In una Terra alternativa, la corsa allo spazio è al suo passo cruciale: la costruzione di un razzo capace di oltrepassare l’atmosfera e raggiungere le immensità del cosmo. Tuttavia, di fronte al rischio che la missione si riveli un pericoloso fallimento, nessuno sembra intenzionato a pilotare il mezzo che lo consegnerebbe alla Storia. L’unico a farsi avanti è Shirotsugh Lhadatt, che presto diventa l’idolo delle folle. Ma il clima di festa rischia di tramutarsi in tragedia poiché le rivalità politiche, sempre più aspre, potrebbero compromettere il lancio…
Opera d’esordio destinata a far Storia nonostante il pesante flop commerciale, s’intuiva già da questo Le Ali di Honneamise (Ōritsu Uchū-gun – Oneamisu no Tsubasa), del 1987, come in casa Gainax si covassero ambizioni destinate a rivoluzionare modi di fare e di intendere l’animazione. L’avanguardia nella costruzione della storia e dei personaggi, oltre all’estrema personalità nel frullare generi e tematiche – una filosofia attraverso la quale è stato sovvertito per ben due volte il genere robotico con Neon Genesis Evangelion (Shin Seiki Evangelion, 1995) prima e Sfondamento dei Cieli Gurren Lagann (Tengen Toppa Guren Ragan, 2007) poi –, rendevano sul finire degli anni Ottanta assai pericolosa – come lo è d’altronde la ricerca dell’originalità – la realizzazione di questo lungometraggio.


Troppo sofisticato per il 1987, Le Ali di Honneamise è un progetto affascinante ma così anomalo che avrebbe necessitato di una maggior rifinitura per poter essere davvero apprezzato da un pubblico di certo non preparato. Eccessivi gli elementi intrappolati in una trama originale, tanto nel suo sviluppo indecifrabile quanto nella commistione di generi: si va infatti dalla fantascienza al thriller, dai dilemmi spirituali alla love story, dall’avidità umana alla guerra, dalla politica all’introspezione psicologica. Pur bilanciando la mole di argomenti, puntando ora sull’ironia ora su un approccio serioso, non si è evitato il rischio di sballottare il pubblico per quasi due ore con una visione pesante e poco fruibile.
La pellicola resta comunque sbalorditiva. C’è infatti così tanta meraviglia nel seguire la stralunata vicenda dell’astronauta Lhadatt che la complessità dell’opera, concettuale e strutturale, passa in secondo piano, per lasciar posto all’analisi commovente del protagonista mentre insegue una meta di una semplicità (ma soprattutto di un valore) devastante, di fronte alle avversità di un mondo folle ma credibile, esagerato eppure simbolicamente veritiero. Si viene scossi, proprio come Lhadatt, ogniqualvolta il film cambia pelle mutando con sobbalzi rumorosi, che alterano continuamente l’atmosfera pur senza mai dimenticarne l’aspetto sognante, vero e proprio traino.
Il sottofondo umoristico tiene legati come può i tanti aspetti dell’opera, funzionando egregiamente nelle sequenze più solari e offrendo il giusto spiazzamento quando la componente seriosa emerge con omicidi e spietate macchinazioni politiche. Ma, anche se troppo lungo, anche se non sempre lineare, anche se disorientante nella sua labirintica messinscena, in questo caos voluto e perfettamente controllato Lhadatt – esaltato, umiliato, applaudito, disilluso ma sempre fiducioso in sé stesso – matura e diventa uomo, spinto da quella coraggiosa ingenuità che ne forgia il carattere trasmettendo bonario carisma e sincera simpatia.


La narrazione è lenta e studiata, ma la ricchezza dei dettagli (tanto nella creazione degli scenari quanto nella finezza psicologica) e la bellezza delle animazioni (dirette da un Hideaki Anno al suo primo incarico importante) grondano fascino, soprattutto per uno spettatore più esigente. Al resto pensano le finezze registiche di Hiroyuki Yamaga, anche sceneggiatore, e lo splendore dei disegni, appartenenti a quell’epoca in cui i film si ‘facevano a mano’ strabiliando in ogni fotogramma. Il character design di Yoshiyuki Sadamoto è particolare e può piacere oppure no: il suo è uno stile figlio di un altro tempo ma è comunque ideale per il tenore strampalato dell’opera, così difficile da inquadrare.
Con la sopracitata mole di argomenti, non tutto poteva essere approfondito adeguatamente; se il carattere politico è ben esposto, appare invece poco sviluppata la riflessione religiosa che Yamaga vorrebbe offrire, lasciata a sé stessa in una visione bidimensionale e sostanzialmente banale, che intrappola un personaggio potenzialmente interessante come Riquinni (la giovane di cui Lhadatt si è invaghito, quasi per caso) in uno semplice passo che il protagonista deve compiere per capire ciò che realmente vuole fare.
Avanti anni luce rispetto alla produzione dell’epoca, Le Ali di Honneamise è indubbiamente un film imperfetto ma incredibile, in particolar modo se visto oggigiorno, capace com’è di stupire ancora, a quasi venticinque anni dalla sua uscita.

Tit. originale: Ōritsu Uchū-gun – Oneamisu no Tsubasa
Tit. originale jap: 王立宇宙軍 オネアミスの翼
Anno: 1987
Nazionalità: Giappone
Tipologia: Film
Regia: Hiroyuki Yamaga | Shinji Higuchi, Shoichi Masuo, Takami Akai (assistenti)
Autore: Hiroyuki Yamaga (sceneggiatura)
Character design: Yoshiyuki Sadamoto
Fotografia: Iwao Yamaki (supervisione)
Montaggio: Harutoshi Ogata
Musiche: Haruo Kubota, Kouji Ueno, Ryuichi Sakamoto, Yuuji Nomi
Art Director: Hiromasa Ogura
Animation Director: Fumio Iida, Hideaki Anno, Yoshiyuki Sadamoto, Yuji Moriyama
Design colori: Takami Akai
Suono: Atsumi Tashiro
Produttori: Hiroaki Inoue, Hirohiko Sueyoshi
Produzione: Bandai Visual, GAINAX