Spalleggiata dai predoni del grande deserto Desol, la rivolta religiosa chiamata Redenzione ha sconvolto il regno di Khandar. Gli antichi ordini sacerdotali sono stati sciolti e ovunque si susseguono stragi ed esecuzioni sommarie. Dopo che buona parte dell’esercito ha tradito e sposato la causa degli insorti, il re è fuggito. Altrettanto hanno fatto le truppe di Coloniali inviate in precedenza dal regno alleato di Vordan, rintanatesi ora dietro le mura fatiscenti di Forte Coraggio. Il loro sentimento di appartenenza a un esercito e il desiderio di combattere sono sbiaditi come il blu oramai indistinguibile delle divise, bruciate dal sole. Del resto poco ci si può aspettare da un contingente esiguo, e noto come il peggio dell’esercito vordaniano: gli ufficiali sono nobili caduti in disgrazia che vivono il loro incarico come una condanna, e i soldati sono incapaci, male addestrati, non di rado teste da forca arruolatesi per sfuggire alla pena. Si attende dunque solo l’ordine di rientro in patria. Eppure, quando finalmente da Vordan arriva la flotta per la supposta evacuazione, ne sbarcano invece alcune migliaia di reclute neanche ventenni, comandate dall’alto ufficiale Janus bet Vhalnich Mieran il quale tutto sembra avere in mente fuorché la ritirata.
I Mille Nomi (The Thousand Names, 2013), dell’autore statunitense Django Wexler, è il primo dei cinque volumi previsti per la saga The Shadow Campaigns, che ha già visto pubblicato negli States il secondo capitolo The Shadow Throne (2014) e il breve racconto The Penitent Damned (2013) che ne costituisce il prequel.
In una cornice d’ispirazione rinascimentale e moderna anziché medievale (un contesto metastorico vittoriano ma geograficamente spostato fuori dall’Europa, con nomi e luoghi che evocano le sterminate e aride distese del Nord Africa e dell’Afghanistan), Wexler racconta, tramite grandi affreschi immaginifici simili a quelli di Erikson e dettagliatissime avvolgenti descrizioni come quelle di Rothfuss, una grande campagna militare.
Rispetto al fantasy classico, si privilegiano i moschetti alle spade, e più il senso di mistero e superstizione che la magia. Queste particolarità pongono il romanzo nell’ambito del flintlock fantasy, un genere di recente definizione creato per abbracciare opere di autori quali Stephen Hunt e Brian McClellan, dove il consueto dualismo sword & sorcery viene sostituito dal nuovo magic & muskets. Il termine flintlock fa riferimento alla pietra focaia necessaria per incendiare la polvere nelle prime armi da fuoco.
Il racconto si caratterizza così per le cruenti battaglie: coraggiosi assalti e strenue difese, arguti stratagemmi, manipoli soli contro la moltitudine, inviati in avanscoperta o a creare teste di ponte, ordinate schiere di soldati che avanzano serrando i ranghi, cariche di cavalleria a cui si oppongono i quadrati dei fucilieri irti di acuminate baionette, mentre intorno si spande la coltre grigia originata dai colpi dei moschetti e rimbomba ovunque il suono possente dei cannoni… Scene di cui Wexler narra ogni tratto, le gesta eroiche e le straordinarie intuizioni come pure i grossolani errori e gli atti vili e aberranti.
L’autore pare ben consapevole di aver importato nel proprio mondo molte delle palesi contraddizioni dei tempi del colonialismo. Per esempio il combattere in luoghi lontani da casa per riconsegnare troni a ex regnanti che nessuno rimpiange, con la pretesa di aiutare popolazioni i cui usi e i costumi in realtà non ci si impegna nemmeno a comprendere. Se è vero che i Redentori appaiono come l’incarnazione palese di un fanatismo religioso folle e cieco, volto sostanzialmente all’autodistruzione, non si scorge tra le fila dei Coloniali alcun ideale: si combatte perché così è stato ordinato.
La scelta di narrare le vicende dai differenti punti di vista di due protagonisti, il capitano Marcus d’Ivoire e il soldato (anzi soldatessa) Winter Ihernglass, pare quanto mai azzeccata. I due sono assai diversi, per estrazione sociale, aspirazioni e ruoli. Marcus d’Ivoire è un eroe mancato: colpito da una terribile sciagura familiare, non ha potuto fare la carriera a cui probabilmente era destinato, e si ritrova tra le fila dei coloniali per una scelta dettata dal sentimento di amicizia che lo lega a un altro ufficiale. Pur non conoscendone le reali intenzioni, Marcus sarà al fianco del colonnello Janus in ogni decisione, comprese le più ardite e apparentemente dissennate, invise al resto degli ufficiali e ai soldati. Winter Ihernglass è una ragazza che si fa passare per maschio: fuggita da un orfanotrofio e arruolatasi sotto mentite spoglie, vivrà ogni battaglia in prima linea, lontana dal centro di comando. Alternando le prospettive di questi personaggi, Wexler compone un quadro dettagliato, convincente e drammaticamente umano.
Non si giunge tuttavia al disincanto e all’ironia di opere come The Heroes di Joe Abercrombie: esistono gli eroi nella storia di Wexler, e spesso, le loro capacità e il loro valore trovano adeguato riconoscimento, così come trovano severa implacabile punizione la viltà e l’arroganza.
Se le battaglie sono probabilmente il punto di forza del romanzo, ottima è anche la costruzione dei personaggi (dinamiche e rapporti) e del quadro generale. I regni escono da un oscuro medioevo, ma l’ingresso nel mondo moderno non ha cancellato del tutto le ombre più profonde e misteriose, che prepotentemente cercheranno di riemergere alla prima occasione propizia. I personaggi si muovono complessi, in eterna lotta con l’ombra del proprio passato, ma senza contraddizioni; nella desolazione del deserto, nell’aridità assoluta e desolante, scopriranno lentamente sé stessi.
Il lettore si immerge a fondo nella campagna militare, consapevole che gli scontri narrati non sono fini a sé stessi: una trama sotterranea emerge a poco a poco, illuminando di particolare significato molti eventi altrimenti oscuri. Si avverte che il respiro del romanzo è ben più ampio delle iniziali premesse e, se pure I Mille Nomi possa essere letto come storia autonoma, la conclusione argutamente apre un breve scorcio su quanto potrà ancora avvenire in prosieguo di saga.
Tit. originale: The Thousand Names
Anno: 2013
Autore: Django Wexler
Ciclo: The Shadow Campaigns (vol. 1)
Edizione: Fanucci (anno 2014)
Traduzione: Stefano Sereno
Pagine: 652
ISBN-13: 9788834726501
La quarta di copertina:
La sonnolenta quotidianità in cui il capitano maggiore Marcus d’Ivoire e il suo piccolo esercito sono risucchiati, rassegnati a finire i propri giorni in un remoto avamposto, è stravolta dallo scoppio di una ribellione ai confini del Regno di Vordan, che li costringerà alla dura prova della difesa di una fortezza nel deserto. Winter Ihernglass si è arruolata nell’esercito fingendosi un uomo, con il solo scopo di sfuggire al suo passato. Coraggio e determinazione non le mancano, e insieme alla sua umanità le faranno ottenere in breve una promozione a luogotenente. I destini di questi due soldati e dei loro uomini dipendono dal colonnello Janus bet Vhalnich, il prescelto dal re per riprendere in mano le redini di una guerra che sembra perduta e ristabilire l’ordine. Il suo genio militare sembra non conoscere limiti, sotto il suo comando si assiste a un rovesciamento delle sorti. Marcus e Winter credono nel loro superiore e sono pronti a seguirlo fino alla fine, ma la loro fedeltà sarà messa a dura prova quando cominceranno a sospettare che le ambizioni dell’enigmatico colonnello vadano ben al di là del campo di battaglia, avvicinandosi pericolosamente al sovrannaturale…