V secolo d.C.: l’Impero Romano ha abbandonato la Britannia lasciando dietro di sé le vestigia diroccate di fortificazioni e castelli, insieme a un ricordo dolce-amaro di ordine e civiltà. Le antiche usanze, mai veramente sopite, riemergono silenziose senza però ritrovare il seguito di un tempo; in questo vuoto, tutti si aggirano confusi, nascono e muoiono alleanze e false religioni, mentre il mondo sembra trattenere il respiro in attesa di una guida, di un credo, di qualcosa che restituisca senso al tutto.
Questa è l’epoca in cui nasce Merlino, nipote bastardo del re del Galles.
Erediterà dalla madre gli antichi poteri dei druidi e verrà istruito secondo la tradizione celtica dal maestro Galapas nella Grotta di Cristallo. Alla morte del re suo nonno, il giovane, perseguitato dallo zio, scambiato per uno schiavo e rapito, dopo molte vicissitudini ritroverà il padre, Ambrogio, destinato a riunificare la Britannia. Al suo servizio Merlino aggiungerà alle proprie conoscenze la sapienza romana, diventando il fulcro di due mondi, l’ingegnere, il saggio, il mago, il mentore di Re Artù: finalmente leggenda.
Un diverso protagonista
La storia di Artù è stata riproposta in mille e più forme, con interpretazioni molto varie e spesso discordanti, ma quasi sempre di successo. In parte perché Artù incarna una sorta di sogno americano prima ancora che gli Americani se ne appropriassero: cresce in umiltà, inconsapevole delle proprie origini, e mostra il valore di sé prima ancora del proprio lignaggio, che comunque esiste perché, da bravi Europei un po’ snob, difficilmente avremmo digerito un principe senza pedigree.
Tuttavia, se ormai talmente tanto è stato scritto e visto sul tema arturiano, perché leggere anche questo ciclo? Perché Mary Stewart dà finalmente voce all’ombra.
Artù infatti ama, concede fiducia e viene tradito, abbaglia nel suo splendore e sbaglia come l’ultimo degli scudieri, ma soprattutto, nella sua umanità, per edificare la leggendaria epopea che lo avvolgerà, egli ha bisogno di un aiuto nell’ombra, il consiglio di una figura che sia più che umana. Questa figura è Merlino, mago, incantatore e bugiardo, buono forse, enigmatico sempre; comunque, in tutte le opere, inevitabilmente, vecchio.
La Grotta di Cristallo (The Crystal Cave, 1970) è il romanzo iniziale di un ciclo che ha finalmente come protagonista proprio il favoloso stregone, dall’infanzia alla nascita e consolidazione della sua fama, costruita ad arte da un’intelligenza vivace e scaltra.
Quella che viene “svelata” di lui è la “realtà” dietro la leggenda, con un pizzico di ironia, e una buona dose di pragmatismo nell’incorniciare gli eventi soprannaturali e le indispensabili visioni.
Il ritmo del libro è lento, riflessivo e ben accompagna la crescita interiore di un Merlino prima bambino e poi uomo, sempre solo, diverso, strumento rassegnato di un dio sconosciuto; non temibile eppure temuto, spesso goffo e per molti aspetti tenero, ma arguto e geniale.
Assaporando la ricostruzione storica di luoghi e atmosfere, le vicende del mago andranno vissute senza l’ansia di chi, conoscendo la storia, frema nell’aspettativa della comparsa del Grande Re, che invece verrà concepito solo nelle ultime pagine.
Gli altri personaggi, anch’essi strumenti più o meno inconsapevoli di un destino ineluttabile, per quanto abilmente delineati rimangono comparse che si affannano in modo quasi inconcludente, persi in mille faccende, finché non riescono, per caso o per destino, a compiere quelle azioni chiave che portano a completamento la loro “funzione”; e a quel punto scompaiono, figure ormai inutili che tuttavia veleranno di rimpianti e malinconia i ricordi del giovane Merlino, contribuendo a creare nel lettore una forte empatia per quest’uomo in fondo fragile che viene usato e costantemente abbandonato, dalle persone come dal fato.
Il senso di abbandono, in tutte le sue sfumature, è certamente la chiave di lettura del romanzo: la Britannia abbandonata dai Romani; la madre di Merlino abbandonata da Ambrogio; Merlino stesso, abbandonato all’inizio da un padre che non sa della sua esistenza e da una madre distratta che ormai si è ritirata dal mondo e protegge il segreto della nascita del figlio con un silenzio doloroso, e poi da tutte le figure di riferimento, il servo e amico Cedric, l’insegnante Galapas, il padre Ambrogio da poco ritrovato, e infine lo stesso Uther che, dopo aver ottenuto da lui ciò che più vuole, lo allontana.
D’altronde la vera luce brilla solo nell’oscurità più nera; così questo primo libro, lento e cupo eppure intenso, ben prepara alla gloria dell’età dell’oro della stella di Artù che brillerà nei successivi volumi.