Messa di Mezzanotte

Messa di Mezzanotte

I vampiri sbarcano in America in silenzio, quasi soffiati dalla nebbia, e silenzio resta dopo il loro passaggio. Sono un’orda assetata, che avanza ineluttabile come il montare della marea ad ogni movimento di Luna.

E quel silenzio non è solo il tacere di chi si nasconde, o la quiete macabra che accompagna la morte, quanto piuttosto la naturale espressione dell’individualismo (quasi) perfetto, quello di chi può “vivere” libero da ogni laccio morale e da (quasi) ogni necessità.

È il silenzio dei negozi chiusi, delle strade vuote, delle luci spente, delle radio e delle televisioni mute, della “civiltà dai mille bisogni” che scompare per lasciare il posto a una civiltà nuova, il cui bisogno è uno solo: bere.

Attirati allo scoperto dal vuoto di potere seguito al disfacimento dell’ex Unione Sovietica, protetti dalla cappa di caos e miseria, i nonmorti hanno infranto un equilibrio demografico che reggeva da sempre. Inarrestabili quanto la loro bramosia di sangue, sono dilagati in Europa e in Asia moltiplicandosi come locuste: un folle delirio da proselitismo che ha azzerato le prede lasciandoli a sgomitare in una savana di soli predatori.

Ci troviamo ora nella costa atlantica degli Stati Uniti l’indomani dell’invasione vampirica. La lezione è servita: i succhiasangue si sono organizzati. Con efficienza paramilitare, hanno liquefatto ogni resistenza, eliminando e “convertendo”, ma questa volta con metodo.

La caccia è adesso regolamentata giorno e notte. Al calare del buio iniziano le empie orgie di sangue dei nonmorti; col sorgere del sole subentrano i rastrellamenti dei vichy: squallidi collaborazionisti che, in cambio della salvezza e nel miraggio di una futura e longeva nonvita, hanno accettato di servire l’orda, procurandole il cibo e vegliando sul suo letargo diurno.

Chi viene catturato deve solo sperare di morire in modo veloce e definitivo. Se poi la preda è una giovane femmina, finirà tradotta in una delle tante “fattorie”, dove verrà ingravidata e lasciata a produrre il succulento sangue dei neonati. Emulando insomma le rispettive “fonti di cibo”, vampiri e umani ne hanno ricalcato in pochi mesi l’antico processo evolutivo, i primi passando da cacciatori ad allevatori, i secondi da selvaggina a bestiame.

Calato in quest’inferno c’è però chi si ritaglia il ruolo di Nemesi: nella parrocchia di St. Anthony, qualcuno sta meticolosamente assassinando i vichy. È una prima, fastidiosa scintilla di rivolta, destinata ad attirare l’attenzione dei padroni dell’oscurità…

Questo è il mondo immaginato da FRANCIS PAUL WILSON in Messa di Mezzanotte (Midnight Mass), ufficialmente un’opera protesa alla sconsacrazione di un mito, ufficiosamente un altrettanto sfrontato inchino alla commistione dei generi.

È un romanzo dalle due facce, o, meglio, dalle due chiavi di lettura: dissacratoria o utilitaristica.

Wilson si adopera per riportare i vampiri alla forma primigenia, estirpando quella malinconica solitudine tipica del nosferatu stokeriano, o quell’algido edonismo dei romantici succhiasangue in stile Rice, strappando insomma mantello e merletti in favore di una più consona divisa nera a croci uncinate (immaginaria, per ovvie ragioni).

Coerente con questo piano demolitore, egli procede adeguando ambientazione e personaggi. Le metropoli americane, convertite in industrie del sangue, soppiantano così i vicoli bui e i castelli gotici; i vampiri, da splendidi cacciatori compiaciuti di predare nell’ombra in un mondo soggiogato ma ignaro, diventano generali di un esercito conquistatore.

E gli eroi: un rabbino ciclista col vago sentore d’aver sbagliato religione, una suora bombarola e serial-killer di vichy, una giovane lesbica atea e tostissima, un manesco prete-semivampiro distillato di virtù (a parte il vizio per un altro genere di distillato)… Shakerateli bene, e otterrete la più improbabile task force anti nonmorto della storia della Letteratura.

Se poi aggiungiamo una possibile, velata ironia sull’intransigente moralismo della Chiesa, i componenti “sovversivi” ci sarebbero tutti. Ma qui, fatalmente, la prima chiave di lettura impatta contro la seconda: è vero infatti che Wilson monda il vampiro da certi stereotipi “classici”, però sembra poi sostituirli con tutto quanto gli sia stato possibile saccheggiare da altri lidi.

Ecco allora un’umanità superstite piegata a una classe regredita, sanguinaria, aliena o alienata, dentro uno scenaro post-catastrofe a metà tra horror e fantastico, una matrice dalle assonanze evidenti: i mutati di MATHESON, gli zombi di ROMERO, i Visitor di JOHNSON, i “Giganti della Terra” di DICKSON e così via… Viene quindi spontaneo domandarsi se lo scopo sia un po’ più “furbo” di quello annunciato; per esempio attingere facilmente a ingredienti già pronti, mescolando le spezie di una cucina (i vampiri) con il contorno di un’altra (l’ambientazione) per servire un piatto dal sapore altrimenti poco esotico.

Stessa sensazione vale per gli elementi usati nel caratterizzare i mostri: aglio, croci, luce solare, specchi ecc. L’autore pone l’intera – e non omogenea – iconografia vampirica come assunto, salvo denunciarne incongruenze e ingombranti implicazioni, come l’esclusiva efficacia antivampiro delle croci, che, di fatto, sconfessa ogni dottrina non cristiana; o le ali retrattili dei succhiasangue (essi stessi si chiedono dove accidenti spariscano quando non vengono usate); o le strane caratteristiche dei nonmorti, vedasi un cuore pulsante senza sangue nelle vene… Tutta materia di riflessione per i protagonisti, i cui quesiti rimangono ovviamente senza risposta – perché trovarne una logica sarebbe stato assai arduo, e Wilson, ben sapendolo, non ci prova neppure. Preciso intento demitizzante, o semplice opportunismo?

Quale sia l’interpretazione corretta da assegnare a questo romanzo occorre lasciarlo decidere al lettore. Tuttavia possiamo aggiungere qualcosa a quella suggerita da Wilson.

Si è detto di come i suoi protagonisti, cinici e degenerati, praticamente drogati di sangue, mirino a rappresentare un’antitesi rispetto ai vampiri più recenti, prede delle più basse passioni quanto dei più elevati struggimenti. Ebbene, nonostante tutto, neanche Wilson rimane completamente immune alla suggestione del revenant romantico. Certo ce n’è poco sentore in Messa di Mezzanotte, eppure, in alcuni brevissimi passi, quando l’autore accenna all’armonia della notte e al brivido della caccia, le sue creature riacquistano la vecchia fisionomia. Solo per un attimo, prima di tornare al “realismo” metropolitano, anemici emoglobinomani alla ricerca della loro dose quotidiana.