Simone Vrech e Raffaele Serafini firmano il cortometraggio La Ragnatela. Si tratta di un dramma umano, o piuttosto di una storia di fantasmi sui generis: le presenze evocate sono partorite da un doloroso ricordo, hanno poco di ultraterreno e probabilmente vivono solo nella mente del protagonista.
Nella breve vicenda, un automobilista guida la sua vettura su strade di pianura. Una giovane donna siede accanto a lui. All’improvviso, la donna scompare. L’uomo ferma l’auto e torna sui suoi passi, fino a raggiungere un trivio. Là incontra un ciclista, che tace, sorregge la bicicletta e lo fissa minaccioso. L’automobilista torna indietro, e per un istante riappare la donna, accanto al ciclista.
All’improvviso, l’automobilista ricorda…
Il cortometraggio è suggestivo, nonostante mezzi limitati. La confezione è a dir poco spartana, a partire dalla location, una via persa tra i floridi vigneti nella campagna, forse nel Nord Est.
Le sequenze risentono della semplicità delle attrezzature impiegate, ma il montaggio riesce ad assemblarle con garbo, complice un’azzeccata colonna sonora.
I mezzi tecnici sono purtroppo essenziali; i registi sembrano consapevoli dei limiti, e giocano la carta del minimalismo e della poesia.
I pochi minuti a disposizione suggeriscono la trama allo spettatore, senza fornirgli troppe spiegazioni. Ciascuno può interpretare la vicenda come narrazione di un dramma, o come una storia di fantasmi vissuta con la sensibilità contemporanea. Le immagini si susseguono e si accumulano, alcuni dubbi vengono fugati, altri prendono vita. Inutile esigere soluzioni: il fascino del corto vive proprio di una certa indeterminatezza.