Luc Orient

Luc Orient

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Se chiedessimo a un appassionato di fumetti chi è Luc Orient, potremmo ottenere due tipi di reazione, opposti fra loro: lo sguardo interrogativo di chi non ha mai sentito parlare del personaggio, o quello nostalgico e sognante di chi torna con la memoria a un tempo lontano e probabilmente più felice.

In Italia, infatti, Luc Orient è apparso tra il 1967 e il 1975, con nove delle sue diciassette avventure, e dopo di allora è caduto in un oblio che ha pochi uguali nel mondo dei fumetti. È vero che tutto ciò che è stato prodotto dalla cosiddetta scuola franco-belga sembra passato di moda; ed è altrettanto vero che tutte le storie di questo personaggio (tranne una) sono state pubblicate sul Corriere dei Piccoli/dei Ragazzi, rivista che, dopo le trasformazioni degli anni Settanta e la sua conseguente scomparsa, ha lasciato una montagna di cadaveri dietro le sue pagine. Ma, tra le molte vittime illustri di quegli anni, Luc Orient è forse il fumetto che meno avrebbe meritato questa sorte, perché è uno dei pochi che sia riuscito a fondere perfettamente il lato fantascientifico di una storia con quello avventuroso, laddove in genere uno dei due aspetti tende invece a prevalere sull’altro: in fumetti come Nathan Never, Valérian et Laureline o Jeff Hawke gli elementi
fantascientifici hanno spesso il sopravvento, riempiendo le storie di alieni e di situazioni astruse che alla lunga diventano fini a sé stesse e appiattiscono la narrazione, mentre in altri come Capitan Harlock o Blake et Mortimer la parte avventurosa, magari dopo un buon inizio, riduce le vicende a ‘normali’ sequenze di sparatorie, inseguimenti e colpi di scena più o meno prevedibili. Non che ciò sminuisca il valore dei fumetti sopracitati: il punto è che le storie di Luc Orient, come pure quelle del suo illustre predecessore Flash Gordon – al quale viene spesso paragonato, seppure a torto –, non presentano mai (o quasi mai), questo tipo di problema, ed è il motivo di quel fascino particolare che consente loro di resistere al tempo anche quando molti dei temi trattati diventano fatalmente obsoleti. Dubito che, se le loro avventure cessassero oggi, Nathan Never o Valérian riuscirebbero a mantenere le schiere di appassionati nostalgici che tuttora vantano Flash Gordon e Luc Orient.

Lo sceneggiatore di questo fumetto è il belga Michel Regnier, in arte Greg, nato nel 1931 e affermatosi negli anni ’50 dopo aver scritto alcune storie per Le Journal de Spirou e diverse serie umoristiche minori; diventato caporedattore della celebre rivista Tintin nel 1965, crea una serie di personaggi avventurosi, come Comanche, Bernard Prince, Bruno Brazil e appunto Luc Orient, oltre al ‘suo’ Achille Talon (unico personaggio che disegna personalmente), protagonista di brevi storie umoristiche e graffianti. Lasciata la redazione di Tintin nel 1974, continua il lavoro di sceneggiatore, anche su personaggi altrui, fino a diradare progressivamente la sua attività nel corso degli anni ’90.

Il disegnatore è il belga Eddy Paape, nato nel 1920, anch’egli collaboratore dapprima della rivista Spirou, per la quale crea, tra gli altri personaggi, Marc Dacier (su sceneggiatura di Jean-Michel Charlier), e in seguito di Tintin, dove illustra Luc Orient, Yorik e poche altre serie. Dopo aver insegnato all’istituto Saint Lukas di Bruxelles, riduce progressivamente il proprio impegno a partire dagli anni ’80.

Il nostro eroe fa la sua prima apparizione il 17 gennaio 1967, nel numero 952 (il terzo di quell’anno) di Tintin. La storia s’intitola ‘Les dragons de feu’ (‘Il drago di fuoco’ nella versione italiana) e introduce i protagonisti nella quarta pagina: Hugo Kala, scienziato sulla cinquantina, saggio e intelligente (barbetta alla Freud, pipa, occhiali), la sua assistente Lora Hansen, una brunetta silenziosa e più decorativa che utile – com’era tipico degli anni ’60 – e naturalmente il suo braccio destro Luc Orient, alto, biondo, prestante e un po’ spaccone; i tre lavorano in un futuristico laboratorio chiamato Eurocristal 1, situato in una zona montagnosa di un paese francofono (la Svizzera). Kala ne è il direttore.

La prima storia è già di buon livello: comincia in una sperduta valle dell’India, dove un collaboratore di Kala trova una strana pietra, che troppo tardi scoprirà essere radioattiva. La sua morte mette in moto i nostri eroi, che si recano sul posto a indagare sulla provenienza del pericoloso minerale e su una leggenda secondo la quale molte pietre analoghe furono portate laggiù da tre ‘draghi di fuoco’. Seguiti a loro insaputa da un certo Julius Argos (uno scienziato malvagio un tempo collaboratore di Kala), che vuole usare le loro scoperte per arricchirsi, i tre vengono ‘sequestrati’ da una tribù locale ancora semi-primitiva, i Thargs. Costoro ‘incaricano’ Orient di uccidere col suo fucile da caccia un enorme e misterioso animale che ha aggredito molti dei loro: la bestia, come si scoprirà presto, è un gigantesco ‘ligre’ (incrocio fra una tigre e un leone), la cui presenza nella valle è assolutamente inspiegabile. Il capo tribù, a missione compiuta, racconta ai nostri eroi di come gli animali e la vegetazione della valle fossero stati alterati (geneticamente?) dall’arrivo, moltissimo tempo addietro, di tre ‘draghi di fuoco’ provenienti dal cielo. Kala e Orient decidono di farsi accompagnare nella zona in cui dovrebbero ancora trovarsi i tre ‘draghi’, forse astronavi aliene giunte sulla Terra migliaia di anni prima. Il seguito della storia, intitolato ‘Les soleils de glace’ (‘I soli di ghiaccio’) appare su Tintin dopo sei settimane, mentre nel novembre di quell’anno ‘Il drago di fuoco’ viene pubblicato anche in Italia, nella mitica collana Classici Audacia.

La seconda avventura si rivela superiore alla prima sotto ogni aspetto. Il gruppo formato da Kala, Orient, Lora, la loro guida indiana Toba e due Thargs si imbatte finalmente negli extraterrestri: due umanoidi dalla pelle bianca che risultano essere membri di una spedizione scientifica atterrata nella valle molti anni prima. I due, non sapendo come rianimare i loro compagni, rimasti ibernati all’interno di una delle tre astronavi, vivono nascosti nella giungla in attesa di tempi migliori: e questi arrivano quando Kala prende in pugno la situazione e riesce a risvegliare l’equipaggio del vascello alieno dalla catalessi, nonostante gli ostacoli frapposti da un Argos sempre più cattivo. Dopo molti colpi di scena, l’astronave può ripartire per il suo mondo (il lontano pianeta Terango), e gli alieni, capitanati da un certo Galax-ahj, giurano eterna amicizia ai terrestri.

Mentre in Italia la storia appare dapprima sul Corriere dei Piccoli (nel maggio 1968) e successivamente nella collana Albi Ardimento (nel settembre del 1969), su Tintin le avventure di Luc Orient proseguono nel febbraio del 1968 con ‘Le maître de Terango’ (‘Il signore di Terango’, pubblicato dal Corriere dei Piccoli nel dicembre dello stesso anno): una notte gli extraterrestri tornano a prendere i nostri eroi, direttamente a casa loro, per portarli su Terango, dove in loro assenza un dittatore di nome Sectan ha preso il potere e si prepara a invadere la Terra. Galax-ahj, infatti, ha molta fiducia nel genio di Kala e nelle armi dei terrestri che, in quanto sconosciute nel suo pianeta, potrebbero risultare più efficaci di quelle adoperate dal suo gruppo di guerriglieri.

Per quanto sembri strano, Luc e gli altri, una volta giunti su Terango dopo un viaggio pieno di insidie, riescono effettivamente a distruggere la temibile flotta d’invasione a colpi di dinamite; poi, nella quarta storia, ‘La planète de l’angoisse’ (‘Gli uomini drago’, Tintin, fine 1968, Corriere dei Piccoli, giugno 1969), vediamo Luc recarsi, in compagnia di Galax-ahj, nelle zone più remote di Terango a cercare alleati fra le varie razze che lo popolano. Nel corso di questa avventura, probabilmente la migliore di questo primo ciclo, i nostri eroi si confrontano con tre diverse specie di extraterrestri: gli alieni dalla pelle bianca, il ‘popolo delle paludi’, i cui esponenti sono dotati di una bizzarra cresta multicolore (oltre che di un pessimo carattere), e il ‘popolo delle cime’, piumato e munito di ali. Sarà proprio il capo di questi ultimi, Tobok, a tirar fuori Luc da una situazione molto pericolosa, consentendogli infine di completare la sua missione e di stringere quelle alleanze che nella quinta e ultima storia del ciclo, ‘La forêt d’acier’ (‘La foresta d’acciaio’, Tintin, autunno 1969, Corriere dei Piccoli, aprile 1970) porteranno alla disfatta di Sectan. Vano sarà il tentativo del dittatore di cercare a sua volta alleati fra gli stessi terrestri, facendo trasportare su Terango Argos e un gruppo di Thargs che questi ha trasformato in kamikaze: il genio di Kala trionferà sulle macchinazioni del suo ex collega e la rivolta travolgerà Sectan, che infine verrà ucciso da Toba poiché Luc, poco cinico e molto buonista, esiterà un attimo di troppo nel momento decisivo.

Nella primavera del 1970 appare su Tintin ‘Le secret des 7 lumières’ (‘Il mistero delle sette luci’, Corriere dei Piccoli, inizio 1971), la prima di una serie di storie non collegate tra loro e ambientate sulla Terra: i nostri eroi, tornati da Terango, mettono in pratica le nuove conoscenze acquisite dagli extraterrestri e cominciano a sperimentare le proprietà di certe radiazioni sconosciute. Un incidente, tuttavia, trasforma Luc e Lora in due creature dotate di superpoteri ma con qualche problema di troppo; i due, confinati da Kala in una villetta tra le montagne, finiscono per usare le loro nuove capacità (tra cui spicca l’assoluta incorporeità, che li rende invulnerabili alle pallottole) per opporsi a un gruppo di criminali che ha rapito un bambino. Ma, come scopriranno ben presto a loro spese, gli effetti delle radiazioni sono temporanei, e solo il tempestivo intervento di Kala eviterà alla vicenda una conclusione tragica.

La migliore, tra le diciassette avventure di Luc Orient, è indubbiamente la successiva, ‘Le cratère aux sortilèges’ (‘Il cratere dei sortilegi’, Tintin, estate 1971, Corriere dei Piccoli, autunno 1971): Lora e Luc, di nuovo in coppia, si recano in uno sperduto villaggio di montagna a indagare sulla caduta di un meteorite che ha portato con sé un mistero inquietante. I gas verdi che emanano dal cratere, infatti, oltre ad essere velenosi, sembrano nascondere un pericolo inafferrabile, dal momento che qualcuno, senza mai essere visto, comincia ad aggredire e uccidere diversi abitanti del villaggio. La convinzione che con il meteorite siano giunti sulla Terra dei mostri invisibili si fa lentamente strada nelle menti dei nostri eroi. Ancora una volta, sarà Kala a risolvere la situazione all’ultimo istante, non senza un colpo di scena del tutto inatteso…

‘Le cratère aux sortilèges’, storia ricchissima di suspense fino all’ultima pagina, è un connubio perfetto tra Fantascienza, horror e thriller, e non può non essere annoverata tra i migliori fumetti mai realizzati dalla scuola franco-belga. Fatalmente, dopo aver toccato l’apice, la serie comincia il suo declino: ed è con un certo disappunto che i lettori accolgono la storia successiva, l’ottava, intitolata ‘La légion des anges maudits’ (‘Il raggio maledetto’, Tintin, inizio 1972, Corriere dei Ragazzi, estate 1973). Per quanto il tema trattato, quello delle mutazioni genetiche, sia molto originale per quei tempi, l’elemento fantascientifico rimane sempre relegato in secondo piano e la storia non decolla mai pienamente; certo, la suspense è sempre alta e i colpi di scena non mancano, ma alla fine tutto si riduce a una sterile lotta tra buoni e cattivi. Lotta dall’esito scontato, ovviamente.

All’inzio del 1973 compare su Tintin una nuova avventura, ‘24 heures pour la planète Terre’ (‘Allarme per il pianeta Terra’, Corriere dei Ragazzi, primavera 1975), che sembra tornare, almeno in parte, sui livelli migliori. Nuovi extraterrestri, animati stavolta da cattive intenzioni, giungono sul nostro pianeta. L’arma di cui si servono per minacciare la Terra è una semplice ma micidiale polvere organica in grado di sbriciolare qualsiasi manufatto. Per l’ennesima volta il genio di Kala riduce i danni al minimo, mentre Luc affronta personalmente i nemici, il cui vero aspetto rimane celato fino all’ultimo; gli alieni però sono troppo forti e potenti, e solo il pentimento (e conseguente sacrificio) di uno di loro permetterà al nostro eroe di uscire vincitore dal confronto.

Nell’autunno del 1973 compare su Tintin la storia successiva, ‘Le 6ème continent’ (inedita in Italia, come tutte le seguenti). Il livello, purtroppo, scende decisamente, e il lettore comincia a storcere il naso di fronte a un popolo di uomini-formiche che vive in un mondo sotterraneo, tecnologicamente avanzato, ma che al primo contrattempo finisce completamente distrutto. La vicenda, più degna di un B-movie degli anni ’30 che di un fumetto degli anni ’70, sfiora spesso il ridicolo, senza offrire neanche la suspense dei tempi migliori.

Di poco superiore è ‘La vallée des eaux troubles’ (Tintin, estate 1974): il tema, usato e abusato troppe volte, è quello dello ‘scienziato pazzo’, in questo caso un biologo che si è confinato in una zona isolata del Borneo, da dove bombarda con misteriose radiazioni gli animali che popolano la giungla circostante. Il risultato scontato è quello di creare una serie di mostri che renderanno la vita difficile al gruppo dei nostri eroi (stavolta composto dal solo Luc e da un paio di comprimari). Dopo molti sforzi, la classica esplosione porrà fine agli esperimenti.

Forse consapevole del declino della serie, Greg cerca di darle una sterzata, rispolverando i temi delle prime storie e creando un nuovo ciclo, analogo a quello di Terango: appare così su Tintin, a cavallo tra il 1975 e il 1976, ‘La porte de cristal’, in cui Luc e Lora, insieme a una coppia di loro amici, s’imbattono in una serie di eventi misteriosi dietro ai quali si nasconde una nuova spedizione di extraterrestri, i Dartz, provenienti da Annatha, un pianeta di un’altra galassia distrutto dalle sue stesse armi. La Terra si rivelerà poco ospitale per questi nuovi alieni, ma, su consiglio del solito Kala, perché non provare con Terango? La somiglianza con ‘Les soleils de glace’ è evidente, e l’inizio della storia sembra quasi allo stesso livello; ma se allora l’incontro con gli alieni aveva marcato il passaggio da temi narrativi intrisi di mistero ad altri più avventurosi, senza il minimo cedimento nella trama, ne ‘La porte de cristal’ il mistero lascia spazio a una narrazione piatta e priva di mordente, che si limita a descrivere i problemi dei Dartz senza mai entrare veramente nel vivo.

Greg, purtroppo, non è più quello di una volta, e dodici storie di Luc Orient in appena nove anni sono troppe anche per un autore prolifico come lui, in un periodo in cui ne sceneggia complessivamente almeno una sessantina, considerando tutti i personaggi di cui è autore o coautore.

Ad ogni modo, nella primavera del 1977 compare su Tintin la nuova avventura, vale a dire ‘L’enclume de la foudre’: l’astronave extraterrestre, con a bordo tutti i nostri eroi, fa scalo su un pianeta chiamato Roubak, devastato dai fulmini e abitato da strane e pericolose creature. Luc e alcuni suoi compagni, che vi sono sbarcati in cerca di acqua, se la vedono brutta; ma, al solito, all’ultimo istante Kala troverà il modo di risolvere ogni problema, e tutti, alieni e terrestri, potranno continuare il loro viaggio.

Ma gli spunti di Greg, a quanto pare, sono ormai agli sgoccioli. Se ‘L’enclume de la foudre’ è ancora una storia di livello accettabile, la successiva, per la prima volta, si fa attendere ben tre anni, fino alla primavera del 1980 quando, su Tintin, compare ‘Le rivage de la fureur’. I nostri eroi arrivano finalmente su Terango, ma vi ritrovano un mondo devastato, inospitale e ormai popolato da creature mostruose, manovrate dal loro vecchio nemico, il redivivo Argos, e vanamente combattute da una bizzarra e un po’ ridicola tribù di enormi amazzoni. Dopo lunghe discussioni di sapore vagamente femminista (e talvolta anti-femminista: le idee di Greg, e di Luc Orient con lui, sono un po’ confuse) i mostri sono sterminati e la pace sembra ritornare ancora una volta sul tormentato pianeta.

Ma invece di rimanere su Terango, come tutto lasciava pensare alla fine de ‘Le rivage de la fureur’, Dartz e terrestri ritornano nello spazio: nel 1983 appare su Tintin l’ultima storia del nuovo ciclo, ‘Roubak, ultime espoir’, in cui tutte le carte vengono mischiate in un valzer di vicende che si stenta, ormai, a seguire fino in fondo. Dopo una lunga serie di capovolgimenti di fronte, i Dartz rimangono su Roubak, il pianeta incontrato ne ‘L’enclume de la foudre’, mentre i terrestri utilizzano una macchina del tempo inventata da Argos (il cui destino rimane ignoto) per ritornare all’epoca de ‘La porte de cristal’: un ritorno senza questo espediente, infatti, non sarebbe stato loro possibile, dato a che a bordo dell’astronave aliena il tempo scorre più lentamente che sulla Terra.

A questo punto la serie sembra terminata, a dire il vero senza troppi rimpianti. Tuttavia l’anno seguente Eddy Paape pensa bene (o male) di imitare il suo collega Albert Uderzo, che dopo la morte di René Goscinny si era messo a scrivere personalmente le avventure di Asterix: nonostante Greg sia ancora vivo e vegeto, Paape scrive una nuova storia di Luc Orient, intitolata ‘Caragal’ e ambientata su Terango, all’epoca del primo ciclo di avventure. La vicenda ci mostra Kala, vittima dei suoi stessi esperimenti, diventare una specie di superuomo, per di più con qualche mania di grandezza. Luc, per fortuna, acquisiti gli stessi poteri, metterà le cose a posto. Questa inversione di ruoli, lungi dall’apportare una ventata di novità alla serie, la rende ancora più inverosimile, accentuandone il declino. ‘Caragal’ finisce nel dimenticatoio, e passeranno ben sei anni prima che sul mercato ricompaia qualcosa con Luc Orient: si tratta stavolta di una raccolta di quattro storie brevi che appare nell’agosto del 1990, ‘Les spores de nulle part’; la prima, che dà il titolo alla raccolta, era comparsa su Tintin nel 1970, ed è la sola appena discreta. La seconda e la terza, pubblicate nel 1980-81, sono appena decenti; la quarta è da dimenticare.

Qualche anno dopo, Greg fa un ultimo tentativo di rinverdire la serie: nell’ottobre del 1994 compare direttamente nelle librerie, un po’ a sorpresa, ‘Rendex-vouz a 20 heure en enfer’, che tratta uno dei temi più classici della Fantascienza: il viaggio nel tempo. L’inizio non è malvagio, ma quasi subito la storia si appiattisce, diventando una banale avventura ambientata alla fine della seconda guerra mondiale, tra nazisti allo sbando e bombardamenti come se piovesse. Al solito, Luc e Lora se la cavano per il rotto della cuffia, e per di più senza alcun intervento da parte di Kala.

Scomparsi sia Greg, nel 1999, che Paape, nel 2012, è probabile che ‘Rendex-vouz a 20 heure en enfer’ sia stata l’ultima avventura di Luc Orient. Il punto di forza di queste diciassette storie, paradossalmente, è anche la loro debolezza: Greg, infatti, è un esponente atipico della scuola franco-belga, i cui autori sono sempre (a volte troppo) alla ricerca della perfezione, dei minimi dettagli, della plausibilità come dell’accuratezza dei particolari storici e geografici; nella sua atipicità, invece, Greg ricorda più i narratori dell’Ottocento, alla Dumas per intenderci, che scrivevano sui maggiori quotidiani improvvisando le loro vicende giorno dopo giorno. E, come per Dumas, finché le idee e la fantasia non mancano, questo metodo può anche produrre storie di livello eccellente, in cui la suspense, la tensione, le battute, i colpi di scena sono presenti dalla prima all’ultima vignetta senza cedimenti, mentre assurdità e incoerenze, pur esistenti, passano in secondo piano. Analogamente, quando le idee vengono meno e la fantasia si spegne, sono i difetti a porsi fatalmente in evidenza, e il livello delle storie si capovolge, senza vie di mezzo. Abbiamo così Luc Orient: o pienamente godibile, o deprimente e persino ridicolo nelle ultime fasi della sua vita fumettistica.

Assai discontinuo è il disegno di Eddy Paape, meno brillante e dinamico rispetto a quanto offrivano, nello stesso periodo, i migliori esponenti della sua scuola, su tutti Hermann Huppen e Jean Giraud. Ciò nonostante, Paape eccelle negli ‘effetti speciali’: esplosioni, strani mostri, congegni insoliti, paesaggi stravaganti; tutti elementi che in un fumetto di Fantascienza fanno la parte del leone e permettono di sorvolare su qualche imprecisione nelle espressioni (specialmente dei personaggi femminili) e nelle scene di massa, e su una certa legnosità nelle figure umane (o umanoidi) che rende un po’ goffi certi movimenti. Ma, se pensiamo ad autori ben più osannati, come i nostri Hugo Pratt o Attilio Micheluzzi, il confronto è tutto a favore del disegnatore belga.

In conclusione, perché Luc Orient è un fumetto valido? Perché sforzarsi di rintracciare le sue avventure, da tempo fuori catalogo in ogni parte del mondo (ma tenete d’occhio Ebay!)? Perché non è affatto vero che si tratta di una versione moderna di Flash Gordon, come molti dicono dopo un’analisi superficiale. A prima vista si direbbe che la corrispondenza Gordon-Orient, Zarkov-Kala e infine Dale-Lora sia perfetta: e, come Gordon, Orient è alto, biondo, bello, aitante, pronto a cercare avventure e a ficcarsi nei guai. Ma la somiglianza finisce lì. Flash Gordon è il vero protagonista delle sue avventure, con Zarkov (personaggio utile in molte situazioni, ma non sempre) relegato al ruolo di spalla, mentre Luc Orient è solo il braccio destro di Kala, ed è quest’ultimo l’autentico deus ex machina di quasi tutte le storie. È Kala, e non Orient, ad avere il controllo della situazione, a capire ciò che succede e a trovare le soluzioni giuste al momento giusto. Il lettore non percepisce il ruolo preponderante di Kala perché non è il punto di vista dello scienziato a essergli presentato (sarebbe noioso) ma quello di Luc (ben più interessante!). La differenza può sembrare sottile, ma è molto significativa: non siamo più negli anni ’30 in cui, in un rigurgito di romanticismo, l’eroe risolve ogni problema solo in virtù del suo coraggio e sui suoi pugni; siamo nei ‘moderni’ anni ’60 e ’70, ancora dominati da una visione futuristica e ottimistica della scienza, e le avventure sono vissute coralmente da un gruppo di ricercatori che escono dalle situazioni difficili combinando audacia e scazzottate, quando occorre, con intelligenza, astuzia e conoscenze tecnico-scientifiche! Coerente con questa diversa impostazione è il ruolo dell’eroina della serie, Lora; decorativa come e più di Dale Arden, non è tuttavia la ragazza/fidanzata/amante di Luc, ma solo un’amica (tra l’altro i due si danno del voi), e per di più una donna relativamente moderna, che cerca con fatica di ritagliarsi i suoi spazi, pur in un’epoca in cui personaggi come Legs Weaver sono ancora di là da venire. Talvolta ci riesce (‘Le cratère aux sortilèges’), talvolta esagera (‘Rendex-vouz a 20 heure en enfer’). Greg, abituato a scrivere per un pubblico di adolescenti, in prevalenza maschi, non è mai particolarmente abile nel caratterizzare le sue figure femminili (ma si trova indubbiamente in buona compagnia).

Alla fine Luc Orient, con i suoi alti e bassi, si ricorda a lungo. Come scrivevo all’inizio, i suoi non pochi pregi finiscono per scavarsi un posticino nella memoria di quei pochi fortunati che ne hanno potuto leggere le avventure: è un personaggio che non conosce vie di mezzo, un retaggio di un’epoca particolare in cui la Fantascienza non era così complicata, e nello stesso tempo gli alieni non erano semplici mostri animati da puri istinti omicidi, ma piuttosto creature complesse e ricche di sentimenti non diversi dai nostri. Molti storceranno il naso di fronte a questa Fantascienza, banale in apparenza e capace solo di vivere alla giornata; ma che ne sarebbe, oggi, dei futuri pessimistici alla Blade Runner, delle realtà virtuali di Matrix, delle vite alternative di Philip K. Dick e delle space opera alla Guerre Stellari o alla Firefly senza le vecchie, buone, semplici trame ideate dai vari Alex Raymond con Flash Gordon e in seguito Greg & Paape con Luc Orient?

Aspettiamo altri trent’anni e ne riparleremo!