I figli di Matusalemme (Methuselah's Children, 1941/1958) di Robert A. Heinlein

I Figli di Matusalemme

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Anteprima testo

I figli di Matusalemme (Methuselah’s Children, 1941/1958) di Robert A. Heinlein

1

— Mary Sperling, sei davvero sciocca a non sposarlo!

Prima di rispondere, Mary Sperling sommò le perdite e compilò un assegno. — C’è troppa differenza d’età. — Passò all’amica il voucher di credito. — Non dovrei giocare d’azzardo con te… a volte penso che tu sia una sensitiva.

— Sciocchezze! Cerchi soltanto di cambiare argomento. Devi avere quasi trent’anni e non resterai bella in eterno.

Mary sorrise stentatamente. — Come se non lo sapessi!

— Bork Vanning non può avere superato di molto la quarantina e ha una posizione di rilievo. Dovresti cogliere la palla al balzo.

— Coglila tu. Devo scappare, adesso. Al tuo servizio, Ven.

— Al tuo — rispose Ven, poi corrugò la fronte fissando la porta che si contraeva alle spalle di Mary Sperling. Ardeva dal desiderio di sapere perché mai l’amica non volesse sposare un uomo importante come l’onorevole Bork Vanning, ma l’abitudine alla riservatezza l’aveva trattenuta ancora una volta.

Mary non aveva intenzione di rivelare a nessuno la sua destinazione. Appena uscita dall’appartamento dell’amica scese nel seminterrato usando il tubo pneumatico, ritirò l’automobile al robopark, la guidò su per la rampa e dispose i comandi per North Shore. La macchina attese uno spiraglio nel traffico, poi si tuffò nel flusso che scorreva ad alta velocità verso nord. Mary si adagiò contro lo schienale del sedile, appisolandosi.

Quando le indicazioni date al pilota automatico stavano per esaurirsi, un cicalino ronzò chiedendo istruzioni. Mary si riscosse dal dormiveglia e guardò all’esterno. Nel buio, il lago Michigan era una striscia più scura alla sua sinistra. Segnalò al controllo traffico che la lasciassero entrare nella corsia a circolazione locale; il controllo spostò l’auto nella direzione voluta e Mary riprese la guida manuale, poi frugò nel cruscotto.

Il numero di targa che venne fotografato in automatico, mentre si allontanava dagli accessi controllati, non era lo stesso di prima.

Mary seguì per alcuni chilometri una strada laterale incustodita, quindi svoltò in un viottolo stretto che conduceva alla riva e lì si fermò ad aspettare, a luci spente, in ascolto. A sud, il chiarore di Chicago illuminata brillava lontano; a qualche centinaio di metri gli accessi controllati ronzavano, ma sulla spiaggia si sentivano solo le voci timorose e sottili delle creature notturne. Mary tastò il cruscotto e girò un interruttore: il pannello degli strumenti s’illuminò, scoprendo altri quadranti nascosti. Li studiò, apportandovi alcune modifiche. Assicuratasi che nessun radar la osservasse e che nelle vicinanze non ci fossero oggetti in movimento, spense l’apparecchio, sigillò il finestrino al suo fianco e riaccese il motore.

Quella che sembrava una Camden velox di serie si alzò senza rumore sulle acque del lago, sfiorandole, poi s’immerse. Mary attese di trovarsi a quattrocento metri dalla riva e a quindici metri di profondità, quindi chiamò una stazione. — Risposta — disse una voce.

— “La vita è breve…”

— “Ma gli anni sono lunghi”.

— “Solo quando vengono i giorni del dolore” — ribatté poi Mary.

— “Me lo chiedo, a volte” — continuò la voce in tono discorsivo. — Okay, Mary, sei a posto.

— Tommy?

— No, Cecil Hedrick. Hai spento il sistema di guida?

— Sì, adesso occupatene tu.

Diciassette minuti più tardi il veicolo affiorava in un bacino che occupava la maggior parte di una grotta artificiale. Una volta a riva, Mary salutò le guardie e proseguì lungo una galleria fino a una grande stanza sotterranea dove erano radunate cinquanta o sessanta persone tra uomini e donne. Rimase un po’ a conversare con loro, e quando un orologio suonò la mezzanotte salì sulla tribuna e li guardò.

— Io ho centottantatré anni — dichiarò. — È presente qualcuno più anziano di me?

Nessuno rispose. Dopo un’opportuna attesa proseguì: — Quindi, in conformità agli usi, dichiaro aperta questa riunione. Volete eleggere un moderatore?

Qualcuno disse: — Continua tu, Mary. — E poiché nessun’altra voce si fece sentire, Mary ricominciò: — Benissimo. — Sembrava indifferente all’onore ricevuto e il gruppo condivideva quell’atteggiamento rilassato, come se ignorasse la fretta o si sentisse libero dalle tensioni della vita moderna.

— Come al solito — proseguì Mary — ci riuniamo per discutere il nostro benessere e quello dei nostri fratelli e sorelle. Qualche rappresentante delle Famiglie ha messaggi? Qualcuno vuole prendere la parola personalmente?

Un uomo intercettò il suo sguardo e si alzò. — Ira Weatheral, a nome della Famiglia Johnson. Ci siamo riuniti con quasi due mesi di anticipo, gli amministratori devono avere un buon motivo. Sentiamolo.

Mary fece un cenno d’assenso e si rivolse a un individuo piccolo, pieno di sussiego, seduto in prima fila. — Justin, se vuole… prego.

L’ometto pieno di sussiego si alzò e fece un rigido inchino. Dal suo kilt di cattivo taglio sporgevano due gambe molto magre. Aveva l’atteggiamento e i modi di un vecchio funzionario polveroso, ma i capelli neri e il colorito sano della pelle indicavano che era nel fiore della virilità.

— Justin Foote — disse con precisione. — A rapporto per conto degli amministratori. Sono passati undici anni dal giorno in cui le Famiglie Howard hanno deciso di consentire, in via sperimentale, che la società conoscesse l’esistenza nel suo seno di individui destinati a una vita molto più lunga della media, e di fornirne la prova attraverso l’esempio di uomini che avevano vissuto per un tempo più che doppio del normale.

Benché Foote parlasse senza consultare appunti, sembrava leggere ad alta voce una relazione preparata in anticipo. Tutti sapevano quello che stava dicendo, ma nessuno gli chiese di affrettarsi.

Il pubblico non mostrava l’impazienza febbrile tanto comune altrove.

— La decisione delle Famiglie d’invertire la vecchia politica del silenzio sul particolare aspetto che ci differenzia dall’umanità — proseguì l’oratore, senza modificare il tono — fu dettata da diverse considerazioni. Il motivo principale che a suo tempo giocò per l’adozione tattica della segretezza deve essere ribadito:

“Nel 1875 videro la luce i primi bambini nati da matrimoni propiziati dalla Fondazione Howard. Non suscitarono l’interesse di nessuno perché all’apparenza non erano diversi dagli altri, e quanto alla Fondazione, era una società senza scopo di lucro, sorta alla luce del Sole…”

Il 17 marzo 1874 Ira Johnson, studente in medicina, si trovava nello studio legale Deems, Wingate, Alden & Deems per ascoltare una proposta poco comune. Alla fine, Ira interruppe il socio più anziano dello studio. — Un momento, per favore! Devo dedurne che state cercando di convincermi a sposare una di quelle donne… per denaro?

L’avvocato parve spaventato. — Per cortesia, signor Johnson! Niente affatto.

— Be’, così sembrava.

— No, no. Un contratto simile non avrebbe valore. Noi la informiamo semplicemente, nella nostra qualità di amministratori di un trust, che qualora decidesse di contrarre matrimonio con una delle signorine segnate su questa lista, sarebbe nostro gradito dovere aiutare i suoi figli nella misura indicata dal contratto. Ma questa non è affatto una “proposta”, e con ciò non tentiamo di influenzare le sue decisioni. Ci limitiamo a informarla di alcuni fatti.

Ira Johnson mantenne la faccia scura e strascicò i piedi. — Di che si tratta? E perché?

— Questo riguarda la Fondazione. Diciamo che i suoi nonni ci hanno fatto un’ottima impressione.

— Avete parlato di me con loro? — chiese bruscamente Johnson. Non provava un grande affetto per i nonni: erano quattro individui piuttosto coriacei, e se almeno uno di loro avesse avuto la bontà di morire a un’età ragionevole, lui non avrebbe dovuto preoccuparsi dei fondi per completare la facoltà di medicina.

— Abbiamo parlato con loro, ma non di lei.

L’avvocato tacque e il giovane Johnson prese di mala grazia l’elenco di signorine, tutte straniere, con l’intenzione di stracciarlo appena uscito dall’ufficio. Invece, quella sera ci vollero sette tentativi prima di trovare le parole adatte a cominciare la lettera di “raffreddamento” destinata alla ragazza cui era legato in paese. Fu lieto di non averle mai rivolto una proposta in piena regola: la faccenda sarebbe stata maledettamente imbarazzante.

Quando in seguito sposò una delle ragazze segnate sull’elenco, parve una…

I figli di Matusalemme - Copertina

Tit. originale: Methuselah’s Children

Anno: 1941/1958

Autore: Robert A. Heinlein

Ciclo: Lazarus Long

Edizione: Mondadori (anno 1961), collana “Urania” #262

Traduttore: Giacomo Fecarrotta

Pagine: 128

Dalla copertina | I Membri delle Famiglie erano esseri umani del tutto simili agli altri, solo che avevano una particolarità: vivevano molto a lungo. La loro vita si misurava addirittura a secoli, e questo, quando lo si seppe, diventò intollerabile per gli “altri”, quelli condannati a morire in genere molto prima di aver raggiunto i cento anni. La supercivilizzata società del 2125 non poteva ammettere che pochi uomini godessero di un privilegio negato al resto dell’umanità, e soprattutto non poteva credere che si trattasse di una longevità naturale. Ecco perchè le autorità decisero di strappare ad ogni costo alle Famiglie il segreto della lunga vita. O rivelare quel segreto, o venire distrutti. Ma esisteva anche una terza alternativa, alla quale gli “altri” non avevano pensato: andarsene dalla Terra. E così le Famiglie fuggono dal pianeta natale in cerca di una nuova Patria, affrontando un viaggio che per quanto lungo possa essere non è impossibile per creature che vivono centinaia di anni. Forse esistono altri pianeti sui quali la vita è possibile. Infatti ne trovano uno, ma anche da quello vengono cacciati. Poi ne scoprono un altro, ma lì si nasconde una minaccia ancora più grave di quella che li ha costretti a lasciare la Terra. E pare proprio che per i Membri delle Famiglie non esista nell’Universo un posto in cui poter vivere come tutti.