Riconciliare gli uomini con un mondo in rovina e con sé stessi, trasformare un vicolo cieco in una via praticabile: compiti che possono essere assolti solo dall’eroe di un romanzo, da un individuo con la facoltà di trasformare la leggenda in storia.
Nell’immaginario poetico di Hayao Miyazaki, l’eroe diventa un’eroina, i personaggi cardine sono prevalentemente femminili e la prova suprema di coraggio consiste nel rinunciare a combattere. Assieme a questi tratti caratteristici, la prima grande regia del celebre maestro giapponese reca impresso un altro inconfondibile marchio, ovvero i mezzi volanti che non smettono mai di rappresentare, anche quando usati come strumenti di distruzione, lo slancio e la tensione degli esseri umani verso il superamento dei propri limiti.
Nonostante il famoso regista avesse già all’attivo, tra gli altri, capolavori come Conan, il ragazzo del futuro (1978) e Lupin III: il castello di Cagliostro (1979), è Nausicaa della Valle del Vento, del 1984, il primo lungometraggio a dover essere considerato come totalmente suo, dal soggetto alla realizzazione finale.
Disegnato e soprattutto animato in maniera superlativa, specie se si considera che il lavoro fu svolto negli anni Ottanta senza l’aiuto della grafica digitale (tra gli animatori figurano Kazuo Komatsubara – già al lavoro in Galaxy Express 999 e poi in Metropolis, per citare solo due titoli – nonché un giovanissimo Hideaki Anno), questo film contribuirà con il suo successo alla fondazione dell’ormai celebrato Studio Ghibli e, paradossalmente, alla messa da parte dell’omonimo manga da cui era stato tratto: l’attività registica di Miyazaki infatti diventerà sempre più rilevante, tanto che il suo fumetto (iniziato nel 1982) non sarà completato che dopo 12 anni.
Anche per questo, Nausicaa è una di quelle opere che, passate agli annali dell’animazione, sono entrate a far parte a pieno titolo dell’immaginario giapponese.
Spesso considerato alla stregua di un pamphlet ecologista, il film sintetizza in realtà svariati elementi (temi, organizzazione, stile) ricorrenti nelle successive opere del regista: basti citare il celebre La Principessa Mononoke (1997), che può essere visto in prima approssimazione come una ricollocazione fantasy di questa vicenda, basata però su una struttura narrativa più complessa e su dinamiche meno scontate.
La rappresentazione del futuro postatomico, in Nausicaa, esula dalle coordinate entro cui vengono più spesso ambientate storie di questo tipo; infatti l’approccio di Miyazaki alla Fantascienza è del tutto peculiare e non si basa né sulla colonizzazione di altri pianeti né sui classici scenari postcatastrofe (come quelli di Hokuto no Ken, anch’esso datato 1984) – semmai siamo in un mondo che somiglia a quello di Dune –, ma pone anzi la sopravvivenza sulla Terra (e della Terra) come tema portante.
Senza parlare di viaggi interplanetari, nemmeno popolare il cielo con dirigibili e città aeree si rivelerà una scelta percorribile dalla futura umanità, nell’ottica del nostro regista.
Da qui derivano gli elementi che, di volta in volta, sono stati interpretati più o meno liberamente in chiave strettamente ecologista: ricondurre il rapporto dell’uomo con il cosmo al rapporto con la Terra (fino aintendere quest’ultima in senso ancora più circoscritto, come “terreno”). La chiave di lettura ecologista rimane, a ogni modo, piuttosto differente da quella a cui il pubblico occidentale è più abituato: Nausicaa e Mononoke non parlano dello sfruttamento razionale e tecnologicamente pulito del pianeta, ma del recupero di una relazione intima e di stampo panteista con la natura, secondo una sensibilità squisitamente orientale.
L’ambientazione si situa a metà strada tra il dramma fantascientifico postapocalittico e l’epopea leggendaria di sapore più fantastico. A questo connubio conferiscono maggior forza espressiva una serie di accostamenti che si riveleranno seminali per anni di animazione a venire (titoli recenti come Last Exile, del 2003, mostrano tutta l’influenza di questo film): soldati in elmo e corazza alla guida di carri armati o gigantesche aeronavi, futuristici alianti a reazione che convivono con mulini a vento di antica foggia, miti trasmessi oralmente e armi di distruzione di massa dalla potenza inconcepibile; il tutto amalgamato senza eccessive forzature in un insieme che si fonda proprio sull’opposizione dei poli.
La colonna sonora del lungometraggio reca la firma – come sarà poi per altre produzioni targate Studio Ghibli – del compositore Joe Hisaishi (autore delle musiche di vari film di Takeshi Kitano). I temi musicali si basano su una contaminazione delle sonorità ottenuta mescolando strumenti classici ed elettronici. Gli effetti e le percussioni sintetiche dominano ad esempio tracce come “Ohmu no Bousou” (la fuga degli Ohmu) in chiave esuberante, e “Kushana no Shinryaku” (l’invasione di Kushana) con un’atmosfera più cupa; mentre in pezzi come “Sentou” (battaglia) e “Pejite no Zenmetsu” (l’annientamento di Pejite) il passaggio tra sonorità diverse è sostituito o affiancato dal succedersi di differenti ritmiche e melodie. I pezzi più belli rimangono comunque la title-track, che commenta in maniera superba e maestosa i titoli di testa così come vari passaggi del film, “Kukai Nite” (nel mare della corruzione), sognante fusione tra ritmo elettronico e cori evanescenti, “Nausicaa – Requiem”, che riprende nell’incipit la “Sarabande” di G.F. Handel, e il suggestivo tema finale “Tori no Hito” (uomo uccello).
Come purtroppo ancora oggi accade, alla sua importazione in Occidente il film dovette subire manipolazioni semplicemente contrarie al buon senso (prima ancora che al rispetto delle opere in sé): a ogni modo, per una volta, la versione italiana poté vantare una maggiore fedeltà all’originale rispetto alla mutilata e stravolta prima edizione americana (negli USA si è resa necessaria una seconda edizione nel 2005, visto che l’opera in quanto tale è stata accessibile per anni solo attraverso sottotitoli più o meno artigianali).
Pur con tutte le arbitrarietà presenti nella traduzione, l’adattamento RAI dei dialoghi si mantiene in carreggiata, e i nomi propri sono rimasti inalterati. Resta tuttavia il fatto che dal lontano 1984, con i diritti internazionali acquistati dalla Buena Vista, questo capolavoro non è ancora disponibile in DVD nella nostra lingua.
Dato che il primo doppiaggio RAI, per quanto filologicamente scorretto, rappresenta tuttora la versione italiana più facilmente reperibile, i nomi qui citati sono quelli a esso relativi, anche in casi appunto discussi e discutibili (“giungla tossica”, “soldato invincibile”…).
Trama
Mille anni dopo che la civiltà moderna è stata spazzata via da terribili guerre fratricide, la Terra è un pianeta inospitale invaso da piante che saturano l’aria di vapori tossici.
Nella Valle del Vento, grazie alle correnti d’aria che sempre l’attraversano, i pacifici sudditi del re Jihl e della giovane principessa Nausicaa possono vivere senza maschere antigas e senza dover combattere quotidianamente con i giganteschi insetti che popolano la giungla.
Il resto del mondo invece è in lotta, e l’oggetto del contendere è l’antica potenza distruttiva ancora viva dentro al guscio di un mostruoso Soldato Invincibile, la macchina bellica a forma umana con cui il mondo è stato distrutto.
Per il potente regno di Tolmekia e la sua ambiziosa principessa Kushana, controllare questo mastodontico dio guerriero equivarrebbe a dominare il pianeta.
Quando, in seguito allo schianto di un’aeronave da guerra, anche la prospera quiete della Valle viene interrotta, la giovane Nausicaa trova il coraggio di caricarsi sulle spalle non solo il destino del suo popolo, ma dell’umanità e del mondo interi.
Da una parte le piante velenose, dall’altra il fuoco distruttore; gli animali della giungla contro il Soldato Invincibile, la prudenza della decana della Valle opposta all’ambizione di Kushana, la volontà di riconciliare che sfida quella di combattere: la vicenda è tutta costruita sul contrasto e la conciliazione di visioni opposte, sul prevalere del senso pratico e della convivenza pacifica nei confronti della violenza cieca e autodistruttiva.
La Valle del Vento e la Giungla Tossica
La Valle è, con i suoi dintorni, il teatro d’azione di quasi tutta la vicenda e il posto fisico d’incontro e scontro tra i diversi elementi; essa ha, fin dall’inizio, il compito di localizzare l’epopea della nuova umanità (la maggior parte del film mantiene un’unità di luogo che non sarebbe, altrimenti, altrettanto significativa), costituendo infatti l’unico angolo pacifico e relativamente prospero rimasto sulla Terra.
All’opposto, la foresta delle piante velenose è preclusa agli umani, i quali non le si possono nemmeno avvicinare senza indossare maschere antigas; è uno spazio in continua espansione che minaccia di inghiottire tutto il pianeta, sottraendolo agli uomini.
In mezzo sta il deserto, creato dalla distruzione violenta del mondo durante la guerra, rievocata dagli imponenti fossili dei Soldati Invincibili che furono lo strumento del cataclisma.
Si potrebbe paragonare la Valle a una specie di “Utopia”, ma non in senso statico: il costume di vita dei suoi abitanti contiene, fin dall’inizio, la soluzione al dramma (passato e presente) di un’umanità in lotta con sé stessa e con il mondo. Il segreto deve però essere scoperto in modo consapevole e responsabile; senza questo passo, senza il necessario travaglio, la Valle dei primi minuti è una mitica Arcadia che basta solo a sé stessa, un’oasi di serenità che non ha importanza nel contesto della Terra intera, e la promessa di pace per gli uomini rimane un mito che non può ancora tradursi in realtà.
Per chiarire questa situazione è sufficiente lo scorrere dei titoli di testa, con le immagini dell’antica catastrofe, dello stato di vita attuale e della mitologica Terra Promessa, istoriate negli arazzi che ornano la stanza di re Jihl; una sintesi di ciò che rappresenta la Valle prima che la sua storia si intrecci con quella degli altri regni, anzi un vero e proprio condensato “a fumetti” della parte più fantastica e fiabesca dell’intero film.
Affinché la Terra intera possa convertirsi in una serena Valle del Vento, quest’ultima deve sopportare il passaggio di una guerra, essere sottomessa e rischiare la fine; deve essere il luogo in cui la storia del mondo si ripete in piccolo, tragicamente uguale a sé stessa fino all’epilogo liberatorio.
L’Utopia circoscritta e isolata del paese di Nausicaa si estende a dismisura a metà del lungometraggio, quando viene svelato che il segreto della Valle è in realtà il segreto della giungla. Di fatto, la giungla diventa anch’essa una terra promessa, e le differenze con gli spazi dell’uomo vengono a cadere. Il suolo in profondità è puro, tanto che le piante tossiche vi crescono senza emettere veleni; i resti fossili della foresta stanno in realtà pulendo dalla contaminazione il terreno soprastante. L’espansione inesorabile della giungla vede così ribaltato il proprio significato, da minaccia a speranza, dal momento che il suolo può essere recuperato solo se viene invaso dalle piante e quindi, in prima battuta, perduto.
Questa ambivalenza rimane sostanzialmente irriducibile e piuttosto problematica, e deve essere necessariamente inquadrata nel contesto generale del film: esso infatti è tutto improntato al rovesciamento dei tradizionali schemi di appartenenza e lotta per l’affermazione, in favore di una visione di riconciliazione e convivenza, a sua volta un po’ stereotipata ma rappresentata senza eccessivi buonismi e banalità.
Più coerente sarebbe forse stata la soluzione proposta nelle fasi iniziali, quando Nausicaa confida a Yupa (un avventuriero solitario vecchio amico del re suo padre) l’intento di estrarre vari principi medicinali dalle piante trapiantate nella sua serra sotterranea: in questo modo il ruolo di recupero e di aiuto svolto dalla giungla in favore degli uomini sarebbe stato più chiaro e più immediato, ma purtroppo questo resterà uno spunto senza sviluppi.
Nausicaa e gli altri personaggi
La protagonista appare subito come un personaggio speciale. L’intraprendenza, l’abilità nel “cavalcare il vento”, l’amore per la propria gente e il rispetto verso la giungla e le sue creature la rendono in grado di superare le barriere che segnano profondamente un mondo nato dalla guerra e dalla distruzione, e che in quanto tale non poteva sopravvivere senza il peso di questa triste eredità. La ragazza inoltre è già a conoscenza della vera natura delle piante tossiche (che si rivelano innocue se trapiantate in un terreno pulito) e ha quindi in mano gli strumenti per valutare obiettivamente lo stato del suo mondo e dei conflitti che lo attraversano.
Seguendo lo stesso processo per cui la piccola Valle arriva a rappresentare l’intero il pianeta, anche Nausicaa deve affrontare un cambiamento che la porterà ad agire nel nome di tutti. Quando re Jihl viene ucciso dai Tolmekiani, lasciando alla ragazza la responsabilità di guidare il suo popolo proprio nel momento in cui finisce sottomesso, Nausicaa viene presa in ostaggio e privata della libertà, quasi a ribadire che la soluzione dei drammi e dei problemi del mondo non sta nella forza opposta alla forza, bensì nella capacità di agire in modo positivo e costruttivo adattandosi alle circostanze.
Nausicaa è anche la protagonista di un mito. La profezia tramandata dalla veneranda Gran Dama della Valle la identifica come il tanto atteso liberatore “vestito di azzurro”, immedesimazione che troverà compimento nel finale.
Questa duplice attestazione non è però una banale ripetizione, a conferma del fatto che la speranza si è trasformata in realtà: basti notare che, nonostante appaia sempre vestita in azzurro, durante il trionfo finale Nausicaa indossa un vestito donatole dalle donne di Pejite, Paese che aveva tentato di accaparrarsi il Soldato Invincibile e di distruggere la Valle del Vento, come a sancire l’universalità della missione e della riconciliazione portate dalla ragazza.
Attorno alla protagonista ruotano come satelliti svariati personaggi che non possono fare a meno di subire il fascino e il carisma della giovane eroina, sebbene ciascuno in diversa misura. Una delle cose che traspare con più evidenza da questo insieme di comprimari è il ruolo sostanzialmente passivo o negativo ricoperto dai personaggi maschili (soltanto Yupa compie spontaneamente un’azione decisiva, interrompendo lo scontro tra Nausicaa e i Tolmekiani, per poi rientrare subito nei ranghi), sempre costretti a inseguire gli eventi che le donne, invece, cavalcano con audacia.
Questo contrasto è esemplificato ed estremizzato nella netta divisione del popolo di Pejite: gli uomini sono il “partito della guerra”, pronti a sacrificare sé stessi, la loro capitale e la Valle del Vento pur di vendicarsi dei nemici Tolmekiani in una sterile spirale di violenza, mentre le donne agiscono con senso pratico, comprensione e solidarietà, spinte dalla speranza di ricostruire un futuro.
Da una parte stanno le donne della Valle (l’anziana Gran Dama e la giovane Nausicaa): le due incarnano l’evoluzione, sia generazionale che simbolica, di una salvezza intesa come credo atemporale, segreto, non compreso fino in fondo, che diventa infine una conoscenza reale e attualizzata. Dall’altra parte sta l’altera Kushana, scortata dal potere della tecnica e non più completamente umana, che minaccia di fare rivivere la metà oscura della leggenda del passato. Attorno a loro si affollano gli aiutanti maschili, leali e laboriosi nel primo caso, codardi e arroganti nel secondo.
In una storia continuamente tesa alla riconciliazione di tutto e tutti (miti e realtà, uomini e natura, fazioni avverse), non poteva comunque mancare anche un incontro positivo tra i due sessi… Come di consueto per le opere di Miyazaki, l’aspetto romantico è estromesso o retrocesso in secondo piano, sostituito piuttosto da una prova di solidarietà, di mutua comprensione. In questo caso, poi, non si ha nemmeno un vero piano di parità tra lui e lei, né un rapporto reciprocamente costruttivo, perché il giovane Asbel di Pejite (pilota che attacca il convoglio su cui la protagonista è prigioniera, ritrovandosi con lei nella foresta) serve a dimostrare, sostanzialmente, che anche un maschietto è dotato di sufficiente cervello per deporre le armi e convincersi che Nausicaa ha ragione.
Sta di fatto che, in una storia costruita su azioni non proprio allegoriche ma comunque esemplari, anche i personaggi devono aderire ai loro ruoli in modo schematico.
La compressione in due sole ore (per quanto dense e magistralmente eseguite) di questa parabola di redenzione ha un costo, ovvero la messa da parte del romanzo di formazione, ricorrente invece in altre opere del regista come importantissimo filone a sé stante. La stessa Nausicaa deve affrontare una sola prova e, per quanto cruciale, ne assimila l’insegnamento all’istante, senza ripensamenti né indecisioni. Gli altri personaggi vantano un grado di approfondimento ancora minore, se non proprio inesistente.
Ogni volto, insomma, è come la tessera di un mosaico, ognuna col proprio colore: l’insieme risulta complesso e variegato ma i singoli tasselli sono piatti, monocordi e sempre uguali a sé stessi.
La sostanziale unità di questa policromia, la colla dell’insieme, è fornita dalla sola Nausicaa in modo tanto accentuato che non sarebbe fuori luogo parlare di un soggetto biografico.
L’impostazione bipolare della trama è esemplificata molto bene nella scena del passaggio di Nausicaa e della sua gente nella giungla tossica; qui infatti i ruoli dei personaggi vengono collegati strettamente ai loro atteggiamenti nei confronti della natura, amalgamando quindi persone e ambienti (mondo umano e foresta) in modo organico.
L’antefatto è già di per sé carico di significato: la principessa della Valle è in grado di provare compassione e solidarietà per i suoi nemici (fino a salvare la vita a Kushana), mentre questi ultimi non comprendono la portata delle sfide che li attendono ma, anzi, pretendono di garantirsi la sopravvivenza mediante la ricerca di un sempre maggiore potere distruttivo. Nausicaa si rivela però in grado di impartire ordini perfino all’altezzosa Kushana, ricorrendo solo alla sua capacità di persuasione: dalla volontà di aiutare gli altri deriva, in ultima analisi, l’ascendente che Nausicaa esercita.
La chiave di questa prova è, per l’appunto, il rapporto con la giungla: quando, persuasi dal carisma della protagonista, anche Kushana e gli uomini della Valle ne adottano la filosofia, vedono aprirsi una possibilità di salvezza: la prima deve accettare di deporre le armi e di rinunciare a imporre la sua volontà con la forza; i secondi devono convincersi a transitare per quel territorio, mentre la loro miopia li porterebbe a schiantarsi pur di evitare la foresta e di conservare i loro averi (altro esempio dei ruoli maschili tipici del film).
Nel regno della giungla, insomma, c’è posto solo per le scelte libere e consapevoli, non per le pretese di dominio o i gesti sconsiderati; l’unica ospite gradita è dunque la solita Nausicaa, la cui abilità nell’uscire viva dalla foresta le deriva dalla comprensione profonda dei misteri nascosti in essa, carpiti grazie a un atteggiamento libero e rispettoso che si situa all’apice di questa gamma di approcci verso la foresta.
Il percorso della giovane principessa, quindi, si completa: nella scena iniziale anch’ella entra nella giungla armata e con la maschera antigas, per quanto le sue intenzioni siano pacifiche; ora invece le armi vengono deposte e fatte deporre, Nausicaa comincia a togliersi la maschera per un breve istante (gesto che salva i suoi sudditi e, coerentemente con le dinamiche inquadrate sopra, la espone indifesa alle leggi della natura), finché si accorge che può respirare liberamente nel sancta sanctorum della foresta. Nello stesso momento in cui la protagonista si spoglia di tutte le barriere frapposte tra sé e la natura, l’ostilità – e la tossicità – della giungla cade (simbolicamente, perfino gli insetti accettano la ragazza nel loro stagno), e anche la separazione tra gli spazi si fa labile, poiché la vasta grotta appena scoperta si svela sorprendentemente simile alla rigogliosa serra custodita nei sotterranei del castello nella Valle del Vento.
Mostri e macchine
Come cercando un posto vitale al di sopra del suolo ormai compromesso e perduto, gli uomini che popolano l’ipotetico futuro di Nausicaa della Valle del Vento fanno dell’aria lo spazio privilegiato per muoversi e incontrarsi (e scontrarsi). Singolarmente, per tutto il film non si vede un solo mezzo di trasporto terrestre (fatta eccezione per le cavalcature di Yupa), mentre il cielo è letteralmente invaso da velivoli di ogni genere: mezzi da guerra di varie dimensioni (dal monoposto di Asbel, al biposto da guerra della Valle del Vento, alle grandi aeronavi Tolmekiane), navi-cargo, alianti e perfino un piccolo pallone aerostatico.
Sradicati e alienati dal terreno che calpestano, gli uomini trasportano nell’aria vizi e virtù, sogni di libertà (le leggiadre “ali” – cioè alianti – della Valle del Vento) e ambizioni di dominio (gli imponenti dirigibili armati di Tolmekia). Inutile dire che il percorso tracciato da Nausicaa li ricondurrà con i piedi per terra, anzi sottoterra, dal momento che per scoprire la vera natura della giungla la protagonista non farà altro che precipitare, con il suo monoposto, dall’alto del cielo a un cunicolo sotterraneo. Messaggio, questo, che verrà sviscerato e ribadito compiutamente a breve distanza in Laputa, il Castello del Cielo (1986), come se Miyazaki stesso si mostrasse sospeso tra una sostanziale “fedeltà alla terra” e un’inguaribile nostalgia di romantiche ascese.
D’altro canto Nausicaa, che danza nel cielo per puro gusto di avventura, è anche l’unica a comprendere i misteri della Terra, mentre per gli uomini che invadono l’aria con pretese di possesso, il suolo è il luogo di un’esistenza conflittuale: non è altro che la sete di potere dei Tolmekiani, incarnata nel Soldato Invincibile, a costituire la zavorra che schianta a terra una loro nave nei pressi della Valle del Vento.
Mentre gli uomini sono tra le nuvole, la Terra brulica di mostri, ovvero gli insetti giganti della giungla (“mostro-tarli” nell’adattamento RAI, ma piuttosto un richiamo diretto al Verme di Dune), gelosi custodi della foresta e della sua funzione rigeneratrice: è in parallelo alle piante che i gusci fossili degli insetti vengono in aiuto degli umani, rifornendoli di ottimo materiale.
Questi misteriosi animali hanno l’ulteriore compito di rappresentare la coscienza e la volontà attiva dell’ambiente naturale. Infatti è con essi che Nausicaa dialoga, da pari a pari, per tutto il film ma in particolare nel momento della prova finale, ottenendo di essere riconosciuta come portavoce di una nuova e costruttiva volontà umana. La prima attestazione di questo suo ruolo avviene verso la metà del lungometraggio, quando la principessa ottiene dagli insetti guardiani il permesso di sostare nella loro tana, poiché è animata da rette intenzioni e non pretende, a differenza di Kushana, di ricondurre gli altri uomini e gli altri ambienti sotto il proprio comando.
Di fronte agli insetti sta l’aberrazione partorita dalla civiltà, ovvero il Soldato Invincibile. Il riferimento alle armi “termonucleari” di cui è dotato il mostro è più che altro incidentale e sostanzialmente gratuito, dal momento che sia l’epoca della distruzione del mondo sia l’epoca di Nausicaa si situano in un futuro imprecisato, e il Soldato stesso ricopre piuttosto il ruolo di un deus ex machina degli arsenali. La sua potenza di fuoco è semplicemente fantascientifica (o fantastica, a seconda di quale visione si voglia privilegiare nell’accostarsi a quest’opera), e prorompe in modo tecnicamente ignoto ma esteticamente efficace. Il Soldato è il simbolo del potere di distruggere, indipendentemente dal mezzo impiegato: è l’idea stessa di annientamento, che si concretizza quando invocata da una volontà umana tenacemente rivolta a percorrere la strada del conflitto.
Commento
Il finale del film è impostato in modo da risolvere coerentemente tutti i temi proposti, sviluppando un discreto grado di tensione: a tratti esageratamente melodrammatiche, le ultime scene pongono comunque il sigillo a un’opera di ampio respiro, a cui le inevitabili semplificazioni non impediscono di rimanere tuttora un punto di riferimento imprescindibile.
I personaggi convergono verso la Valle del Vento (Tolmekiani, gente di Pejite, gli insetti e il Soldato Invincibile), tutti radunati nel luogo designato per lo svolgimento di un’altra Apocalisse, sia che essa si risolva nell’inferno di fiamme del dio guerriero o nella terra promessa degli arazzi di Jihl.
In quel momento tutto il mondo diventa la Valle del Vento, e viceversa: la scelta tra i due destini e la vittoria dell’Utopia della Valle assumono quindi una portata globale. La simbologia adottata, da fine del mondo e giudizio universale, è utilissima a rafforzare il ruolo mitico di Nausicaa e l’idea di una realtà nuova, che trascenderà in breve quella vecchia.
In secondo luogo, proprio il compito che Nausicaa ha assunto viene palesato e concretizzato su una scala molto più ampia che in precedenza (durante il suo passaggio nella tana degli insetti): da sola di fronte a un intero sciame di mostri, presa nel mezzo di una triplice contesa umana, la ragazza diventa l’ago della bilancia sulla quale viene pesata l’umanità intera. Superata la prova con l’aiuto delle donne di Pejite (simbolo collettivo dei valori positivi descritti nel film), gli insetti giganti le concedono un ulteriore e trionfale riconoscimento.
La contesa tra la potenza distruttiva del Soldato Invincibile e i mostri della giungla si risolve con il disfacimento del primo, che segna la fine delle ambizioni di Kushana e rimarca l’assurdità e la tragica contraddizione della volontà di potenza, destinata a implodere, sconfitta nel momento stesso in cui tenta di imporsi.
Nello scontro tra le forze distruttive della natura e della civiltà, le prime si arrestano di fronte al cessato pericolo, mentre le seconde possono soltanto percorrere la strada dell’annientamento; viceversa quanto c’è di buono e di creativo negli uomini e nel Pianeta può incontrarsi, combinarsi ed esaltarsi. E non è un caso che, se esiste nella vicenda un altro catalizzatore degli eventi a parte Nausicaa, esso è proprio il mostruoso dio guerriero: il possesso di quest’arma è il motivo della guerra tra Tolmekia e Pejite e del conseguente coinvolgimento della Valle. La storia di Nausicaa, dalla Valle alla giungla tossica, si confronta quindi direttamente con l’incarnazione suprema dello sterminio di massa, conferendo ai fatti un orizzonte temporale e tematico universale.
In questo, in effetti, sta il carattere un po’ estremista della vicenda: sebbene esistano, tra gli opposti rappresentati da Nausicaa e dal Soldato, varie gradazioni, queste non ricevono praticamente alcuna attenzione da parte della regia e della sceneggiatura, o vengono comunque appiattite sull’uno o l’altro polo dal precipitare degli eventi.
La ricerca incarnata da Yupa e da Nausicaa e perfino da Kushana (che però, accecata dall’ambizione, segue la strada sbagliata) è quella di un nuovo punto di equilibrio nel conflitto tra l’uomo e la sua realtà, tra l’uomo e sé stesso.
Per quanto calati in un contesto fantascientifico e postnucleare, i riferimenti alle problematiche globali del tempo presente sono del tutto evidenti; ma il carattere fortemente allegorico della storia, insieme alla sostanziale mancanza di personalità credibili o sufficientemente sviluppate, sposta in qualche modo il baricentro dell’opera verso una saga leggendaria, a suo modo slegata da un qualsiasi contesto reale. Ciò che viene riproposto, in sostanza, è il problema di fondo di un’umanità “costretta” a vivere (e convivere) su un pianeta che non è un oggetto inerte e incondizionatamente ospitale. Non si forniscono ricette né formule magiche, né tanto meno mitiche salvatrici vestite d’azzurro, discendenti dal cielo avvolte in un’aura dorata.