Hisashi Itoh (foto: Furio Detti)

Ognuno è tradizione – Intervista a Hisashi Itoh

Completamente autodidatta, Hisashi Itoh ha conquistato sul campo un ruolo internazionale come fotografo musicale, pubblicitario, di moda e d’arte. Fotografo ufficiale del World Pop Festival di Tokyo, Itoh ha coniugato il suo amore per la musica al mestiere che lo ha reso celebre nel mondo come creativo per i più grandi nomi della musica giapponese, asiatica e internazionale, anche italiana. Fra gli artisti – pop, rock, ma non solo – che si sono affidati alla magia del suo obiettivo per poster e cover: Stevie Wonder, Céline Dion, Enya, Bryan Adams, John Lewis, Hank Jones, Tommy Flanagan, Pat Metheny, Ryuichi Sakamoto, Inoran, Akiko Grace, Kookia, Ku Reijo, Chen Min, e – fra gli italiani – Gianna Nannini, Albano, Milva, i Pooh, Eros Ramazzotti.

Hisashi Itoh ha tenuto varie mostre personali in Italia, molte delle quali centrate sull’immaginario tradizionale giapponese, sia a Firenze (Palazzo Strozzi, Palazzo Vecchio, Villa Vogel) sia in altre città della Penisola, come Palermo. Per Terre di Confine abbiamo incontrato Hisashi Itoh al 13° NiMi Festival di Firenze, rassegna dedicata al Giappone, in occasione della sua mostra “Edo Yuugi” (“Fuga da Edo”). In questa mostra, dedicata al mondo delle prostitute del quartiere di Yukaku, nell’antica Edo (Tokyo), Itoh ricostruisce la storia di una fuga immaginaria di tre ragazze, vendute da bambine al postribolo dalla città, verso le montagne, selvagge e ostili ma anche unica speranza di sottrarsi a una vita di recluse nelle case di piacere. Abbiamo quindi rivolto in questa occasione qualche domanda al maestro Itoh, grazie anche al cortese servizio di traduzione simultanea offerto dal personale del Festival NiMi, che ringraziamo di cuore.

Firenze, NiMi Festival, dicembre 2011 – Furio Detti per Terre di Confine | Innanzi tutto, maestro, grazie per aver concesso espressamente a Terre di Confine questa intervista.

Hisashi Itoh | Prego, è un piacere.

FD | Nelle sue fotografie tutto sembra progettato per far emergere l’interiorità dei personaggi; quanto è forte l’aspetto emotivo quando Lei decide di scattare la foto e congelare uno specifico istante?

HI | Difficile rispondere. Molto difficile. Per me è fondamentale la naturalezza, ma si tratta di saperla far emergere con attenzione. Le luci, il colore nelle mie foto all’aperto sono tutti naturali, completamente. In queste foto non ho utilizzato alcuna fonte di luce artificiale: così facendo ho lasciato che emergesse la forza emotiva della vicenda che volevo narrare e ricostruire. Penso che il più grande aiuto nel fare ciò mi giunga dalla musica. La musica, altra mia grande passione, mi ha sempre guidato alla ricerca degli universi emotivi. Da giovane desideravo tanto fare il musicista, e questo gusto è sicuramente presente nel mio modo di lavorare, ritrarre il soggetto, costruire un’intesa con lui e l’ambiente, un’intesa capace di portare alla luce le emozioni più profonde. Parlando di luce, in studio utilizzo spesso una sola fonte di luce, non di più.

FD | Parlando di musica, anche la fotografia è questione di tempo e ritmo. Lo scatto non è qualcosa che dipende forse da questa variabile così musicale?

HI | Oh sì, certamente. Pensi che ogni volta che lavoro in studio cerco sempre di avere la musica adatta come sottofondo. Per me è parte essenziale del metodo di lavoro, compatibilmente certo con le possibilità e la situazione del momento. Ma la musica non è la sola fonte d’ispirazione. Vi sembrerà incredibile, ma le foto di questa mostra sono state frutto di un mio sogno. Ecco perché le foto di Edo Yuugi sono state scattate in mezzo alla natura, senza musica. Io però avevo comunque il mio spartito interiore, onirico, a guidarmi. Anche adesso, per esempio, da qui dove sono seduto, mi sono proprio goduto l’esibizione delle danzatrici giapponesi del gruppo Manjushaka sul palco qui vicino. Musica e danza sono una sorgente inesauribile di emozioni.

FD | Nella scheda introduttiva alla Sua mostra ho letto che il Giappone starebbe lentamente perdendo la memoria delle sue tradizioni. In che senso? E, sempre secondo Lei, quali componenti della società nipponica sarebbero più capaci di ricordare, rinnovare e trasmettere al futuro tale tradizione? Chi può in Giappone “portare avanti” la tradizione?

HI | Anche questa è una domanda a cui è molto difficile rispondere. In cuor mio spero e credo che tutti i Giapponesi, ma proprio tutti, abbiano questa capacità. Magari latente. Dentro ognuno di noi c’è la memoria del passato. Ognuno ha dentro di sé la tradizione. Occorre certo recuperarla per non perderla, renderla esplicita, farla parlare con i mezzi che si hanno. Ma sono ottimista, non penso che esistano settori della società giapponese più portati a questo.

FD | Neanche nell’ambiente delle arti marziali tradizionali come il Kendo o lo Iaido?

HI | Come fotografo seguo anche le arti marziali e lo sport. Ho fatto numerosi servizi alle olimpiadi, ma non penso che il legame con la tradizione, per quanto forte o affine all’attività di ognuno, sia esclusivo di certi ambienti. Come le ho detto, la tradizione è dentro ogni persona.

FD | Tornando al suo metodo di lavoro, come riesce a gestire la complessità della luce naturale sui soggetti?

HI | Tutto merito dei buoni maestri. Io, vede, sono autodidatta e non sono mai stato allievo di nessun fotografo. Nessuno mi ha insegnato il mestiere. Nondimeno ho ben presenti le lezioni dei grandi maestri della pittura, però. In particolare cerco sempre di tenere in mente questi due autori: Rembrandt e Raffaello. Sono loro i pittori che principalmente ho studiato, studio e a cui mi riferisco per gestire la luce e la composizione dei miei scatti. Rembrandt è un maestro impareggiabile nello scolpire con la luce. Raffaello invece mi ha guidato per altri aspetti. La naturalezza cromatica, per esempio.

FD | La ringraziamo ancora per questa intervista. Siamo certi che i lettori di Terre di Confine troveranno interessante il modo con cui arte pittorica, fotografia e musica possano convivere e fondersi in un’opera unitaria.

HI | Grazie a voi; e arrivederci.