La macchina del presagio

La Macchina del Presagio

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Il lieto fine con il quale Scontro Finale chiudeva l’imponente saga de La Spada della Verità non aveva sottratto ai tanti affezionati lettori la speranza in un seguito. In effetti, seppure il Male sembrava essere stato debellato dal mondo (quanto meno nelle sue forme più cruente), rimanevano pur sempre molti interrogativi sul destino dei due indiscutibili protagonisti, Khalan e Richard: la potente strega Shota li aveva ammoniti sui terribili pericoli ai quali sarebbero andati incontro laddove avessero cercato di dare alla luce un figlio; il ritorno del Palazzo dei Venti nel mondo dei vivi aveva spalancato orizzonti di minacce occulte e arcani misteri; il Guardiano, mai sconfitto, manteneva ancora saldo il suo nefasto potere, e certo non avrebbe mancato di scagliarlo ancora contro la Luce.

Chi poi, qualche tempo dopo, si fosse lanciato nella lettura de La Legge dei Nove, magari con il rimpianto di abbandonare personaggi oramai divenuti familiari e al contempo sperando di ottenere dalla penna di Goodkind qualcosa di totalmente nuovo, avrebbe ben presto compreso che l’autore non aveva affatto intenzione di lasciarsi alle spalle la saga che gli aveva dato tanto successo: il romanzo è infatti nulla più che una rivisitazione in chiave thriller moderno dei primi due libri del ciclo, risultando sorprendentemente simili personaggi, situazioni e trama.

Il successo della serie televisiva di Sam Raimi ispirata alla saga non poteva poi che dare a quest’ultima nuova linfa.

Ed ecco allora La Macchina del Presagio (The Omen Machine), primo capitolo di un nuovo ciclo ancora incentrato sui personaggi di Khalan e Richard, dove si ritrovano, con variazioni d’accento appena percettibili, quasi tutti i temi cari all’autore.

Ancora una volta i protagonisti avranno a che fare con criptiche e angoscianti profezie e con nemici crudeli apparentemente invincibili per i quali non esiste redenzione; ancora una volta potranno contare soltanto sulle loro inesauribili e superiori risorse d’animo e d’intelletto.

La storia ha inizio qualche mese dopo la definitiva sconfitta dell’Ordine Imperiale e qualche giorno dopo l’atteso e sorprendente matrimonio della più forte guarda del corpo di Richard, la temibile Mordsith Cara, con uno dei suoi più capaci generali. Il clima di festa viene presto offuscato da oscure profezie che, pronunciate dai più diversi indovini, sembrano avere un’influenza anomala su tutti coloro che le ascoltano. Ma è con i primi omicidi, terribili e spietati, che il Palazzo del Popolo precipita davvero nell’orrore: due madri uccidono infatti i propri figli di tenera età, all’apparenza con l’unico proposito di sottrarli a un peggiore destino, del quale tuttavia non sanno ricordare in realtà nulla. È l’inizio di un incubo.

Mentre eventi sempre più cruenti sembrano confermare l’assoluta veridicità delle profezie, l’alleanza che Richard aveva saputo creare per far fronte all’Ordine Imperiale sembra cedere; animali misteriosi fanno scempio delle carni di alcuni alti dignitari chiusi nell’apparente impenetrabile sicurezza delle loro stanze; a palazzo serpeggia il sospetto e il tradimento. Tutto ciò senza che per l’eroe che ha salvato il mondo sia possibile neppure identificare la nuova minaccia.

A complicare le cose, un evento che non si crede casuale permette il ritrovamento di un’incredibile macchina che affonda le sue radici nei più reconditi anfratti della piana sulla quale sorge la reggia dei Rahl. Una macchina che comunica per il tramite di misteriose lamine metalliche. E che sembra in grado di svelare la Profezia…

Ne La Macchina del Presagio, il ritmo della narrazione si fa subito incalzante, tanto che le pagine si susseguono rapide e i capitoli si divorano; Terry Goodkind, una volta di più, dà prova di una delle sue maggiori doti: il saper abilmente creare suspense.

Il ritmo e i ben riusciti accostamenti all’horror (due omicidi vengono ad esempio descritti nei particolari più raccapriccianti) consentono addirittura di non percepire fuori luogo paragoni con maestri del genere thriller-horror quali Dean Richard Koontz.

Purtroppo, il lettore che ben conosce Goodkind non troverà molti altri stimoli, risultando la storia tutt’altro che innovativa rispetto al già letto, e quanto mai “goffa” nell’introduzione delle poche novità: sotto questo specifico riguardo, la “Macchina” dalla quale trae origine il titolo appare non tanto una nota estranea, quanto decisamente una nota stonata, in modo disturbante. Difficilmente una “correzione di tiro”, nel seguito, potrà porre rimedio al disagio, a meno di repentine quanto altrettanto discutibili uscite di scena.

Ancor peggiore, sotto un altro aspetto, il solito tema della separazione-ricerca, per fortuna limitato alla sola ultima parte: prima dello sviluppo, già si teme lo scontato lieto fine. E purtroppo non ci si sbaglia.

Seppure Goodkind abbia forse persino affinato la già buona capacità di rapire il lettore, giustapponendo scene di azione e pause, l’ennesima rivisitazione di temi già profondamente sviscerati nei libri precedenti lascia ben poca impressione al lettore che abbia letto la prima Saga. D’altro canto, il lettore che nulla conoscesse delle precedenti avventure di Richard e Khalan, potrebbe forse apprezzare l’intricata trama, ma difficilmente potrebbe orientarsi tra i tanti personaggi la cui caratterizzazione è lasciata alla memoria degli affezionati.

Il romanzo è quindi poco più di un piacevole intrattenimento per qualche sera di fuga dalla realtà e non verrà certo ricordato come uno dei più riusciti e innovativi.