Melodia

Melodia

Una sera, uno scrittore riceve la visita inaspettata di uno sconosciuto che desidera raccontargli una storia.

Il protagonista di questa vicenda da narrare è Mattia, un musicista ossessionato da una canzone che sta componendo ma non riesce a concludere. La melodia gli vortica nella mente, scorre nel suo sangue, annulla ogni altro pensiero, diventa il centro pulsante della sua esistenza, un lavoro incompiuto che gli impedisce di dedicarsi a qualsiasi altra cosa.

Deve trovare le note finali a qualunque costo, oppure impazzirà.

Guidato da un sogno, o forse da vecchi ricordi tornati a galla sulla scia della musica, Mattia indaga sul proprio passato, confuso nella sua memoria, nella speranza che la melodia da lui rincorsa si celi nelle pieghe dimenticate della sua infanzia. Si troverà invece al centro di un mistero millenario, e le note mancanti si riveleranno la chiave per svelarlo.

Questo l’inizio di Melodia, romanzo a metà tra l’horror e il fantastico scritto da DANIELE BONFANTI e pubblicato da EDIZIONI XII.

Mattia non è del tutto umano, nato dall’unione tra un Angelo caduto e un comune mortale. Per la Chiesa Cattolica, che descrive gli Angeli come esseri spirituali privi di connotazioni fisiche, è imperativo distruggere la prova vivente di questo voluto errore teologico, così l’Inquisizione – nelle sue vesti moderne – cerca l’uomo per ucciderlo.

Oltre al braccio armato della religione cattolica, alle costole di Mattia ostacolando la sua ricerca della verità si mettono anche esseri soprannaturali, appartenenti sia alla Luce che alle Tenebre.

Solo una ragazza di nome Marina, esperta nelle arti magiche, si porrà al suo fianco per aiutarlo a ricongiungersi con la sua angelica genitrice, probabilmente la sola a custodire la conoscenza della musica misteriosa.

Per quanto l’aria di cospirazione vaticana e di mistero perpetrato nei secoli non sia molto originale dopo l’abusato passaggio nelle librerie e sugli schermi cinematografici delle opere di DAN BROWN, l’idea di basare la trama su una musica che rappresenta la Verità poteva affrancare il romanzo da una situazione scomoda. Purtroppo la prosa di Bonfanti non ha la consistenza necessaria per salvare la storia dalla mediocrità.

Lo stile dello scrittore è caratterizzato da frasi brevi e secche, sottolineate da una serie di ridondanze e “a capo” utilizzati con abbondanza. C’è una palese intenzione di conferire in tal modo solennità e mistero anche in momenti in cui l’andamento della storia non ne sentirebbe la necessità. Il punto di vista cambia più volte durante la lettura: si va dal racconto in prima persona, al diario, alla narrazione in terza persona. I passaggi non sono sempre funzionali e di quando in quando generano qualche confusione.

Lo scorrere della vicenda è veloce, quasi una corsa, con brevi momenti per riprendere fiato. Il ritmo serrato è però vittima di una prosa che spesso ha troppa fretta di giungere ai momenti di maggiore tensione. Non c’è una vera logica in ciò che accade durante il viaggio di Mattia; si tratta più di una successione di immagini solo parzialmente collegate tra loro, scene oniriche tratte da un sogno – o da un incubo – che sono ben vivide solo nei momenti di maggiore tensione e si sfilacciano nella memoria del lettore tra un culmine e l’altro.

Le scelte fatte da Mattia sono prevalentemente incomprensibili, sempre dettate da improvvise intuizioni, sensazioni incontrovertibili di giusto o sbagliato, comparsa di simboli arcani o indizi che il protagonista immediatamente decodifica e comprende, oppure suggerite da personaggi che entrano in scena come deus ex machina proprio al momento del bisogno.

Mattia, nel giro di poche pagine, si tuffa in un mondo fatto di sangue, magia nera e antiche credenze, senza il minimo dubbio o tentennamento. Disprezza la Chiesa e la fede in Dio ma accetta senza batter ciglio l’esistenza degli Angeli e il fatto di essere un ibrido, dimostrando nei momenti di difficoltà di saperne sull’argomento molto di più di quanto ci si aspetterebbe da qualcuno fino a quel momento estraneo ai circoli esoterici. Trova una spada e subito la brandisce con cognizione di causa, uccidendo senza un ripensamento quanti ostacolano il suo cammino: chiunque lo insegua viene battezzato senza pietà come “nemico”. È un po’ troppo anche per un personaggio di fantasia.

Il romanzo è un calderone di esoterismo in tutte le sue forme. Non manca nulla: angeli, demoni, cospirazioni clericali, cavalieri Templari, antichi libri di magia ebraica che si credevano perduti, misteriose energie nascoste sotto la superficie terrestre, fantasmi e alieni.

Gli Angeli del romanzo sono esseri gretti e antropofagi che per soggiogare e controllare gli esseri umani si divisero in due fazioni. I Luminosi avrebbero inventato di sana pianta la fede in Dio, i Tenebrosi perseguono invece il “nobile” scopo di dimostrare che Dio non esiste e che i piaceri della vita terrena vanno vissuti per quello che sono. Il creatore di queste potenti forme di vita non sarebbe una spirituale forza generatrice, ma la razza extraterrestre degli Anunnaki.

Per questo particolare, Bonfanti va a rispolverare le teorie sull’origine aliena del genere umano e quelle che mettono in relazione mitologia e fatti astronomici di un lontano passato, ampiamente pubblicizzate anni fa dagli scritti di molti saggisti più o meno autorevoli (fra cui Robert Bauval, Graham Hancock, Frank Rothe e Horst Bergmann) e ancora oggi oggetto di discussione tra i più accesi riformatori della storia e i tradizionalisti. La teoria afferma che nel Sistema Solare esisteva un pianeta – Tiamat, volendo fare un parallelo con la mitologia sumera – che subì una distruzione tale da costringere la sua progredita popolazione a rifugiarsi sulla Terra. Qui essa diede forma alla civiltà umana, plasmandola geneticamente e trasmettendole grandi conoscenze. Nella ricostruzione fantastica di Bonfanti, gli Angeli sarebbero stati il primo esperimento operato da questa razza aliena, poi ribellatisi e sostituitisi ai propri creatori.

Si scopre tuttavia che i veri custodi della canzone sono altri… i “piccoli mostri”, la cui natura verrà svelata a romanzo inoltrato rendendo piuttosto inutile tutto il clamore creato fino a quel momento attorno alla guerra angelica, di cui infatti il protagonista stesso decide di disinteressarsi.

Per quanto si tratti di un parto della fantasia, questa gran commistione di elementi eterogenei risulta poco digeribile. Le nozioni sui vari argomenti sembrano inserite più per esaltare, agli occhi del lettore, le conoscenze sul tema da parte dell’autore, che per essere di reale utilità all’evolversi della storia. Ci si trova a dover gestire una tale mole di leggende, dicerie e sovvertimenti delle teorie stesse che prima di metà romanzo viene da chiedersi con scoramento cos’altro spunterà fuori dal cilindro.

Melodia viene presentato come una novità positiva per il mondo del Fantasy-Horror italiano, ma i risultati disattendono le aspettative.