All’inizio i vampiri erano esseri pallidi, con l’attaccatura di capelli a V e canini acuminati. Brutti ma fascinosi, si potevano trasformare in pipistrelli e bramavano il sangue delle vergini. Poi divennero belli e aristocratici, organizzati in famiglie e clan, occupati a complottare per acquisire maggior potere o per uccidere i licantropi. E infine sono arrivati i vampiri strafighi, con i canini appena più lunghi del normale e la pelle pallida che “sbrilluccica” al sole, talmente politically correct da essere vegetariani.
Con La Progenie di Guillermo Del Toro e Chuck Hogan, si ritorna al passato, adattando il vecchio mito alla società moderna, dove non si ha paura dei mostri che corrompono le anime dannandole per l’eternità, ma si ha il terrore di epidemie o attacchi estremistici.
La trama del libro rispetta molti dei canoni che si associano alle storie vampiresche. C’è l’antico mostro proveniente dall’est Europa, c’è il vecchio saggio che dà la caccia ai succhiasangue, c’è l’eroe che deve combattere con i mostri e con l’ottusità della gente.
Ingredienti classici, forse persino doverosi, che vengono però mescolati in maniera nuova e soprattutto moderna.
Un Boeing 777 atterra a New York e rimane immobile e silenzioso sulla pista dell’aeroporto. Al suo interno uno spettacolo agghiacciante: l’intero equipaggio e i passeggeri, a eccezione di quattro, sono morti per cause misteriose. L’epidemiologo Eph Goodweather viene incaricato delle indagini e scoprirà che quell’aereo è stato infettato dal morbo più pericoloso che la razza umana abbia mai dovuto affrontare.
Agli ingredienti usuali di cui parlavo sopra, infatti, Del Toro e Hogan hanno aggiunto un’idea nuova e originale: trattare i vampiri non come mostri ma come virus in forma antropomorfa. Piccoli vermi parassiti, attratti dal sangue, contagiano il corpo umano e si moltiplicano. Prendono possesso degli organi vitali e li fanno avvizzire. Il corpo muore e il parassita ne prende il controllo, utilizzandolo per nutrirsi e diffondere così il morbo. Al posto delle zanne, una lunga e forte lingua retrattile dotata di pungiglione con cui succhiare il sangue delle vittime e iniettare in loro il contagioso veleno.
Mostri orrendi, descritti in maniera particolareggiata ma senza cadere mai nel fastidioso splatter. Ed è proprio questo il punto di forza del libro. Gli autori usano uno stile molto accurato, che riesce a trasmettere ansia e paura senza dover ricorrere a immagini da voltastomaco.
La narrazione è molto cinematografica ed efficace. Leggendo le scene si ha l’impressione di vederle scorrere sul grande schermo ma anche di viverle, proprio come accade nei migliori film horror. La parte iniziale è incentrata sul mistero delle inspiegabili morti avvenute sull’aereo (molto in stile CSI o Fringe), e abbondano quindi i particolari tecnici e scientifici. Quella centrale è dedicata alla descrizione del diffondersi della malattia, ed è caratterizzata da una vastissima galleria di personaggi che ricorda molto lo stile de L’ombra dello scorpione di Stephen King (geniale la scena in cui il cantante goth, ispirato a gente come Marilyn Manson o Alice Cooper, trasformatosi in vampiro, invita i fan e i paparazzi che circondano la sua casa per “berseli” tutti).
La parte conclusiva, infine, è occupata dalla caccia al mostro, e il consiglio è di non leggerla la sera prima di andare a dormire se si vogliono evitare incubi.
Essendo il primo capitolo di una trilogia, il finale è aperto, ma il secondo volume, La Caduta, è già disponibile in libreria, e il terzo, The Night Eternal, uscirà in lingua originale entro l’anno; per cui non saremo costretti a una lunga attesa per conoscerne la fine.
La Progenie: un libro di cui si sentiva il bisogno. Da non perdere.