Perdido Street Station

Perdido Street Station

“…Middle Earth meets Dickensian London on really good acid.” (Lou Anders)

Il mondo di China Mièville non è propriamente quello che ci si augura nei nostri sogni più segreti. È stato detto di lui, a ragione: “Non è il vostro produttore tipico di fantasia”. Si potrebbe dire piuttosto che questo giovane autore londinese sia un perfetto creatore di allucinazioni.

L’universo del fantasy ormai resta stretto nei confini delle sue definizioni, ed i vecchi cliché assumono sempre più l’aspetto di vestiti troppo usati in cui le cuciture cedono. E quello che vediamo uscire da questi strappi sempre più profondi non sono certo gli omini blu della nostra infanzia, ma un genere nuovo definito New Weird Fiction, oscillante tra la fantascienza, il fantasy e l’horror, di cui Perdido Street Station costituisce un esempio illuminante.

La vicenda si svolge a New Crobuzon, una Londra parallela vista attraverso uno specchio deformante da luna-park, dove le più impensabili forme di vita, umane e non, si accalcano nel formicaio di detriti, ciminiere, fiumi contaminati, organizzano rivolte contro l’ordine costituito, danno sfogo alle loro ossessioni. O forse, più semplicemente, sopravvivono, schiacciate tra organizzazioni criminali da una parte e autorità repressive dall’altra. Governata brutalmente dal Parlamento e dalla sua Milizia, la città brulica come un formicaio nei suoi infiniti quartieri-ghetto, pieni di artisti, criminali, maghi, vampiri, prostitute e straccioni, appartenenti alle razze più eterogenee, divise da odi di casta e conflitti razziali.

A New Crobuzon vive Isaac, umano e scienziato, emarginato a causa del proprio approccio non esattamente convenzionale al mondo accademico del sapere, assieme alla sua compagna Lin, artista khepri e ibrido donna-scarafaggio. Nella loro vita improvvisamente compare Yagharek, un essere proveniente da molto lontano, in cerca di aiuto e di riscatto. Nella sua terra si è reso colpevole di un crimine gravissimo, il “furto di libertà di scelta di secondo grado con assoluta mancanza di rispetto”, ed è stato condannato alla pena più severa per un uomo volante: il taglio delle ali. Yagharek si rivolge all’equivoco scienziato perché sa che è l’unico capace di cambiare le caratteristiche della materia e ridargli la capacità perduta. Isaac accetta l’incarico, per noia e per soldi, innescando un meccanismo dagli effetti collaterali devastanti e liberando esseri la cui magia è dirompente e ingovernabile. Ma anche Lin riceve una proposta, di quelle che probabilmente non si possono rifiutare: per entrambi inizierà una discesa a spirale in avvenimenti sempre più incalzanti e privi di controllo, che si concluderanno tragicamente nel luogo dove forse tutto è cominciato, la Stazione di Perdido Street.

Se è vero che ogni libro è una porta su un altro mondo, leggendo questo romanzo si ha l’impressione non di entrare in una nuova dimensione ma di precipitarvi dentro, ritrovandosi alla fine del tunnel in un futuro parallelo in cui la realtà è un brutto sogno, e quello che lo rende tale è la presenza di regole da incubo perfettamente verosimili. Calarsi impreparati nel magma in ebollizione di China Mièville ha un effetto destabilizzante per tutte quelle che sono le tradizionali concezioni legate non solo al fantasy, ma a tutta la letteratura fantastica in generale. Non una delle regole a cui siamo abituati viene rispettata, anche se i richiami a varie mitologie, classiche o meno, emergono continuamente durante la narrazione. Non uno dei temi tradizionali, che il lettore pregusta con un certo desiderio inconscio di rassicurazione, rimane integro. A partire dai due protagonisti principali ogni schema viene rovesciato: un umano dall’aspetto decisamente poco accattivante ed una khepri con elitre e antenne al posto della testa sono sicuramente lontani dai canoni standard dei personaggi “belli e buoni”, eppure la loro vita, i loro sentimenti e i loro accoppiamenti vengono narrati con una normalità sconcertante, anche se vagamente disgustosa. Entrambi sono dei paria, esclusi dalla società e dai rispettivi ceppi etnici per le loro scelte di vita, esempio di una contaminazione inarrestabile tra razze e culture del Bas Lag (il “mondo secondario” di Mièville), considerata con malcelato disprezzo dagli onnipresenti “benpensanti”. Nel Bas Lag coabitano varie specie di ibridi denominati genericamente Xeniani, tra cui cactus deambulanti, creature anfibie, insetti umanoidi, oltre a vari esseri mostruosi e diabolici che mescolano i temi dei cartoni horror giapponesi con l’allegoria tradizionale del vampiro. Ma affiorano in modo più o meno evidente anche richiami alla mitologia, come i garuda alati delle tradizioni orientali, e al folklore popolare: Il Rifatto Jack Mezza-Preghiera altro non è che la versione di Robin Hood riveduta e corretta alla maniera di Mièville.

E attorno a loro vive (il termine è esatto) New Crobuzon, città pantagruelica e tentacolare come l’intreccio del romanzo, che penetra violentemente nella vicenda, interagisce con i personaggi e sembra crescere parallelamente alle loro convulse ricerche e alle loro frenetiche fughe.

Definire con precisione il genere di appartenenza di questo romanzo non è semplice, perché il panorama che esso offre richiama continuamente altri generi: cyber-fantascienza e steamfantasy, il cui spessore narrativo viene aumentato dalla curiosità di antropologo con cui l’autore plasma, analizza e manovra tutte le sue creature. Rovesciando un noto slogan della cultura steampunk, si potrebbe dire, a proposito di questo romanzo “come sarebbe il futuro se il passato fosse accaduto dopo?”. Perché il mondo di Mièville riesce ad essere contemporaneamente gotico-vittoriano e moderno-futuristico, come se le cupe atmosfere londinesi di Dickens fossero state trasportate nella città del domani di Nathan Never, con la differenza che qui la linea di demarcazione tra i “buoni”e i “cattivi” è spesso molto ambigua. Non ci si chiede perché si è arrivati a questo o cosa lo abbia prodotto, si parte direttamente dicendo: “Questa è la realtà e dovete sopravviverci”. Eppure il lettore non sente la necessità di ulteriori spiegazioni, consapevole di fluttuare nel pozzo senza fondo della straripante creatività dell’autore.

Quello che ci viene offerto da Mièville è quindi un tipo di fantastico ibrido e decisamente non convenzionale, una New Weird-novel aggressiva e violenta per il messaggio culturale, sociale e politico che impone: la potenza narrativa è notevole e trascina in una specie di trip senza bisogno di mescalina, non fa sconti e non perdona. E neppure offre alcun tipo di consolazione, infatti l’autore stesso dice della sua opera: “Se qualcuno legge un libro per vedere i buoni ricompensati e i cattivi puniti, ciò che vuole è una favola”. O meglio, in un mondo medievalistico post-tolkien, uno scrittore che descrive un goblin come brutto, sporco e cattivo, dice la verità. Nel mondo di China Mieville, probabilmente è un razzista.

Frutto di numerose diramazioni di genere, Perdido Street Station rappresenta l’evoluzione più nuova di una certa narrativa fantastica “di rottura” che alla brutalità anti-schema associa lampi di lirismo classico e sovrappone alle radici cyberpunk i tratti più gotici dello steamfantasy: la steam-technology è l’energia ufficiale che anima New Crobuzon, aziona i pistoni giganteschi di macchine sotterranee e anima gli alambicchi di Isaac durante le sue ricerche sulla “energia di crisi”, fuma via in vapori tossici dalle infinite ciminiere e si scioglie nel labirinto dei canali inquinati. Eppure, qui i protagonisti sono degli esclusi che vivono ai margini della società in un distopico scenario urbano, hanno rapporti borderline con il mondo criminale e usano la loro conoscenza magico-scientifica per se stessi di là dalla legge costituita. Certo, al posto del Web e degli apparati informatici abbiamo congegni a vapore e aerostati, e la realtà descritta è sicuramente poco virtuale anche se rivestita da una spessa patina di ambientazione post-moderna. Eppure, tra scorie e rifiuti degni delle periferie degradate di qualsiasi città (ottocentesca e non), si osserva la nascita di una nuova forma di Rete, che avrà non poco peso nell’evoluzione e nella conclusione della storia: appaiono innocui congegni meccanici che si trasformano in ibridi senzienti, dotati di mente collettiva ma capaci di avere coscienza di sé. E di agire di conseguenza. Il potere multimediale del Web, che anima la produzione cyberpunk classica, nel Bas Lag di Mièville è ancora nell’ombra, s’insinua nella città come un ragno che tesse la sua tela informatica grazie a virus “taumaturgici” che nel brodo primordiale delle discariche infettano gli scarti della civiltà cittadina, e creano la prima Matrice: il Dio-Macchina di una corte di Golem robotizzati, il cui potere senz’anima sarà l’unico capace di battersi con le Falene Estinguitrici che si nutrono di psiche umana. Perché, dopotutto, le macchine non sognano.

E sarà grazie a questo (non certo disinteressato) aiuto che Isaac e il suo piccolo gruppo ormai fuorilegge riusciranno a portare a termine il loro difficile compito.

Il concetto fondamentale del New Weird è che la mescolanza tra ogni genere letterario sia necessaria, e che i limiti e le definizioni vadano sempre e comunque oltrepassate. Mièville stesso dice attraverso uno dei suoi personaggi più criminali, il Boss-Rifatto Motley: “È questo che crea il mondo: la transizione. Il punto in cui una cosa diventa un’altra. E questo è il soggetto che mi interessa. La zona in cui ciò che è disparato diventa parte del tutto. La zona ibrida.”

Quindi perché non usare, anche in modo brutale, tutti gli ingredienti che il fantastico offre per denunciare i vizi e gli inganni della società reale? Science-fantasy no-global, si potrebbe dire, in cui è il sistema d’insieme ad essere sbagliato e contro il quale è arrivato il momento di reagire con ogni mezzo.

Il culto della Merrie England, presente in letteratura dal medioevo al novecento, trova qui la sua sepoltura definitiva, iniziata con autori come MERVYN PEAKE e la sua Gormenghast, o come MICHAEL MOORCOCK e le badlands del suo Captain Oswald: lo scenario che ci accoglie è piuttosto una Dark England, molto barocca e noir.

La Città-Mostro fagocita in sé uno dei temi tipici del fantasy, il Viaggio dell’eroe, sostituendolo con una discesa nei suoi cunicoli invasi dalle macerie, dentro le sue strutture di metallo che svettano su fangosi cantieri e fogne a cielo aperto, lungo le sue sopraelevate che corrono tra ciminiere e sprazzi di natura selvaggia. E il punto nodale, il cuore pulsante e alieno di quest’entità bio-tecnologica è Perdido Street, dove tutto si incrocia e dove chiunque, almeno una volta nella vita, è destinato ad entrare. Eppure l’elemento arcano esiste, ed è forte, con regole precise che lo rendono una conoscenza codificata e rigorosa. Nel Bas Lag di Mièville il magico non è il deus ex machina da usare quando ogni altra soluzione è impossibile, bensì una particolare forma di energia ben radicata nella realtà. Esiste una magia ufficiale (la Taumaturgia, esasperata nei romanzi successivi nella Stregocrazia), asservita al Potere, che con ferocia esemplare viene utilizzata nella punizione dei crimini, innestando nei corpi dei colpevoli parti aliene e meccaniche ad imperitura memoria della loro colpa. Oppure, semplicemente per creare artefatti viventi adibiti ai compiti più disparati: il finto garuda con ali meccaniche esibito nel circo, o la prostituta molto ben equipaggiata per la sua professione. I Rifatti sono ibridi, come la maggior parte degli abitanti, ma nascono dalla commistione dell’occulto con altre scienze più o meno esatte quali l’alchimia, la fisica, la biologia. E la meccanica: gli arti metallici e le caldaie innestati su corpi originariamente biologici rendono questi esseri in parte artificiali dei nuovi, grotteschi androidi. E accanto a tutto ciò, la capacità arcana che affiora nei voydanoi delle acque, il vortice distruttivo delle terribili Falene Estinguitrici, la magia malsana delle ossa “preistoriche” di Leviatano che affiorano nel bel mezzo della città come un monito perenne del passato. E, aliena come nessun’altra, l’arte macabra del Tessitore: creatura multi-dimensionale e senza regole, il cui unico desiderio è tessere complicati arabeschi magici sulla “tela del mondo” (la visione globale che lega tutte le creature dell’universo) e di riparane gli strappi di là da ogni regola morale.

In sostanza, quello che viene offerto è una sorta di “realismo magico” le cui caratteristiche forse non sono possibili, ma appaiono sicuramente plausibili.

In un mondo dove la meccanica quantistica s’interfaccia con l’alchimia e le fotografie si chiamano eliotipi, sarà New Crobuzon l’unica protagonista ad uscire, tutto sommato, indenne e apparentemente immutata da tutta la vicenda, grottescamente insensibile al dramma che si svolge nelle sue viscere.

Dalla Città-Mostro si può solo fuggire, lasciando indietro chi non ce l’ha fatta. Il nobile Yagharek non riavrà le sue ali, perché, alla fine, Isaac verrà a sapere quanto abbia meritato la sua condanna e lo abbandonerà sparendo per sempre con la sua preziosa scoperta e con quel che rimane della sua amata Lin. Del resto, ciascuno dei protagonisti, inesorabilmente (e anche inconsciamente, a volte) provocherà cose orribili ai suoi simili per arrivare allo scopo desiderato; e il momento di pagare per le proprie azioni sopraggiungerà per tutti, perché qui, come nella realtà, ogni obiettivo ha un costo molto doloroso sia in termini fisici che psicologici che umani. E nonostante questo, l’unico a non chinare la testa davanti al proprio destino sarà il nobile Garuda del Cymek: il romanzo si chiude sulla ribellione a ciò che è stata la sua vita; con un’ultima crudele automutilazione, egli rinnega il suo passato ormai irraggiungibile, e si prepara ad affrontare, da uomo, il mondo degli uomini.

L’uscita dal tunnel di questo libro lascia sconcertati e con un notevole senso di saturazione. Eccessivo, caotico, straniante, potrebbero essere gli aggettivi dettati dal primo impulso dopo la lettura. Eppure, capace di un’attrazione magari un po’ perversa ma irresistibile, scaturita dalla combinazione di una trama avvincente ed una potenza espressiva sicuramente sopra le righe. C’è molta passionalità in questo romanzo. E l’accesso è libero a tutti, a proprio rischio e pericolo, naturalmente. Benvenuti nell’incubo, quindi. Benvenuti a New Crobuzon.