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PARTE PRIMA
Essendo la vita quello che è, si sogna la vendetta. Paul Gauguin
1. Traffici velenosi
Il Superiore Glokta attendeva all’ingresso. Allungò il collo ritorto da una parte e poi dall’altra, udì i familiari scricchiolii, sentì le ormai ben note scariche di dolore percorrergli i muscoli rattrappiti tra le scapole. Perché lo faccio, se tutte le volte mi fa male? Perché dobbiamo sempre mettere alla prova il dolore? Andare a stuzzicare l’ulcera con la lingua, sfregare la vescica, grattare la crosta con le unghie?
«Ebbene?», domandò.
Ma il busto di marmo ai piedi delle scale gli offrì solo uno sdegnato silenzio. E di quello già ne ottengo a sufficienza. Si allontanò trascinando l’inutile piede sulle mattonelle, mentre i colpetti del suo bastone riecheggiavano tra le modanature dell’altissimo soffitto.
Paragonato ai grandi nobili del Consiglio Aperto, Lord Ingelstad, proprietario di questo smisurato palazzo, era invero un uomo striminzito, capostipite di una famiglia la cui fortuna era decaduta nel corso degli anni, la cui prosperità e influenza erano ormai pressoché nulle. E quanto più un uomo è striminzito, tanto più grandi sono le sue pretese. Ma perché non se ne rendono mai conto? Le cose piccole sembrano ancora più piccole in uno spazio grande.
Da qualche parte nell’oscurità, un orologio rigettò qualche fiacco rintocco. È già tardi. Più un uomo è striminzito, più tocca aspettare i suoi comodi. Ma io so essere paziente. Non ho radiosi banchetti, né folle estatiche, né donne splendide che attendono il mio arrivo col fiato sospeso. Non più, ormai. Ci hanno pensato i Gurkish, e le tenebre delle prigioni sotterranee dell’imperatore. Premette la lingua contro le gengive sdentate ed emise un grugnito quando, muovendo la gamba, le fitte gli percorsero la schiena come aghi e gli fecero fremere la palpebra. Sì, so essere paziente. L’unico aspetto positivo del fatto che ciascun passo per me è un’ordalia. Si impara presto a camminare con lentezza.
Glokta voltò bruscamente la testa sentendo la porta di lato aprirsi all’improvviso, e tentò con tutto se stesso di nascondere una smorfia mentre le ossa del collo scrocchiavano tutte insieme. Lord Ingelstad, un uomo corpulento, gioviale e rubizzo, comparve sulla soglia, da dove gli rivolse un sorriso amichevole invitandolo a entrare nella stanza. Come se questa fosse una visita di piacere, e anche molto gradita.
«Perdonatemi se vi ho fatto aspettare, Superiore, ma da quando sono arrivato ad Adua ho ricevuto talmente tanti ospiti che la mia testa non ha ancora smesso di girare!» Speriamo non ti si stacchi dal collo, allora. «Un visitatore dopo l’altro!» E ciascuno ti offriva qualcosa, immagino, in cambio del tuo voto, del tuo aiuto nell’elezione del prossimo re. Ma penso proprio che la mia sarà un’offerta che non potrai rifiutare. «Gradite del vino, Superiore?»
«No, mio Lord, grazie». Glokta zoppicò dolorosamente oltre la soglia. «Non resterò a lungo. Anche io ho molte cose di cui occuparmi». Sai com’è, le elezioni non si truccano da sole.
«Ma certo, certo. Vi prego, sedetevi». Ingelstad si buttò felicemente su una poltrona e ne indicò un’altra. A Glokta ci volle un po’ per accomodarsi, perché prima si abbassò piano, poi spostò il bacino, in modo da trovare una posizione che non gli desse un dolore costante alla schiena. «E di cosa volevate parlarmi?»
«Sono qui da parte dell’Arcilettore Sult. Spero non vi offenderete se sarò franco, ma sua Eminenza vuole il vostro voto».
I pesanti tratti del nobiluomo si distorsero in un’espressione di finto stupore. Malamente simulato, tra l’altro. «Non sono certo di capire. Il mio voto per cosa?»
Glokta si asciugò le lacrime sotto l’occhio guasto. Dobbiamo davvero iniziare quest’indecorosa danza? Tu non sei abbastanza atletico e le mie gambe non sono buone per ballare. «Per l’elezione del prossimo sovrano, Lord Ingelstad».
«Ah, per quello». Già, per quello. Idiota. «Superiore Glokta, spero di non deludere voi o sua Eminenza, che è un uomo per cui nutro un assoluto rispetto», e chinò la testa con umiltà esagerata, «ma in tutta coscienza, non posso permettermi di subire alcuna influenza da parte di nessuno. Io e i miei colleghi del Consiglio Aperto siamo depositari di una sacra fiducia. Il dovere mi vincola a votare per l’uomo che reputo il candidato migliore, tra i molti altri degni di lode». E ostentò un sorriso di profondo compiacimento.
Bel discorso. Uno scemo del villaggio ci avrebbe pure creduto. Quante volte ho già sentito una tiritera del genere nelle ultime settimane? La tradizione vuole che adesso gli proponga un affare, che gli chieda quanto vale la sacra fiducia, quanto argento ci vuole per comprare una buona coscienza, quanto oro per recidere i vincoli del dovere. Solo che oggi non sono dell’umore adatto per gli affari.
Glokta sollevò le sopracciglia in modo esagerato. «Mi congratulo con voi per la nobile presa di posizione, Lord Ingelstad. Se tutti avessero la vostra forza d’animo, il mondo sarebbe un posto migliore. Scelta ammirevole, senza dubbio… soprattutto visto che avete così tanto da perdere. Beh, tutto, suppongo». Prese il bastone e, con una smorfia, si piegò dolorosamente in avanti per portarsi sul bordo della poltrona. «Ma vedo che non c’è modo di persuadervi, pertanto vi porgo i miei rispetti…»
«A cosa vi riferite, Superiore?» Il disagio si leggeva a chiare lettere sulla faccia paffuta del nobiluomo.
«Ebbene, Lord Ingelstad, ai vostri commerci illeciti, ovviamente».
Le guance rubizze avevano d’un tratto perso colore. «Deve esserci un errore».
«Oh, nessun errore, ve lo assicuro». Glokta tirò fuori i documenti dalla tasca del cappotto. «Il vostro nome figura spesso nelle confessioni dei Setai anziani, vedete? Molto spesso». E alzò le pagine fruscianti affinché tutti e due potessero leggere. «Qui siete definito – e non è mia la scelta delle parole, badate bene – un “complice”. Qui, il “principale beneficiario” di un deplorevole atto di contrabbando. Mentre qui, noterete – e mi vergogno al solo pronunciarla – la parola “tradimento” e il vostro nome appaiono quasi l’una di seguito all’altro».
Ingelstad si infossò nella poltrona e posò il bicchiere tintinnante sul tavolo accanto a lui, rovesciando una quantità di vino sul ripiano lucido. Oh, quello dovremmo pulirlo. Potrebbe lasciare una brutta macchia, e alcune macchie sono impossibili da togliere.
«Sua Eminenza», riprese Glokta, «vi considera un amico, perciò è stato in grado di estromettere il vostro nome dalle indagini iniziali per il bene di tutti. Ha compreso che stavate soltanto cercando di arrestare il tracollo finanziario della vostra famiglia, per questo ha avuto compassione. Ma se doveste deluderlo in merito a questa faccenda dei voti, tutta la sua compassione svanirà in men che non si dica. Avete capito ciò che intendo?» Mi pare di essere stato estremamente chiaro.
«Ho capito», gracchiò Ingelstad.
«Dunque, si sono allentati i vincoli del dovere adesso?»
Il nobiluomo deglutì, bianco come un lenzuolo. «Sono ansioso di prestare a sua Eminenza tutto l’aiuto possibile, ma… il fatto è…» Che vuole fare, ora? Un tentativo disperato? Un’offerta azzardata? O addirittura un appello alla mia coscienza? «Un rappresentante dell’Alto Giudice Marovia è venuto da me ieri. Un uomo chiamato Harlen Morrow. Ha preteso la stessa cosa che pretendete voi… e le sue minacce non sono state affatto dissimili dalle vostre». Glokta aggrottò la fronte. Ah, sì? Marovia e quel suo piccolo verme. Sempre un passo avanti o un passo indietro, ma mai troppo lontani. La voce di Ingelstad si fece stridula. «Che devo fare? Non posso dare il mio appoggio a tutti e due! Lascerò Adua, Superiore, e non tornerò mai più! Mi… mi asterrò dal voto…»
«Voi non farete un cazzo di niente!», sibilò Glokta. «Voi voterete chi vi dico di votare, e al diavolo Marovia!» Ancora un po’ d’incoraggiamento? Ripugnante, ma non si può evitare. Le mie mani sono già luride fino ai gomiti, per cui rovistare nel marcio un’altra volta non farà alcuna differenza. Addolcì la voce, fino a renderla un untuoso bisbiglio. «Ho osservato le vostre figlie al parco, ieri». Il viso del nobiluomo perse anche l’ultimo accenno di colore. «Tre giovani innocenti, poco meno che donne, vestite all’ultima moda… Una più bella dell’altra. La più piccola avrà, quanto? Quindici anni?»
«Tredici», gracchiò Ingelstad.
«Ah». Glokta lasciò che le sue labbra si ritraessero per mostrare quel suo ghigno sdentato. «Un fiore che sboccia in anticipo, allora. È la prima volta che vengono ad Adua, non ho ragione?»
«La prima volta, sì», sussurrò quasi.
«Lo sospettavo. La loro gioia e il loro entusiasmo nel visitare i giardini di Adua erano assolutamente incantevoli a guardarsi. Scommetto che hanno attratto l’attenzione di ogni buon partito della capitale». Il sorriso di Glokta si affievolì piano. «Mi si spezzerebbe il cuore, Lord Ingelstad, se tre creature tanto delicate venissero bruscamente strappate alla loro famiglia e portate in una delle più rigide colonie penali dell’Angland. Luoghi dove la bellezza, l’alto lignaggio e la dolcezza attraggono attenzioni assai diverse, e molto meno gradite». Glokta finse di rabbrividire e si piegò in avanti, poi sussurrò: «Non augurerei quella vita neanche a un cane. E tutto per colpa della sconsideratezza di un padre che aveva a portata di mano la possibilità di redimersi».
«Le mie figlie non erano coinvolte…»
«Stiamo eleggendo un nuovo re! Tutti sono coinvolti!» Un po’ brutale, forse. Ma i momenti di crisi richiedono azioni drastiche. Glokta si alzò faticosamente in piedi, la mano che tremava sull’impugnatura del bastone. «Dirò a sua Eminenza che potrà contare sul vostro voto».
Ingelstad collassò, del tutto e tutto insieme. Come un otre bucato. Le sue spalle si afflosciarono, la sua…
Tit. originale: Last Argument of Kings
Anno: 2008
Autore: Joe Abercrombie
Ciclo: Trilogia La Prima Legge (The First Law) #3
Edizione: Gargoyle Books (anno 2014)
Traduttore: Benedetta Tavani
Pagine: 811
ISBN-13: 9788898172269
Dalla copertina | La fine è vicina. La battaglia infuria, il Re degli Uomini del Nord non accenna a cedere, e c’è solo un uomo che può fermarlo. Il suo più vecchio amico, che è anche il suo più vecchio nemico. Per Novedita il Sanguinario è ora di tornare a casa. Con troppi capi e troppo poco tempo, il Superiore Glokta sta combattendo un altro tipo di guerra. Una lotta segreta in cui nessuno è al sicuro e il tradimento è sempre in agguato. Anche se i giorni della spada sono ormai lontani, almeno il ricatto, le minacce e la tortura non passano mai di moda. Jezal dan Luthar ha deciso che combattere per la gloria è troppo doloroso, così volta le spalle alla vita da soldato per dedicarsi a un’esistenza più tranquilla. Ma la gloria ha la cattiva abitudine di coglierti alle spalle quando meno te lo aspetti. Mentre il Re dell’Unione è sul letto di morte, i contadini si ribellano e i nobili si accapigliano per rubargli la corona. Eppure nessuno crede che l’Unione stia per essere colpita al cuore. Solo il Primo Mago ha un piano per salvare il mondo, ma ci sono dei rischi. Dopotutto, non c’è rischio peggiore della violazione della Prima Legge…