I Reietti dell'Altro Pianeta - Copertina

I Reietti dell’Altro Pianeta

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Anarres e Urras: due pianeti gemelli, eppure diversi come la luce e l’ombra.

Il primo è ricco ma diviso: innumerevoli nazioni in lotta tra loro, interessate solo ad accumulare beni. Il secondo accoglie una colonia fondata da un gruppo di ribelli anarchici, fuggiti da Urras in seguito a una rivolta e adesso intenti a costruire la loro società ideale: concetto di proprietà abolito, e nessun governo che limiti la libertà personale; il pianeta è però desertico, inospitale, viverci è arduo e richiede che ogni individuo contribuisca alla sopravvivenza della comunità, in una condizione di totale uguaglianza.

“Noi siamo poveri, noi manchiamo. Voi avete, noi non abbiamo. Ogni cosa è bella, qui. Fuorché le facce. Su Anarres non c’è nulla di bello, fuorché le facce. Le altre facce, gli uomini e le donne. Noi abbiamo solo quello, solo gli altri.”

Su Anarres vive Shevek, un brillante fisico impegnato su una teoria che potrebbe rivoluzionare il modo di concepire i viaggi interstellari. Eppure la comunità scientifica – figlia di una società chiusa in se stessa, che evita in ogni modo il contatto con l’esterno per non essere contaminata dai valori capitalistici – sembra disinteressata al suo lavoro: i viaggi interstellari non rappresentano una priorità. Desideroso di portare a termine il proprio studio in un posto dove esso possa venire apprezzato, Shevek decide allora di recarsi su Urras; nel suo cuore egli cova anche il sogno di poter costruire un ponte tra i due mondi, da troppo tempo divisi e apparentemente senza alcuna speranza di riconciliazione.

“Rimase esitante ancora un attimo, e poi, per la prima volta nella sua vita, chiuse la porta della propria stanza.”

Arrivato su Urras, Shevek dovrà confrontarsi con una realtà edificata su valori etici e morali diametralmente opposti ai suoi, e comincia a dubitare che sia quello il luogo giusto dove portare avanti le sue ricerche, e che un luogo giusto possa davvero esistere…

In questo I Reietti dell’Altro Pianeta (The Dispossessed: An Ambiguous Utopia), pubblicato nel 1974, Ursula K. Le Guin prova qualcosa di molto simile a quanto già aveva tentato ne La mano sinistra delle tenebre (The Left Hand of Darkness, 1969): prendere la nostra società, eliminare completamente uno dei suoi elementi costitutivi e cercare di immaginare cosa potrebbe derivarne. Ne La mano sinistra delle tenebre l’elemento era la distinzione tra i sessi; qui si tratta dei concetti di proprietà e di governo.

“Liberate la vostra mente dall’idea del meritare, e allora comincerete a essere capaci di pensare.”

Ancora una volta il risultato è eccellente; sebbene la struttura sociale di Anarres (priva di governo e di leggi) risulti un pochino nebulosa e nel complesso probabilmente del tutto utopica e irrealizzabile, le riflessioni che vengono proposte attraverso gli occhi del protagonista Shevek sono ancora più stimolanti di quanto non accadesse nel romanzo precedente. L’apoteosi è probabilmente rappresentata dal dialogo finale tra Shevek e l’ambasciatrice terrestre, davvero notevole sia per le tematiche trattate che per l’abilità con cui la Le Guin gestisce lo scambio di battute.

Si tratta comunque di un romanzo profondamente introspettivo, che non si limita ad analizzare asetticamente le differenze tra due società antitetiche, ma racconta prima di tutto il dilemma che si dibatte nell’animo del protagonista. Ed è in questo che l’autrice eccelle.

“C’è un momento, verso i vent’anni in cui devi scegliere se essere come tutti gli altri per il resto della vita, oppure rendere virtù le tue particolarità.”

Anche l’impostazione della struttura narrativa è interessante e decisamente indovinata: la narrazione procede infatti in parallelo su due binari che si sviluppano però a distanza di alcune decine di anni l’uno dall’altro; in uno conosciamo l’adolescenza di Shevek e la catena di eventi che lo portano alla decisione di abbandonare Anarres; nell’altro assistiamo al suo arrivo su Urras e a tutti gli avvenimenti che seguono. Questa scelta di avanzare simultaneamente su due trame si rivela sempre più azzeccata con il procedere della storia, fino ad arrivare al ‘doppio’ finale, che vede la partenza di Shevek da Anarres nel primo filone, e il suo ritorno nel secondo, eventi narrati in due capitoli consecutivi che conferiscono un perfetto senso di compiutezza, di cerchio che si chiude.

I Reietti dell’Altro Pianeta costituisce in ultima analisi uno straordinario esempio di fantascienza utopica, o almeno in apparenza tale. Infatti, sebbene la società rappresentata sia del tutto egualitaria, essa è anche ermeticamente isolata e refrattaria al cambiamento. Questa ambiguità viene evidenziata in modo piuttosto esplicito dall’autrice, e spinge il lettore a formulare una propria opinione sulle complesse tematiche politiche e sociali trattate nel romanzo, che risultano attuali ancora oggi, a quasi quarant’anni di distanza dalla prima pubblicazione.