Questo secondo episodio della “Saga di Norrland” di Claudio Nebbia, pubblicata da Sovera Editore, conclude le avventure del giovane Eothian di Irmongard, impegnato nella ricerca della sorella dispersa e del modo per riappropriarsi della signoria della rocca di Irmongard, persa a causa delle macchinazioni di suo zio, il malvagio Raefgot.
Al termine del primo volume avevamo lasciato Eothian nella sua nuova condizione di soldato mercenario, sopravvissuto a una complicata operazione d’assedio nel corso della quale si era distinto guadagnando grande merito. Durante le ultime fasi della campagna militare, capita nelle mani del ragazzo una tunica ricamata con un leoncino accucciato su campo nero: lo scherzoso blasone che sua sorella Deirdre aveva ideato per lui.
Questa prova che la giovane possa essere ancora in vita spinge il ragazzo ad abbandonare la strada del soldato per mettersi alla sua ricerca. I compagni di ventura sono disposti ad aiutarlo, e sembra che i numi gli siano finalmente favorevoli: un esperto identifica il tipo di tessuto come prodotto dell’artigianato di Keltia, indirizzandolo verso quella terra.
Invece le traversie non sono affatto terminate, perché il giovane cade in una trappola e viene condotto al castello di Raefgot, il mandante dell’omicidio della sua famiglia. Il nobile si trova in una posizione difficile: benché nessuno lo sospetti coinvolto in quel tragico fatto di sangue, egli non ha ancora potuto mettere le mani su Irmongard, che al momento è sotto la giurisdizione di un delegato del sovrano Leodegrance.
Dietro consiglio del suo braccio destro Scathach – un assassino ambizioso che muove il suo padrone come un burattino – Raefgot ha deciso che la maniera più veloce per impossessarsi della rocca è diventare tutore dei due nipoti superstiti, veri eredi del casato. Per avallare questa sua “filantropica” intenzione, servono però le firme di entrambi i ragazzi.
Le cose si complicano per Eothian, il quale, pur desiderando rintracciare Deirdre, è ben deciso a tenerla lontana dalle grinfie dello zio.
L’idea di riconquistare il feudo rimane però un’utopia, anche una volta ottenuti i servigi di una compagnia di briganti che lo salva fortunosamente dalle mani di Scathach. Inoltre, le mire di Raefgot su Irmongard rappresentano solo la punta visibile di un piano molto più ampio che mira a sovvertire il potere centrale di Norrland; è un vero e proprio complotto, che Eothian dovrà cercare di sventare.
Ritorno a Norrland non riserva sorprese di rilievo rispetto a quanto si poteva prevedere dalla lettura del primo volume della saga. Come già si era supposto alla fine de Il Leone di Norrland, l’intera storia avrebbe potuto essere tranquillamente narrata in un singolo volume.
Il ritmo rimane lento, spezzato da descrizioni e spiegazioni di contorno. I nuovi personaggi mantengono l’inesauribile peculiarità di voler raccontare a Eothian in dettaglio l’intera storia della loro vita, occupando pagine e pagine di eventi spesso privi di ogni interesse. A parte la pretestuosa, palese inverosimiglianza di un contesto che vede di punto in bianco uno sconosciuto sedersi davanti al protagonista – un ragazzo che di speciale ha solo il blasone – e confessarsi a lui in un lungo monologo come da uno psicologo ante litteram, queste piccole storie indipendenti all’interno della trama principale non fanno altro che distrarre e frenare ulteriormente il già lento progredire delle vicende di Eothian.
Anche gli espedienti narrativi sono spesso estemporanei: il ragazzo viene tolto dai guai sempre da un fatto inaspettato o dall’intervento di qualche sconosciuto benefattore; la storia manca di qualsivoglia tipo di tensione riguardo la sorte del protagonista, e risulta chiaro fin da subito che scivolerà senza troppi ostacoli verso il prevedibile finale.
La ricerca di Deirdre è un esempio emblematico della superficialità nel costruire la trama: Eothian, inizialmente, sembra condurla in modo casuale, vagando per Norrland e Paesi limitrofi… ma, quando il ritrovamento della ragazza diventa una faccenda impellente, da risolvere in fretta visto l’incombere di più elevati compiti come sventare il complotto contro il re, ecco che il giovane imbocca una direzione ben precisa e dopo qualche giorno di viaggio – sintetizzato sbrigativamente in mezza pagina – scova la sorella con una facilità disarmante.
La “Saga di Norrland” si conferma un prodotto deludente, diluito all’acqua di rose. È un peccato riscontrare questi difetti e queste ingenuità in un autore che possiede una buona, latente capacità di prosa e che potrebbe facilmente produrre di meglio.