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La Porta delle Tenebre (Down – Portal, 2015), di Glenn Cooper
1
«Mamma, dove siamo?»
Non ottenendo risposta, il piccolo Sam ripeté la domanda con più insistenza.
Sua sorella Belle, di soli due anni, scoppiò a piangere.
Arabel non poteva fare altro che guardarsi attorno, ammutolita e stravolta: un secondo prima era a Dartford, nella mensa del MAAC, in trepidante attesa di riabbracciare sua sorella Emily, e quello dopo in un luogo completamente diverso.
L’altra donna, invece, temeva di sapere dove fossero. Delia May abbracciò Belle sussurrandole di fare la brava e di non muoversi.
Erano in una casa poco più grande di un capanno da giardino; il pavimento in terra battuta, il caminetto con un pugno di ramoscelli accesi e un fetido uccello morto appeso a un gancio le conferivano un aspetto misero e rozzo. Sam cominciò a tossire a causa del fumo e Delia si affrettò a zittirlo. Poi, stringendo a sé la bambina, si avvicinò lentamente alla finestra e dischiuse un’imposta per dare un’occhiata all’esterno, da dove provenivano alcune voci. Aveva capito cosa stava accadendo, ma ciò nonostante quello che vide le fece trattenere il fiato. A pochi metri di distanza, su una strada ricoperta di fango, c’era Duck, il ragazzo che aveva avuto in custodia nell’ultimo mese. Era completamente nudo. Un uomo molto più grosso, che lei riconobbe subito come Brandon Woodbourne, lo stava strozzando. Ma proprio allora un secondo ragazzo si avventò contro l’aggressore e cominciò a bastonarlo sulla schiena. Infine, quando anche altri uomini si lanciarono nella mischia, Woodbourne batté in ritirata imprecando e urlando.
Nel frattempo Sam aveva notato l’uccello attaccato alla parete. Si mosse per andargli incontro, ma si fermò subito. «Mamma, i pantaloni!»
I jeans gli erano scivolati alle caviglie e le mutande stavano per fare la stessa fine.
Arabel si toccò gli abiti che indossava. La gonna era allentata, la camicia semiaperta, e il reggiseno slacciato: cerniere, bottoni e gancetti erano spariti. «Che sta succedendo?» chiese a Delia con voce tremante.
«Dobbiamo restare in silenzio», fece lei, allontanandosi dalla finestra. «Credo che siamo nello stesso posto in cui è stata tua sorella.»
«Ma di che parli? Cos’è successo? Dove sono la mensa e il laboratorio? Ci hanno drogati?»
«Abbassa la voce», la implorò Delia.
In tutta risposta, Arabel la superò con una spallata e spalancò la porta con una forza tale da farla sbattere contro la facciata pochi metri di distanza, su una strada ricoperta di fango, c’era Duck, il ragazzo che aveva avuto in custodia nell’ultimo mese. Era completamente nudo. Un uomo molto più grosso, che lei riconobbe subito come Brandon Woodbourne, lo stava strozzando. Ma proprio allora un secondo ragazzo si avventò contro l’aggressore e cominciò a bastonarlo sulla schiena. Infine, quando anche altri uomini si lanciarono nella mischia, Woodbourne batté in ritirata imprecando e urlando.
Nel frattempo Sam aveva notato l’uccello attaccato alla parete. Si mosse per andargli incontro, ma si fermò subito. «Mamma, i pantaloni!»
I jeans gli erano scivolati alle caviglie e le mutande stavano per fare la stessa fine.
Arabel si toccò gli abiti che indossava. La gonna era allentata, la camicia semiaperta, e il reggiseno slacciato: cerniere, bottoni e gancetti erano spariti. «Che sta succedendo?» chiese a Delia con voce tremante.
«Dobbiamo restare in silenzio», fece lei, allontanandosi dalla finestra. «Credo che siamo nello stesso posto in cui è stata tua sorella.»
«Ma di che parli? Cos’è successo? Dove sono la mensa e il laboratorio? Ci hanno drogati?»
«Abbassa la voce», la implorò Delia.
In tutta risposta, Arabel la superò con una spallata e spalancò la porta con una forza tale da farla sbattere contro la facciata della casa. Scioccata da quel che vide, ripeté la stessa domanda del figlio: «Dove siamo?»
Delia la trascinò dentro e richiuse la porta. Sapeva in che luogo erano finiti, ma non voleva pronunciarne il nome. Non poteva, perché altrimenti l’avrebbe reso reale.
La parola che Delia non riusciva a pronunciare era Inferno.
2
Intorpidito e con la mente annebbiata, John Camp si svegliò in una stanza del Royal London Hospital. Il senso di spaesamento aumentò quando l’infermiere che gli stava controllando la pressione sembrò soffocare una risatina: l’uomo aveva appena saputo della curiosa richiesta che John aveva fatto ai medici un istante prima di soccombere all’anestesia.
«Mettetemi il doppio o il triplo dei punti necessari», aveva detto.
«Come mai?» gli era stato chiesto da dietro una mascherina chirurgica.
«Non posso dirvelo, fatelo e basta.»
«Ben risvegliato», disse l’infermiere.
John sbatté le palpebre. «Che c’è di così divertente?» La voce era flebile e rauca, le corde vocali simili a carta vetrata.
«Uh, niente. L’intervento è andato bene.»
«L’intervento?» Poi, con una smorfia, aggiunse: «Ah, sì, ora ricordo. Merda».
«Sente dolore?»
«Sì.»
«Le faccio un’iniezione di morfina.»
Qualche istante dopo, con il narcotico che gli scorreva nelle vene, John si appisolò e cominciò a sognare.
Nel sogno si trovava all’Inferno.
Chiuso in una fetida cella di putrefazione, John batteva i pugni contro la porta sbarrata. All’esterno, Solomon Wisdom gli ripeteva che non poteva farlo uscire. Nessuno poteva. Quello era il suo destino. Poi al suo fianco apparve Thomas Cromwell, inginocchiato in mezzo a un ammasso di carne umana.
Il cancelliere lo informò che re Enrico era molto arrabbiato con lui. Molto, molto arrabbiato. «Siete pentito?»
«Sì.»
Wisdom scoppiò a ridere. «Pentitevi pure, non ha importanza. Ciò che è fatto, è fatto.»
John si risvegliò mentre il tramonto tingeva la finestra d’arancione.
Emily era seduta accanto al letto e gli strinse piano una mano quando lo vide aprire gli occhi. «Come ti senti?»
«Peggio di prima.»
«Ho parlato con il medico che ti ha operato. Ha dovuto effettuare un’incisione profonda per asportare la parte infetta. Nella flebo ci sono un paio di antibiotici, in attesa che arrivino i risultati delle analisi.»
«Brutte bestie i microbi dell’Inferno, eh?» scherzò lui.
Dietro sua richiesta, Emily sollevò la parte superiore del letto per farlo stare più comodo e gli mise in bocca dei pezzetti di ghiaccio. «Meglio?»
«Meglio. Che hai fatto mentre mi davano una ripulita?»
«Ho analizzato alcuni dati in laboratorio.»
«E?»
«Matthew ha ragione. Le elevate energie di collisione hanno prodotto una sorprendente quantità di strangelet e gravitoni, la cui interazione ha causato il fenomeno.»
«Il fenomeno. È il più grande eufemismo di tutti i tempi.»
«Avanti, lo sai come parlano gli scienziati.»
«C’è già una stima?»
«Una stima?»
«Quanta gente è scomparsa?»
«Quattro persone a Dartford: Arabel, Sam, Belle e Delia, l’agente dell’MI5. South Ockendon è ancora nel caos. Al momento nessun dannato è stato acciuffato.»
«Che casino», commentò lui.
Emily annuì asciugandosi gli occhi con un fazzoletto. «Mi sento male al pensiero di Arabel e dei bambini… Saranno spaventati a morte.»
«Anche se è finito all’Inferno, Dirk non è un cattivo, spero che sia d’aiuto. E dovrebbe esserci anche il fratello con loro. Trevor mi ha detto che Duck ha legato con Delia May. Lei saprà certamente che organizzeremo una spedizione di soccorso.»
«Lo so, ho parlato con Trevor nel pomeriggio. Mi ha anche confessato di frequentare Arabel.»
«Davvero?»
«A quanto pare gli piace. Ed è preoccupato come me.»
«Be’, Trevor è un brav’uomo. Non mi sorprenderebbe se si offrisse volontario.»
Emily appallottolò il fazzoletto e lo infilò in borsa. «Non voglio che tu vada, John.»
Lui soffocò una risata perché ridere gli causava parecchio dolore. «E io non voglio che ci vada tu.»
«Io non ho subito un intervento chirurgico e non ho contratto un’infezione potenzialmente letale.»
«Tra qualche giorno sarò come nuovo, guarisco in fretta. Sono un soldato, Emily, ci sono abituato. Quanto a te, be’, sei stata fantastica, sono orgoglioso di come sei riuscita a sopravvivere. Ma sei una scienziata. Devi restare qui per risolvere il problema. Fa’ ciò che sai fare meglio, io mi occuperò del resto.»
«Mi dispiace, John, ma ormai ho deciso. Se Arabel, Sam e Belle non fossero rimasti coinvolti, non mi sarei mai fatta avanti. Non riuscirai a…
Tit. originale: Down – Portal
Anno: 2015
Autore: Glenn Cooper
Ciclo: Trilogia Dannati #2
Edizione: Editrice Nord(anno 2015)
Traduttore: Paolo Falcone
Pagine: 544
ISBN-10: 8842924660
ISBN-13: 9788842924661
Dalla copertina | La speranza è durata poco più di un battito di ciglia. La speranza di potere, un giorno, dimenticare il cielo plumbeo e l’atmosfera opprimente dell’Oltre. La speranza di essersi lasciati per sempre alle spalle il mondo dove sono confinati tutti i malvagi vissuti sulla Terra dall’inizio dei tempi. Invece, non appena si rendono conto di avercela fatta, di essere nuovamente a casa, John Camp ed Emily Loughty sono costretti ad affrontare una realtà agghiacciante. L’incubo non è finito. Come previsto, l’avvio dell’acceleratore di particelle ha aperto il varco grazie al quale John ed Emily si sono ritrovati nel laboratorio di Dartford, in Inghilterra, ma allo stesso tempo ha inghiottito un numero imprecisato d’innocenti. Tra cui ci sono anche la sorella e i nipotini di Emily. Lei quindi non ha scelta: per salvarli, deve attraversare ancora una volta la Porta delle Tenebre e tornare all’Inferno. E, mentre a Londra c’è chi è determinato a smascherare le menzogne del governo su quanto sta accadendo a Dartford, Emily e John si preparano insieme con una squadra di recupero ad affrontare un viaggio ancor più pericoloso e ricco d’insidie del precedente. Un viaggio durante il quale incontreranno nuovi, terribili nemici, e stringeranno alleanze con coloro che li hanno aiutati a sopravvivere all’Inferno. Ma ci si può veramente fidare di chi, in vita, ha ceduto alle seduzioni del Male ed è da secoli relegato nella terra dei Dannati?
Ciclo Trilogia dei Dannati
Dannati #1 – Dannati
Dannati #2 – La Porta delle Tenebre
Dannati #3 – L’Invasione delle Tenebre