Il 13° Guerriero

Il 13° Guerriero

Il tredicesimo guerriero è un film che possiamo definire di avventura. Quando uscì nelle sale ci furono parecchie discussioni sui temi da esso toccati: la storia di un arabo, fine letterato che andava a combattere cannibali nelle fredde lande del Nord Europa, destò qualche perplessità.

MICHAEL CRICHTON, per l’occasione co-regista e sceneggiatore, è abbonato a trame di avventura in cui mescola fattori disparati: fantastico, fantascienza, storia.

In questo caso ha cercato di rendere un’ambientazione storica (o quasi). Vista la mancanza di qualsivoglia tipo di magia, razza o pesante distorsione della realtà storica, non si può parlare infatti di fantasy in senso stretto.

L’insieme però va decisamente “oltre lo storico”: dev’essere spostato in quella dimensione, quella terra di mezzo che è il mondo dei miti.

Come appare chiaro con un po’ di attenzione, il film racconta una fiaba, una saga forse: i guerrieri sono implacabili e coraggiosi, le donne belle e in pericolo, ci sono un Anziano re, più d’una anziana Veggente, nemici misteriosi ed apparentemente invincibili che strisciano nelle ombre (il Male), e sullo sfondo un mondo che cambia e muore. Tutti elementi che caratterizzano più di un mito.

I fattori principali non sono quindi quelli di una pellicola storica, ma quelli della fiaba; non sono certa che fosse intenzione dell’autore ricostruire un mito, ma probabilmente è dai miti nordici che ha tratto lo spunto maggiore per la storia.

Il messaggio centrale dell’intero film è quello dell’accettazione: accettare il proprio destino (l’esilio cui è costretto l’arabo interpretato da ANTONIO BANDERAS, il sorteggio in cui viene scelto per la missione, la continua menzione al gomitolo della vita che prima o poi si esaurisce, senza alternative) ed accettare le diversità perchè uniscano, finché possibile, o rivelino i punti deboli del nemico.

C’è un abbozzo di confronto tra i pagani nordici ed il poeta islamico. È la voce dell’arabo che apre e chiude la narrazione, riportando alla futura memoria non solo il suo nome ma anche e soprattutto quello dei suoi compagni. Combatte con loro ed impara ad apprezzarli sia come individui sia per la saggezza ed il valore che possono insegnare, e riporta questi insegnamenti sulla carta, affinché il loro ricordo divenga immortale. Prega per loro il suo Dio, come essi pregheranno per lui i loro.

L’ambientazione è ricca di particolari, le ampie viste montane degne di nota come pure i luoghi più ristretti in cui si svolgono le vicende (accampamenti, case e forti; navi).

I dialoghi al contrario sono spesso fin troppo semplici; sembrano plasmati della stessa rozza giovialità in cui vengono intinti tutti i personaggi nordici, ma che non si adatta ad ogni situazione.

Lo studio dei caratteri pare quasi abbozzato, e anche la caratterizzazione delle tre popolazioni che si incontrano/scontrano è vittima di semplificazioni.

Le tribù primitive, adoratori della Madre Terra, vivono come le bestie che si fingono, ma sanno cavalcare e usano il fuoco; oltre a questo sono quasi eccessivamente brutali, rozzi, prevedibili. Come stereotipi non fuggono dallo scontro, perchè sanno solo uccidere o venire sconfitti.

I personaggi nordici invece hanno tutti modi diretti. Di carattere nobile ma rozzo, temono l’inganno e contro di esso sono indifesi, anche se sanno destreggiarsi nelle lotte di potere che si svolgono nelle piccole corti dei loro re..

Gli arabi infine hanno modi cortesi, acculturati. Appaiono quasi femminili vicino agli uomini nordici, e di certo sono i più vicini alla nostra mentalità, soprattutto dal punto di vista igienico (come sottolineato in più scene del film). Conoscono la lotta ma ne fanno un’arte più raffinata, e in un mondo che pare creato per combattere e morire sono gli unici a conoscere l’immortalità della tradizione scritta, cosa che viene a tratti invidiata.

Il film conta numerose scene particolarmente belle o suggestive, non solo per gli ambienti nordici così ricchi di fascino ma anche per lo strascico di leggenda che ricreano.

Tra queste, l’arrivo della nave: un fanciullo sulla prua, dalla nave immersa nella nebbia, deve dichiarare i nomi degli occupanti; solo così chi sorveglia dalla riva può accertarsi che si tratta di uomini e non di fantasmi. Oppure il corteo funebre del re morto, all’inizio del film, che viene preannunciato come l’ultimo nell’antico rituale (ricorderà in parte il funerale di Theodred ne Il Signore degli Anelli girato da Peter Jackson, si rifà ai riti nordici). Particolare è anche la scena del drago, un fiume di fuoco che si muove lungo la montagna.

In definitiva, Il tredicesimo guerriero è un film piuttosto semplice. Un’avventura piacevole, corredata da qualche risata e qualche brivido, che cerca, in fondo senza presunzione, di mettersi sul tracciato dei Miti, raccontandone uno in chiave minore.