Lunar Memories – The Stardust Rebellion
Quando ci si imbatte in un libro di vampiri, il primo impatto è quello di pensare “Un altro!”, perché, sulla scia di Twilight, il filone viene sfruttato in maniera indiscriminata ormai da anni. Lunar Memories tuttavia ha qualcosa di particolare, non il solito romanzo di vampiri in senso stretto, anche perché non si tratta di horror ma di fantascienza: siamo sulla Luna, nell’anno 2137, in una città degradata in cui è in atto una rivolta contro il dominante regime vampirico.
I vampiri di Giuseppe Pasquali sono passionali e nostalgici, crudeli e cinici, e celano ognuno un passato misterioso, che si svela a poco a poco. L’ambientazione, ben resa, sembra attingere in egual misura ai vecchi film in bianco e nero (primo fra tutti Casablanca), al genere cyberpunk e ai manga; l’influsso di questi ultimi pare incidere anche sulle imprese dei personaggi, che a volte esulano dalle normali leggi della fisica (basti pensare a un vampiro che, lanciato contro una colonna di marmo, anziché spappolarsi – salvo poi rigenerare ferite e fratture come da vuole la tradizione – la demolisce).
Il libro risulta però lento in molte parti e, a conti fatti, di eventi ne accadono veramente pochi. Ogni capitolo è pesantemente centrato su ricordi senza fine dei vari personaggi, che si perdono in fitte elucubrazioni e in domande cicliche, senza risposta o, peggio, con le stesse risposte ripetute più volte. Per lunghi tratti quindi si rischia la noia, salvo poi tornare a seguire la vicenda quando le dinamiche prendono questa o quella piega, riprendendo a coinvolgere il lettore.
Pare quasi che l’autore senta la continua necessità di porsi – e porre a chi legge – infinite domande circa l’ineluttabilità del destino, l’ingiustizia della vita e il significato dell’esistenza. Pensieri che tornano a ripetersi di capitolo in capitolo, finendo per intrappolare ogni personaggio in gabbie claustrofobiche di personalità smarrite, tutte troppo simili le une alle altre.
La lettura risente di questi continui rallentamenti, fino allo stremo. La scrittura stessa appare acerba, solo a momenti rinfrancata da interessanti metafore o locuzioni meritevoli di menzione. Lo stile non è uniforme, come se i vari capitoli – o frammenti degli stessi – siano stati scritti in momenti diversi. I passi più riusciti sono quelli dal sapore hard boiled, di cui il personaggio di Jerry Schultz è il principale protagonista. Spiccano meglio le parti maggiormente ‘visive’, una su tutte quella riguardante la visita del giovane Kaouru e del Maestro Genzo in una deserta e piovosa Tokyo.
Ulteriore difetto del romanzo, come primo volume di una serie che promette o minaccia di essere ben più lunga, è quello di risultare incompleto, di non chiudere alcun cerchio. Più che il tomo iniziale di una saga, si tratta di un romanzo troncato a metà, in cui, fino all’ultimo capitolo, continuano a venir presentati nuovi personaggi.
Per concludere, luci e ombre da cui, ci si augura, l’autore potrà trarre spunto per migliorare il proprio stile e la struttura dei suoi prossimi lavori.