La macchina del presagio

La Spada della Verità

TERRY GOODKIND e IL FANTASY SUBLIMINALE

Il lettore di Fantasy a volte vuole essere rassicurato. Vuole aprire un libro, e leggere di maghi e di draghi, di cavalieri impavidi e tiranni spietati, di amori tormentati e donne splendide. Del Male che viene sconfitto e del Bene che trionfa (non troppo facilmente però). Nessun messaggio subliminale quindi, nessun riferimento occulto di tipo socio-culturale; solo sentimenti schietti e facilmente riconoscibili, ben inquadrati in una storia avventurosa e capace di trasportare davvero nel mondo di Fantasya.

La famosa saga di GOODKIND, La Spada della Verità, sembra rispondere in pieno a quest’esigenza, attraverso una trama classica, un’ambientazione più che tradizionale e una psicologia dei personaggi tutto sommato prevedibile. Magia, tantissima magia, e quel tanto di pathos capace di coinvolgere il lettore senza escludere, comunque, un lieto fine.

Un’opera superficiale e rilassante, si potrebbe pensare. Invece non è così: al di là della rassicurazione, al di là del puro svago, appare via via evidente la filosofia personale dell’autore, la sua idea di cosa è Uomo e cosa è Eroe, veicolata in una veste peraltro molto gradevole da indossare.

Il rischio sottile insito in ogni lettura è qui: bearsi dell’abito senza la curiosità di scoprire cosa ci sia sotto.

Il Ciclo della Spada della Verità ha riempito a tutt’oggi 10 volumi (15 nell’edizione italiana), e riassumere un’opera di questa lunghezza non è semplice; la trama è molto complessa e, per quanto ogni volume sia in certo modo autoconclusivo, la quantità di avvenimenti, personaggi e ambientazioni da seguire contemporaneamente risulta assai vasta.

Ma già il primo volume fornisce indizi sufficienti a comprendere l’atmosfera dell’intera saga.

Il Confine, la barriera magica che da decenni protegge le pacifiche Terre dell’Ovest dalle turbolente Terre Centrali, si sta sgretolando a causa delle oscure mire di un despota negromante, il sanguinario Darken Rahl. Dal Confine cominciano a filtrare creature ignote, minacce oscure e, un bel giorno, anche un’affascinante fanciulla in cerca di aiuto, Kalhan Amnel. Aiuto che naturalmente verrà subito trovato nella persona di Richard Cyper, il protagonista maschile della saga, umile guardaboschi che neanche immagina cosa gli toccherà affrontare di lì a poco.

La giovane e misteriosa straniera, inseguita da spietati assassini, è alla ricerca dell’ultimo Grande Mago (Zeddicus Zu’l Zorander), l’unico in grado di nominare un “campione del Bene”, il Cercatore, a cui affidare la Spada della Verità, ovvero l’arma incantata determinante nella lotta contro il Male. Solo in questo modo si potrà fermare il malvagio Rahl, signore del D’Hara, seriamente intenzionato ad utilizzare dei costrutti magici potentissimi (le Scatole dell’Orden) per dominare il mondo.

Naturalmente l’ignaro predestinato è proprio il nostro Richard…

Questo è appena l’inizio della vicenda; la storia si popolerà di creature d’ogni genere, mostri sanguinari e intrighi misteriosi, maghi e magie varie, streghe, mezze streghe e simil streghe, spiritelli buoni e cattivi, guerrieri alla Conan, selvaggi provvidenziali, esseri fatati d’acqua di terra e d’aria, libri, scatole e bambole magiche, incantatrici che sembrano suore ma in realtà sono ben altro, guardie del corpo sado-maso in tuta rossa… e chi più ne ha più ne metta.

Una vicenda ricca di colpi di scena insomma, che, pur basandosi su cliché tradizionali (due eroi belli e buoni, il mago potente ma un po’ buffonesco, una letale arma magica e svariati cattivi desiderosi di sterminare tutti), nel complesso si può definire ben fatta.

Almeno nei volumi iniziali, infatti, Terry Goodkind riesce a trasformare una trama scontata in qualcosa di più, dimostrando un tocco indubbiamente originale, e la capacità di avvincere il lettore. Prova ne sia il successo che l’autore ha riportato in questi anni presso il grande pubblico: avventura, buoni sentimenti e un pizzico d’erotismo sono, d’altra parte, elementi sempre vincenti; assieme alla violenza, quando viene presentata come giusta e giustificabile.

Quello che però appare nel prosieguo dell’opera è un notevole calo di qualità; anche nel mondo del Fantasy, le vicende possibili e immaginabili di uno stesso gruppo di personaggi hanno un limite.

Subentra la sensazione di un buonismo sempre più esasperante ed esasperato, associato ad uno straripante culto della personalità individuale: gli eroi della vicenda combattono costantemente per il Bene Comune, ma sono sempre e comunque gli unici depositari della Vero e del Giusto. Non a caso, la bella Kalhan ha il titolo e i poteri di Madre Depositaria (Mother Confessor nell’originale, una specie di giudice supremo), e Richard è il Cercatore (The Seeker) di quella Verità che sembra svelarsi sempre e solo a lui.

Tutto questo, alla fine, assume risvolti tra il ridicolo e l’inquietante. “La gente è stupida” dice la Prima Regola del Mago “date loro una motivazione appropriata ed essi vi crederanno, o perché lo vogliono o perché hanno paura possa essere vero”. E tale regola viene costantemente applicata durante tutta la narrazione, dividendo ab origine coloro che sono destinati ad essere protagonisti, dai semplici comprimari sacrificabili.

La magia che permea e anima tutta la saga, viene spiegata minuziosamente nei suoi molteplici aspetti: magia Aggiuntiva e magia Detrattiva, la prima assai comune, la seconda ormai rarissima. Ovviamente Richard le possiede entrambe, come anche Kalhan: creatura magica dotata di un corpo splendidamente umano, essa incarna il modello di donna perfetta, al di là d’ogni possibile iconografia eroica femminile. E naturalmente una Madre Depositaria non può non divenire la compagna del Prescelto, affiancandolo nelle alterne vicende che si rovesciano sopra di loro.

Poi c’è la Spada, che dà il titolo all’intera opera: la sua magia è intricata e prende vita solo nelle mani del Cercatore, che deve essere abbastanza forte e determinato da reggere le conseguenze derivanti dal suo uso. L’Arma e il Guerriero diventano una cosa sola, in presenza del pericolo, ma è la mente che guida lo strumento: la Spada si anima bevendo i sentimenti violenti nel suo possessore, ma uccide solo se la mano che la impugna è convinta di eseguire un atto di vera giustizia.

“C’era stato un tempo in cui paura e incertezza lo rendevano riluttante ad arrendersi alla furente tempesta scatenata da quell’antica spada forgiata da maghi, e lo facevano esitare a rispondere con la propria furia a quell’invocazione, ma aveva ormai imparato ad abbandonarsi all’estasi della rabbia. Aveva imparato a unire la propria volontà alla furia del giusto. Era quello il tipo di potere che guidava verso il proprio scopo.” (Richard, Catena di Fuoco, cap. 6)

Questa ennesima arma senziente tradisce il Cercatore solo una volta, in presenza dell’anti-magia di un’altra rappresentazione figurativa della saga: le Mord Sith. Donne guerriero addestrate alla tortura, e guardie speciali di ogni Lord Rahl, esse possiedono un costrutto con poteri straordinari, l’Agiel, capace di sottomettere ogni magia avversaria.

Inizialmente simbolo della malvagità più crudele al servizio di Darken Rahl, queste amazzoni sanguinarie vengono “redente” dal suo successore Richard, ma in questo senso: mantengono tutte le loro caratteristiche violente, ma votandosi alla causa giusta. Probabilmente elementi simili sono troppo utili a qualsiasi conquistatore per poter essere soppressi e quindi, sotto il nuovo signore, esse passano direttamente dalla sala delle torture a cucinare zuppe e biscotti, nonché a giocare con timidi passerotti in giardino… sempre inguainate nel cuoio rosso, però.

Situazioni adattabili, quindi, ed anche una magia che, in qualche modo, si adegua sempre alle varie circostanze morali e materiali.

Ad un certo punto, i personaggi che tanto ci hanno ammaliato con le loro passioni, avventure e sofferenze a lieto fine, cominciano ad assumere un altro aspetto. Viene istintivo chiedersi chi e cosa sia veramente l’Eroe per Goodkind: Richard non è solo bello e buono, è un Superuomo. Le sue decisioni, quali che siano, sono giuste. Le sue certezze, insindacabili a priori. Le sue azioni, per quanto violente e contro le regole, sono quelle votate al Bene Comune – se questo coincide con le convinzioni sue personali, naturalmente – che, comunque, riguarda solo amici e alleati; per gli altri non c’è nessuna pietà.

Richard Cyper, in realtà Richard Rahl, risulta essere il figlio dell’odiato nemico Darken, ma il suo nuovo status non si limita all’acquisizione del nome: ucciso il padre, diventa Signore del D’Hara e padrone di un immenso esercito.

Viene a sapere d’essere anche nipote del Grande Mago (sicuramente una famiglia complicata da gestire) e assume ogni ruolo possibile associato a queste nuove identità: odia la magia, ma ne fa ampio uso, perché si scopre il più potente incantatore esistente; odia uccidere, ma uccide perché il Male evoca la sua Rabbia attraverso la spada: come viene affermato nel volume Faith of Fallen “la pietà per il colpevole è un tradimento verso l’innocente”. Come dire, in sostanza, “odio così tanto la violenza che ucciderei subito chiunque ne facesse uso”.

Questo ennesimo Chosen One è guerriero, mago e amante perfetto. Nessuno gli resiste, almeno non per molto. I suoi fedeli sudditi lo invocano salmodiando il suo nome ogni giorno, in modo simile alla preghiera musulmana verso la Mecca, ricevendone una protezione ad hoc che viene chiamata “legame magico”. I suoi avversari lo odiano quanto i suoi seguaci lo amano, ma, si sa, molti nemici, molto onore. La sconfitta dell’Eroe è impensabile, almeno fino all’ultimo capitolo della saga edito in Italia (Catena di fuoco); ma c’è sempre la speranza che qualcuno riesca nei suoi intenti omicidi almeno nel prossimo romanzo.

Last but not least: Catena di fuoco (Chainfire – 2005)

Nel corso della saga, le situazioni cambiano, e i nemici cambiano, ma la trama è sempre quella: Richard e Kalhan, costantemente separati da un crudele destino, riusciranno a ritrovarsi dopo vari massacri, torture e lamenti? Certo che si.

Ciò che colpisce più di ogni altra cosa è la “Jordanizzazione” di Terry Goodkind. Quello che era un perfetto equilibrio descrizione/azione, si è da tempo pericolosamente sbilanciato verso una logorrea espositiva che spinge in modo irrefrenabile a saltare pagine su pagine. È sopportabile, in un qualsiasi romanzo, leggere continuativamente due fogli stampati (quattro facciate) per un colpo di spada? O il tormentone presente a piè sospinto “Io devo trovare Kalhan perché la amo”? D’accordo, lui la ama, ma il lettore a questo punto non può che augurarsi un ritrovamento istantaneo.

Riprendendo velocemente le fila della vicenda, l’ultimo romanzo edito in Italia nel 2006 (Catena di Fuoco) presenta la seguente situazione:

Eliminato da tempo Darken Rahl, avversario tutto sommato troppo grezzo e prevedibile, l’acerrimo nemico delle Terre Libere (e un po’ capitaliste) è l’imperatore Jagang, capo dell’Ordine Imperiale è soprannominato il Tiranno dei Sogni, in quanto proprio attraverso i sogni esercita la capacità di dominare le menti ed i corpi altrui. Da questo Potere sono immuni, neanche a dirlo, solo i seguaci di Lord Rahl.

Jagang è al servizio del Guardiano, entità che governa il regno dei morti e dell’Ombra, contrapposto al Creatore, divinità della vita e della Luce. Il Guardiano odia la vita perché è la sua nemesi, e la promessa per i suoi servitori è l’immortalità felice… nell’altro mondo, naturalmente. L’Ordine Imperiale è regolato da leggi sanguinarie e disumane, che sembrano un misto tra un’ideologia clerico-stalinista e musulmana estremista, il regno di Schiavitù contro Libertà, Odio contro Amore ecc.

Quattro delle tenebrose schiave di Jagang, le Sorelle dell’Oscurità, rapiscono Kalhan, cancellandone ogni memoria in coloro che l’hanno conosciuta, tranne ovviamente nella mente e nel cuore del suo amato che è protetto dall’incantesimo della Spada. E “Catena di fuoco” è proprio il nome della malia usata, che assomiglia curiosamente ad un supervirus informatico. Probabilmente nemmeno il Fantasy riesce a rimanere immune da certe influenze: anche un altro costrutto magico, il “libro da viaggio” utilizzato dalla Priora delle Sorelle della Luce, ricorda molto un computer.

Ad ogni modo, si scatena la battaglia personale del Cercatore per ritrovare la sua anima gemella, abbandonando tutto e tutti nel perseguire il suo intento con un sussulto di individualismo egocentrico veramente notevole. L’esercito del D’Hara decimato dalle truppe dell’Ordine è bene che si arrangi senza di lui, come pure Jillian, giovane sciamana di una terra sperduta che lo accoglie come un dio: l’unica risposta che ottiene dopo averlo aiutato è “non sono un dio, ciao devo andare a fare cose più importanti”.

Richard abbandona persino la sua amata Spada nelle mani di una specie di Gollum al servizio di una strega (Shota), in cambio di preziose quanto oscure informazioni.

La filosofia di Ayn Rand (Alissa Zinovievna Rosenbaum, 1905-1982, americana), fondatrice dell’Oggettivismo, viene attinta a piene mani rasentando il plagio, ma il concetto tipicamente randiano “nessuno ha il diritto di esigere il rispetto dei valori dagli altri tramite la forza fisica, o di imporre idee agli altri tramite la forza fisica” è costantemente affermato e regolarmente disatteso da buoni e cattivi. Questi ultimi, in quanto tali, forse un po’ più giustificabili.

“Se non riuscite a portare dalla vostra parte questi seguaci dell’Ordine, allora dovete ucciderli perché, statene certi, se ne avranno la possibilità loro uccideranno voi (…) Dovete portare il combattimento ovunque, fate in modo che non resti alcun posto sicuro per quanti predicano la morte”. (Richard, Catena di fuoco, cap. 15)

Goodkind è e si definisce un Oggettivista, e Richard il Cercatore sembra essere proprio il tipico eroe randiano: un protagonista le cui capacità e convinzioni razionali vengono portate avanti ad ogni costo, anche in conflitto aperto con l’umanità intera, in nome dell’individualità e del diritto dell’uomo ad esistere in quanto tale. Ma la rielaborazione di questa ideologia già estremista di per sé è sicuramente molto personale, e sembra non soddisfare del tutto neppure gli oggettivisti stessi.

Il volume si conclude con uno spiraglio sulla Verità (Kalhan Esiste, WOW!), di cui tutti si dovranno convincere, con le buone o con le cattive.

Prima di fare ulteriore ironia, aspettiamo fiduciosi la prossima puntata (Phantom), ancora inedita in Italia, a proposito della quale un lettore americano (Amazon.com review) ha così commentato: “…Non collezionerò più (i libri di Goodkind), né leggerò quelli nuovi, dovendo oltretutto pagarli, e poi anche il tempo è denaro”.