Il Giorno Fatale

Il Giorno Fatale

Il “giorno fatale” è, secondo Thomas Malory, il giorno in cui cadono sia re Artù sia suo figlio Mordred, nella battaglia di Calmann che li vede contrapposti. Da questo accadimento Mary Stewart trae il titolo per il quarto romanzo del suo famoso “Ciclo di Merlino”.

L’indiscusso protagonista di questo libro è proprio il figlio illegittimo concepito dal grande Artù in una notte d’amore con la sorellastra Morgause (da non confondere con l’altra sorella Morgana, menzionata anch’essa come madre del re in alcune tra le numerose versioni del mito). Di Mordred, figura carica di odio designata ormai dalla tradizione letteraria quale nemesi del padre, la Stewart ci offre però un ritratto ben diverso, dotandolo anzi di un’immensa e, a volte, commovente umanità.

In principio lo troviamo come ignaro bambino, affidato dalla perfida madre alla famiglia di un pescatore delle Orcadi (isole di cui Morgause è regina).

Presto però le macchinazioni della genitrice avvicineranno Mordred alla vita di palazzo e ai fratellastri (Gawain, Gareth e i gemelli Gaheris e Agravain), figli di Morgause e del defunto re Lot del Lothian.

L’autrice regala al lettore un meraviglioso ritratto della torbida amante incestuosa del re d’Inghilterra, che incarna al meglio la figura della strega, fatta di sensualità perversa e scaltrezza cospiratrice: lunghi capelli rosso-albicocca, occhi verde-dorati, dotata del potere della visione e capace di architettare ingegnosi tranelli a danno dei suoi avversari. Un personaggio ben costruito, che sembra il compendio di tutte le “cattive” (streghe, per lo più) che colorano il mondo della narrazione, dalla Poison Ivy di Batman (o quella che appare nel film omonimo con Drew Barrymore, dove la “strega” in questione è un’adolescente sensuale tutta malvagità e opportunismo) che uccide con il suo bacio velenoso, alla Crudelia De Mon de La Carica dei 101, sino alla terrificante matrigna di Biancaneve, tutti personaggi dediti al male ma che finiscono poi inghiottiti nella spirale morbosa del loro stesso veleno.

Il culmine della sua perversione Morgause lo raggiunge quando agguanta Mordred (ancora ignaro di essere suo figlio) nelle segrete del castello e lo bacia sulla bocca, sospirando di piacere: “Baci come tuo padre!”. Del resto l’autrice non poteva esimersi dall’affibbiare a un personaggio del genere l’incesto come tendenza sessuale.

Il Mordred della Stewart è però un ragazzo troppo intelligente per non riconoscere subito la furbizia adulatoria della strega madre, al contrario degli uomini stupidi che lei riesce agevolmente a trasformare in sue pedine.

L’oggetto dell’odio della bella Morgause è uno, ossia il fratellastro Artù; ma parte del suo malanimo lo riserverà comunque anche al mago Merlino, di cui invidia l’abilità nella magia.

Sarà proprio Artù a togliere ogni potere alla perfida strega, segregando lei in un convento e portando i suoi figli, Mordred compreso, a Camelot, per farli suoi cavalieri.

Saputo d’essere erede del re, del quale ammira la saggezza, la compassione, il senso del dovere, Mordred comincerà a sentire per lui quella stima e quel rispetto che nei confronti di Morgause non era mai riuscito a provare. Per tutto il libro l’autrice sottolinea la somiglianza, non solo fisica, tra il genitore e il figlio.

Mordred non odierà mai Artù, sebbene combattuto tra l’amore e la riconoscenza verso il padre, l’ambizione verso il regno (in quanto unico erede al trono, dato che la regina Ginevra è sterile) e la consapevolezza d’essere destinato un giorno a opporsi al padre.

Quel fato che sembra pesargli come una colpa lo porterà a cercare le rivelazioni di Nimuè, l’amante di Merlino che ha ormai preso a corte il posto del mago; da lei vorrà sapere perché Merlino, cioè colui che aveva avuto la visione del futuro parricidio a opera di Mordred, non avesse mai spinto Artù a eliminare il suo figlio bastardo. “Perché non voleva vedere Artù macchiato della colpa di assassinio, qualunque fosse la causa. Perché era abbastanza saggio da vedere che non possiamo scansare gli dei ma dobbiamo seguire come meglio possiamo i sentieri che hanno predisposto per noi. Perché sapeva che dal male apparente può anche venire un gran bene e dal bene la maledizione e la morte. Perché ha anche visto che nel momento della morte di Artù la sua gloria avrà raggiunto e oltrepassato il suo apice ma che grazie a quella morte la gloria vivrà per divenire una luce e uno squillo di tromba e un respiro di vita per gli uomini a venire”.

Ancora più fataliste saranno le parole di Merlino: “Vivi quello che la vita porta, muori della morte che verrà”.

L’incontro con Nimuè (la “puttana di Merlino”, come la chiama Morgause) mostrerà inoltre al lettore la differenza tra le arti magiche esercitate dalle streghe nemiche del re e quella praticata a sostegno di Artù dal saggio mago Merlino. Nei romanzi precedenti, la Stewart ci aveva ampiamente descritto l’antro tenebroso di Morgause, situato nelle segrete del castello delle Orcadi, sotto il livello del mare, e la pozza di acqua nera e densa dove la strega aveva le visioni… Merlino e Nimuè, invece, per ottenere le visioni, scrutano le stelle: questa differenza lascia già percepire come nel libro la magia positiva sia concepita vicina alla conoscenza e alla cultura, diversamente dalla magia volgare e negativa delle streghe, fatta di veleni e pozioni.

Il Male, nella sua morsa negativa e oscura, è destinato a fallire di fronte al Bene e alla saggezza, che illuminano e che vincono. Il destino è quel percorso che, fra i tanti, alla fine si rivela sempre appropriato, quello che rende più significativa una vita.

In quest’atmosfera di accettazione, Mordred s’incamminerà dunque incontro al proprio destino, che prevederà l’accrescere delle sue ambizioni da figlio bastardo − ma comunque unico figlio − e anche lo sbocciare dei suoi sentimenti verso la regina Ginevra, già desiderata da Lancelot (chiamato Bedwir nel libro) oltre che dal legittimo sposo.

Mary Stewart si rivela eccezionale nel disegnare i ritratti dei suoi personaggi e il loro cammino di crescita, lo fa con una profondità psicologica fuori dal comune. Eccezionale è anche nel documentarsi sulle varie versioni della leggenda di re Artù, ricerca da cui consegue il suo romanzo.

Il giorno fatale è un libro toccante che, servendosi della chiave fantastica, spinge il lettore a riflettere sul ruolo che Bene e Male rivestono pure nella vita comune.