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La Rivolta dei Matador (The Machiavelli Interface, 1986) di Steve Perry
1
La morte venne a cercarlo nascosta dietro un sorriso. Si presentò con le sembianze di un amico fidato, un consigliere di Wall di tanto tempo prima degli anni del terrore. Era uno degli uomini migliori di Marcus Jefferson Wall, un vero artista della prevaricazione verbale in una Galassia in cui la bugia era divenuta un’arte; un uomo che aveva preso in giro i migliori congegni che la Confederazione potesse predisporre; un maestro della fuga oratoria. Ma un tempo le sue menzogne erano sottoposte al diretto controllo di Wall, per i suoi fini personali, mentre ora il bugiardo aveva cambiato obiettivo. Che peccato, pensò Wall. Davvero!
— Ah — disse. — Il mio vecchio amico Cteel! Entra. Posso offrirti qualcosa? Un po’ di polvere-plus? Una coppa di vino?
L’altro sorrise e assentì educatamente. — Magari una o due strisce di polvere.
Wall si alzò dalla sedia ortoanatomica mentre gli ingranaggi frusciavano silenziosamente favorendogli i movimenti e si diresse al distributore delle droghe. Era una bella stanza, ampia, lussuosa, con tutte le comodità del mondo moderno. Il pavimento era ricoperto da un tappeto proveniente dalla Luna Verde, tessuto a mano con fibra di lana tutch bioindustriale color indaco e rosso scarlatto. Il materiale più morbido che l’uomo avesse mai creato per camminarci sopra a piedi nudi. Le pareti erano rivestite con pannelli di Diospero della Virginia, spessi tre centimetri… che ovviamente nascondevano un’intelaiatura di schiuma di ferro e campi di forza. Al soffitto era appesa una ragnatela di Arachnida della Nuova Zelanda, che formava un lenzuolo trasparente dai riflessi argentei. E, quanto alle attrezzature elettroniche, non ne esistevano di migliori. Wall avrebbe potuto far servire l’anfetamina a Cteel da un robot, ma preferì farlo di persona. Giunto al distributore, ordinò: — Polvere-plus, variante P. Da un’apertura della macchina fuoriuscì un piccolo specchio e un beccuccio lasciò cadere sulla superficie liscia una striscia di polvere rosata. Wall raccolse lo specchio e tornò da Cteel.
— Variante P?
Wall sorrise, mostrando le rughe sottili attorno agli occhi. — Sì. È una novità del mio laboratorio. Migliore di qualunque cosa tu abbia mai provato.
— Grazie, Marcus. — Cteel prese una cannuccia e con la grazia di un maestro della cerimonia del tè aspirò la polvere rosa. Quando sollevò la testa i suoi occhi erano già lucidi. — Eccellente! Devo raccomandarla ai miei amici.
— Siediti — lo invitò Wall e tornando al proprio sedile gli indicò pigramente un’altra poltrona ortoanatomica. Come se fosse stata di gelatina, quella si adattò docilmente alle sue forme.
Quando Cteel fu seduto, Wall proseguì: — Bene dunque, qual buon vento ti ha portato fin qui?
Il sorriso di Cteel era perfetto e non tradiva la minima ombra d’inganno.
— La questione di Khadaji.
— Ah, l’Uomo Che Non Sbagliava Mai. Che c’è di nuovo?
— Come certamente saprai è nelle mani della Confederazione, sul pianeta Renault. E vivo, benché si dicesse il contrario. Wall sorrise. — Ho appena riesaminato quella pratica. Si è poi scoperto come sia riuscito a convincere un vecchio militare saggio come Venture che era morto?
— Finora no. Ma si saprà presto.
— Senza dubbio.
— In ogni caso — proseguì Cteel — sono certo che vorrai farlo condurre qui e giustiziare sulla Terra anziché in qualche provincia lontana, rinunciando alla pubblicità che potremmo ricavarne.
— Non è neppure da discutere.
— Sfortunatamente, però, il Generale Venture è al comando del Sistema di Shin, che comprende anche Renault, e vorrà scorticare Khadaji personalmente. Ha praticamente perso la faccia e non è più riuscito a riacquistare credibilità da quando si è saputo che Khadaji guidava quella scuola per guardie del corpo proprio sotto il suo naso.
— Posso capirlo.
— Se vogliamo Khadaji, ebbene… dovremo fare qualche concessione a Venture.
Wall, assentì. Naturalmente! Dopotutto la Confederazione si fondava sulle concessioni. — Quale pensi sia la cosa migliore? — Forse il comando delle Forze di Superficie. In questo modo si troverebbe anche lui qui sulla Terra, dove potremmo controllarlo. È vicino ai cento no? È quasi ora che si ritiri anche lui.
Wall fissò il soffitto di seta. Bello, davvero. — Sono certo che riuscirò a far sistemare ogni cosa dal Presidente Kokl’u.
Cteel annuì. — Bene. Porterò il messaggio personalmente.
— Non lo farai, vecchio mio.
— Prego?
— Lo consegnerà Massey, il mio uomo di fiducia. Era uno studente della scuola di Khadaji e sarà in grado di riconoscerlo meglio. Cteel parve turbato, ma solo per un istante. — Mi avevano detto che Khadaji usava un travestimento e che nessuno ha mai visto il suo volto. Wall si appoggiò allo schienale e sospirò osservando distrattamente i pallidi teli sopra la sua testa. — Vero. Ma temo che non potrò ugualmente lasciarti andare. Sai, sono al corrente del tuo progetto di allearti con Venture. — Lo fissò. — La Confederazione non è ancora caduta e quando succederà intendo diventare il capo supremo di ciò che resterà, vecchio mio. Avresti dovuto immaginarlo, dopo tutto questo tempo. Oh, comprendo i tuoi pensieri… l’Esercito è necessario, per la sicurezza… ma temo di non poter approvare questa alleanza. Sconvolgerebbe l’equilibrio che sto tentando di ottenere. Finalmente, Cteel comprese la verità.
— La polvere-plus?
— Temo di sì — confermò Wall ammirando la sua calma. — Non sono crudele, Cteel. Non ti farà soffrire. Anzi, sarà abbastanza piacevole… almeno così mi hanno detto. E avrai parecchie ore a disposizione per gli ultimi saluti e sbrigare le tue cosucce. Cteel si sforzò di sorridere. — Bene. Te ne sono grato, Marcus. Lo capi-sci che non era un fatto personale?
— Certamente. — Forse Cteel mentiva, ma Wall preferì far finta di credergli.
— Non voglio rubarti altro tempo — disse Cteel infine, alzandosi per baciare la mano di Wall.
In virtù dei ricordi che li legavano, Wall decise di concedergli un’ultima soddisfazione. Allungò la mano e lasciò che l’altro l’afferrasse. Non avvertì
quasi la puntura dell’unghia affilata contro il palmo e finse di non notare la luce sinistra nel sorriso di Cteel. — Addio, vecchio mio — disse Wall.
— Addio — gli fece eco Cteel.
Quando fu solo, Wall chiamò il suo servomeccanismo medico personale perché gli controllasse il graffio. L’apparecchio elettronico ispezionò con i propri sensori la ferita, la fece cicatrizzare e comunicò a Wall che non c’era alcun pericolo. Il povero Cteel aveva creduto di avere nascosto sotto l’unghia una capsula di neurotossine ad azione lenta. In realtà, il suo tecnico di laboratorio lavorava da anni al servizio di Wall e l’unghia era armata solo di un leggero antisettico. Non era stata una grande concessione lasciare che il suo amico pensasse di essersi vendicato. Dopotutto, lui era Wall: poteva permettersi di essere generoso con un uomo morto.
2
Emil Antoon Khadaji se ne stava seduto su una lastra di silicone e fissava l’interno della stanza che sembrava intagliata in qualche strano materiale plastico. Era una cella molto interessante, concluse. Quella sostanza gommosa era abbastanza robusta perché non si potesse strapparla via e, per esempio, ficcarsela in bocca casomai volesse suicidarsi per soffocamento. Ma nel medesimo tempo il silicone era abbastanza morbido, e per ferirsi volontariamente avrebbe dovuto fare uno sforzo notevole. Forse poteva tentare di salire sulla panca che fungeva da letto e da sedile, e gettarsi a capofitto sul pavimento. Tenendo la testa inclinata lateralmente poteva sperare di rompersi il collo. Ma difficilmente ci sarebbe riuscito. Sicuramente un robot sensore della polizia militare stazionava vicino alla porta della cella, protetta anche quella da strati di silicone, e sarebbe entrato al minimo segno di pericolo per l’occupante. Probabilmente un sistema telemetrico a ultrasuoni forniva ai carcerieri tutti i dati delle funzioni vitali di Khadaji, o forse si servivano di un dispositivo Doppler. Khadaji sogghignò verso i suoi invisibili osservatori. Non aveva nessuna intenzione di suicidarsi. Certo, era rischioso rimanere lì, ma erano rischi calcolati. Dopotutto si era consegnato lui stesso alla Confederazione… anche se per la verità non aveva avuto alternative. Aveva fatto la sua scelta molti anni addietro, ancora prima di andarsene da Greaves abbandonando la sua lotta solitaria contro la macchina della Confederazione. L’Uomo Che Non Sbagliava Mai, lo chiamavano così, ma anche quello era stato solo un trucco ben studiato. In realtà, qualche colpo dei suoi lanciadardi contro le truppe era andato a vuoto ma lui era riuscito a tenerlo nascosto affinché la Confederazione pensasse che era infallibile. In sei mesi aveva colpito molti soldati con i suoi proiettili spasmo-ionizzanti. Migliaia. La porta rivestita di silicone si aprì all’improvviso, interrompendo il flusso dei suoi ricordi. Khadaji alzò lo sguardo e vide entrare tre uomini e una donna. La donna e due degli uomini, entrambi sottotenenti, si disposero a raggiera nella stanza puntando i loro generatori di particelle verso di lui. Il quarto, un tenente, si fermò davanti al prigioniero, mantenendosi a tre metri circa di distanza.
Khadaji gli sorrise. Era l’uomo che lo aveva ucciso su Greaves… o almeno, questo era ciò che tutti avevano creduto.
— Sei fortunato — cominciò il tenente. — Eravamo pronti a iniziare il trattamento neurochimico e la scansione del tuo cervello, i simadam non vedevano l’ora di cominciare, ma c’è stato un rinvio… ordinato dal Presidente della Confederazione in persona. Ha mandato un suo…
Tit. originale: The Machiavelli Interface
Anno: 1986
Autore: Steve Perry
Ciclo: Matador #3
Edizione: Mondadori (anno 1989), collana “Urania” #1112
Traduttore: Guido Zurlino
Pagine: 144
Dalla copertina | Emil Khadaji, già membro delle forze speciali antisommossa, è ben noto ai lettori di URANIA, che hanno avuto il privilegio di seguirne le imprese prima in L’uomo che non sbagliava mai (URANIA n. 1035), poi in Matadora (URANIA n. 1055). Le sue fatiche a capo del gruppo dei matador, combattenti a corpo libero addestrati con lo scopo di lottare per la libertà della Confederazione Galattica, non sono ancora terminate. Anzi. Nuovi pericoli incombono sulla Confederazione, nuovi nemici si profilano all’orizzonte, e la leggendaria tenuta del corpo dei matador comincia a sentire serpeggiare entro i suoi ranghi il brivido del timore. Riuscirà Emil Khadaji nel compito che s’è prefissato, che è quello di liberare la galassia dalle forze oscure che l’opprimono? La risposta non è per nulla facile… ma i magnifici sette combattono ancora.