Il benandante
Una fiaba friulana ripresa da Italo Calvino narra di due amici che si giurano d’essere compari d’anello. Alla morte dell’uno, l’altro, prossimo al matrimonio, lo evoca dalla tomba e, durante il banchetto nuziale, gli domanda dell’aldilà.
«Vieni con me» è la risposta del morto «e ti farò conoscere i luoghi del Paradiso.»
Lo sposo accetta, ma quando torna sulla terra scopre che nel frattempo sono passati molti anni e la sua storia è ormai leggenda. Gli chiedono di narrare cos’ha visto nel suo viaggio, e lui cade morto.
I benandanti e Domenico Scandella sono realmente esistiti. Le loro amare vicende sono state sottratte all’oblio da Carlo Ginzburg.
Pellegrino Gasparutto ebbe il destino segnato nell’attimo che uscì dalla pancia di sua madre.
«È nato con la camicia!» esclamò la levatrice prima di togliergli la membrana amniotica, che fu messa da parte per essere battezzata con lui. Fu quindi inevitabile che, al compimento dei suoi vent’anni, lo chiamassero i benandanti.
Accadde in un giorno di fine estate del 1575. Dall’alba stava voltando il fieno in un campo di padron Bartolo, ai margini di Meduno, paese situato nella parte di Friuli rimasta a Venezia dopo la guerra con l’Austria. A Pellegrino, solo al mondo dopo aver perso i genitori nella pestilenza dell’anno precedente, per campare non sarebbero bastati i magri campi lasciatigli dai suoi; doveva perciò lavorare anche la terra degli altri. Ma i suoi giorni, gravati anche dai debiti contratti con il parroco don Jacopo, restavano miseri e ignari di speranza.
Sul finire della giornata di fatica, interrotta solo il tempo necessario per mandar giù un boccone di pane, si apprestava a falciare qualche bracciata di foraggio per la sua stalla, quando sulla campagna calò improvviso il silenzio. Tacevano gli stridii degli insetti, muti si erano fatti gli uccelli, persino le fronde degli alberi parevano come fissate dal gelo. Pellegrino colse con la coda dell’occhio un movimento furtivo. Posò la falce e si sporse oltre il muretto a secco che recintava il campo, certo di sorprendere qualche monello in vena di scherzi, ma non vide nessuno. Lo invase una sottile inquietudine. Ora, persino la luce del tardo pomeriggio gli pareva offuscata da un velo.
Di colpo, come a un segnale, le cicale ripresero a frinire.
Pellegrino scosse la testa, poi levò la cote dal corno di bue e affilò la falce, alternando due lente passate per lato. Alla fine provò la lama con il pollice e cominciò a tagliare, concentrato sul movimento delle spalle robuste; ma un rumore aspro lo fece trasalire: la punta della falce si era spezzata e c’era un sasso accanto al frammento lucente. Pellegrino conosceva ogni palmo del campo eppure non aveva mai visto prima quella pietra maligna. Levò il pugno al cielo già striato dai colori del crepuscolo e imprecò.
In quel momento arrivò un giovane che sorrise vedendolo inginocchiato. Era il suo amico fraterno Pietro Rotaro. Nato anche lui con la camicia, già da alcune stagioni comandava la compagnia dei benandanti di Meduno.
«Amen, Pellegrino»disse allegro. «Hai un modo curioso di recitare le orazioni. Ti si sente bestemmiare a cento passi di distanza.»
Pellegrino tese le braccia, mostrando la punta della falce e la pietra, e spiegò cosa gli era capitato. «Sfortuna maledetta» concluse con voce rotta. «Sempre e solo quella, nella mia vita.»
Pietro si fece serio. «Fratello, forse la tua non è solo mala sorte. Ti cercavo perché ho qualcosa da dirti, in merito.»
Pellegrino infilò le corregge della gerla, appoggiò falce e forcone sulla spalla e si avviò insieme all’amico verso il paese.
Fecero un tratto in silenzio, mentre nell’aria si diffondeva il suono delle campane dell’Ave Maria, poi Pietro disse: «Hai compiuto vent’anni, l’età in cui i nati con la camicia si fanno benandanti. È tempo che tu ti unisca a noi.»
«Ne avevamo già parlato» replicò cauto Pellegrino. «Allora ti dissi che ci volevo pensare. Non ho ancora deciso.»
«Non c’è nulla da decidere, è il tuo destino. Certo, potresti far finta di nulla e tentare l’esistenza di tutti, noi benandanti lo accetteremmo, ma… gli Altri? Per loro, che tu lo voglia o no, sei già un nemico. Perciò ti dico: attento, Pellegrino, lo sbilfone è sulle tue tracce. O credi che le disgrazie della tua vita vengano solo dal caso?»
Pellegrino fece per rispondere, ma vide Maria, china sulla fontana. Lei colse la sua occhiata, prima di voltare la testa, poi sollevò il bilanciere con i ramaioli pieni d’acqua e si avviò.
Pietro sorrise allo sguardo intenerito dell’amico. «Le hai già parlato?»chiese.
«A che servirebbe?» rispose amaro Pellegrino. «Maria è l’unica figlia del Veneziano, mentre io sono soltanto un disgraziato a giornata da suo padre.»
«Sia pure, ma dai suoi occhi capisco che lei ti ricambia.»
«Bastasse questo! Padron Bartolo Bonacelli si è fatto ricco col commercio del legname, io invece…»
«Sì, lo so, sei solo un disgraziato. Ma vedo che Maria ha rallentato. Se ti sbrighi, puoi augurarle la buona sera.» Pietro lo sospinse. «Vai, prima che ti incoraggi con una pedata.»
Pellegrinò si affrettò a raggiungere la ragazza. Ben fatta, bionda, con gli occhi azzurri e le guance vermiglie, l’aveva amata dalla prima volta che l’aveva vista in chiesa.
«Buona sera, Maria» disse impacciato. «Posso aiutarvi?»
Lei si fece ancora più rossa in viso. «No» mormorò, lo sguardo fisso davanti a sé. «Grazie, Pellegrino» aggiunse.
Il suono del suo nome dalle labbra di lei lo illanguidì. «Permettetemi almeno di accompagnarvi a casa.»
«Come volete, la strada è di tutti.»
Proseguirono, timidi e muti, tra le mura del borgo sino al portone aperto sul cortile dei Bonacelli, ed entrarono nell’ombra del portico. Uno sciame di galline dava le ultime beccate nell’aia e i cani sonnecchiavano tra le cataste di legna. Davanti a una porta da cui giungevano voci e rumori di cucina, attendeva Bartolo Bonacelli. Era un uomo ormai maturo, di solide membra e carattere imperioso. Fece cenno a Maria di entrare in casa, poi porse un fagotto a Pellegrino. «Tieni, per la tua giornata» fece brusco.
Pellegrino prese l’involto. «Grazie, padron Bartolo» disse, ed esitò.
«Che c’è ancora?»
«C’è che ho rotto la falce su una pietra del vostro campo. La dovrò portare dal magnano, e dato che non ho i soldi e che è successo mentre lavoravo per voi, mi chiedevo se voi…»
«No!» tagliò corto il Veneziano. «Hai già avuto quanto pattuito. Non è colpa mia se sei stato malaccorto.»
Pellegrino chinò la testa e fece per andarsene.
«E un’altra cosa…» aggiunse l’altro. «Bada a tenere le tue mani di pezzente lontano da mia figlia o te ne farò pentire.»
Pellegrino si irrigidì e fissò rabbioso il Veneziano.
«Fratello!» lo chiamò Pietro dal portone. «Vieni via, non è la sera giusta per questi ragionamenti.»
Bartolo lo fissò di scatto. «Giusto voi! Ho da dirvi una parola.»
Pietro uscì dall’ombra e sostenne con fermezza lo sguardo ostile dell’altro. «Sono a vostra disposizione.»
«Corre voce che l’inquisitore di Aquileia abbia interrogato un benandante di Giàssico» disse Bartolo. «Voi che avete da dire a riguardo?»
«Che è storia vecchia. Come il fatto che l’ha lasciato andare senza infliggergli alcuna pena.»
«Carne e sangue!» imprecò il Veneziano, e i cani levarono brontolando la testa. «Vi rendete conto che ora sa di voi? Quanto credete impiegherà ad arrivare anche qui? Ci volete tutti nelle mani del Sant’Uffizio?»
Pietro scrollò le spalle. «Quelli vanno a caccia di seguaci del diavolo e luterani. Noi siamo benandanti.»
«E per l’Inquisizione dove starebbe la differenza, di grazia?» replicò sarcastico Bartolo.
«Nel semplice fatto che noi non facciamo nulla di male. Voi siete un uomo cocciuto. Venite dalla città, è vero, e agli inizi non potevate sapere quale battaglia si combatte qui e contro quali nemici, ma dopo tanti anni pensavo che ormai vi fosse almeno chiaro che i benandanti difendono i raccolti dai malefici delle streghe.»
«Streghe? Malefici? Scempiaggini! È il lavoro dei contadini, con il sole e l’acqua che Dio manda, a fare prosperare i raccolti. Quando capirete che una palata di letame vale più di tutte le vostre magie?»
«Come vi pare. Ma noi continueremo a difendere i nostri campi, vi piaccia o non vi piaccia.» Pietro si girò e uscì in strada. Dopo un attimo di esitazione, Pellegrino gli andò dietro.
Bartolo si affacciò al portone. «Attento a voi, bifolco» scandì con voce arrochita dall’ira. «Non vi permetterò di essere la nostra rovina.»
Pietro non replicò e si allontanò a passi rapidi seguito da Pellegrino che gli disse: «È furioso. Forse dovresti…»
«È solo uno sciocco, non vede che affari e zecchini. Ma basta, di questo. Vieni con me.»
Svoltarono per una salita tra gli orti e arrivarono nel cortile dei Rotaro. Un nugolo di bambini felici e ben nutriti si rincorreva sotto i canti delle rondini dirette al nido. I fienili colmi e le vaste stalle testimoniavano della serena opulenza di quella famiglia. Pietro volle la falce rotta e si impegnò a ripararla a proprie spese. Poi porse all’amico una delle sue. Pellegrino esitò. «Non so come potrò sdebitarmi.»
«È semplice: non dandotene pensiero» sorrise Pietro. Poi tacque un istante, seguendo il filo dei propri pensieri, prima di aggiungere: «Ora non resta che farti sposare Maria.»
«E tu credi ancora che sia possibile?» si meravigliò Pellegrino.
«Di più, ne sono certo. Al punto di giurare che ti sarò compare d’anello.»
La sua sicurezza commosse Pellegrino. «E io giuro che sarò il tuo» promise.
«Così sia. Vuoi fermarti a cena da noi?»
«No, vado a casa. Ho da pensare a molte cose.»
«Anche a quello che ti ho chiesto, spero.»
«Sì, lo sai bene» rispose Pellegrino avviandosi nel crepuscolo.
Quando arrivò nel suo cortile lo trovò più buio e desolato che mai. Andò nella stalla a controllare il bue e posare gli attrezzi, poi entrò in cucina. Là, accese la lucerna, marezzando di ombre i muri macchiati di fuliggine e, al solito, fissò lo sguardo sulla sedia di sua madre. Gli venne in mente il tempo felice in cui, la sera, il focolare era vivo e lei gli chiedeva della sua giornata, trovando le parole per consolarlo se si lagnava della loro miseria. Poi arrivava anche suo padre e fino al momento di andare a letto la cucina risuonava di parole serene e risate…
No! Doveva convincersi che era tutto finito, spazzato via dalla peste, che i ricordi servivano solo ad accrescere il dolore. Aprì il fagotto di padron Bartolo. Vi trovò una fetta di polenta, una magra razione di formaggio, due uova sode e un pizzico di sale. Sorrise amaramente, mentre osservava il misero cibo. Pensò poi a Pietro, alla sua casa piena di voci e abbondanza, e, inattesa, la serpe dell’invidia gli morse il cuore. Ne provò subito vergogna e, ricordando la generosità dell’amico, scacciò l’orribile sentimento, rimproverandosi e giurando a se stesso che mai più l’avrebbe provato. Ma sentiva che qualcosa era mutato nel suo animo…
Da fuori venne un lieve rumore, simile al fruscio di passi furtivi. Pellegrino aprì la porta e scrutò nell’oscurità. Nessuno. Eppure, per la seconda volta in quella giornata, gli era parso di cogliere il movimento circospetto di un bambino. Lo assalì un’improvvisa, invincibile stanchezza. Salì a passi lenti la scala esterna che portava alla sua stanza.
* * *
…Camminava in una pianura costellata di cespugli ritorti, diretto alla cortina lattiginosa dell’orizzonte. Non conosceva quel luogo né sapeva perché lui vi si trovasse, ma intuiva un’oscura minaccia.
Di colpo, qualcuno balzò a sbarrargli la strada. Basso, la testa enorme sul corpo nocchiuto, gli occhi folli e feroci, l’essere lo guatò poi soffiò graffiando l’aria con dita adunche. Pellegrino capì di essere di fronte allo sbilfone. Arretrò terrorizzato e inciampò, cominciando a cadere all’indietro, lungamente, inerte come una foglia morta, mentre gli occhi del mostro gli si facevano sempre più vicini…
* * *
Si levò di scatto dal pagliericcio e per un momento provò l’impulso di fuggire, poi riconobbe la sua stanza. Si passò una mano tremante sulla fronte madida di sudore. Era stato solo un sogno, ma orribile come nessun altro in vita sua. Quando si fu ripreso, scese in cucina e bevve avidamente un mestolo d’acqua, poi uscì nell’aia. La notte era alla fine, tra poco i galli avrebbero salutato il primo lucore del giorno, tutto pareva come sempre. Ma Pellegrino attese l’alba afflitto dal ricordo dello sbilfone.
* * *
Un raggio di sole illuminava i resti del copioso pranzo di don Jacopo. Il parroco fece un largo sorriso all’ospite che gli sedeva di fronte. «Davvero non ne volete un sorso?» chiese levando la caraffa. «Badate che è nettare dai vigneti del Collio.»
«Non bevo mai vino» rispose Bartolo. «Voi fate come vi pare» continuò, calcando la voce sul voi.
«Mmm. Dite, la domenica vi siete mai chiesto perché non celebro l’eucarestia con l’acqua?»
«No» rispose acido il Veneziano. «In chiesa bado solo a seguire la Messa con devozione.»
«Da quel bravo cristiano che siete» approvò il parroco, affondando il mento nella pappagorgia. «Tuttavia, l’ultima cena e le nozze di Canaan dimostrano ad abundantiam che Nostro Signore non ci pretende astemi. Per tacere di Giovanni che definisce Gesù con la metafora della vera vite.» Allargò soddisfatto le braccia tozze. «Quod erat demonstrandum.»
«Alla malora il vostro latinorum!» eruppe Bartolo. «Devo essere burlato anche da voi? Che avete tutti, in questo maledetto paese?»
«Quanta foga» disse placido il parroco. «Non dimenticate che siete nella casa del ministro di Dio.»
«E voi che non sono qui per sentirvi cianciare di vino. Al dunque! Avete saputo cosa pensa l’inquisitore della situazione? O a Udine avete badato solo a rimpinguare la vostra cantina?»
Don Jacopo sospirò. «No, ho parlato con chi di dovere, naturalmente usando tutte le cautele del caso.»
«E allora?»
Il parroco si versò un altro bicchiere e lo sorseggiò senza fretta, incurante dello sguardo esasperato dell’altro. «È una faccenda delicata» disse finalmente. «Giulio d’Assisi, l’inquisitore di Aquileia, ha a cuore la situazione, avendo assodato la presenza dei benandanti in tutto il Friuli, e tuttavia ha anche ottime ragioni per non agire. Vi vedo perplesso. Eppure, da fedele suddito della Serenissima, dovreste sapere che Venezia non vede di buon occhio che l’Inquisizione adempia alla sua santa missione nei propri territori. Per tacere del fatto che va anche considerata la disposizione d’animo dei friulani, Medunesi compresi.»
«Che intendete dire? Non vi capisco.»
«Purtroppo! Il fatto è che nei dieci anni che vivete tra noi avete badato solo ai vostri affari. Voi questa gente non la conoscete affatto. Vedete, qui tutti credono che la loro fortuna dipenda dal buon esito dei riti dei benandanti. I quali, peraltro, si professano ferventi cattolici, frequentano la chiesa e si accostano regolarmente ai sacramenti. Addirittura, stando al benandante di Giàssico, si sentono al servizio di Dio e sono certi di andare in Paradiso. Beati loro, mi viene da dire. In ogni caso, è un fatto che, dove agiscono i benandanti, non v’è traccia né di sabba né di streghe, e anche di questo va tenuto conto.»
«Storie! Per me, alla fine, saranno giudicati allo stesso modo dei seguaci di Satana.»
«Dite bene, per voi. Io, invece, che non so davvero come andrà a finire, per adesso non vedo ragione di turbare la pace di Meduno.» Il parroco studiò il volto torvo di Bartolo. «Perdonate, ma non riesco a capirvi. Che fretta avete di vedere in azione gli sbirri del vescovo? Quando vengono, non c’è sasso che non rivoltino o segreto che non estorcano.»
«Lo so! Infatti è l’ultima cosa al mondo che vorrei. Tuttavia, mi risulta dalle mie fonti a Venezia che l’Inquisizione aspetta solo l’occasione propizia per colpire i benandanti. A quanto pare, voi badate soltanto alla vostra tranquillità. Io invece temo, e molto, per i miei affari. Con il paese messo sotto sopra dagli inquisitori, non riuscirei più a onorare i miei contratti. Chi taglierebbe e trasporterebbe il legname? Devo escogitare qualcosa, prima che ad Aquileia decidano di muoversi. Speravo in un vostro consiglio, ma a questo punto…»
«Un po’ di pazienza, amico mio. Se le cose stanno così, i vostri timori sono tutt’altro che infondati… Vediamo, escogitare qualcosa, dite? Che metta in condizioni di non nuocere i nostri benandanti prima che si muova Giulio d’Assisi? E, mi preme aggiungere, senza ferire i sentimenti del mio gregge? Ahimè, è cosa ardua, tertium non datur, sapete…»
Bartolo balzò in piedi. «È meglio che vada.»
«Aspettate, ho detto che è cosa ardua, non impossibile.» Il parroco si alzò, andò alla finestra e là rimase fissando i campi, le mani incrociate dietro la schiena. «Però dipende anche da voi» proseguì. «Anzi, soprattutto da voi.»
«Spiegatevi e io farò ciò che occorre.»
«Benone. Per prima cosa, bisognerebbe conoscere i luoghi dei loro riti, dei quali è noto solo che avvengono nei giovedì delle Quattro Tempora… tenete presente che la prossima cade alla fine di settembre… Per il resto, io so che il capo dei benandanti locali è Pietro Rotaro. E so anche che il suo più caro amico è Pellegrino Gasparutto.» Si girò sulla spalla. «Risulta pure a voi?»
«Come a tutti, sono fatti risaputi.»
«Allora seguite il mio ragionamento. Gasparutto è nato con la camicia, dunque sarebbe destinato a diventare benandante, tuttavia mi è giunta voce che la prospettiva non lo entusiasma.» Il parroco alzò gli occhi alle decorazioni del soffitto. «Dicono anche che ami vostra figlia.»
«Che c’entra Maria?»
Don Jacopo indicò l’armadio che conteneva le sue carte. «Ed è anche indebitato con me. Capite?»
«No! Piuttosto brucerei all’inferno!»
«Ma solo se il legno della pira venisse dai vostri magazzini, se vi conosco bene.» Il parroco guardò negli occhi Bartolo che tacque, fissando aggrondato il pavimento.
«Dopotutto, non è un cattivo giovane e a Maria piace» riprese Don Jacopo. «Animo, dunque, faremo entrambi un piccolo sacrificio, ma in cambio, in un colpo solo salveremo i vostri affari e l’anima di tanta brava gente. E senza clamore.»
Bartolo rifletté, tormentandosi le mani. «E sia, per Maria» concesse. «Ma voi cosa avete in mente?»
«Oh, ne riparleremo presto: settembre è alle porte.» Il parroco allungò la mano verso la caraffa. «Siete proprio sicuro di non voler assaggiare?»
* * *
Nell’aia dei Rotaro casse d’uva passavano di mano in mano sino al locale della pigiatura; altre braccia portavano ceste di mele nei piani alti del casone. L’aria settembrina inebriava per il profumo di mosto e frutta.
Pellegrino cercò Pietro e lo trovò impegnato a discutere con tre uomini. Di due sapeva che erano gli altri benandanti di Meduno; non conosceva il terzo, anche se gli pareva di averlo già visto. Pietro congedò i suoi interlocutori e lo salutò con un abbraccio. «Allora, fratello, come ti senti?»
«Frastornato. E anche preoccupato, temo.»
«È più che giusto la prima volta. Ma per noi benandanti entrare nell’Altro Mondo è semplice come bere un sorso d’acqua. Basta volerlo. Piuttosto, non hai mangiato, vero?»
«No, no. Ho fatto come hai detto.»
«Bravo, dobbiamo essere digiuni. Ma stasera ricorda di mordere una testa d’aglio, serve a tenere lontane le streghe.»
«Lo farò» annuì Pellegrino e guardò l’aia. «È stata una buona vendemmia.»
«Sì, e non solo per noi. Per grazia di Dio, abbiamo sempre conquistato il campo, nelle ultime Tempora.» Pietro lo guardò con malizia. «Mi pare che anche la tua vita abbia preso il verso giusto.»
«Non posso negarlo, da quando padron Bartolo ha cambiato idea su di me» ammise riluttante Pellegrino.
«Ti ha promesso la mano di Maria e preso in casa come ospite e fattore da un momento all’altro, così.» Pietro schioccò le dita. «Neppure io speravo che il buonsenso irrompesse così velocemente nella sua testa di sasso. Si è fatto gentile pure con me. Vedessi i sorrisi, quando mi vede.»
«È il suo carattere agire d’impulso» spiegò Pellegrino, pesando le parole. «Adesso poi ha mente solo per il suo progetto di trasportare il legname sul fiume e non cerca litigi. Ha persino chiamato da Venezia due marinai per verificare se la cosa è fattibile. Li avrai visti in giro.»
«E quelle brutte facce sarebbero marinai? A me sembravano più dei tagliaborse. Ho anche saputo che don Jacopo ha prorogato la scadenza del tuo debito. Lo sai, vero, perché ti accade questo?»
«Che intendi dire?» scattò Pellegrino. «Sii chiaro!»
«Sei davvero inquieto» si stupì Pietro. «Volevo solo ribadire che per te tutto è diverso da quando hai deciso di unirti a noi.» Scompigliò i capelli di un bambino che passava correndo. «Vedi, è come usare la stadera. Prima eri sbilanciato, senza un punto di equilibrio, e ciò ti attirava la mala sorte. Ma ora che sei nel posto che ti compete e il tuo peso è giusto, le buone cose vengono a te naturalmente. Questo lo sbilfone lo sa. Non ti ha più assillato perché adesso può attaccarti solo nel prato dei confronti.»
«Mi chiedo dove possa essere un luogo del genere.»
«In nessun luogo e ovunque. Dipende dalle circostanze. Noi preferiamo i luoghi curati dalle nostre mani e stanotte ci troveremo nella mia vigna.» Pietro si accigliò. «So che non sarà un confronto facile. Siamo troppo pochi. Per questo ho chiesto a un benandante di Montereale di aiutarci.»
«Di Montereale, hai detto? Sì, mi pareva d’averlo già visto. Non è Domenico Scandella, il mugnaio?»
«È proprio lui. Però vuole essere chiamato Menocchio. È un uomo fidato e di valore.»
«Lo terrò a mente. Ma riguardo questa sera, vorrei saperne di più. Come faremo a…»
Pietro scosse la testa. «Prima di svelarti i nostri segreti, devo sapere quanto vali sul campo, perché non tutti sono adatti. Ma ho fiducia in te.» Vide una donna che gli faceva dei cenni. «Mia madre mi vuole. A più tardi.»
Pellegrino lo salutò e scese pensieroso verso la casa del Veneziano.
* * *
Lo accolse Maria. «Finalmente!» esclamò. «È da tanto che ti aspettano nello scrittoio. Mio padre ha chiesto di te non so più quante volte.» Notò lo sguardo teso di Pellegrino. Gli prese una mano e se la portò alla guancia. «Non devi preoccuparti» aggiunse, «ormai lo conosci, quando si tratta di affari, lui è…» Aggrottò la fronte. «Perché è di questo che dovete discutere, vero? O c’è dell’altro?»
Pellegrino negò con la testa e ritirò la mano. Neppure il dolce contatto con il viso di Maria aveva placato la sua ansia. Entrò nello scrittoio. Vi trovò Bartolo, don Jacopo e i due stranieri. Disse loro quanto aveva saputo da Pietro.
«Ben fatto» approvò il parroco. «La tua è stata una scelta saggia e in primavera ne trarrai i frutti più prelibati. Dico bene, padron Bartolo?»
«La promessa di matrimonio è stata fatta» confermò seccamente il Veneziano.
«Allora perché quell’espressione, figliolo? Cosa ti turba?»
«Ebbene… Sentite, don Jacopo, voi sapete cosa accade davvero nei riti dei benandanti?»
Il parroco congiunse le punte delle dita e si appoggiò alla sedia «Ovviamente, no. Ma non li immagino dissimili dai sabba.»
«Volete dire che arrivano davvero le streghe? E anche il diavolo?»
«Per nulla» rispose gioviale il parroco. «Intendo dire che si tratta quasi sempre di fantasie, come chiarisce Gerolamo Cardano nel ‘De rerum varietate’.»
«Ma se è così, perché gli inquisitori sono tanto severi?» insisté Pellegrino.
«Ho detto quasi sempre, figlio mio. Comunque, nel nostro caso, ritengo si tratti di visioni prodotte da un eccesso di umore atrabiliare nel sangue. In effetti…»
«Un’altra volta» lo interruppe Bartolo. «Siamo qui per decidere cosa fare stasera.»
«In tal caso…» Don Jacopo si affrettò ad alzarsi. «Non è necessario che ne io sappia di più.»
«Naturalmente» replicò Bartolo guardando il parroco infilare svelto l’uscio. «Ubriacone ipocrita» mormorò con disprezzo. Poi guardò gli altri. «Dunque?» Pellegrino si agitò a disagio sulla sedia. I due Veneziani restarono in attesa, fermi come i loro sguardi di ghiaccio.
* * *
La luce della luna piena filtrava tra i filari della vigna. Pietro prese dal farsetto una stoffa che aprì delicatamente e distese sull’erba. Sul tessuto bianco spiccavano intarsi dorati a cornice di una figura di leone rampante. Era lo stendardo della compagnia di Meduno. I cinque benandanti si disposero attorno allo stendardo e Pietro diede a ognuno una bacchetta di viburno.
«Sediamo» disse poi con solennità. «Siamo qui convenuti per combattere il male al fine di difendere la salute dei campi e la nostra prosperità. Tenete a mente che basta un’annata magra per vedere chi amiamo mangiare l’erba. Aprite dunque i vostri cuori alla fede e alla forza che a Dio piacerà concederci. E ora, silenzio.»
Pellegrino rabbrividì e fissò Menocchio, che gli sedeva di fronte, sperando di cogliere un riflesso della sua severa serenità.
La notte era placida, ma nell’aria vibrava una segreta magia. In breve lo prese uno strano sopore e le sue palpebre si fecero di piombo. Chiuse gli occhi…
* * *
…Conosceva quel posto, era la landa del suo incubo. Stessa la luce crepuscolare, uguale la pallida cortina dell’orizzonte, immutati gli arbusti simili a mani d’agonizzante. Camminava, brandendo il viburno, sulle orme di Pietro che procedeva sicuro, scrutando davanti a sé.
Poi vennero le streghe. Procedevano a balzi di ragno, nere come l’inferno, le teste informi trafitte dalle fiamme degli occhi, agitando canne di sorgo. Alle loro spalle sventolava uno stendardo con quattro demoni neri in campo rosso. Lo reggeva lo sbilfone.
«Ferme, figlie di Satana!» intimò Pietro. «In nome di Dio onnipotente, ritiratevi!»
Le streghe esitarono e quando Pietro si avventò levando il viburno, seguito da Pellegrino e dagli altri, fuggirono lasciando cadere le canne di sorgo. Lo sbilfone osservava immobile la scena. Pietro raggiunse una strega e la percosse, traendone un lamento d’animale ferito. Anche Pellegrino ne colpì una e poi un’altra e un’altra ancora. Ora non aveva più paura e gioiva del buon peso delle vergate che infliggeva e degli ululati di dolore delle streghe. Poi vide l’amico andare verso lo sbilfone.
«Pietro!» gridò d’istinto.
Pietro si voltò, e lo guardò, sorpreso. In quell’attimo, lo sbilfone spiccò un balzo sovrumano e gli piombò sulla schiena, atterrandolo, poi affondò gli artigli. Pellegrino corse a soccorrere l’amico. Quando fu a pochi passi, il mostro alzò la testa e gli fece un orrendo sorriso, poi balzò all’indietro, recuperò lo stendardo e sparì. Intanto, anche le streghe erano scomparse. Pellegrino aiutò Pietro a sollevarsi e lo vide pallido e sofferente. Gli altri arrivarono correndo. «Abbiamo vinto» disse Pietro con un sorriso tirato. «Possiamo tornare indietro…»
* * *
…Aprì gli occhi e vide Pietro, che si premeva una mano sul petto, sorretto dagli altri benandanti.
«Mi sento meglio, amici» lo sentì dire. «Per questa notte è finita. Tornate alle vostre case, e siate fieri di voi.»
«Sei sicuro che vada tutto bene?» chiese preoccupato Menocchio. «Non è stata una battaglia come le altre, mi è parsa sin troppo facile. E lo sbilfone ti ha colpito.»
«Sì» ammise Pietro. «Ma non nel corpo. Ascoltate, il campo è nostro, e questo è ciò che conta. Io, poi, non ho nulla cui non possa porre rimedio una notte di buon sonno.»
Rassicurati, i benandanti se ne andarono, tranne Pellegrino che restò a osservare Pietro intento a piegare con cura lo stendardo. Nella sua mente, più che mai dubbiosa, ora si agitavano mille domande. Ma poi volle pensare che non avevano mai lasciato la vigna e che il parroco aveva ragione nel sostenere che solo di fantasie si trattava. O di sogni. In quel momento, poi, lui aveva ben altri impegni da onorare.
«Dunque abbiamo vinto» disse.
«Sì, e ti sei portato bene» confermò Pietro con voce stanca, infilando lo stendardo nel farsetto. «Però non avresti dovuto distrarmi. Mi hai esposto allo sbilfone. Non importa, imparerai.»
Pellegrino esitò, poi pensò di cogliere l’occasione. «Non è stato un caso, avevo i miei buoni motivi.»
Pietro si fece attento. «Buoni motivi? Che intendi dire?»
«Lo saprai, ma prima ho qualcosa da mostrarti.»
Pellegrino lo guidò fuori della vigna e prese il sentiero dietro le case sino al ruscello. Ne seguì il corso chioccolante aumentando il passo finché non ebbe distanziato Pietro. Allora balzò in una macchia di noccioli e stette nascosto ad aspettare. Arrivò Pietro e si fermò, guardandosi attorno. «Fratello!» chiamò. «Dove sei? Sono troppo stanco per giocare a nascondino…» S’interruppe vedendo i due uomini armati di pugnale e Bartolo sbucare dagli alberi.
I sicari colpirono, rapidi e letali, e tutto si compì in un attimo. Pellegrino uscì allo scoperto, si avvicinò al corpo riverso di Pietro e vide che era ancora mosso da un flebile respiro.
Pietro lo guardò. «Tu» rantolò, «e lo sbilfone…»
Una mano di ghiaccio strinse il cuore di Pellegrino. La sua determinazione si dileguò come nebbia al sole. «Non volevo» balbettò. «Te lo giuro, io non volevo.»
«Nella mia tasca» riuscì a dire Pietro prima di tacere per sempre, le labbra macchiate di schiuma sanguigna.
Pellegrino si morse le nocche. Poi cercò nel farsetto, da cui sporgeva un lembo insanguinato dello stendardo. Trovò un borsellino di tela. Dentro c’erano due fedi d’argento.
Bartolo lo scansò rudemente. «Via!» disse, e rivolto ai sicari: «Fate sparire il corpo, che nessuno lo trovi. E bruciatemi quello straccio» aggiunse, indicando lo stendardo.
Più tardi, mentre sospinto dal Veneziano tornava inebetito verso il paese, Pellegrino ripensò all’orribile sorriso dello sbilfone. Cos’ho fatto? si chiese inorridito.
* * *
Il prato dietro la chiesa era giallo di tarassaco primaverile. Nel sagrato, una ressa di paesani si accalcava attorno ai tavoli del ricco rinfresco; a casa Bonacelli, poi, si stava allestendo un banchetto senza precedenti. Il Veneziano aveva fatto le cose in grande per il matrimonio della sua unica figlia. Come gli era capitato di dire spesso negli ultimi tempi, voleva che il ricordo di quelle nozze restasse a lungo nella memoria della gente.
Pellegrino vagava tra la folla, accettando indifferente complimenti e felicitazioni. Se doveva sorridere, lo faceva solo con le labbra. La fede che ora portava al dito gli pesava più di una macina. Sobbalzò nel sentire una mano sulla spalla. Era Menocchio, che gli disse gelido: «Mi compiaccio per la tua buona sorte.»
«Ti ringrazio» replicò Pellegrino con imbarazzo.
«Ho saputo che non vuoi più essere benandante.»
«No, non più.»
«Già. E poi, con la scomparsa di Pietro, è finita anche la compagnia di Meduno. Ma questo tu lo sai bene, vero?» chiese Menocchio trafiggendolo con lo sguardo.
Pellegrino abbassò la testa. «Pietro è andato via per il bene del paese. Non voleva attirare qui l’Inquisizione.»
«Senza dir nulla agli amici? Lasciando i suoi in pena? Le tue bugie sono le stesse del Veneziano. Sei stato bravo nell’imparare la lezione di Giuda.»
«Non so di che parli» mormorò Pellegrino.
«Ma saprai almeno che nelle ultime due Tempora nessuno è sceso in campo per difendere il tuo paese dallo sbilfone. Proprio adesso che è tornata la peste, si parla di un’altra guerra con l’Austria e le scorrerie dei Turchi minacciano tutto il Friuli.» Menocchio fece un gesto verso la folla. «E qui, nessuno ti ha detto che ci sono di nuovo bambini con la tosse cattiva? Hai visto che fiori e gemme sono in ritardo? Pensaci, la tua prima notte di nozze.» Menocchio gli lanciò un’ultima occhiata sprezzante prima di allontanarsi.
Pellegrino restò a capo chino, ormai indifferente alla ressa che lo circondava, finché non arrivò Maria, felice nel suo abito da sposa.
«Pellegrino…» cominciò a dire sorridente, ma si interruppe vedendo il suo volto terreo. «Cos’hai? Stai male? Caro, rispondimi.»
Quelle parole suscitarono una rabbia ingiusta in Pellegrino. «Che devo avere?» replicò con astio. «Sono stufo di fare lo zimbello! Il ricco padron Bortolo si vanta di aver allestito un banchetto come non si è mai visto? E allora andiamo, prima che gli arrosti si raffreddino.»
«Come vuoi» mormorò lei. «Avverto mio padre.»
Tornò con Bortolo che squadrò il genero e chiese: «Cos’è questa storia? Oggi non voglio brutte figure.»
«Brutte figure, dite?» rise amaro Pellegrino. «E davanti a chi? A quello, forse?» Indicò don Jacopo che barcollava tra le risate della gente agitando un orcio di vino.
Bortolo rifletté. «Ho visto che parlavi con quel Menocchio» disse poi, mutando tono.
«Sì. Di Pietro Rotaro, come potete immaginare.»
Bartolo emise un profondo sospiro. «E va bene, andiamo a casa. Tu però sta’ calmo.»
Maria osservò suo padre allontanarsi. «Perché parlavate di Pietro?» chiese poi inquieta. «Cos’ha a che fare con noi, oggi?»
Pellegrino evitò il suo sguardo. «Ora non è il momento. Più tardi, forse…»
«Devo sapere!» insisté accorata Maria. «Mi avevi detto che gli anelli erano un regalo di Pietro. Pensavo che tu lo avessi visto, dopo che era sparito, che sapessi dov’è nascosto e ti fossi impegnato a non dirlo a nessuno.» Gli afferrò le braccia. «È così? Dimmelo? Oppure…» Assunse l’espressione sgomenta di chi intuisce una verità troppo atroce per essere creduta.
Un’immensa stanchezza invase Pellegrino. «Maria, è meglio che tu non sappia. Non voglio che…»
Lei gli posò una mano gentile sulle labbra. «Ricorda che ti amo» disse guardandolo negli occhi. «Saprò ascoltarti senza giudicare, qualunque cosa tu abbia da dirmi.»
In quell’attimo li chiamò Bartolo, che intanto aveva organizzato il corteo nuziale. Gli sposi si misero alla testa del serpente di persone festanti e partirono verso il centro del paese. Maria teneva la mano del marito e a tratti gli guardava il volto cupo. Quando furono davanti alla casa di Pellegrino, lui si fermò. «Aspetta» disse, ed entrò, senza darle il tempo di parlare.
Nessuno era più stato nella sua aia, da quando abitava dai Bonacelli. Passò attraverso ciuffi di ortica e si affacciò nella stalla vuota, dove un ragno crociato aveva avuto il tempo di stendere una vasta tela sulla mangiatoia. Chiuse gli occhi, respirando a fondo l’aria che sapeva ancora di fieno e stallatico. No, non serviva. Si era illuso che la vista dei luoghi che gli erano stati cari potesse placare il tumulto del suo animo, ma così non era, e il frastuono del corteo aumentava la sua sofferenza. Aprì la porta della cucina. Dalle imposte chiuse filtravano raggi fitti di pulviscolo sino a lambire la sedia di sua madre. In quell’attimo seppe che il peso della colpa lo avrebbe schiacciato per tutta la vita e si sentì perso. Se solo fosse potuto tornare indietro! Avrebbe respinto le tentazioni e sventato i piani dello sbilfone. Ma soprattutto, non si sarebbe reso suo complice… Udì Maria chiamarlo, ma restò immobile, la testa piegata sul petto.
«Lo vuoi davvero?» chiese la voce di Pietro.
Pellegrinò trasalì vedendo l’amico ucciso. Una lieve luminescenza lo profilava nella penombra, ma per il resto pareva reale e concreto, come se fosse ancora vivo.
«Spettro» gli disse con voce ferma, «se sei qui per vendicarti, sappi che accetto il mio destino.»
Pietro sorrise. «Ah, fratello! Come sempre, badi solo al lato peggiore delle cose.»
«Fratello, dici?» proruppe Pellegrino. «A me che ho armato le mani dei tuoi assassini? Io imploro il tuo perdono!»
«Perdono, vendetta, vita, morte… null’altro che parole. Ma per ciò che può valere, sappi che il mio perdono non ti è mancato neppure nell’attimo estremo. Ora, poi, nemmeno ricordo il senso delle passioni cattive. Non so più cosa sia l’odio.»
«Neppure per lo sbilfone? Che ti ha voluto morto?»
«Sono stati gli uomini a uccidermi. In ogni caso, ho pietà anche di lui… Senti? Maria ti chiama. Sai che ti ama più di quanto tu meriti?»
«Sì… Ma dimmi, cos’hai visto? Cos’hai imparato? Sai qual è infine lo scopo di…» Pellegrino allargò le braccia, cercando le parole, «…di tutto questo soffrire? E c’è poi uno scopo?»
Negli occhi di Pietro parve riflettersi l’immensità di una notte stellata. «Oh sì, però non conosco le parole per dirlo. È un cammino che va percorso.»
«Insegnamelo!»
«Potrei, ma solo se tu venissi con me.»
«Lo farò! Ti seguirò ovunque tu vada!»
«Va bene. Ma ti avverto, la tua scomparsa provocherà molto dolore, che tu dovrai scontare sino in fondo… In verità, dovrai espiare anche dell’altro, ma questo già lo sapevi, immagino. La tua pena sarà severa, così vuole la stadera che regola il creato. Se la accetti, puoi seguirmi.» Pietro gli tese una mano. «Ma devi decidere subito, perché tra un momento verranno a cercarti.»
«Ho deciso nell’attimo che ti ho visto» disse Pellegrino afferrandogli la mano.
Poco dopo, Bartolo irruppe nell’aia. Guardò in cucina e nella stalla, poi chiamò perché lo aiutassero a cercare. In breve, fu chiaro che Pellegrino era sparito. Allora, da fuori, giunse il grido disperato di Maria.
* * *
Dapprima chiuse gli occhi, alla forte luce del giorno, poi si guardò le mani, rigirandole, e vide la fede. Era di nuovo tra i vivi, a pochi passi dalla sua casa. Si incamminò sulla carreggiata, deserta a parte una vecchia rannicchiata sulla nuda terra, e scorse uno sconosciuto affacciarsi alla sua porta. Fece capolino anche un bambino che l’uomo rimandò dentro con una manata affettuosa. Come gli fu di fronte, Pellegrino chiese: «Scusate, abitate qui?»
L’uomo lo guardò incuriosito. «Sì, da quando ho comprato la casa dal parroco» rispose.
«Don Jacopo, intendete?»
«Jacopo? No, il nostro parroco si chiama Gaspare. Voi chi siete?»
«Un tempo vivevo qui. Ci sono ancora i Rotaro?»
L’uomo si grattò la testa. «Ah, ho capito, erano quelli con il figlio stregone. So che hanno lasciato il paese quando l’Inquisizione ha colpito i benandanti, ma è stato molto tempo fa…» L’uomo lo scrutò. «Sentite, ma voi…»
«Ancora una parola. Ditemi dei Bonacelli.»
«I Bonacelli?» ripeté l’uomo sempre più perplesso. «No, non ci sono più neanche loro. C’è stata una brutta storia, tanti anni fa. È rimasta solo la figlia.» Girò la testa verso la vecchia. «Ha perso lo sposo il giorno delle nozze, poveretta, ed è impazzita. Figuratevi che lo aspetta ancora. Ma, tornando a voi…»
Pellegrino non gli badò più e andò verso la vecchia.
«Maria» le disse.
Lei alzò gli occhi offuscati dagli anni. «Pellegrino, sei davvero tu?» chiese.
Pellegrino s’inginocchiò e le prese le mani. Vide che anche lei portava la fede. «Sì. Sono qui, finalmente.»
Lei sorrise e per un attimo parve tornare quella che in un’estate ormai perduta aveva attinto acqua alla fontana. «Sapevo che saresti tornato» disse. Si appoggiò al muro e trasse un lungo respiro. «Sai» riprese a fatica, «alla fine anche mio padre ha capito. È arrivata l’Inquisizione, hanno bruciato il povero Menocchio e gli altri…» ansimò. «Sono tanto stanca, Pellegrino.»
«Riposati» disse lui con dolcezza, stringendola a sé. «Io intanto ti parlerò del mio viaggio.»
Maria sospirò felice e lo ascoltò narrare le cose meravigliose che aveva visto e del luogo in cui l’avrebbe portata, un luogo stupendo in cui lo sbilfone non aveva potere, da dove avrebbero osservato le miserie degli uomini, compatendole come fa il buon padre con i capricci del figlio. Pellegrino parlò sinché non sentì il cuore di Maria fermarsi. Allora diede un ultimo sguardo al cielo, poi posò la testa sul grembo di lei e la seguì.
Più tardi arrivò don Gaspare, avvisato dall’uomo, e li trovò così. Ci fu chi credette di riconoscere quel giovane. Il parroco si fece il segno della croce e mandò a chiamare l’Inquisizione.
Da qualche parte, Maria e Pellegrino sorrisero.