Coyote nel Cielo (Sky Coyote, di Kage Baker)

La Compagnia del Tempo: Coyote nel Cielo

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Anteprima testo

1

Capirete meglio questa storia se inizio con una bella bugia.

Be’, un mito, comunque. Una volta c’era il dio greco del Tempo. Era un vecchio bastardo crudele che divorava tutti i suoi figli non appena nascevano. Zeus, il figlio più giovane, riuscì a sfuggire; quando crebbe, ritornò a casa e pose fine al regno di suo padre il Tempo, uccidendolo. Poi lo sventrò e liberò i suoi fratelli. Re Tempo è morto: lunga vita a re Zeus.

Nel XXIV secolo una società di ricerca e sviluppo decise baldanzosamente di scegliere Zeus come propria denominazione, dopo aver inventato un sistema per viaggiare nel tempo.

Purtroppo, la scoperta non diede i risultati sperati. Viaggiare nel tempo ha costi proibitivi, e alcune limitazioni cruciali. Per esempio, non si può andare nel futuro, solo all’indietro, nel passato, e poi di nuovo in avanti fino al punto di partenza. Un altro problema è che la storia non può essere cambiata. Punto. È la legge.

A ogni modo, questa legge si applica solo alla storia documentata…

L’invenzione quindi non si rivelò del tutto inutile. La Compagnia modificò la denominazione in Dr. Zeus, riuscì a trarre buoni profitti dal saccheggio del passato, collezionando opere d’arte “perdute” e organizzando investimenti a lungo termine. Venne caricato un database con ogni evento documentato dagli storici e si scoprì che restava una massa enorme di passato mai registrato nel quale ci si poteva muovere liberamente. Ci si rese conto che, se il passato non poteva essere cambiato, poteva però essere manipolato a vantaggio della Compagnia.

Ma, nei fatti, chi avrebbe potuto manipolarlo? Viaggiare indietro nel tempo è dura, se lo si fa tirando sulle spese, senza tanti extra. Gli agenti provenienti dal XXIV secolo sono pieni di pretese e non fanno altro che chiedere aumenti. Le grandi multinazionali sembrano essere sempre a corto di denaro, per quanto possa apparire paradossale: magari c’è davvero bisogno di mandare qualcuno a depositare una certa somma in una certa banca in una certa giornata del 1806, eppure si è riluttanti a farlo se non si ha l’assoluta certezza di guadagnare una somma a sei cifre. E quante volte la Compagnia sarà disposta a tirare fuori i soldi per spedire qualcuno nel passato? Non c’è un modo di tagliare i costi?

La Dr. Zeus trovò una risposta rispolverando un altro progetto fallito, l’immortalità.

Tecnicamente, è possibile rendere una persona immortale. Ma non è vantaggioso dal punto di vista commerciale. Funziona solo con i neonati o i bambini molto piccoli, non con i milionari di mezza età; e poiché i milionari di mezza età sono i soli che potrebbero permettersi l’intero processo, come dire, non c’è mercato per l’articolo. In più, i bambini prescelti devono possedere alcuni requisiti fisici, e sopportare anni di allenamenti e modifiche chirurgiche. Neppure i più decisi, tra i genitori milionari sottoporrebbero le loro piccole Gloria o Donald, Jr. a un supplizio simile.

Dunque, l’immortalità è una merce invendibile. D’altra parte, se invece si stanno cercando degli agenti che lavorino per la Compagnia con lealtà, senza assicurazione e senza mai andare in pensione…

Una squadra venne spedita nel Paleolitico inferiore. Fu stabilita una base permanente, rifornita di ogni equipaggiamento necessario. Lo scopo era collezionare Neanderthal e Cro-Magnon. Questi bambini furono impiantati, potenziati, amplificati, fortificati, drogati, accesi, sintonizzati e ben indottrinati. Fu data loro l’intera messe della conoscenza umana e della cultura esistente all’altra estremità del tempo: i libri, la musica, il cinema. Crebbero, questi superüberkinder, e quando l’ultimo, sgradevole tessuto mortale fu reciso alla radice, furono consegnate loro le chiavi del laboratorio e gli fu detto: “Adesso tocca a voi. Noi ce ne andiamo a casa”.

Avete capito cosa si è riusciti a ottenere con un unico viaggio? Non è più necessario mandare degli agenti avanti e indietro per il tempo: li si recluta all’inizio e li si lascia procedere lungo il tempo stesso, normalmente. L’investimento per il progetto fu mantenuto al minimo, e adesso la Dr. Zeus ha degli agenti immortali al lavoro, piazzati strategicamente in ogni momento cruciale della storia. Naturalmente, fu loro promesso un futuro dorato, quando finalmente sarebbero arrivati al futuro. Anche se non è ancora accaduto…

E gli immortali producono altri immortali, ma non nel modo usuale, poiché sono stati tutti sterilizzati: si selezionano bambini adatti dalla popolazione mortale e si modificano in basi situate in località remote e inaccessibili ai malvagi primitivi. Sono state costruite altre basi, inaugurati altri progetti segreti della Compagnia e il pasticcio, come si dice, ha avuto inizio.

La Dr. Zeus governa il mondo. In segreto, naturalmente.

A questo punto dovete esservi fatti un’idea di questi immortali. Voi siete dei mortali e l’immagine di una razza perfetta ed eterna vi fa sentire a disagio, forse anche un po’ ostili, così, probabilmente, ve li sarete dipinti come creature intellettuali e prive di emozioni. Presuntuose, anche. Forse pensate che assomiglino a dei vampiri, o a dei supereroi, alti e dagli occhi d’acciaio, gli uomini con i bicipiti gonfi, e le donne tanto belle quanto gelide.

Ebbene, vi sbagliate. La verità è che sono proprio come voi. E perché non dovrebbero esserlo? Dopotutto, una volta erano soltanto degli esseri umani.

2

L’anno è il 1699 d.C. Il luogo è il Sudamerica: fitte foreste, ombra verde, lame di luce, un cupo odore di marcio. Giaguari ovunque. Orchidee in fiore. Piccoli uccelli e scimmiette che squittiscono in continuazione.

E, nel centro della giungla, la Città Perduta: all’improvviso, acri e acri di luce solare e silenzio si allargano nel mezzo della malaria perniciosa. Piramidi decorate in stucco rosso e bianco. Scalinate, cortili e viali, dritti come un regolo. Più dritti. Un’architettura davvero impressionante nel mezzo del nulla. Divinità e re scolpiti ovunque.

Ed ecco qui il nostro intrepido gesuita spagnolo, il nostro eroe. Non potreste confonderlo con nient’altro. Ha quei piccoli occhi scuri che vi aspettereste in un prete spagnolo, ma con un certo scintillio che di solito non si trova nei signori dell’Inquisizione. Ha l’abito nero, gli stivali, il crocifisso: è basso, be’, diciamo un po’ tarchiato, e ha la pelle olivastra. Avrebbe bisogno di farsi la barba.

Avanza con cautela attraverso la giungla, e i suoi occhi si dilatano mentre contempla la Città Perduta. Dalle pieghe dell’abito estrae un foglio ripiegato di pergamena, e lo apre per studiare un disegno complicato tracciato in inchiostro rosso e nero. Sembra orientarsi, e poi si dirige veloce verso un muro decorato con dei mostri di stucco, così inferociti da tener lontane persino le liane e i rampicanti. Percorre il perimetro e dopo dieci, venti, trenta metri finalmente raggiunge la Porta del Giaguaro.

La Porta è una specie di monolite di stucco rosso, sormontato da una mensola di pietra verde decorata dal bassorilievo di due giaguari rampanti, come se stessero combattendo, con gli occhi e gli artigli ricoperti in oro. C’è di più: nessun cancello occupa il passaggio, niente sbarre di ferro arrugginite, oh no. Si intravede soltanto un’onda traslucida e azzurra che oscura un po’ la vista della città favolosa. Se aveste un udito molto fine (come il gesuita spagnolo), vi accorgereste che la luce azzurra ronza e crepita appena appena.

E cos’è questo sgradevole mucchietto intorno al varco che dovrebbe contenere il cancello? Cumuli di insetti fritti, e anche un’ampia scelta di uccelli fritti e… Dio, il gesuita spagnolo non può neppure pensare a cosa possa essere quel corpo annerito e contorto laggiù, quello che tende degli artigli scheletrici verso la luce blu. Probabilmente, è solo una scimmia morta.

Adesso il gesuita sta studiando i dettagli di un’iscrizione dipinta su un lato del cancello. Ha trovato quello che cercava: una piccola fessura scura sul volto di un dio-pappagallo, che sta decapitando un prigioniero, o forse fertilizzando un banano, a seconda della vostra conoscenza dei pittogrammi. Dopo averla scrutata da vicino, il gesuita estrae da una piccola sacca di pelle che porta alla cintura un oggetto. È una chiave d’oro con una forma strana. Come fa un gesuita spagnolo ad avere una chiave simile? Ne ha letto la favolosa leggenda in qualche volume dimenticato da tempo nelle polverose biblioteche dell’Escorial? Ne ha seguite le tracce per tutto il Nuovo Mondo, attraverso innominabili pericoli? Non saprei dire, qualsiasi ipotesi è buona. Trattenendo il fiato, la inserisce nella fessura sul becco del pappagallo.

Immediatamente si sente un suono acuto, e il gesuita spagnolo sa, senza che nessuno glielo dica, che qualcun altro è stato avvisato della sua presenza in quel luogo. Forse più di qualcun altro. La luce azzurra sfarfalla e lampeggia per un secondo. Cogliendo al volo quell’opportunità, il gesuita balza attraverso il cancello, con un’agilità notevole per un uomo in un saio. È appena atterrato sul pavimento al di là della luce, quando questa rientra in funzione e una zanzara che stava cercando di seguire il gesuita spagnolo va incontro a una fine orribile, ma non immeritata, in una cascata di scintille. Il gesuita spagnolo sospira di sollievo. È riuscito a entrare nella Città Perduta.

Facendosi strada in quell’ammasso inquietante di geometrie arcane, trova un cortile in ombra con una fontana. Tutto intorno ci sono tavoli e sedie scolpite nella pietra. Si accomoda. Sul tavolo, c’è un foglio rigido di pergamena. L’uomo si sporge in avanti e legge con interesse. Un’ombra appare sotto un arco, e lo spagnolo alza lo sguardo per incontrare quello di un antico maya.

Anche questo è un tipo immediatamente identificabile. Copricapo piumato, gonnellino di pelle di giaguaro, un lungo aschetto di capelli neri e diritti. Naso a becco e zigomi alti. Un contegno triste e altezzoso, adatto a un membro di un impero svanito da lungo tempo. Sarà la fine per il gesuita spagnolo?

No, perché l’antico maya si inchina, facendo arricciare in avanti e ondeggiare le piume verdi del copricapo. Poi chiede:

– Come posso servire il Figlio del Cielo?

Il gesuita abbassa lo sguardo sul foglio di pergamena.

– Be’, un margarita grande dovrebbe andare bene. Con ghiaccio, e sale, okay? Anzi, portamene due. Aspetto un’amica.

– Okay – risponde l’antico maya, e scivola via in silenzio.

Ragazzi, adoro i momenti come questo. Adoro guardare l’illusione collidere con la realtà. Mi immagino lo stupore di uno spettatore fittizio: penserebbe di essere finito in una commedia britannica. Sapete come sono riuscito a sopravvivere in questo lavoro anno dopo anno, una schifosa missione dopo l’altra, senza alcuna possibilità di aiuto? Perché ho uno spiccato senso del ridicolo. Inoltre, non avevo scelta.

3

Me ne stavo seduto lì, in attesa che il tipo maya tornasse con i nostri cocktail e mi sentivo, comprensibilmente, un po’ agitato, perché dovevo incontrare una persona che non vedevo da, ecco, un po’, e non ci eravamo lasciati in ottimi rapporti. Quando i mortali sono nervosi, i loro sensi si potenziano, notano tutti quei piccoli dettagli che normalmente sfuggono loro. Potete immaginare cosa accada a noi.

In quel frangente colsi il rumore di alcune palle da tennis, lontane, che rimbalzavano. Svago. Lo scarico di una toilette, evviva, pensate a tutte quelle tubature costose. L’odore della giungla non era peggio di quello di, ecco, un terrarium che abbia urgente bisogno di essere pulito, e comunque era perlopiù coperto dagli aromi dominanti di questo luogo: acque di colonia. Deodoranti. Fiori coltivati. Frigoriferi pieni di cibo fresco e pulito. Riuscii persino a sentire l’odore dei tessuti: tovaglioli e tovaglie inamidate, lenzuola, tutto senza una sola macchia di umido, e lì eravamo ai tropici, oh sì.

Mentre sedevo meravigliandomi per i lussi di Nuovo Mondo Uno, arrivò lei. Entrò nel mio campo d’ascolto a circa venticinque metri sulla destra e due più sotto, in rapida salita; dovevano esserci delle…

La Compagnia del Tempo: Coyote nel Cielo - Copertina

Tit. originale: Sky Coyote

Anno: 1999

Autore: Kage Baker

Ciclo: La Compagnia del Tempo (The Company Universe) #2

Edizione: Mondadori (anno 2002), collana “Urania” #1455

Traduttore: Cecilia Scerbanenco

Pagine: 298

Dalla copertina | Gli indiani Chumash vivono nella California del 1699, ignari dell’imminente invasione degli esploratori europei. Tra poco, malattie come il vaiolo e “pratiche commerciali” come la schiavitù distruggeranno un intero popolo. E’ per questo che il cyborg immortale Joseph, proveniente dal XXIV secolo, arriva in California nei panni del Coyote Celeste, la divinità indiana, dando inizio a un piano che dovrà concludersi con il trasferimento dei pellerossa in Australia, nella speciale “riserva” della Compagnia del Tempo. Ma Joseph dovrà fare i conti con un popolo molto fiero e con Mendoza, la botanica che come lui lavora per la Compagnia, che non gli ha mai perdonato il suo rude “reclutamento” nella Spagna del 1500…

1# – La Compagnia del Tempo

2# – La Compagnia del Tempo: Coyote nel Cielo

3# – La Compagnia del Tempo: Mendoza a Hollywood

4# – La Compagnia del Tempo: il Futuro in Gioco

5# – La Compagnia del Tempo: il Mondo che Verrà

6# – I Cavalieri del Tempo