Pavana (Pavane, 1968), di Keith Roberts
PRESENTAZIONE
Apparse originariamente fra il marzo e il luglio 1966 sulle pagine della rivista inglese Impulse (consorella di New Worlds), le cinque parti di Pavane sono state raccolte in volume nel 1968 ed è indubbio che abbiano da allóra contribuito a consolidare la fama di uno scrittore comparso sulla scena della fantascienza soltanto nel 1965. Ritenuto a tutt’oggi la sua opera più stimolante e complessa, il romanzo che presentiamo si inquadra con apparente facilità nel filone delle ‘Terre parallele’ caratterizzate da una divergenza storica in qualche punto determinante (c’è anche chi definisce questo filone di meta-storia come Ucronia, e in proposito vedete l’Almanacco Bompiani 1974, con la sua interessante raccolta di saggi critici e di notizie su Utopia /Ucronia); nel nostro caso, la divergenza storica è fornita dall’assassinio di Elisabetta I nel 1588 e dalla conquista dell’Inghilterra da parte della Invencible Armada spagnola di Filippo II. Vengono così a cadere i presupposti della Chiesa Anglicana e dell’ulteriore sviluppo delle dottrine protestanti, mentre la Santa Madre Chiesa di Roma amplia il proprio materno abbraccio a quasi tutto il mondo conosciuto, Australia e Nuovo Mondo compresi; a questo punto, Roberts sceglie un’altra data, l’anno 1985, ed intorno ad essa intreccia le cinque vicende che più gli stanno a cuore, coprendo l’arco di tre generazioni (e accennando alla quarta nell’Epilogo). Nonostante l’ambientazione si aggiri però intorno agli ultimi anni del nostro secolo e ai primi decenni del successivo, la prima impressione del mondo che si schiude nelle prossime pagine è quella di un tardo medioevo con molti punti di contatto con il nostro, ma bastano pochi minuti di lettura per restare affascinati dalle ‘incongruenze’ e dalle psicologie dei personaggi che abitano questo mondo crepuscolare. Fra le brughiere del Dorset e le nebbiose cittadine che ancora portano nomi latini (dalla Camulodunum che corrisponde all’attuale Colchester fino alla capitale, Londinium, oggi Londra), si aggirano uomini e donne che danno corpo ad una specie di macabra ‘sacra rappresentazione’ dei tempi oscuri, realizzando con i loro tragici aneliti un ricco gioco simbolico imperniato apparentemente su una lotta individualista e poi nazionalista, ma in realtà fondato sull’antinomia individuo-società, morale-politica.
Approfittando di un ricco folclore che neppure la nostra odierna — e reale — era atomica ha saputo cancellare del tutto, l’autore riesce a connotare gli spunti individuali delle singole vicende con i suggestivi elementi di un mondo magico ancestrale che in ultima analisi sa come sopportare e condividere certi ideali di quella ‘nuova religione giunta dall’Oriente’, il Cattolicesimo. Le antiche divinità sanno di essere all’origine di quelle più recenti, e se anche gli uomini mostrano segni di insofferenza per le strutture esterne di una Chiesa ormai trasformata in un Impero Militante, le presenze antiche del loro spirito sanno come rispondere alla fine a quella voce che spiega come il Tempo sia in realtà qualcosa di autocontenuto; il Popolo delle Colline trasposto da Roberts in questo romanzo non è neppure un’alternativa all’invadente brulichio di tonache francescane o adelmiane, o a quello ben più oppressivo delie azzurre vesti da battaglia usate dalle truppe di Papa Giovanni, ma unicamente uno stadio ‘anteriore’ e meno socializzato — ergo, meno politicizzato — della stessa inalienabile pulsione verso una sopravvivenza dello spirito. Intento ammirevole, quest’ultimo, e senz’altro affascinante nelle forme che Roberts ha scelto per la sua opera, ma che ci sembra di dover interpretare alla luce di una chiave più ‘umana’ e più contingente; non a caso il ‘messaggio’ di questo romanzo ricorda abbastanza da vicino quello di un altro romanzo a sfondo religioso, e più precisamente L’undicesimo comandamento di Lester Del Rey, da poco ripresentato sulle pagine di Galassia. Gli orrori apparenti di qualsiasi gestione del potere, sembrano concludere entrambi gli autori, possono risultare accettabili e comprensibili solo al momento di una verifica finale dei risultati raggiunti… sempre che l’uomo, nel frattempo, non abbia provveduto ad eliminare il proprio uso della ragione, e delia comprensione. Parola che riecheggia nell’Epilogo fra le righe lasciate dal ‘magico’ Siniscalco, John Faul-kner/Falconer, uno dei pochi ad aver potuto scorgere gli orrori reati del mondo parallelo al suo, e che oggi più che mai suona abbastanza sinistra nel nostro mondo reale, non ancora sazio di orrori e di delitti contro l’uomo.
Gianni Montanari
Anteprima testo
PROLOGO
In una calda serata di luglio dell’anno 1588, nel palazzo reale di Greenwich, a Londra, una donna giaceva sul letto di morte, colpita al ventre e al petto da pallottole sparate da una mano assassina. Il suo volto era coperto di rughe, i denti anneriti, e la morte non le donava alcuna dignità; ma il suo ultimo respiro provocò tali echi da sconvolgere un intero emisfero. La Faery Queen (1), Elisabetta Prima, sovrana assoluta d’Inghilterra, era scomparsa.
La collera degli inglesi non conobbe confini. Una sola parola, un sospiro, furono sufficienti; un giovane semi-demente fu fatto a pezzi dalla folla perchè invocava la benedizione del Papa… I Cattolici inglesi, dissanguati dalle tasse e mentre stavano ancora piangendo la Regina di Scozia, memori della sanguinosa Rivolta del Nord, dovettero fronteggiare la minaccia di nuovi massacri. Quasi controvoglia, per difendersi, presero le armi contro i loro connazionali, mentre la fiamma accesa dagli eccidi di Walsingham correva attraverso la nazione; le luci dei fari di segnalazione lungo la costa si confondevano con i macabri bagliori degli auto-da-fè.
Le notizie si diffusero ovunque: a Parigi, a Roma, fino alla straordinaria fortezza dell‘Escurial, dove Filippo Secondo meditava ancora sulla sua Impresa d’Inghilterra. La notizia di una nazione divisa in due parti e dilaniata da lotte interne, raggiunse le grandi navi dell’Armada che navigava presso Lizard, dove si sarebbe incontrata con l’esercito invasore del duca di Parma sulle coste fiamminghe. Per un giorno, mentre Medina-Sidonia camminava sul ponte del San Martin, il destino di mezzo mondo rimase sospeso. Poi fu presa una decisione e, uno per uno, i galeoni e le navi mercantili adibite al combattimento, le galee e le pesanti urcas, si diressero a nord, verso terra; verso Hastings e l’antico campo di battaglia di Santlache dove, secoli addietro, erano state scritte pagine storiche. I tumulti che seguirono videro Filippo incontrastato dominatore d’Inghilterra; in Francia i seguaci di Guisa, rincuorati dalle vittorie d’oltremanica, deposero finalmente la debole Casa di Valois. La Guerra dei Tre Enrichi finì con il trionfo della Lega Santa, e la Chiesa rinforzò ancora di più il suo antico potere.
Ai vincitori, il bottino. Con l’autorità rinforzata della Chiesa Cattolica, la nascente nazione di Gran Bretagna pose le sue forze al servizio del Papa, sgominando i Protestanti olandesi e distruggendo il potere delle Città-Stato tedesche nella lunga guerra Luterana. Gli abitanti del Nuovo Mondo nell’America del Nord restarono sotto il dominio della Spagna; Cook piantò sul suolo australiano la bandiera cobalto del trono di Pietro.
Nella stessa Inghilterra, su una nazione per metà antica e per metà moderna, divisa da primordiali barriere di lingua, di classe una nazione divisa in due parti e dilaniata da lotte interne, raggiunse le grandi navi dell’Armada che navigava presso Lizard, dove si sarebbe incontrata con l’esercito invasore del duca di Parma sulle coste fiamminghe. Per un giorno, mentre Medina-Sidonia camminava sul ponte del San Martin, il destino di mezzo mondo rimase sospeso. Poi fu presa una decisione e, uno per uno, i galeoni e le navi mercantili adibite al combattimento, le galee e le pesanti urcas, si diressero a nord, verso terra; verso Hastings e l’antico campo di battaglia di Santlache dove, secoli addietro, erano state scritte pagine storiche. I tumulti che seguirono videro Filippo incontrastato dominatore d’Inghilterra; in Francia i seguaci di Guisa, rincuorati dalle vittorie d’oltremanica, deposero finalmente la debole Casa di Valois. La Guerra dei Tre Enrichi finì con il trionfo della Lega Santa, e la Chiesa rinforzò ancora di più il suo antico potere.
Ai vincitori, il bottino. Con l’autorità rinforzata della Chiesa Cattolica, la nascente nazione di Gran Bretagna pose le sue forze al servizio del Papa, sgominando i Protestanti olandesi e distruggendo il potere delle Città-Stato tedesche nella lunga guerra Luterana. Gli abitanti del Nuovo Mondo nell’America del Nord restarono sotto il dominio della Spagna; Cook piantò sul suolo australiano la bandiera cobalto del trono di Pietro.
Nella stessa Inghilterra, su una nazione per metà antica e per metà moderna, divisa da primordiali barriere di lingua, di classe e di razza, i castelli medioevali si ergevano ancora minacciosi; chilometri e chilometri di foreste incolte davano rifugio a creature d’altri tempi. Per taluni gli anni che passavano erano anni di realizzazione, destinati all’attuazione finale del Progetto Divino; per altri era un rinnovarsi dell’Era Oscura, frequentata da immagini ormai morte e dimenticate da tempo: orsi e animali selvaggi, lupi mannari e fate.
Al di sopra di tutto, la lunga mano dei Pontefici si stendeva per punire e ammonire; la Chiesa Militante restava suprema dominatrice. Ma verso la metà del ventesimo secolo si ricominciarono ad udire diffusi sospiri di disapprovazione. La rivolta era ancora una volta nell’aria.
LADY MARGARET
Durnovaria, Inghilterra. 1968
Venne il giorno stabilito per il funerale e seppellirono Eli Strange. La bara, coperta lateralmente da drappi neri e porpora, scese lentamente nella tomba; le cinghie bianche scorrevano tra le mani degli affossatori — in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti — Era tornato alla terra. A chilometri di distanza, la Margaret di ferro urlava indifferente, svolgendo spirali di vapore e lanciando attraverso le colline la sua potente voce.
La notte scendeva cosi presto che, alle tre del pomeriggio, nei depositi delle locomotive non ci si vedeva quasi più. La luce bluastra e debole che filtrava attraverso le lunghe strisce di finestrini, metteva in evidenza le tegole del tetto rigide e spigolose come ossa di metallo. Sotto, le locomotive aspettavano, con le loro enormi carcasse alte due volte un uomo e con i baldacchini che sfioravano le travi del soffitto. La luce fioca creava forme allungate, ora riflettendosi contro le fasce delle caldaie, ora filtrando attraverso i mozzi e i raggi delle enormi ruote motrici nascoste nell’ombra.
Un uomo camminava nel buio, fischiettando tra i denti e muovendosi con sicurezza. I chiodi dei suoi stivali stridevano contro il pavimento di mattoni consumati.
Indossava un paio di jeans e il pesante giaccone a doppio petto solitamente usato dai trasportatori, col bavero sollevato nel tentativo di ripararsi dal freddo.
Portava, calcato sulla testa, un berretto di lana macchiato di grasso e sporcizia che un tempo era stato rosso, dal quale spuntavano ciocche di capelli neri e folti. La lampada che reggeva in mano illuminava, con bagliori tremolanti, la massa scura delle macchine a vapore.
Si fermò vicino all’ultima della fila e si protese in avanti per appendere la lampada all’apposito sostegno. Restò un attimo a guardare le grosse locomotive, fregandosi le mani in un gesto abituale, e annusando il sottile e sempre presente puzzo di fumo e di olio. Poi si arrampicò sulla piattaforma e aprì i portelli di caricamento. Si chinò, lavorando con metodo. Con un rastrello raschiò l’interno della camera a fuoco, respirando profondamente e formando con l’alito piccole nuvolette che si condensavano sopra la sua spalla. Preparò con cura il fuoco; prima stendendo uno strato di carta sul quale dispose dei pezzetti di legno accatastati uno sull’altro, poi caricando palate di carbone dai tender con movimenti ritmici delle braccia. All’inizio, però, non bisognava fare molto fuoco. Non con la caldaia fredda. Un fuoco troppo potente avrebbe fatto dilatare le pareti metalliche e potuto provocare crepe e perdite dalle giunture del tubo di raccordo, e allora sarebbero stati…
Tit. originale: Pavane (antologia)
Anno: 1968
Autore: Keith Roberts
Edizione: La Tribuna (anno 1978), collana “Science Fiction Book Club” #54
Traduttore: Guido Zurlino
Pagine: 172
Dalla copertina | Uno dei capolavori assoluti della “Alternate History”, uno dei filoni più importanti della SF nel quale si possono immaginare affascinanti ipotesi di universi paralleli. Se la regina Elisabetta I fosse stata assassinata in una congiura di palazzo nel 1588, cosa sarebbe successo? Quasi certamente l’Invencible Armada lo sarebbe stata anche in fatto, conquistando alla cattolicità la perfida Albione. E quindi, secoli dopo, tutta l’Europa, e di conseguenza tutto il mondo, sarebbe sotto il ferreo tallone della Chiesa cattolica apostolica romana, che bandirebbe ogni tentativo di modernizzazione, come l’uso dell’elettricità, per esempio, bollandolo come tentativo demoniaco di attentare alla purezza delle popolazioni. Un universo alternativo con connotazioni oscurantiste, ma forse solo perché visto con “altri” occhi. Un romanzo costruito per episodi interdipendenti che, come scatole cinesi, conducono l’uno all’altro, legandosi fra di loro con il fragile legame che solo un passo di danza, come la pavana, può connettere fra loro armonicamente.