Il Pozzo dei Mondi (The Well of Worlds, di Henry Kuttner)

Il Pozzo dei Mondi

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Dalla finestra dell’hotel Clifford Sawyer poteva vedere le luci di Fortuna brillare nell’oscurità del mezzogiorno polare lungo tutte le passerelle in legno del piccolo campo minerario, scintillare azzurre alle finestre dell’ospedale, splendere gialle nei dormitori e negli uffici. Da qui, naturalmente, non poteva scorgere la miniera, però poteva sentirla. Quel suo costante e profondo bom-bom-bom, quasi sotto la soglia dell’udibile, non si era mai interrotto, giorno e notte, per diciassette anni: da quando era stata aperta, nel 1953. Parecchia gente aveva bisogno dell’uranio. Anche al governo ne serviva una parte, e le pompe non si fermavano mai, laggiù sotto il cappello gelato del mondo.

Riflessa nel vetro, vedeva la ragazza dietro di lui agitarsi impaziente. Riportò lo sguardo su di lei, pensando che non aveva mai visto occhi uguali a quelli di Klai Ford, per la forma e per il colore. C’era un tocco di esotismo nella figura di lei che aveva invano tentato di identificare, sforzandosi di richiamare alla mente quanto aveva letto il giorno prima negli archivi della Reale Commissione per l’energia atomica a Toronto, sul curioso passato di quella ragazza che, pochi mesi prima, aveva ereditato una mezza miniera d’uranio.

La ragazza aveva capelli lisci, color caramello. La sua fronte era regolare e gli occhi rotondi, schietti e di un azzurro singolarmente profondo. A Sawyer piaceva il modo in cui i suoi denti anteriori sporgevano, quasi impercettibilmente, rendendola attraente alla maniera della sventurata Lise Bolkonskaya in “Guerra e pace”, il cui minuscolo labbro superiore era troppo corto rispetto ai denti. Lo affascinavano, di Klai Ford, le curve delle guance e il taglio degli occhi rotondi. Non aveva mai visto, prima d’ora, un viso così originale al mondo, e sì che la sua esperienza era vasta.

Sawyer le sorrise. L’uomo aveva denti bianchissimi in un volto scurissimo, mentre gli occhi e i capelli erano di appena un po’ più chiari della pelle. Attorno a lui c’era quell’atmosfera di rilassata prontezza tipica di chi è giunto a un soddisfacente compromesso con la vita ed è disponibile a procedere nella stessa direzione.

«Farò del mio meglio» le disse, sforzandosi di identificare l’accento curioso, per quanto lieve, che la voce della ragazza tradiva. «Il fatto è che non sono neanche armato. Il nostro equipaggiamento è costituito da calcolatrici, più che da pistole. Forse sarebbe meglio che mi dicesse qualcosa di più. Il Sovrintendente non mi avrebbe mandato quassù se non fosse stato convinto che io sia in grado di risolvere il suo problema, pazientemente, alla mia maniera, che poi potrebbe essere la maniera migliore per affrontarlo… ha detto spettri?»

«Sì, spettri» disse la ragazza con fermezza, e il suo strano, lieve accento risultava irritante come un motivetto che si cerca invano di ricordare. «Stanno rovinando la produzione. I minatori si rifiutano addirittura di scendere in alcuni dei livelli. Le nostre raffinerie al sud ci comunicano che la percentuale di uranio nel pechblenda è diminuita così.»

Fece schioccare le dita e lo guardò ansiosa. «La miniera è abitata. Non sono pazza, signor Sawyer, ma sono convintissima che il mio socio sarebbe contento se lei mi considerasse tale. Quell’uomo sta cercando di far chiudere la miniera. Credo…» La ragazza intrecciò forte le dita e guardò supplichevole Sawyer. «So che le sembrerò pazza, ma qualcuno sta cercando di uccidermi.»

«Ne ha le prove?» chiese Sawyer tranquillamente.

«Sì.»

«Bene. Quanto a far chiudere la miniera, non credo che il Sovrintendente lo permetterebbe, quindi non è il caso di preoccuparsi…»

«Non avrà scelta, se il minerale d’uranio continuerà a scomparire» lo interruppe la ragazza. «Dopotutto, di questi tempi il governo amministra le miniere a puro titolo di favore. E Alper…» Si fermò, trasse un lungo sospiro e sostenne lo sguardo rilassato di Sawyer.

«Ho paura di lui» proseguì la ragazza. «È uno strano vecchio, mi sembra mezzo matto. Il suo comportamento non è normale. Ha trovato qualcosa giù nella miniera. Direi che ha trovato qualcuno…» Si interruppe, ridendo impotente. «Sembra impossibile. Ma una pellicola non mente, vero? Ciò che appare sui filmati in mio possesso, girati nella miniera, sarebbe una prova, non crede? Per questo l’ho mandata a chiamare, signor Sawyer. Intendo porre termine a tutto questo prima che Alper e io diventiamo completamente pazzi, tutti e due. C’è una donna laggiù nel Livello Otto… o l’ombra di una donna. Beh, so che deve sembrarle strano! Ma posso farle vedere.»

«Lo spettro?» chiese Sawyer. La guardava attentamente, sforzandosi di rendere ricettiva la sua mente. Non era il momento di credere, o negare, alcunché.

«No. Sembrano…» La ragazza esitò, e poi, con tono di perplessità, disse: «Spighe. Spighe di grano.»

«Spighe» fece eco Sawyer, pensoso. «Capisco.» Seguì una pausa. Poi: «Ma a proposito di questa donna… vuol dire che Alper si incontra giù in miniera con una delle donne di Fortuna?»

«Oh no. Io le conosco tutte, le donne di Fortuna. Oltretutto, questa non è esattamente una donna. Capirà cosa intendo dire fra un attimo. Alper mi ha proibito di mettere piede nel Livello Otto, e anche i minatori si rifiutano di lavorarci; ma lui va laggiù e parla a questa… a quest’ombra di donna, e quando torna su… mi spaventa. Non ho più il coraggio di uscire da sola. Porto sempre due uomini con me quando devo andare a controllare le cineprese nel Livello Otto. Sembra stupido aver tanta paura di un vecchio come Alper, che ha bisogno del bastone per camminare, ma…»

«No» disse Sawyer con gentilezza. «Ha perfettamente ragione di diffidare di Alper. Quel vecchio potrebbe essere pericoloso. Abbiamo un bel dossier su di lui. In altri tempi non gli avrebbero mai permesso di avvicinarsi a questa miniera. Proprietario o no. Fortunatamente ci sono ormai giacimenti di uranio a sufficienza perché i proprietari possano togliersi delle soddisfazioni, almeno entro certi limiti. Ma Alper è tuttora sulla nostra lista di individui potenzialmente pericolosi. In parte perché dispone di ingenti mezzi economici, in parte perché è un tecnico esperto, e inoltre a causa di quella sua curiosa ossessione sul… ringiovanimento.»

«Lo so.» La ragazza annuì. «È un tipo strano. Penso che non abbia mai provato una sconfitta in tutta la sua vita. È assolutamente convinto di essere l’unico uomo al mondo ad avere sempre assolutamente ragione. Ha deciso di chiudere la miniera, e il mio rifiuto lo fa diventar matto. Un’altra delle sue ossessioni è il potere, signor Sawyer. Ha imposto la sua volontà a tanta gente che ormai deve ritenersi fondamentale quanto la legge di gravità.»

«Sta invecchiando» disse Sawyer. «Comincia ad aver paura. La maggior parte della gente impara a convivere con l’età, ma dubito che Alper possa riuscirci.»

«Non è poi così vecchio» disse Klai Ford. «Il fatto è che non si è mai risparmiato, così come cerca di non risparmiare gli altri. Adesso comincia a subirne le conseguenze, il che lo manda su tutte le furie. Credo che farebbe qualsiasi cosa pur di riacquistare la sua giovinezza. Dà… dà l’impressione di credere che ci sia una possibilità in questo senso, signor Sawyer. Quella donna (quell’ombra) che incontra nella miniera sembra essere collegata in qualche modo a questa fissazione. Potrebbe convincerlo a fare qualunque cosa. E sembra intenzionata a sbarazzarsi di me.»

Sawyer la osservava attentamente.

«Questa donna della miniera» disse «mi induce a farle una domanda di carattere personale, signorina Ford. Una strana donna comparsa dal nulla, proprio laggiù nella miniera. È questo quanto sta accadendo, secondo lei?»

Tutto ciò che Klai Ford disse, con una nota di angoscia nella voce, fu: «Oh, povera me!»

«Mi sono sforzato di identificare il suo accento» proseguì Sawyer con ostinazione. «Le spiacerebbe dirmi, signorina Ford, qual è il suo paese d’origine?»

Lei si alzò di scatto, abbandonando il piccolo nido di pelliccia costituito dalla giacca e dal cappuccio gettati sulla spalliera della sedia. Fece due volte il giro della stanza, poi si voltò di scatto.

«Lo sa benissimo!» disse in tono di accusa. «Non renda tutto più difficile!»

Il Pozzo dei Mondi - Copertina

Tit. originale: The Well of Worlds

Anno: 1952/1953

Autore: Henry Kuttner

Edizione: Mondadori (anno 1991), collana “Urania” #1161

Traduttore: Sergio Perrone

Pagine: 144

Dalla copertina | Klai Ford è un eccentrico milionario e i suoi racconti su spettri che appaiono e scompaiono in una comunissima miniera d’uranio possono anche non essere creduti. Ma quando Clifford Sawyer comincia a indagare si rende conto che nel mistero c’è qualcosa di veramente insolito. E la scoperta finale non è delle più tranquillizzanti: un sottilissimo diaframma separa la Terra dai “mondi accanto”, ma chi lo attraversa lo farà a suo rischio e pericolo. Sawyer, travolto dalle circostanze, scopre un universo remoto e agghiacciante: un mondo di isole che galleggiano nello spazio dove è in corso una lotta di proporzioni cosmiche. Perduto in una dimensione che non gli appartiene, Sawyer si rende conto che la chiave dell’enigma è il misterioso Pozzo dei Mondi, e che dal suo segreto possono dipendere molto più che le sorti di un conflitto.