Un’antica leggenda, forse azteca ma comune a tutte le prime genti d’America, narra dell’esistenza di 13 teschi, scolpiti in pietre dure e trasparenti, i quali racchiuderebbero un’ancestrale e terribile sapienza. Nel momento in cui l’umanità si troverà ad affrontare un pericolo che metterà a repentaglio la sua stessa esistenza, i 13 teschi verranno riuniti e, insieme, pronunceranno le parole che potranno salvare il mondo dalla distruzione. Starà all’Uomo comprenderle e metterle in pratica.
Da questo enigma archeologico e antropologico ha origine il romanzo/saggio Il mistero dei Teschi di Cristallo di SEBASTIANO FUSCO, per EDIZIONI MEDITERRANEE.
La pubblicità che ne è stata fatta inganna. Il tempismo nell’associare il libro di Fusco con l’uscita nelle sale dell’ultimo film della saga di Indiana Jones, incentrato appunto sul rocambolesco ritrovamento di uno di questi teschi, indurrebbe a pensare di trovarsi di fronte a uno di quei testi pseudoesoterici costituiti da entusiastiche e discutibili affermazioni su antiche civiltà dimenticate e prossime apocalissi, da lanciare sul mercato approfittando dell’onda di interesse suscitata dalla pellicola cinematografica.
La lettura de Il Mistero dei Teschi di Cristallo, invece, sorprende per la lucidità delle supposizioni e della ricerca, e si scrolla di dosso lo scomodo richiamo promozionale in poche pagine, acquistando credibilità senza tanti sforzi. L’autore si interessa all’argomento in maniera analitica, quasi scientifica, senza lanciarsi in ardite supposizioni ma offrendo al lettore una solida base nozionistica da cui partire, spaziando dall’antropologia alla magia, dalla neurologia al funzionamento della psiche secondo i più recenti studi.
Esistono molti teschi di cristallo sparsi per il mondo, alcuni conservati in musei, ma più spesso parte di collezioni private. Le analisi tecniche condotte su alcuni di essi, pur in un alternarsi di affermazioni e smentite, hanno evidenziato prerogative che − anche non volendo scadere nell’esoterico − sconcertano perfino i tecnici.
I teschi sono stati scolpiti in pezzi unici (tranne un paio di essi che possiedono una mandibola mobile) partendo da “gigantesche” formazioni di quarzo cristallino. Il “senso di marcia” seguito per inciderli è opposto al piano di simmetria molecolare della gemma, e implicherebbe dunque una precisione e una delicatezza assolute nella realizzazione dell’opera, la quale, con una simile modalità di lavorazione, sarebbe stata soggetta a scheggiarsi o frantumarsi al minimo colpo.
Adottare questa procedura risulta assai complicato perfino oggi con le moderne strumentazioni; capire come si sia giunti a un tale manufatto con attrezzi antichi è quindi arduo.
Inoltre, i pezzi sono perfettamente levigati, senza difetti. È stata suggerita l’ipotesi di una paziente lavorazione tramite acqua e sabbia, ma un rapido calcolo ha stimato che occorrerebbero trecento anni di levigatura continua per raggiungere un simile risultato.
I teschi presentano una capacità intrinseca di riflettere e rifrangere la luce, che in alcuni esemplari si concentra nel fondo delle orbite e in altri crea scomposizioni nei colori dell’iride.
Ciò li accomuna in parte a certi oggetti esoterici che verrebbero utilizzati per i viaggi extra-corporei, alla ricerca di un più elevato sentire; stando alle cronache, pare infatti che varie persone abbiano subìto effetti stravaganti trovandosi di fronte ai teschi (svenimenti, convulsioni, improvvisa conoscenza di linguaggi mai parlati prima e altro ancora). Fusco ipotizza che fissare i giochi di luce al loro interno agisca sull’amigdala (un organo del cervello posto alla base del cranio) alterando la normale trasmissione di informazioni e stimoli attraverso i circuiti neurali.
Il numero effettivo dei teschi esistenti varia continuamente, poiché molte persone ne millantano il possesso ma poche hanno finora acconsentito a un loro studio approfondito con mezzi scientifici.
“Max”, ad esempio, è un teschio stilizzato in pietra cristallina, appartenente ai signori Parks, in Texas. Nel sito di Sha-Na-Rah in Messico sono stati ritrovati altri due teschi di pietra trasparente dalle linee simili a quelle delle raffigurazioni presenti nell’arte locale. C’è poi il “teschio Maya” del Guatemala, che emette una luminescenza verdastra, e quello in quarzo rosa trovato al confine con l’Honduras. Un teschio dalle forme essenziali è conservato al Trocadero di Parigi, e uno in pietra lattea è stato spedito anonimamente alla Smithsonian Institution. Esiste poi un teschio in alabastro e uno dalla forma così allungata e particolare che gli entusiasti hanno subito tirato in ballo gli alieni, ribattezzandolo “E.T.”
I più interessanti rimangono il “Mitchell-Hedges”, l’unico a essere stato analizzato addirittura dai tecnici della Hewlett-Packard, e quello conservato a Londra, che dà il via all’avventura di Fusco.
Questa inizia con una semplice visita turistica al British Museum of Mankind a Londra, spinta dalla curiosità di vedere il pezzo ivi custodito prima che venisse riportato in magazzino. Era infatti stata smentita la sua antichità (analisi poi messa in dubbio e confutata a sua volta) e il museo intendeva toglierlo dalla sala.
La vista del teschio suscita in Fusco una serie di perplessità e domande che spingono l’autore dapprima a ricercare informazioni in maniera autonoma, e quindi a chiedere un confronto con personalità scientifiche di primo piano. Gli esiti di questi colloqui non solo non dissipano i suoi dubbi, ma anzi lo inducono a immergersi sempre più a fondo in un mondo di mistero. Per cercare di venire a capo della faccenda, Fusco compie un viaggio in Centro-America per incontrarsi con uno degli ultimi uomini di potere di sangue azteco, e assiste con i propri occhi a eventi sbalorditivi, lasciati poi al giudizio del lettore.
A metà strada tra il saggio nozionistico e il romanzo d’avventura, Il mistero dei Teschi di Cristallo è un libro ben fatto, chiaro ed esauriente, di facile lettura e di arricchimento culturale. Consigliato a tutti coloro che amano il mistero pur volendo restare con i piedi ben piantati a terra.