Phenomena

Phenomena

“Non esistono fiabe non cruente. Tutte le fiabe provengono dalla profondità del sangue e dell’angoscia.” FRANZ KAFKA

Che DARIO ARGENTO avesse o meno in mente KAFKA quando ideò, scrisse e diresse Phenomena non ci è dato saperlo, ma è di certo questo lo spirito che anima la sua opera.

Già Suspiria (1977) ed Inferno (1980) lasciavano ben intravedere una determinata linea nelle scelte artistiche ed espressive di Argento: la sua incursione nel mondo del cinema dell’orrore appariva delinearsi ben oltre i canoni dell’horror anglosassone, concettualmente manicheo e tendenzialmente puritano.

Le sue pellicole divengono veicoli catartici che non devono semplicemente terrorizzare il pubblico, ma soprattutto liberarlo da fobie, tabù e dagli impulsi repressi (dalla morale, dalla religione, dalla società, dalla cultura…), svelandone le paure più tremende; così il linguaggio del suo horror finisce con l’attingere a piene mani al fiabesco.

E Phenomena altro non è che una fiaba; atroce, sanguinolenta, angosciante, ma pur sempre una fiaba.

Gli espedienti che sviluppano alla perfezione la scelta di Argento di elevare la pellicola ad una dimensione fiabesca sono molteplici, a partire dal titolo stesso (infelicemente tradotto in Creepers nella versione censuratissima USA).

Phenomena, dal greco φαινόμενοσ (dal verbo φαινώ) indica ciò che è visibile ai sensi, manifesto, chiaro, tutto ciò che accadendo può essere osservato e studiato, ma non solo. Può anche significare qualcosa o qualcuno di straordinario, prodigioso, fantastico, magico o addirittura di mostruoso.

Fenomeno straordinario e magico è la dote sovrannaturale di Jennifer Corvino (l’attrice JENNIFER CONNELLY), la protagonista, che può comunicare con gli insetti; fenomeno mostruoso è il killer deforme che massacra le adolescenti di un collegio svizzero; fenomeni sono il manifestarsi del Phoen, vento che pare levarsi ogni qualvolta un delitto sta per consumarsi ed i paesaggi d’incanto della campagna elvetica che fanno da cornice ai fatti.

Una voce fuori campo, quella del regista stesso, dà inizio al racconto, situando immediatamente la vicenda entro limiti spazio-temporali diversi dal contesto della nostra realtà ed interni al regno della fiaba; l’espediente dell’incipit narrativo altro non è che il classico “c’era una volta” che ci trasporta in questo altrove fiabesco e permette di circoscrivere i fatti narrati entro una dimensione indeterminata e quindi oggettiva.

Il sipario si alza nell’idilliaca cornice della Alpi Svizzere, tra boschi, cascate, laghi e prati; una natura incontaminata e pura, apparentemente benevola, accoglie un gruppo di turisti adolescenti accompagnati da due adulti intenti a salire su un pullman che li sta aspettando.

Il bus parte, ma ecco comparire una giovane ritardataria (interpretata da FIORE ARGENTO), lasciata indietro dai compagni e dimenticata dagli accompagnatori. È sola, straniera, abbandonata in un luogo che le è estraneo e sconosciuto; il Phoen si alza, inizia ad ululare incessante e d’improvviso il paesaggio appare desolato e sinistro.

In fondo alla strada un delizioso chalet; l’adolescente lo raggiunge in cerca d’aiuto.

Seguiamo l’ingresso attraverso i suoi occhi, la sentiamo chiedere: “C’è nessuno in casa? Sono straniera e mi sono persa…”. Nessuno risponde, ma l’azione si fa spasmodica: percepiamo una presenza, vediamo due catene che si tendono, che vengono strappate dalla parete cui erano fissate e che finiscono attorno al collo della ragazza.

La giovane urla di terrore, tenta di liberarsi, di fuggire dalla casa, ma un grosso paio di forbici le inchiodano una mano allo stipite della porta-vetrata. La prospettiva cambia, diventa quella del suo aguzzino: la preda adolescente è in trappola, in totale balia del mostro – di cui mai vediamo la figura –, che può colpirla al petto a suon di sforbiciate e finirla mozzandole la testa.

Mesi dopo l’omicidio giunge dagli USA Jennifer Corvino, la figlia quindicenne di un celebre e facoltoso attore hollywoodiano, per frequentare il rigido collegio femminile “R. Wagner” situato nei dintorni boscosi di Zurigo.

Jennifer è un’adolescente assai particolare: soffre di disturbi psicopatologici, fra cui il sonnambulismo, e mostra una sensibilità a tal punto sviluppata da indurre alcuni psichiatri a ritenere che sia anche affetta da sdoppiamento della personalità.

Durante una crisi notturna, Jennifer sonnambula si aggira per le austere sale dell’istituto, e di fronte ai suoi occhi addormentati si consuma il delitto di una giovane ospite del Wagner; in preda ad uno stato di semi-trance, non del tutto consapevole di ciò che ha appena veduto, Jennifer fugge terrorizzata verso il bosco.

Si risveglia in una radura. Viene soccorsa da una scimmia, Inga, che la conduce da un anziano entomologo paraplegico suo padrone, il professor John McGregor (DONALD PLEASANCE).

McGregor sta collaborando con la polizia al fine di scoprire chi abbia brutalmente assassinato la sua assistente Greta (probabilmente il medesimo maniaco dei precedenti delitti), analizzando il comportamento degli insetti trovati attorno ai cadaveri.

Lo studioso non tarda a comprendere che le particolari stranezze di Jennifer altro non sono che sintomi di un prodigioso talento: la ragazza infatti riesce a comunicare con gli insetti.

Stanca delle continue vessazioni cui le compagne e la direttrice del collegio (DALILA DI LAZZARO) la sottopongono, la giovane decide di abbandonare il Wagner per accettare ospitalità presso la gentile signora Brückner (DARIA NICOLODI), sua insegnante.

Frattanto la situazione rapidamente evolve: gli studi di McGregor conducono quasi a rivelare l’identità del mostro, ma gli costano la vita.

Jennifer inizia a sospettare del clima inquietante e misterioso che avvolge la villa in cui è ospite. Vagabondando per la casa, non può fare a meno di notare che tutti gli specchi sono velati; il pianto di un bambino la distoglie e l’attira in una stanza buia. Di fronte a lei un ragazzino che si nasconde in un angolo, spaventato.

Jennifer tenta di consolarlo, ma non appena lo volta per abbracciarlo, ne rivela i tratti deformi e mostruosi. Intuisce di trovarsi di fronte al mostro assassino e tenta una disperata fuga, ma è la stessa frau Brückner, pazza madre del mostro, a impedirglielo rinchiudendola nei sotterranei della villa.

In una climax vertiginoso i misteri si dipanano e le morti si susseguono: madre folle e figlio mostruoso sono evidentemente gli autori degli efferati delitti, ma chiunque tenti di penetrare nella villa al fine di salvare Jennifer viene ucciso.

Solo Inga, la scimmia del professor McGregor, riesce a intervenire e ad accoltellare la Brückner, vendicando così il proprio padrone e salvando in extremis Jennifer.

Un ultimo colpo di scena vede la ragazza e la scimmia incappare nel giovane mostro, ma uno stormo d’insetti accorre in loro aiuto, divorando l’assassino.

Nell’ultima mezz’ora sono ben quattro i finali che scivolano l’uno nell’altro, fino all’intervento provvidenziale dell’elemento naturale – gli insetti – a risolvere una situazione che da sola parrebbe non riuscire a trovare conclusione.

La fiaba si chiude, il sipario scende. L’eroe – Jennifer – è stata sottoposta a durissime prove, ma alla fine il suo cammino è stato sia un’iniziazione che un percorso di crescita: il suo dono è stato riconosciuto, premiato come tale (le sue doti parapsichiche hanno svelato l’arcano e le hanno salvato la vita) e ha permesso che tutto tornasse all’equilibrio di partenza.

Il male è stato sconfitto.

“Per favore, non parlate di macelleria se il punteruolo affonda nella carne squartata o se una testa tagliata rotola per terra. Phenomena non è un gratuito campionario di orrori, bensì uno dei mille diari possibili di un libero sognatore rimasto bambino che non riesce a dimenticare il suo Edipo.”

CLAUDIO CARABBA, critico cinematografico.


Bibliografia

Principi di innovazione in Suspiria di Dario Argento – Simone Parnetti

IL CARTAIO – DARIO ARGENTO – SPECIALE “IL CARTAIO” – Fine di un amore – Mauro Gervasini (del 9/1/2004)