui la più caratteristica è una doppia mazza ossea all’estremità.
I Pachicefalosauri erano Ornitischi caratterizzati da un grosso rigonfiamento corazzato sul cranio, utilizzato probabilmente durante le lotte per la riproduzione e il territorio.
Gli Ornitopodi, infine, raggruppano i dinosauri erbivori bipedi, tra cui possiamo annoverare gli Adrosauri, dal muso a becco d’anatra. Alcune specie di questo sottordine possedevano corni cavi che si allungavano dietro il cranio, la cui funzione è dubbia. Si pensa che la loro forma fosse distintiva della famiglia di appartenenza, oppure che servisse come cassa di risonanza per emettere suoni particolari. Altri Ornitopodi, come gli Iguanodon, avevano trasformato il pollice delle zampe anteriori in un sorta di artiglio-pugnale, una non disprezzabile arma d’offesa.
Meritano un accenno, per quanto non facciano tecnicamente parte dei dinosauri, i rettili volanti e quelli acquatici.
In acqua, a contendere il territorio a tartarughe e squali, esistevano tre gruppi di rettili specializzati nella caccia: i Mosasauri, i Plesiosauri e gli Ittiosauri.
I Mosasauri erano rettili con una testa piuttosto massiccia e collo corto. Il corpo terminava con una coda lunga e affusolata.
I Plesiosauri possono essere suddivisi in due tipologie dalle caratteristiche ben distinte, ed è tra loro che ritroviamo i record di dimensioni raggiunte per quanto riguarda l’ambiente sottomarino. I Plesiosauri propriamente detti presentavano un corpo a scafo rovesciato, con quattro grosse pinne al posto delle zampe, una lunga coda e un collo serpentiforme, alla cui estremità stava una testa molto piccola. Il rettile più conosciuto appartenente alla razza dei “colli lunghi” è l’Elasmosaurus, che poteva raggiungere facilmente i 14 metri di lunghezza.
La seconda tipologia era quella dei Pliosauri: corpo massiccio, collo corto e grossa testa dalle mascelle dotate di una dentatura formidabile. Al momento, l’esemplare più grosso ritrovato è un Kronosauro di 12 m, un vero mostro marino, un terribile cacciatore.
I Plesiosauri, con tutta probabilità, deponevano le loro uova a riva come ad oggi continuano a fare le tartarughe, possedendo una cassa toracica che permetteva loro brevi spostamenti sulla terraferma.
Gli Ittiosauri, invece, avevano forme che oggi paragoneremmo a quelle del delfino, pur con differenze da specie a specie. Il ritrovamento di un fossile di Ittiosauro femmina nell’atto di dare alla luce il suo piccolo ci ha permesso di scoprire che essi avevano sviluppato un sistema di riproduzione viviparo. Questi animali, però, probabilmente a causa della forte competizione rappresentata dagli squali, si estinsero molto prima di 65 milioni di anni fa.
In aria, invece, si libravano creature discendenti dagli Arcosauri, progenitori dei coccodrilli e dei dinosauri stessi. Questi rettili avevano sviluppato ali membranose collegate al corpo e sostenute da un quarto dito delle zampe anteriori sovrasviluppato. Il quinto dito era semplicemente stato eliminato dal processo evolutivo. Le forme di corpo, testa e dentatura variavano moltissimo da specie a specie: semplici musi a becco per pescare pesce a filo d’acqua, mascelle con grosse creste verticali, corni cavi, addirittura fanoni per le specie che si cibavano di plancton.
Lo Pteranodon, con i suoi 7 metri di apertura alare e il caratteristico corno a sciabola che si protendeva all’indietro dalla parte posteriore del cranio, è forse il più conosciuto. Il record di grandezza, però, spetta al Quetzalcoatlus, con ben 15 metri di apertura alare (più o meno quanto un cacciabombardiere).
Parallelamente, alcuni dinosauri terrestri avevano sviluppato un diverso sistema per spiccare il volo, anche se forse per brevi tratti. Questi rettili avevano ossa cave, molto leggere, e le loro squame si erano modificate in modo da diventare penne e piume, organi adatti ad un volo vero e proprio, più che ad un semplice planare. Un esempio sorprendente è l’Archaeopteryx, dalle cui forme si può dedurre come gli uccelli di oggi siano probabilmente i parenti più prossimi ancora esistenti dei dinosauri.
LA FINE E L’INIZIO
65 milioni di anni fa, improvvisamente, il regno dei grandi rettili finì. Come e perché ancora oggi è oggetto di discussione, e le teorie in merito sono molteplici, spesso confinanti o sfocianti l’una nell’altra.
Ciò che si sa per certo è che in quella data un asteroide di proporzioni gigantesche entrò in collisione con il nostro pianeta, schiantandosi al suolo dove oggi si trova la penisola dello Yucatan. Il cratere è per metà nascosto sul fondo del Golfo del Messico.
Cosa può provocare un impatto del genere sull’ecosistema di un pianeta, a parte l’ovvia devastazione sul luogo dello schianto?
Ogni oggetto che impatta con la superficie terrestre è carico di energia cinetica, proporzionale alla sua massa e velocità di caduta. Per comprendere l’ordine di grandezza di cui si parla, basti pensare che l’asteroide roccioso caduto sullo Yucatan (10 km di diametro) si stima possa aver sviluppato una potenza esplosiva di 100 milioni di megaton, vale a dire l’equivalente di circa 7 miliardi di bombe di Hiroshima. Un simile impatto sarebbe stato capace non solo di causare terremoti e inondazioni, ma di sollevare una tale mole di detriti da oscurare l’atmosfera e provocare al clima modificazioni di lunga durata, stravolgendo completamente tutti i parametri che regolano la vita sulla Terra.
Che questo asteroide sia stato almeno una concausa dell’estinzione dei dinosauri è plausibile. Un forte abbassamento della temperatura globale e la probabile diminuzione di luce solare dovuta alla perenne nube nera di polveri in sospensione nell’atmosfera devono aver influito in maniera decisa e radicale sulla vegetazione terrestre, distruggendone gran parte e impedendo la fotosintesi. Come abbiamo già accennato, un dinosauro erbivoro raggiungeva spesso dimensioni gigantesche, e doveva nutrirsi in proporzione. È facile capire come una carestia possa allora aver provocato un crollo demografico nelle specie erbivore e conseguentemente anche in quelle carnivore.
Sono state pronunciate anche teorie su un’eventuale difetto delle uova deposte (un guscio troppo sottile), cosa che avrebbe ulteriormente limitato la riproduzione, che tuttavia non sembra sufficiente a spiegare un’estinzione di massa. Altre ipotesi riguardano l’esplosione di una supernova, le cui radiazioni avrebbero colpito la Terra con effetti devastanti (ma ad oggi non c’è alcuna prova di un tale avvenimento).
Qualsiasi cosa li abbia provocati (asteroidi, supernove, cicli geologici), se furono dei mutamenti climatici a condannare i dinosauri, la causa primaria della loro estinzione va ricercata nell’eccessiva specializzazione. Dovendosi adattare ad un mondo in cui la catena alimentare era sull’orlo del crollo ed avendo ormai raggiunto un punto critico della loro l’evoluzione, i grandi dinosauri scomparvero, lasciando il pianeta a coloro che seppero adeguarsi alle nuove condizioni: rettili più piccoli, coccodrilli, uccelli, squali e, soprattutto, mammiferi. Questi, col tempo, occuparono tutte le nicchie lasciate vuote, spesso prendendo forme sorprendentemente simili a quelle dei loro predecessori.
Dei dinosauri non si seppe più nulla fino al XIX secolo. È possibile che qualche traccia fossile fosse stata scoperta in antico, ma con tutta probabilità i ritrovamenti furono ricondotti ad esseri quali draghi ed altri mostri del mito. Nel 1810, invece, una bambina di undici anni scoprì un fossile completo di Ittiosaurus a Lyme Regis, in Inghilterra. Questo ritrovamento, seguito da numerosi altri (quello di un Iguanodon nel 1825, e poco dopo di un Megalosaurus nell’Oxfordshire), mise scienza ed opinione pubblica nella difficile posizione di dover ammettere che, in un passato sconosciuto, erano vissuti esseri mostruosi di cui non si conosceva nulla.
Nacque una sorta di “febbre del ritrovamento” che spinse gruppi di ricercatori o singoli individui a scavare in ogni dove alla ricerca di tracce di quel passato perduto. I terreni più diversi in ogni parte del mondo restituirono fossili di centinaia di specie sconosciute, regalando agli esperti una grande quantità di materiale da studiare.
Inizialmente non fu facile. Si partiva da zero, e i tentativi di ricostruzione e assemblaggio degli scheletri fossili ritrovati portavano spesso ad errori grossolani. Oggi possediamo informazioni sufficienti per gestire con meno difficoltà i nuovi ritrovamenti e le specie sconosciute che di quando in quando fanno ancora capolino dagli scavi dei paleontologi, arricchendo le nostre conoscenze.
Dopo quasi duecento anni dall’inizio di questa appassionante ricerca, siamo ancora ben lungi dall’aver compreso i segreti delle passate ere, nonché dall’avere ben chiaro quali fossero le caratteristiche dei dinosauri o come si svolgesse la loro esistenza. In compenso, essi ci hanno letteralmente invasi tramite saggi, documentari, animazione e cinema, suscitando immancabilmente un appassionato interesse nel pubblico.
L’avventura va avanti guidata da supposizioni, teorie, studi e smentite.